Talora non mancavano interazioni nell'oggettistica ed in modo anche sorprendente come nel caso della furcula = piccola forca, strumento agricolo poi etimologicamente, in latino tardo e poi in volgare italiano, divenuto sinonimo per forchetta, scoperto, anche se originariamente tridentato, per portare il cibo alla bocca
informatizzaz. B. Durante
Il SERVIZIO DA VIAGGIO
della dotazione archeologica Albintimilium fu trovato nel 1917 dall'archeologo Pietro Barocelli (vedi = P. Barocelli, Albintimilium, in « Monum. antichi pubblicati dalla R. Accad. dei Lincei », XXIX, 1923) nella tomba 142 della necropoli di Nervia in Ventimiglia e l'immagine è tratta dal volume di B.DURANTE-M.DE APOLLONIA, Albintimilium antico municipio romano, Gribaudo [quindi Paravia-Gribaudo, poi Paramond], 1989.
Dai tempi della scoperta vari ricercatori giudicarono l' "attrezzo" un unicum, "indice di un eccezionale progresso tecnologico dei Romani": un livello tecnologico che forse né la storiografia né l'archeologia avevano ancora determinato nei veri contenuti (basti pensare, a modo d'esempio alternativo, all' impensabile tecnologia rinvenuta tra i RELITTI DELLE NAVI DEL LAGO DI NEMI)
A livello di riflessioni scientifiche ed antiquarie si imponevano dopo la scoperta alcuni interrogativi: fattura e tipologia dello strumento comportavano problemi non semplici.
Secondo le
fonti letterarie il "servizio" urtava con la tradizione che datava al XIII sec. la diffusione della forchetta, attribuendo ai Romani solo quella del cucchiaio.
La tecnica di fusione, il meccanismo di oggetti
ruotanti in origine parevano stridere con una certa ma oggi discussa interpretazione antiquaria e con il giudizio sul livello tecnologico che si riteneva raggiunto durante l'Impero: l'uso dell'imperfetto oggi si impone in forza di ritrovamenti, specie subacquei quanto recenti, di meccanismi particolarmente complessi ed evoluti.
Il "servizio" del resto fu scoperto da
Pietro Barocelli (vedi = P. Barocelli, Albintimilium, in « Monum. antichi pubblicati dalla R. Accad. dei Lincei », XXIX, 1923) in una tomba intatta versomilmente del II sec. d.C. da uno studioso serio, che operava in un contesto di ricerca assai più evoluto e garantista di quello pregresso = fu ritrovato nella
tomba 142 (a cremazione in urna di piombo: erroneamente in Albintimilium antico municipio Romano si indicò la 145) della necropoli
occidentale, con un corredo costituito
da due olpi, una coppa vitrea, un ago crinale, un
cucchiaio d’argento, alcuni chiodi. All’interno di un manico
d’argento realizzato con tre lamine lavorate e
tra loro compattate, risultano inserti con proprietà di rotazione 7 distinti elementi
con diverse funzioni: cucchiaio (ligula), colino (colum),
nettaorecchie (auriscalpium), punteruolo, forchetta, nettadenti
(?), coltello [Angelico Aprosio "il Ventimiglia" reputato lo scopritore della vera topografia di Albintimilium (come sostanzialmente G. Rossi scrisse in una sua preziosa lettera al Mommsen) si sarebbe forse esaltato da collezionista di antichità qual era (e forse anche per immaginare una giornata ai piaceri della tavola e del teatro, sue malcelate passioni, un cittadino dell'antica Ventimiglia Romana) se avesse trovato, piuttosto di altri poi dispersi, questo reperto romano anche se
le critiche che aveva ricevuto qual eccessivo amante della buona tavola e soprattutto del buon vino
non lo avessero indotto ad una certa cautela, anche in questo campo, verso i suoi superiori che lo avevano da tempi veneziani preso a nominare "poeta" ma nel senso di stravagante, irrequieto e talora inattendibile sotto il lato comportamentale richiesto ad un religioso del suo pari].
Ritornando al tema originario del servizio da viaggio sono da considerare varie possibilità ed altre ancora se ne potrebbero formulare.
Una mente geniale di un
artefice eccellente avrebbe forse potuto forgiare un oggetto tanto prezioso
che sembrerebbe comportare ingegnosa committenza
e preciso progetto: il restante corredo funerario per quanto di discreta qualità si scontrava comunque con la ricchezza del "servizio in argento", che, di per
sé, avrebbe potuto essere espressione di eccelso stato sociale.
L'urto fra tante considerazioni ha suggerito varie ipotesi: da quelle "conservatrici" (che l'oggetto per la preziosità sia stato voluto nel corredo funebre dal defunto che potrebbe averne fatto un "monumento" della sua condizione sociale) a quelle "mediane" e "negazioniste" (che sia stato celato per varie ragioni, come un furto non completato, in una tomba già nell'antichità, oppure che vi sia stato nascosto più tardi quando almeno
la "forchetta", non il meccanismo che si presenta nel moderno aspetto di congegno "multiuso" da sopravvivenza, era di uso comune = cose queste però urtanti con il fatto che la tomba in alcun modo risultava manomessa) da altre decisamente più moderne che atteso l'anonimato della tomba il defunto sia stato non un residente della città ma uno dei tanti mercanti che per essa passavano o si fermavano e che colto da morte
sia stato inumato, con altri reperti di poco valore, con l'oggetto più significativo del suo bagaglio, quasi fosse un marcatore del suo essere sociale e personale.
Affermare senza infiniti controlli la genuinità romana dell'oggetto equivale a sostenere una realtà tecnica del Primo Impero di impressionante potenza sociologica e dirompente sotto il profilo dell'arte, dell'oreficeria, della tecnologia imperiali (cosa quindi di rilevanza internazionale: ma come appena scritto sempre più avvalorata da altri e più recenti ritrovamenti).
Chi scrive queste note è favorevole a sostenere l'AUTENTICITA' dell'oggetto, sulla linea, sempre più comprovata da altre scoperte straordinarie che la storiografia e l'archeologia vanno portando avanti.
Peraltro in questo caso non vale l'ipotesi che, come contro G. Rossi l'archeologo scopritore di Ventimiglia romana, anche a scapito di Pietro Barocelli si sia resa necessaria una rivisitazione dei ritrovamenti del lapidario e di certa oggettistica romana: in effetti se per il Rossi l'ipotesi non è ingannevole, visti i suoi scontri con alcuni
scorretti antiquari
ma nel caso del Barocelli -omunque più tutelato dallo stato più recente dei tempi, dalla tipologia del suo incarico e dallo sviluppo dell'archeologia- sarebbe un assurdo in quanto l'eccezionalità del reperto lo indusse a porlo sotto una tutela continuata inviolabilmente nel tempo.