INFORMATIZZAZIONE B. E. DURANTE

AMILCARE PONCHIELLI [ARCHIVIO FOTOGRAFICO DEL "MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA (IM)]











GIUSEPPE VERDI, nato alle Roncole, presso Busseto, nel 1813 da semplici bottegai inaugurò alla grande la schiera dei compositori italiani di melodrammi.
Sull'organo della chiesa locale e quindi su una spinetta tentò i primi accordi.
L'organista, certo Baistrocchi, seguì con interesse i suoi primi passi e li guidò, anche se non informò il promettente fanciullo di quelle nozioni teoriche che in seguito gli sarebbero state impartite da un compagno di scuola.
A Busseto, ove fu inviato una volta conclusi gli studi elementari, Verdi attirò quindi l'interessamento di Antonio Barezzi, presidente dei filarmonici.
Questi gli procurò, dal Monte di Pietà, una borsa di studio, che lui stesso contribuì a rendere più consistente: questa permise al giovanissimo Verdi di recarsi a Milano onde concludere la sua preparazione sotto il compositore Vincenzo Lavigna.
Nel 1833 Verdi tornò a Busseto per abitarvi fino al 1839 quale maestro di musica del Comune e del Monte di Pietà.
Nel 1839, sposata la figlia del Barezzi, si trasferì con a Milano, ottenendo di far rappresentare al teatro alla Scala la sue prima opera, l'Oberto conte di San Bonifacio che riscosse un discreto successo.
Nel 1830 si impegnò nella stesura di a un'opera buffa: però, colpito da tremende sciagure familiari (in rapida successione perse la moglie e i due figlioli) non compose un valido spartito di modo che l'opera cadde.
Di ciò rimase sconfortato e meditando di d'abbandonare il teatro se ne ritornò a Busseto.
Non persistette nella decisione presa e, riportatosi a Milano, sulla scia delle 'insistenze d'un impresario musicò un nuovo libretto.
Vide così la luce il Nabucco che trionfò alla Scala nel 1840.
La musica marziale e talora bellicosa del giovane maestro colpì gli Italiani, che, pervasi di aneliti risorgimentali, sentirono in lei vibrare l'ansia di rivincita avverso gli stranieri che occupavano il territorio della penisola.
Verdi divenne di conseguenza un emblema delle speranze italiane: fu di conseguenza adorato dal popolo ma osservato con sospetto dalla polizia.
Al Nabucco tennero dietro fino al 1849 molti spartiti tra i migliori dei quali si citano I Lombardi alla prima Crociata e l'Ernani.
Con il Macbeth (1847)e dal 1849 con la Luisa Miller Verdi rinnovò il proprio stile, che, pur rimanendo drammatico, divenne sempre più curato e riflessivo.
Prese inoltre a curare sempre più la rappresentazione musicale dei singoli personaggi, intendendo egli che apparissero sulle scene come persone vive, umane, commosse da sentimenti autentici.
Questa svolta determinò la genesi di tre fortunatissimi capolavori quali il Rigoletto, Il Trovatore e La Traviata.
La celebrità di Verdi non poteva esser trattenuta nei confini italiani e presto il suo nome divenne famoso ovunque in Europa: così egli fu invitato in Francia e per il massimo teatro lirico parigino compose I Vespri siciliani e il Don Carlos.
Fu richiesto pure nella Russia zarista e recatosi a Pietroburgo, vi scrisse e diede alle scene La forza del destino.
Instancabile, fra l'una e l'altra di queste opere, finalizzò a beneficio dei teatri italiani il Simon Boccanegra e Un ballo in maschera.
Dalla sua straordinaria tensione creativa sorsero quindi, con fortunata e ritmica cadenza, altri altri capolavori: l'Aida (eseguita nel 1871 al Cairo inaugurandosi il Canale di Suez), 1'0tello (1887) e il Falstaff ( 1893, l'ultimo suo spartito).
La produzione verdiana comprende altresì ulteriori prodotti di grande qualità musicale come il Requiem (per cantanti solisti, coro e orchestra composto in morte di Alessandro Manzoni, di cui era amico e ammiratore) ed il testo della Messa per i morti musicato con criteri artistici più che cultuali.
Verdi fu principalmente un autore tragico, fatta eccezione per il Falstaff (non privo comunque di sottintese ma ben decifrabili venature pessimistiche): per tanti aspetti fu egli il cantore della sofferenza, le cui sfaccettature risultano analizzate in maniera sublime entro la sua musica appassionata, concitata, vigorosa, ricca di contrasti, condotta su ritmi decisi e marcati.
Non fu della sua melodia, forse, la capacità di attingere ai limiti della purezza belliniana, ma le fu comunque propria una straordinaria capacità di esprimere le molteplici emozioni del cuore umano.
Nelle ultime opere verdiane gli atti sempre più furono costituiteda un tutto unico, non diviso, come prima, in pezzi staccati l'uno dall'altro, ma formante un solo grande affresco musicale: l'orchestra, trattata con mano maestra, risultò subordinata al canto, cui spettava il principale compito espressivo, secondo le caratteristiche sostanziali del melodramma italiano.
Attorno ai quattro maggiori operisti italiani del XIX secolo (Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi) fiorirono comunque altri talenti di rilievo tra cui è da menzionare senza esitazione AMILCARE PONCHIELLI (1834-1886) che raggiunse grande successo con la sua Gioconda, caratterizzata da alcune pagine d'assoluto valore.
Un caso singolare di autore di melodrammi fu poi quello di ARRIGO BOITO (1842-1918), uomo coltissimo, che fu contestualmente poeta e musicista e che fin da giovane sostenne la necessità per l'arte italiana di rinnovarsi soppesando la portata dei fermenti culturali che avvenivano al di là delle Alpi.
In effetti i musicisti italiani avevano finito per trascurare, a solo vantaggio del melodramma, ogni altro esperimento musicale: il Boito s'adoprò quindi al fine che si spalancassero, per un necessario e aggiornato progredire degli artisti italiani, le porte all' arte straniera.
Tale aspirazione, che Boito portò innanzi nel seno polemico del movimento della Scapigliatura, risultò fecondo al fine di far progredire la musica italiana verso superiore modernità e nuova larghezza di vedute: e da siffatte postulezioni trasse anche giovamento il rinnovamento cui Verdi sottopose, con intelligente analisi critica, la sua opera.
Non soltanto teorico e polemista il Boito sostenne le sue idee con i fatti e, nel 1868, fece rappresentare il Mefistofele, melodramma innovativo per i tempi, di cui egli aveva composto il libretto e la musica: l'opera dopo un insuccesso milanese, ottenne fortuna qualche anno in seguito, dopo una qualche revisione, sull'importante piazza di Bologna.
Successivamente lo stesso artista scrisse il Nerone, andato in scene dopo la sua morte e concreta testimonianza del tenace lavoro di Boito al fine di creare una moderna forma di melodramma.
E nonostante tali importanti prove, Boito fu soprattutto un poeta, cui si debbono, oltre a poesie varie (che spesso non si astenne dal musicare facendone dei CANTI POPOLARI) e ai libretti delle proprie opere teatrali, quelli di opere verdiane quali l'Otello ed il Falstaff.
ANTONIO SMAREGLIA, istriano (1854-1926), compose parecchie opere, fra cui meritano una citazione Pittori fiamminghi, Nozze istriane, La falena.
ALFREDO CATALANI (1854-1893), scomparso ancor giovane, compose la Loreley e la Wally, opere per cui la sua natura malinconica gli ispirò pagine suggestive.
Poco noto come compositore, perché l'attenzione del pubblico venne tutta rivolta alle grandi qualità di direttore d' orchestra, fu LUIGI MANCINELLI (1848-1922), che compose opere teatrali, di musica sacra ed una delle prime musiche per film (Frate Sole del 1918).
GIACOMO PUCCINI (1858-1924), ha trionfato in tutto il mondo con spartiti in cui si coniugano perfetta conoscenza del teatro e musica condotta con grande tecnica orchestrale.
Tra i suoi lavori primeggiano Manon Lescaut, La Boheme, Madama Batterfly, Turandot e il Gianni Schicchi, un lavoro buffo in un atto degno di figurare accanto ai migliori di ogni tempo.
Un amico del musicista, il pittore Ferruccio Pagni, raccontò in un libro di memorie che Puccini compose l'ultima scene della Boheme in una tarda notte del novembre 1895, quando nella stessa stanza gli amici giocavano a briscola. Finito il lavoro Puccini li chiamò attorno al pianoforte ed eseguì per loro la morte di Mimi.
Madama Butterfly, alla prima alla Scala di Milano, la sera del 17 febbraio 1904, patì un imprevisto insuccesso, anche se il suo autore apertamente esclamò, alla volta del pubblico che lo contestava, "Più forte! Urlate! Mandate tutto alla malora! Ma tanto ho ragione io: è la più belle opera che ho scritto! ".
Quasi a confortare le buone ragioni di siffatta sua affermazione sanguigna, da toscano verace, Madama Butterfly , nata in un periodo burrascoso della vita familiare e sentimentale del maestro e peraltro interrotta anche a causa di un grave incidente d'auto, si sarebbe affermata splendidamente e per sempre pochi mesi dopo, al Comunale di Brescia.
Giacomo Puccini è tuttora il più eseguito e probabilmente il più amato compositore del mondo dopo Giuseppe Verdi. I più significativi teatri d'Europa e delle Americhe hanno in repertorio le sue opere migliori e perciò, forniti di tutto il necessario per eseguirle in qualunque momento, non mancano di "riprenderne" almeno una ad ogni stagione. Ed anche nei minori e nei più lontani teatri, del Giappone, dell'Australia o del Sud Africa, allorquando arrivano le compagnie liriche dell' Europa per una stagione o per poche recite, si può esser certi che, in un caso o nell'altro, almeno una di quelle opere verrà eseguita sì da rinnovare l'entusiasmo del pubblico.
A suo tempo si scrisse:"Successi tanto unanimi e continui presso pubblici tanto differenti si spiegano con la profonda e universale umanità dei soggetti trattati e con la commovente bontà con la quale l'artista si piega verve i sentimenti del cuore umano. Egli li comprende, li compatisce e li commenta con una musica che non pretende mai di stupire, ma e ogni volta la più giusta espressione musicale del sentimento dei personaggi...Un altro segreto del Puccini consiste nel far convergere la maggiore attenzione su creature fragili che attirano la simpatia immediate della folla. Quante lacrime, in teatro, alla morte di Mimì, di Butterfly o della povera piccola Liu. Qualche sua donna sembra di carattere più forte: ma allora nel caso di Tosca, ardente figura di artista, o di Minnie, la protagonista de La Fanciulla del West, selvaggia bellezza dell'estremo Ovest, torna ancor più vivo il contrasto fra il loro carattere ed il loro destino di dedizione".
Il Maestro morì a sessantasei anni, il 29 novembre 1924, lontano dal suo rifugio di Torre del Lago, presso Lucca, e dalle persone care, in una clinica di Bruxelles, dove vanamente ci si prodigava onde dal cancro che lo aveva colpito alla gola.
Ed ancora, un pò retoricamente ma con sincero affetto, si legge in merito alla sua scomparsa:"Fu un dolore per tutti. Tutti perdevano un caro amico che raccontava commosso le più commoventi storie e li rendeva, per qualche ore, più buoni e generosi".
PIETRO MASCAGNI (1863-1944), artista focoso, irruente, disordinato nella sue genialità, non aveva certo il carattere di un un Puccini.
Egli conseguì fama universale con la Cavalleria rusticana cui seguirono, ma senza pari clamoroso trionfo, L'amico Fritz, Guglielmo Ratcliff, l'lris ed altri spartiti, dove abbondano qualità che però non sempre si coniugano alla concezione unitaria e armoniosa dell'opera d'arte.
Le fortune di Cavalleria rusticana procedettero peraltro in sinergia con quelle dei Pagliacci, sola opera di RUGGERO LEONCAVALLO (1858-1919) rimasta in repertorio.
Leoncavallo si formònel Conservatorio di Napoli; ma, appassionato delle lettere, all'Università di Bologna seguì con passione lelezioni del Carducci: in siffatto Ateneo conseguì la laurea, fornendo un esempio, raro, di musicista dottore in belle lettere. Ai Pagliacci seguirono altre sue opere che tuttavia non ebbero uguale fortuna, di maniera che, negli ultimi anni, Leoncavallo pensò di dedicarsi all' operetta, componendo, tra altre, La reginetta delle rose che resta in tal campo il suo lavoro più noto e completo.
Successo conseguirono meritatamente l'Andrea Chenier e Fedora di UMBERTO GIORDANO (1867-1948) e Adriana Lecouvreux di FRANCESCO CILEA (1866-1950), opere che, senza dire una parola veramente nuova, risultano però ricche di musica melodiosa e suadente.
A mano a mano che ci si avvicina al Novecento il melodramma italiano s'evolse nella direttrice d'una maggiore rispondenza alla sensibilità dell'epoca.
Per esempio fu merito di RICCARDO ZANDONAI (1883-1944) quello di aver felicemente riunito la tradizione e le esigenze attuali nella Francesca da Rimini, su libretto tratto dall'omonima tragedia di Gabriele d'Annunzio: l'opera ottenne molto successo e ad essa seguirono altri celebrati lavori, tra i quali uno a sfondo fantastico I cavalieri di Ekebù.
ERMANNO WOLF-FERRARI (1876-1947) è stato capace di far rivivere la commedia goldoniana in uno stile settecentesco ravvivato da tocchi di sapiente modernità, riuscendo a conseguire risultati persuasivi soprattutto ne I quattro rusteghi ; FRANCO ALFANO (1876-1954) per finalizzare il suo talento musicale prese invece le mosse da uno stile di fine Ottocento e seguì la trasformazione del linguaggio musicale sì da offrire prove d'una esuberante fantasia e suscitare vivi consensi particolarmente con l'opera Resurrezione; OTTORINO RESPIGHI (1879-1936) mise invece a servizio del melodramma la sua tempra di sinfonista e tra le sue composizioni teatrali, impostate sullo sfruttamento di tutte le conquiste musicali, da quelle più antiche a quelle più moderne, da quelle italiane a quelle straniere, assumono luminosità tutta latina opere come La bella addormentata nel bosco, Belfagor, La campana sommersa e Fiamma; ILDEBRANDO PIZZETTI, nato nel 1880, propose quindi vie nuove in molti spartiti di cui preparò anche il libretto: egli scrisse musica di scene per tragedie greche e di D'Annunzio e le più note furono Fedra, Lo straniero, Orseolo ed ancora L'oro.