Significati diversi nella strategia della valle del Roia e delle potenze che se la contesero è poi costituita dai castelli di Tenda [che permetteva un importante controllo su un'asse viaria fondamentale in relazione sia alla "via del sale" sia allo storico, aspro percorso dell' ORRIDO DI TENDA ed al celebre passo alpestre], di Briga e soprattutto di Saorgio.
L'ESSENZA DI TUTTE LE RIFLESSIONI SU TENDA E' FONDAMENTALMENTE COLLEGATA AL FATTO CHE TALE SITO COSTITUI' PER SECOLI IL "NODO VIARIO NATURALE" [ANCORA MENZIONATO NEL XVII-XVIII SECOLO] CHE DETERMINAVA IL PASSAGGIO DAL PONENTE LIGURE AL BASSO PIEMONTE [DOVE TOCCAVA IMPORTANTI NODI VIARI COME FONTAN
DALLA ROMANITA' AL MEDIOEVO TALE TRAGITTO ERA FONDAMENTALE PER RAGGIUNGERE L'ALTO "PIEMONTE", SUSA E QUINDI LA VALLE DEL CENISCHIA [IN CUI PERALTRO ESISTEVANO CONVERGENZE RELIGIOSE PREROMANE ANALOGHE A QUELLE SCOPERTE ALTA VALLE DEL NERVIA DA DOLCEACQUA AD ISOLABONA E SOPRATTUTTO DA CASTELVITTORIO A PIGNA]: QUI SORGEVA IL MONASTERO BENEDETTINO DELLA NOVALESA [CHE ESERCITO' TANTA INFLUENZA SULLA LIGURIA OCCIDENTALE E GOVERNO' UN SUO PRIORATO O CONVENTO MINORE NEL TERRITORIO DI DOLCEACQUA].
DA LI', DONDE CARLO MAGNO AVREBBE INIZIATA LA SUA IMPRESA CONTRO I LONGOBARDI, SI APRIVA QUINDI LA GRANDE VIA DEL CENISIO CHE IMMETTEVA PELLEGRINI E MERCANTI SULLA STRADE PER LA "MORIANA" E QUINDI LA VASTA AREA FRANCO-BORGOGNONA E GERMANICA: ALLA LUCE DI TUTTE QUESTE RELAZIONI NON PARE QUINDI SORPRENDENTE CHE DOPO LA SCONFITTA DEI SARACENI UN VESCOVO DI VENTIMIGLIA SIA STATO CHIAMATO DAI MONACI DI NOVALESA A RICONSACRARE IL TERRITORIO CHE DAL MAR LIGURE PORTAVA SIN AL LORO GRANDE CONVENTO.
L'importanza strategica di TENDA continua nel medioevo quando il borgo entrò a far parte del capoluogo della "Signoria dei Lascaris", appartenenti ad un ramo dei conti di Ventimiglia.
Successivamente la località giunse sotto controllo dei Savoia entrando a far parte della sfera di influenza piemontese allorché ne assunse il controllo Renato conte di Villars foglio naturale di Filippo II di Savoia in virtù del matrimonio d'interesse politico contratto nel 1501 con Anna Balbo Lascaris. In seguito i discendenti di Renato lasciarono la contea a Emanuele Filiberto che ne trasmise il possesso per via ereditaria ai suoi successori.
Il borgo prosperò particolarmente sotto la dinastia sabauda in funzione della sua posizione strategica e commerciale cme importante nodo viario dei tragitti "mare-monti": simbolo di questa importante storia di sentinella delle vie e dei monti fu naturalmente il CASTELLO COMITALE del XII secolo la cui tipologia -per quanto alterata di modifiche ed ampliamenti- può esser ricostruita solo dalle CARTE ANTICHE visto che al giorno d'oggi rimangono ben pochi RESTI dell'edificio fatto demolire per ordine del Catinat).
Durante il periodo del conflitto fra CESARE, e POMPEO, il conquistatore della GALLIA fu ospitato, nella città nervina di Albintimilium, da un ricco suo seguace, tal DOMIZIO: Cesare colmò i sostenitori di vari donativi e sostanziose promesse.
Dopo la partenza di CESARE da Ventimiglia -ove aveva usufruito di un piacevole soggiorno nonostante il clima di tensione che preludeva alla guerra civile, i numerosi sostenitori di POMPEO assoldarono un certo Bellieno che era al soldo di Demetrio, comandante del presidio militare. Costui uccise Domizio ma suscitò l'insurrezione del popolo, in gran parte passato a Cesare, che , ritenendo coinvolto nel fatto anche Demetrio, prese ad assediare il campo dei soldati.
I dettagli giungono da una lettera che MARCO CELIO RUFO aveva scritto, tra l' aprile e l' ottobre del 49 a.C., a CICERONE: questi (Ep. ad fam., VIII, 15, 2 riassumendo i fatti disse che "non era di poca cosa il motivo per cui i Ventimigliesi avevano preso le armi e che la cittadinanza tutta era in fiamme = CIVITAS AD ARMA IIT: "La cittadinanza è corsa alle armi", frase storica, entrata come motto nello stemma, tuttora in auge, della città di Ventimiglia).
Celio sembrò mostrare noia per esser dovuto "tornare indietro verso le Alpi" sì da "procedere fra le nevi con sei coorti". Dal momento che Celio aggiunse d' esser stato obbligato a ritornare sulle Alpi nevose si deduce che il legato fu raggiunto dall'ordine senza preavviso perché le sue truppe rappresentavano il contingente più vicino alla città (basi militari prossime potevano essere solo quelle dei centri provenzali, dell'Ingaunia e di PEDONA). Valicò le Alpi nevose in un periodo identificato fra l'aprile e l' ottobre del 49 a. C.: questo esclude sia un suo ritorno da qualsivoglia sede provenzale che dal territorio ingauno poiché , esistendo ormai da un secolo la via costiera Aemilia Scauria, il generale non avrebbe dovuto superare alture nevose. Le sole zone che potevano essere innevate, per giungere a Ventimiglia romana, nella primavera o autunno del 49 (si debbono naturalmente escludere i mesi estivi) eran le giogaie del Tenda od Orrido di Tenda donde il contingente avrebbe raggiunto il percorso che conduceva alla valle del Nervia e quindi alla città in rivolta. Celio secondo alcuni editori dei codici ciceroniani sarebbe stato al comando di 6 coorti che, in epoca cesariana, ammontavano a circa 3300 uomini di fanteria, poco più di mezza legione: la mancata citazione di una turma di cavalleria (120 uomini in media di consueto accorpati a questi gruppi di fanteria) proverebbe che l' ufficiale aveva seguito fin a Ventimiglia un percorso alpestre inagibile per contingenti di cavalieri come risulta, per geomorfologia, questa strada del Nervia più adatta a muli ed asini ( CIC., Epist. ad Fam., VIII, 15,2: N.Lamboglia a p. 226 della sua Liguria Antica, lasciava in filtrare l'idea di una penetrazione delle coorti romane dal territorio di Borgo S. Dalmazzo. Albintimilium ...cit., p.51 e 62 : si può pensare, dalle coordinate recuperabili nella lettera, che Celio si trovasse nel territorio di Pedo, la base demica romana del territorio di San Dalmazzo).
Ancora in tempi relativamente recenti un documento redatto nel 1624 da un Ispettore genovese riproduce il PERCORSO ROMANO DEL NERVIA.
Nella relazione è scritto:"da Breglio poi andando continuamente per detta strada del sale (da Mentone a Sospello a Breglio) si va a Saorgio, Briga e Tenda ed altri luoghi di detto dominio di Savoia, e da Saorgio si può passare a Pigna, pure Dominio di Savoia per le montagne et boschi chiamati il Leone, Pascale et altri, boschi con
strade non molto buone e difficilissime per l'ordinanza, ma facili alla sfilata e gionti a Pigna si può venire verso l' Isola (Isolabona sulle cui alture correva la strada romana per il tratto di Veonegi) e Dolc'acqua dei sudditi del Signore di Dol'acqua, ma facile a mio parere a guardarsi, passando per strada buona, che fa riva altissima e precipitosissima nella Fiumara di Nervia, nella qual strada vi sono molti passi da potersi trinchierare e particolarmente dove si dice il ponte di Bonda, dove finisce li Confini di Savoia e cominciano quelli di Dolc'acqua, facile a guardarsi ed impedire il passar avanti (qui viene descritta la strada di valle vera e propria che nei secoli rimase sempre una direttrice strategica). Giunti all'Isola, dominio di Dolc'acqua vi sono anche doe strade, una alla volta d'Apricale e Perinaldo pure Dominio di Dolc'acqua, di dove si può calare ed andare al Soldano e poi a Valle Crosa Dominio della Serenissima (Genova) per un vallone ma facilissimo e facile col consenso del Signore di Dolc'acqua a ripararsi, per esservi cattive strade. E poi gionti a Valle Crosia si andarà a Ventimiglia, non essendovi riparo di natura alcuno. E l'altro (tragitto da Isolabona) dall'isola in Dolc'acqua facile e per buona strada, senza impedimenti o almeno senza impedimento tale di potere trattenere il passo, giuntivi Dolc'acqua, che non piacerà a Dio, Dominio di suddetto Signore, non possono da altri essere impediti se non per detto luogo di Dolc'acqua e facile a trattenere ogniuno..."(mentre ribadiva il ruolo viario della media valle e di Dolceacqua il magistrato esprimeva il timore genovese che i nobili locali cedessero alle pressioni per un' alleanza colla Savoia).
A questo documento (in Arch. di Stato di Genova-Sala Foglietta, Militarium, n. 1140 ) seguì una relazione del 1631-2 dell'Ispettore Giovanni Vincenzo Imperiale che, mentre qualificava pessima la strada costiera che portava da Sanremo a Bordighera, definiva da carrozza cioé praticabile con cavalli e carri la buona strada che da Pigna portava a Dolceacqua e poi a Camporosso: il tragitto era giudicato importante e ben custodito dalle Amministrazioni per le potenzialità commerciali e militari (A.G.BARRILI, Viaggi di Gian Vincenzo Imperiale in "Atti Soc. Lig. Storia Patria", XXIX, Genova, 1898, p. 243 e 713).