cultura barocca
Informatizzazione a cura di Bartolomeo Ezio Durante

Nel solenne ingresso dell'ill.mo e rev.mo monsignore Francesco Gaetano Buglioni di Monale e Bastia vescovo di Mondovi ec. ec. Applausi, Mondovì : dalla tipografia di Luigi Rossi, 1824 importante per i vari contributi e specie perché nella "Visione di Crispo Ipugete" costituisce una sorprendente novità non essendo priva di interferenze proprie dell'epocale lirica sepolcrale, cimiteriale e lugubre = proprio in un cimitero è ambientata la composizione poetica e il visitatore, da identificare con Crispo Ipugete, dapprima sgomento poi attento seguace dei vari discorsi assiste all'emergare dagli avelli di vari fantasmi che gli rammentano il loro od altrui vissuto e tra questi, per quanto introdotto da un' altra entità, che come qui si legge per primo indica, commemorandolo con "altri spiriti magni" il fantasma dell'illustre monregalese Filosofo e Fisico Giovanni Battista Beccaria famoso per i suoi studi sull'elettricità e pure per la diffusione grazie a lui avvenuta prima in Piemonte e poi in Italia del parafulmine in relazione al quale fu autore di una fitta corrispondenza con Benjamin Franklin celebre inventore del parafulmine
A prescindere dalla quasi certa influenza della letteratura cimiteriale, delle rovine ed ossianica propri dell'epocale letteratura inglese, su siffatta tradizione culturale destinata esistono oggi purtroppo misconosciuti autori di opere come il carme Un'ora al Cimitero di Giorgio Briano e la pregevole "Cantica" di Luigi Scalchi La vestale al campo scellerato .
Peraltro nella "Visione di Crispo Ipugete" oltre a cogliersi ispirazioni mediate dalla tradizione cimiteriale che dalla poesia delle rovine non mancano tematiche connesse sia al Foscolo del Dei Sepolcri ed il Biamonti dell'Addio al Giardino di Boboli composizione riproposta da un attualmente troppo dimenticato letterato genovese" quanto all'epoca stimato qual fu Ambrogio Balbi in questa ormai rara ma preziosa silloge edita nel 1789 Versi scelti de' Poeti Liguri viventi nell'anno 1789 in cui il Balbi trascrisse due importanti liriche del Biamonti della quali merita sicuramente un ricordo, oltre al proposto "Addio..", l'ingiustamente sottovalutato Capitolo La Messa ove parimenti si nota l'attenzione del Biamonti [di cui si legge qui il necrologio ripportato dal Bertolotti con cenni oltre che alla vita ed opere al carattere] per il "sublime", preromanticamente interpretato come richiamo al grandioso, al tragico, al senso d'infinito e di caducità umana che è suggerito soprattutto dalle rovine: si vedano del Biamonti le orazioni Dell'armonia e Del sublime).
Vale tuttavia la pena di rammentare che oltre ai contatti con la letteratura cui sopra si è fatto cenno come l'autore della "Visione di Crispo Ipugete" abbia risentito del Dei Sepolcri foscoliani aldilà dell' ambientazione cimiteriale per aver celebrato i morti illustri di Mondovì al pari di quanto il poeta di Zacinto fece in relazione ai grandi sepolti a Firenze in Santa Croce ma anche che contestualmente Crispo Ipugete, al secolo Giuseppe Rossi, sia stato influenzato dall'opera di
ALFONSO VARANO
per diverse tematiche comprese quelle a contenuti biblicamente quanto decisamente apocalittici in relazione alle di lui un tempo celebri Visioni silloge poetica come qui si può leggere certo di non facile interpretazione [ ma che il Monti definì uno dei più preziosi monumenti della nostra gloria poetica sì che lo stesso illustre traduttore dell'Iliade affermò essere il Varano vero incomparabile imitatore di Dante = l'affermazione di Vincenzo Monti è pienamente condivisibile per ognuna delle 12 Visioni e per confortarla si può qui esaminare la Visione Quarta = Sopra il vero e falso onore = la lirica inizia con il solito meccanismo della visione sia paraonirica che paradantesca del poeta che tenta invano di valicare un torrente che si rivela vieppiù insormontabile finché disperando di compiere tal impresa, col farsi sera, proprio mentre l'incauto viandante si rende consapevole di trovarsi in un'intricatissimo bosco, sente un disperato muggito che lo porta non lungi dalla riva dove si trova a vedere un toro legato ad un albero ed abbandonato, impossibilitato a sfuggire da tal cruda prigionia: il poeta impietosito lo libera e, come avviene, tenendosi poi a lui legato riesce a farsi portare sulla riva opposta del torrente dal corso sempre più violento il toro porta così in salvo il letterato finché questi lo libera della corda cui si era legato e l'animale libero si dilegua nella boscaglia lasciando il compagno umano a contemplare timoroso l'ambiente a lui ignoto. Il timore però scema abbastanza presto perché il poeta scorge al tenue bagliore d'un lume una figura che dapprima crede esser un fantasma ma che poi gli si rivela un amichevole uomo: ma invero non si tratta nè di fantama né di uomo, bensì di creatura soprannaturale inviata da Dio a soccorrere il poeta, risultando prima sotto sembianze del toro affinchè il letterato indotto ad una sorta di cammino salvifico, dopo essersi liberato dalle angosce dell'amor profano, non cada preda del Demonio sempre in agguato e capace di allettarlo con l'illusione di conseguire "falsi e folli onori". A queste parole il poeta che dall'aver tale essere sulla fronte segnato il nome di Dio comprende trovarsi di fronte un angelo e gli chiede ove mai si trovino, ricevendo la risposta trovarsi egli in terra ben lontana da quella che stava percorrendo, in una terra da cui, portatovi dal divin volere, può intraprendere il cammino verso la vera fede osservando nel corso del viaggio la luce di Dio capace di far svanire gli oscuri errori: e nel corso di tal viaggio il poeta scorge poi una vergine effigiante la ragione abbracciata ad un giovane raffigurante invece l'amor proprio che quasi sembra in grado di sviarla dal retto cammino, su cui però la riporta altra donna in cui allegoricamente si identifica la Fede. Alla Guida chiede però il poeta di spiegargli il perché del rimbombante corso d'acqua lì prossimo e del monte che vede carico di rovine, e per lui pronta è è la risposta per cui il fiume rappresenta l'eterno scorrere degli anni mentre le ruine del monte effigiano il decadimento delle fragili glorie umane sui cui squllidi resti governa l'unica insegna del verace Onore, saldamente tenuta nelle proprie mani dall'Umiltà eternamente amata da Dio: la stessa Guida continuando a parlare aggiunge che le rive di quel corso d'acqua son popolate da dannate anime superbe e di seguito invita il compagno a seguirlo in quel cammini per vedere con le anime ree pure le pie, obbediente quest'ultimo lo segue e con stupore vede in quelle ripe scolpite da industre mano immagini dei trionfi della morte, con quelle di duci e re dalle teste mozzate assieme ad altre di tanti individui, estinti ed ormai nell'eterno oblio, d'ambo i sessi che avidamente cercarono la "fallace gloria" proseguendo nel suo cammino il poeta vede le acque del tormentoso fiume trascinar via quanti superbamente credettero di poter primeggiare nell'arte del governo, in filosofica sapienza o in diverse forme di poesia ma poi lo stesso poeta distolto da questi lo sguardo si mette a contemplare le figure di quanti scelsero la via del bene, rigettando ogni superbia ed affidando se stessi alla pia umiltà il viaggio continua sino a quando il poeta asceso su un'altura vien visto dalle anime perdute sì che queste apostrofano lui ed il compagno chiedendo perché procedano verso un sito che sarà rovine per loro stupefatto questi si rivolge alla propria guida domandandole perché costoro destinati a cruda fine errando pensino che siano invece loro due a correre verso un grave inganno e prontamente gli risponde l'angelo guida rammentandogli il peccato d'Adamo che sparse il seme degli umani errori come accadde agli stoici e ad altri antichi filosofi che, pur essendo in greve errore, si ritennero, ipocritamente quanto con tanta superbia, superiori a tutti gli altri uomini. A questo punto l'angelo guida si prostra ad adorare il Verbo esaltando quanto Gesù si fosse legato a sommi momenti di povera umiltàbiasimando gli antichi Greci e Romani con le loro false divinità caratterizzate da odi e aspri rancori e con la loro stolta credenza dell'esser folle il morir di un Dio come avvenne per Cristo onde salvare il genere umano dopo queste riflessioni i due viandanti riprendono il viaggio sino a quando il poeta ansante e spossato giunge alla vetta del colle meta finale del percorso allorché si presenta a loro una Donna di beltà perfetta allegorico simbolo dell'umile povertà presso alla quale si accostano i giusti colà giunti destinati alla gloria in cielo ed il poeta li contempla senonché ad un certo punto essendone attratto si avvicina ad uno fra costoro che riconosce e chiama "Lionardo di Liguria" [ da identificare con San Leonardo di Porto Maurizio] e vorrebbe venerarlo proprio mentre però presto avviene la trasformazione di questi la cui anima si eleva, dal corpo via via divenuto inerte, alla gloria eterna in Dio: il tutto accompagnato dalle parole di donna Umiltà, finché ogni immagine svanisce compresa quella dell'angelo guida ed il poeta si ritrova solingo quanto pieno di certezze].

Come ben si vede la poetica per l'epoca innovativa del Varano nel suo procedere allegorico e paradantesco non è di facile interpretazione e questo rende necessario, oltre che esplicitare le peculiarità della vita e dell'opera generale del letterato, proporre delle dodici
VISIONI
una
digitalizzazione corredata quando necessario con l'indicazione delle tematiche e stilemi utilizzati in cui come di seguito si legge l'influsso dantesco e la poesia di matrice religiosa e cristiana interagiscono quasi continuamente con la letteratura sepolcrale, lugubre e delle rovine .
Alfonso Varano fu autore celebre tra fine '700 e buona parte del XIX secolo in particolare, come detto, per le sue
Visioni che in questa propria raccolta un commentatore del medesimo Varano Francesco Cerruti proponendone i testi con un apparato critico le analizza, contemporaneamente a dati importanti su vita ed opere del loro autore nato da nobile famiglia a Ferrara nel 1705 con considerazioni sul suo vivere appartato e tutto dedito alla letteratura e alla vita religiosa sino alla morte sempre a Ferrara nel 1788 dopo averle corredate di un Discorso del Varano stesso in cui questo autore, come già scritto assai credente e religioso, contesta la postazione di Voltaire in merito alla convizione del pensatore francese che la grande poesia può svilupparsi in sintonia con la tradizione mitologica greco romana e non con forme di poetica concernenti temi cristiani.
Francesco Cerruti replica questa valutazione inserendola nella sua introduzione critica, mette soprattutto in evidenza come il Varano, nell'auspicio di un ritorno allo studio di Dante abbandonando gli schemi della poesia italiana in auge cui dopo l'ampolloso barocco nessuna rivitalizzazione concessero l'Arcadia, cui pure era ascritto quale pastore arcade, ed il Frugoni con cui ebbe corrispondenza [ il Varano lesse i volumi dell'Accademia d'Arcadia e quasi certamente il volume Le tre Arcadie ovvero Accademie Pastorali di Messer Jacopo Sanazzaro del canonico Menzini, del Signor abate Michel Giuseppe orei raccolte per la prima volta, e dedicate a sua eccellenza Domenico Morosini Patrizio veneto, presso Andrea Paoletti in Venezia , 1746 oltre che vari scritti del Frugoni] , abbia introdotto pur correttamente riconoscendo lo stesso commentatore alcuni limiti nelle Visioni un sentito quanto preciso itinerario poetico dalla prigionia del peccato alla finale salvezza in Dio = tutte le Visioni risentono di siffatto percorso spirituale e , a titolo d'esempio, si può rammentare per l'efficacia rappresentativa la Visione Decima Della Provvidenza Divina sopra l'angelo della morte in cui l'autore si rappresenta dall'inizio in viaggio per i "parmensi lidi" come scrive immerso in una natura dai toni arcadici ma che all'improvviso degenera in un ambiente ostile e inaridito di colpo popolato da una turba demoniaca capeggiata da un'essere diabolico identificato nell'angelo della morte. Questi dal terrificante aspetto tuona all'indirizzo dei suoi seguaci un discorso sul proprio e loro odio avverso Dio menzionando tra gli ultimi demoniaci trionfi la fine di Maria Luigia di Borbone principessa di Parma (sposa di Filippo Infante di Spagna e madre di Isabella poi sposa di Giuseppe II imperatore di Germania) troppo illustre per le sue acclamate quanto rare virtù e per ricordare l'oscura impresa chiama qual compartecipe alla concione il demone irrogatore di morbi sugli umani che afferma come dopo averla colpita con i suoi veleni ne contempla l'agonia e la disperazione attendendo una di lei palesata asserzione di mancanza di fede nell'aiuto divino onde poter rimanere in vita con i suoi cari. Dopo siffatta asserzione l'angelo dannato portatore di tossici incantamenti dichiara però che a suo giudizio l'impresa di corrompere con il corpo l'anima della nobile donna è fallita dato che con grande proprio scorno alla fine ha visto Maria Luigia accettare il proprio destino ed affidarsi totalmente all'amore di Dio. Siffatta confessione non delude oltremodo l'angelo della morte che cerca di consolare il tristo compagno del fallimento subito per la forza sprituale di Maria Luigia dicendogli che presto le italiche contrade e la parmense terra saranno inondate da diabolici mali.
La sua tracotanza viene però interrotta dalla
celestiale apparizione di un nunzio che si approssima allo stupefatto poeta ed in cui risiede l'anima di S.Ilario di Poitiers per cui lo sgomento sconvolge la diabolica armata e il suo stesso duce accecato dal fulgore che emana la sacra figura sì che presi da terrore i demoni scompaiono in una nuvola di fuliggine: fuggiti questi a far rifiorire la natura in tutto il suo splendore scende verso tal luogo il carro della trionfante Divina Provvidenza: raggiante di felicità è il poeta il quale a S. Ilario pone un suo dubbio, cioè chi sia la donna che precorre tal carro fissandolo con attenzione sì da venir subito con sua gran gioia informato dal Santo esser quella l'anima di Luigia di Borbone ascesa in cielo e venuta a celebrare la sua apoteosi inondando dei suoi favori le "parmensi piagge".
Aspro comunque e per molti versi coraggioso risulta all'epoca
siffatto tentativo del Varano di attualizzare, sulla scia dantesca, la poetica dalla contemporanea predilezione arcadica per figurazioni mitologiche in una produzione lirica pregna di messaggi religiosi cristiani ma come ancora sottolineato da Franesco Cerruti: [Alfonso Varano] per nulla scoraggiato dall'infelice esito esito toccato alla "Provvidenza", cantica in terza rima di Gasparo Leonarducci , pigliandone anzi animo, volle nelle sue "Visioni" offrire un nuovo genere di poesia spoglio delle idee della mitologia pagana e fondato unicamente sul vero della natura e della cristiana religione: nuova poesia contraddistinta da sarcine collegate anche ai temi della fatuità dell'esistenza, della morte e del lugubre emblematicamente scrivendo lo stesso commentatore ...Né solo si contentò di bandire [l'autore] dalle sue "Visioni" le invocazioni favolose della Mitologia, ma come disdegnoso delle terrene cose spiccò alto il volo a spaziare in un mondo diverso dal nostro, descrivendo di colà l'infinita schiera de' mali, ond'è afflitta questa sofferente umanità , e tramuoti, e morti, e rovine d'ogni maniera... (e senza dubbio occorre ammettere anche la capacità prefoscoliana del Varano nel descrivere una natura selvaggia, per niente arcadica e semmai caratterizzata da immagini di forte degrado quasi connesse alla tipologia della poesia delle rovine come si legge in varie parti delle sue Visioni ad esempio in merito all'esempio appena proposto entro la Visione Duodecima = La cristiana apoteosi di Francesco I imperatore dei Romani sempre Augusto.
Leggendo le Visioni ben si nota come non manchi in alcuna di esse una serie di considerazioni su tematiche non solo proprie dei temi lugubri ma altresì di contenuti biblicamente apocalittici come nel caso, qui proposto quale esempio, della Visione VII Pel terremoto di Lisbona ove il tutto inizia con la partenza del protagonista ovvero del poeta dal porto di Genova celebrando questa città qual "Donna"/"Domina" di Liguria dando "Le ultime prove del Latin valore risorger facea d'Italia il dubbio onere" [ con una Genova esaltata in rapporto all'episodio del Balilla che nel 1746 segnò l'insurrezione contro gli occupanti austriaci durante la guerra di successione al trono imperiale]. Non molto dopo la partenza il vascello vien colto da terribile tempesta che causa la dispersione nelle acque tumultuose di due marinai gettando i superstiti nella disperazione specie perché le onde portano la nave nell'oceano Atlantico: la situazione par migliorare nei pressi del Portogallo con il chetarsi della tempesta che però dopo poco riprende travolgendo gli altri marinari e concedendo la salvezza al solo protagonista che invano cerca possibili sopravvissuti e quindi disperato si abbandona sulla riva ove alla fine si rinfranca per il sopraggiungere d'uomo che riconoscendolo qual naufrago si offre per aiutarlo, sì che lo scampato alla morte chiede al nuovo ventuto d'accompagnarlo a d una chiesa ove far voti alla vergine Maria. L'uomo a questa preghiera gli sembra raggiante di gioia e lo stesso si premura di coprirlo con un mantello, quindi il naufrago prima di raggiungere la chiesa gli narra gran parte delle sue vicende. Poi nel tempio prega la Vergine e stupefatto vede il volto della sua immagine rigarsi di lacrime. Espletato il voto con la Guida raggiunge un albergo ove in camera dopo parecchio tempo per i nervi tesi sul giaciglio riesce a prendere sonno fin quando per un incubo che gli mostra tutto crollare intorno a lui si desta e si accosta alla propria Guida narrandogli d'aver visto l'immagine piangente della Vergine. Siffatta Guida però gli narra il presagio di infausta sorte per la terra lusitana e gli parla di sé che qual condottiero di nave in Brasile conseguì ricchezze ma anche tristezza al punto da pensare al suicidio sì da gettarsi nelle acque del Tago per esser tuttavia salvato dalla Vergine, al punto di farsi eremita e vivere in luoghi solitari dedito a studio e preghiera continuando a parlare la Guida rammenta al naufrago di aver avuto nel corso di questa sua esperienza esistenziale un sogno per cui il Profeta Ezechiele che tratto in spirito a vedete gli abominii che gli Ebrei andavano commettendo nel tempio di Gerusalemme sì da redire loro inenarrabile sciagure ora scaglia una profezia di enormi calamità per Olisippo, nome latino di Lisbona, per lo scarso rispetto dei Portoghesi verso la Chiesa: dopo queste parole la stessa Guida, stante il dono di presagire gli eventi, induce il compagno a seguirlo onde vedere qual era Lisbona prima della catastrofe Obbedendo alla propria Guida il passeggero sale su un colle ad osservare lo splendore di Lisbona pur venendo lentamente assalito da un senso d'angoscia sino a quando vien colpito da un forte battito d'ali e scorge l'Angelo da Dio inviato a punire gli abitanti di Lisbona per la "schernita Croce: e da qui inizia la descrizione della terribile Apcalisse.Questo terremoto di Lisbona del 1755 fu una verà calamità, da non pochi tra cui lo stesso Varano in questa Visione attribuiti ad una manifestazione della collera divina = e del micidiale sisma, che scosse in Europa molte coscienze con relative certezza, si ebbero non poche narrazioni. Il poeta, del pari assai emotivamente colpito, descrive il cataclisma in forza di pregnanti
lugubri descrizioni di morte e disperazione ( in cui tra tante storie spicca, per la toccante narrazione, la vicenda d'una giovane donna moribonda che supplica l'io narrante ed il suo compagno di salvare da morte il figlioletto: cosa che i due non riescono a fare assistendo sgomenti alla morte del bimbo) interagiscono con immagini apocalittiche atteso che il terremoto [del 1755] succedette presso il mezzogiorno [come in nota registra il Cerruti] ; sicché essendo accesi tutti i fuochi, perché era appunto l'ora che in ogni casa si stava allestendo il desinare, e rilucendo per le chiese infiniti lumi per la Solennità di Ognissanti, il rotolare di quei fuochi sui pavimenti di legno ed il cadere dei candelabri sugli altari, accese ben tosto un vasto incendio, che aiutato da un'incessante tramontana, divenne in breve universale ed inestinguibile.

Siffatte immagini lugubri interagiscono non raramente
in, per l'epoca, inusuali e forti descrizioni sepolcrali di fisico disfacimento come si evidenzia ad esempio nella Visione undecima = Della vanità della bellezza terrena, per la morte d' Amennira in cui il poeta , raggiungendo in un viaggio paraonirico e paradantesco il sito ove si trova il monumento sepolcrale della donna bella e da lui amata di nome Amennira rimane sconvolto dalla visione di decomposizione del suo corpo e quausi non vuol credere trattarsi di lei giungendo a chiedersi E di chi son quelle infelici membra? sentendosi però rispondere Quella son che tu amasti proprio da Amennira che gli appare, bellissima, in forma di anima ed al poeta stupefatto che la tempesta di domande Amerinna alla fine risponde dicendo trovarsi la sua anima in Purgatorio per liberarsi completamente di colpe lievi e non del tutto espurgate in vita, cioè una certa sensualità e poca compiacenza nel fare opere buone ma contemporaneamente consola subito il poeta dicendo esser lieta di trovarsi entro tal luogo d'espiazione in attesa di poter ascendere nella piena grazia di Dio. Amerinna a lungo descrive la propria gioia per siffatta sua condizione d'anima del Purgatorio finché sotto lo sguardo del poeta, quasi ondeggiando la tomba e vibrando le ossa del mortal corpo, lo spirito della donna ascende all'abbraccio del perdono divino.
Sì che, per comodo dei lettori, a Cultura Barocca è parso giusto proporre digitalizzate tutte le 12 Visioni del Varano =
Visione Prima = Per la morte di Monsignore Bonaventura Barberini già generale dell'ordine cappuccino e poi Arcivescovo di Ferrara [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Seconda = Per la morte di Anna Enrichetta di Borbone, figlia del cristianissimo re Luigi XV [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Terza = Per la morte del Cardinale Cornelio Bentivoglio [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Quarta = Sopra il vero e falso onore [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Quinta = Sopra la peste messinese coll'apparizione della Beata Battista Varano [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Sesta = Per la morte della serenissima Marianna arciduchessa d'Austria principessa Lorena [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Settima = Pel terremoto di Lisbona [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Ottava = Per la morte di Felicita d'Este Di Borbone duchessa di Penthevr [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Nona = Per la vittoria riportata dall'armi di S. M. I. R. Maria Teresa d'Austria sopra l'esercito prussiano il XVIII giugno dell'anno MDCCLVII [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Decima = Della Provvidenza Divina sopra l'angelo della morte [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Undecima = Della vanità della bellezza terrena, per la morte d' Ammenira [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]
Visione Duodecima = La cristiana apoteosi di Francesco I imperatore dei Romani sempre Augusto [a fondo di ogni immagine il comando per voltare le pagine]