Con il consueto rigore G. Mennella analizza questo frammento già murato nella Cattedrale di Ventimiglia [segnalatogli dalla prima studiosa che lo ha effettivamente studiato (in RA inv.n.13274) la dott. Daniela Gandolfi] in Una memoria pompeiana a Ventimiglia, articolo da "Rivista Ingauna e Intemelia", N.S., anni XXIV-XXV, 1969-1979, pp. 107- 109 [edito nel 1995 (e da cui è ripresa l'immagine) a sua volta riproposizione di una nota già apparsa in "Epigraphica", LIV, 1992, pp. 264 - 269].
Si tratta di un frammento in pietra della Turbie di cm. 28 x 14 grossomodo: l'autore della nota, con opportune integrazioni critiche, abbondanza di riferimenti bibliografici e collazioni scientifiche, propone la lettura integrale probabilmente esatta del testo originale: Cnaeo Pompeio/ Cnaei filio Magno.
Secondo lo stesso studioso si tratterebbe della memoria celebrativa di POMPEO MAGNO ad opera di qualche famiglia locale che, verso il I - II secolo d.C., ritenne doveroso celebrare il personaggio, debellato a Farsalo da CESARE cui in qualche modo legava le proprie origini.
Secondo il Mennella (che però riprende le conclusioni di A. Fraschetti, Roma e il Principe, Bari-Roma, 1990, p. 79) se originariamente nessuno ambiva sottolineare i propri rapporti con un personaggio sconfitto da Cesare, posteriormente alla ostentazione delle immagini di Pompeo tra i maximi viri nel corteo funebre di Augusto (e dopo l'estinzione del ramo principale della gensa Pompeia, verificatosi in epoca giulio-claudia) parecchie famiglie, non esclusa quella ventimigliese, presero ad esibire la propria possibile relazione col celebre trimviro, atteso per l'appunto il mutato giudizio collettivo e pubblico sulla sua figura: in tale contesto per una gens Pompeia di Ventimiglia sarebbe stato di rilievo vantare un tale retaggio nel contesto di una classe dirigente dalle origini o dalle parentele non altrettanto illustri.
Il Mennella, sviluppate queste riflessioni, vuole rafforzarle sunteggiando le ragioni, perltro piuttosto note, di possibili rapporti di POMPEO MAGNO con Ventimiglia romana, a partire dalla presenza nella città, ai tempi della guerra civile con Cesare, di un forte suo partito, resosi peraltro complice di un'azione di guerriglia politica.
Susseguentemente lo stesso studioso, a rafforzare la sua digressione storica, identifica un membro della ventimigliese famiglia Pompeia ricordando l'iscrizione oggi perduta di un'urna cineraria dove si leggeva: Pompeius Macer... [CIL,V, 7816] e ad ulteriore integrazione filosofeggia un poco nel tentativo di trasformare una Pomponia Nicena in Pompeia Nicena.
Per ribadire la diffusione nell'area di altri Pompeii fa cenno a quelli identificati nella finitima Cemenelum (Cimièz: vedi G. Laguerre, Inscriptions antiques de Nice-Cimiez (Cemenelum-ager Cemenelensis), Paris, 1975, n. 110 e p.169): per sviluppare questo suo condivisibile discorso poteva comunque soffermarsi anche, data la quantità di studi, sulla presenza con altre ville prediali romane, nell'area di Taggia, di una detta Pompeiana