cultura barocca
Informatizzazione a cura di Bartolomo Ezio Durante

Un giudizio su Elio Lentini ed i fermenti culturali (1960 - '70) a Bordighera "città d'arte" nel prezioso ricordo di un significativo critico d'arte: vale a dire il compianto Giorgio I Principe di Seborga (Giorgio Carbone).
[In corsivo il testo di Giorgio Carbone - in tondo e tra parentesi quadre gli interventi redazionali]

" Conosco Elio Lentini da anni, tanti da trasformare il tempo trascorso in un mondo lontano dai luoghi e dalla realtà del Ponente Ligure e più specificatamente della Provincia di Imperia in cui entrambi ancora operiamo e viviamo " [N. d. R. = scrivendo negli ultimi mesi di vita queste parole all'amico Elio Lentini, celebre scultore, G. Carbone lascia intendere -aldilà dell'amore per la sua Seborga e della sua svolta interpretativa, ora enfatizzata ora discussa a seconda dei punti di vista e delle postulazioni ma certo significativa e quantomeno importante sotto il profilo promozionale, data alla storia del borgo nella progettazione di erigerlo documentatamente quale Principato autonomo anche nella forma e nella sensibilità- i suoi trascorsi di giornalista, attento ai fermenti artistici, di poeta e di attento ricercatore di storia locale].
Erano gli anni in cui a Bordighera si viveva un'atmosfera diversa e dove l'odore salmastro, costante nei pescatori, si univa al profumo dolciastro lasciato dai forestieri"
[N.d.R.= non bisogna dimenticare l'appellativo storico di Bordighera quale "Città più inglese d'Italia"] " dove il sentore un po' acre, emanato dai contadini e dagli operai, si fondeva con l'aroma compassato che permane negli abiti degli scrittori e dei poeti, dissimile ma non discorde dal classico aroma che stagnava sulle tute dei marmisti e degli scultori, come l'odoramento dei coloranti restava nel vestiario usato dai pittori, così come quello del talco impregnava i vestitini degli infanti e le gonne materne sulle quali i bimbi consuetudinariamente sedevano, nei bar più affollati.
Coloro che in quegli anni abitavano, soggiornavano, si ritrovavano a Bordighera respiravano l'ossigeno delle colline, l'azoto della campagna, lo iodio del mare e l'atmosfera artistica e umana amalgamata perfettamente con l'ambiente frugale dei nativi del luogo "
[N.d.R. = l'autore si riferisce non solo all'amatissima Seborga quanto a tutto lo straordinario triangolo che da Vallecrosia corre sin a Bordighera risalendo fin a Perinaldo con tutto il suo incredibile fascino di vita che si sublima sia nelle quasi fiabesche dei luoghi pregni di civiltà millenaria che corre dal sistema grangitico benedettino all'esperienza laica dei "macieri" o muri a secco quanto nella luminosità pittorica dei quadri di Monet]
Dopo le due guerre mondiali, che hanno lasciate miracolosamente intatte, o parzialmente efficienti le inventive e le opere inglesi, tedesche, francesi e di casa Savoia, attuate a fine ottocento e nel primo novecento, e dopo una stasi esistenziale evolutiva durata quasi mezzo secolo, quell'insieme di odori e profumi diversi che era diventato l'aroma costante respirato da tutti, soprattutto nei Ritrovi della città, aveva trasformato la stasi pubblica, dei Bordigotti e non, in un grande collage politico, variopinto, attivo stravagante e piacevole, che era stato creato dalle idee di pochi accettate e seguite da tanti, non sempre conforme, più volte azzardato nei toni e nei sovrapposti colori poco accademici, ma valido nei risultati e di grande effetto artistico, economico e culturale.
Nell'ambito dell' Accademia del pittore Giuseppe Balbo era nato, negli anni 50 il "Premio Cinque Bettole" che aveva ridato vitalità alla Città Alta, l'antica e bella Bordighera, chiamata "La Maddalena", facendola diventare un notevole punto d'incontro di famosi letterati e artisti italiani, e di artisti provenienti dalla Costa Azzurra.
Il libraio Cesare Perfetto, chiamato Cesarino, nella libreria del quale già si riunivano alla maniera antica gli artisti e i letterati locali e il quale meditava da tempo di istituire un Premio internazionale da assegnare ai Vignettisti onde prolungare ed ampliare il successo ed i consensi ottenuti dal "premio Cinque Bettole", aveva negli anni '60 inaugurato il "Salone dell'Umorismo", che ha trasformato e rivitalizzato anche i Ritrovi della Città Bassa, divisa dalla Città Alta dalla sola e signorile Via Romana, e che ha regalato a Bordighera l'ambito riconoscimento internazionale di "Città d'Arte".
Con la successiva apertura del Festival del Cinema Umoristico Cesarino Perfetto ha poi conseguito per la "Città dell'Arte" il riconoscimento internazionale del mondo cinematografico.
Quel successo raggiunto e attivato attraverso l'appoggio politico e amministrativo di alcuni uomini di lungimiranza, quali il Dott. Giribaldi-Laurenti, Coromines e Allavena, oltre al considerevole afflusso di noti poeti, scrittori, scultori, pittori, vignettisti e attori, aveva incentivato considerevolmente l'economico afflusso turistico, attirando l'interesse e la curiosità di chi segue, attornia, o viene attorniato dall'ambiente dello spettacolo.
In breve, le fantasiose idee un po' stravaganti scaturite da pochi ma accettate e seguite da tanti, erano riuscite in quegli anni ad unire il dilettevole all'utile dell'intera Comunità bordigotta e delle Comunità circostanti, le quali traevano grande sussistenza dalla floricoltura e per le quali è stata creata la "Festa della mamma", istituita a Bordighera (chiamata anche Città dei Fiori in concomitanza all'appellativo di Città delle Palme) con il supporto dell'allora Sindaco Zaccari, eletto Senatore della Repubblica Italiana.
Ricordando gli avvenimenti di quegli anni e i momenti più salienti di quelle riunioni, rivedo gli atteggiamenti e i distinti comportamenti delle persone più attive, i loro volti, e soprattutto lo sguardo dei letterati presenti: quello attento del poeta Laurano, quello sornione di Giacomo Natta, quello ansioso di Guido Seborga
[N. d. R. = la cui formazione lo portò ad essere come scrittore e pubblicista il più acceso sostenitore dell'antifascismo: memore anche di quegli anni '30 in cui da certe esercitazioni imposte alla popolazione si respirava l'aria di un ulteriore possibile conflitto] quello vivace di Fernanda Pivano reputata dall' onnipresente scrittore e critico [amico e frequentatore di artisti celeberrimi da Matisse e Picasso a Renoir, Chagall, Léger, Biot, Braque ecc. ecc. su cui ha lasciato documenti e aneddoti che meriterebbero una rilettura attenta = N. d. R.] Antonio Aniante - uso ospitarla nella sua celebre villa "I Pini" di Latte frazione di Ventimiglia, vera fucina di incontri culturali- una autentica forza della natura, ispiratrice di dibattiti ed iniziative, quello vago ma pensieroso di Francesco Biamonti che è lo sguardo di colui che ti ascolta ma vede altrove e che per certi aspetti ho poi ritrovato in quello quello audace ma non meno svagato di Marino Magliani, come è lo sguardo degli abitanti della val Prino [N. d. R. = si nota la costante attenzione di Carbone agli autori della nuova generazione sì da tralasciare, volutamente o meno, autori già celebri ma in evidente calo di attenzione nel Ponente Ligure come Francesco Pastonchi il "Vate" di Riva Ligure]
Ben diverso era, invece, lo sguardo solitamente vagante e pensoso dei pittori, dei disegnatori e degli scultori, dai quali però si distinguevano, nel mdo in cui ti penetravano fissandoti acutamente quando venivano contrariati, il disegnatore Enzo Maiolino (insegnante di professione), il pittore Truzzi (seguace e sostenitore della "linea Morlotti") e il pittore e scultore di immagini e figure cementificate Marcello Cammi (amante della danza, muratore di professione e nell'Arte).
Se escludiamo il Caposcuola del gruppo Giuseppe Balbo (il non più giovane Maestro e allievo di pittori insigni), la benestante Bea di Vigliano e il grande astrattista Gian Antonio Porcheddu (insigne consumatore di pipe marchiate e di bevande alcoliche), i restanti pittori, per altro alcuni giovanissimi, dell'allora Accademia bordigotta di cui facevano parte Sergio Gagliolo, Pagnini, Raimondo alias Barbadirame, Ciacio Biancheri, Franco Franzoni, Ercole Lorenzi ed Elio Lentini (le opere dei quali godono oggi del riconoscimento dei critici d'Arte e dell'interesse del pubblico), in quegli anni non beneficiavano ancora dell'apporto pittorico: Elio Lentini portava negli abiti usati l'odore ed il profumo d'un cinquecentesco laboratorio.
Dalla lavorativa esperienza professionale, dalla scuola accademica di Giuseppe Balbo, dalle discussioni e dagli incontri e scontri fatti con i noti disegnatori, scultori e pittori che hanno partecipato al "premio Cinque Bettole" e al Salone dell'Umorismo, Elio Lentini ha costruito, maggiorato e maturato, nel tempo, quel naturale impulso artistico che lo ha portato all'attuale raffinatezza scultorea e pittorica, espressa e trasmessa attraverso le lastre in acciaio o in rame.
Operare nel mondo dell'Arte non è uno svago, né la tentata evasione mentale da proprio ambiente, ma è ricercare, comparare ed anche soffrire.
L' Arte non cresce per caso
[N. d. R. = scrive ancora qui Giorgio Carbone] ma ognuno la costruisce con gli insegnamenti ricevuti e cercati, con la conoscenza e con le esperienze, prima vissute e poi tralasciate, indi riprese, elaborate e rielaborate: come succede con i testardi rapporti della propria esistenza.
Oggi, per me, riportare la memoria alle vicende di quegli anni in cui ho incontrato e conosciuto Elio Lentini con quell'attivo piccolo gruppo di Artisti spesso riuniti nel bar Giglio di Bordighera, è simile al rammentare una favola, rimasta impressa e fondamentale nel periodo dell'infanzia, e ricordarla con nostalgia.
E ciò che stupisce il mio pensiero, ancora una volta, è invece il constatare che quelle vicende hanno costituito per tutti una vissuta, normale realtà ".














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