cultura barocca
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La storia della Chiesa dopo gli eventi che caratterizzarono il pontificato di Urbano VIII e non ultima la Congiura Centini [che segnò con l' "Instructio" una distinzione tra vecchia e nuova caccia alle streghe (senza dimenticare i contrasti interni alla Chiesa e il nepotismo di cui un esponente significativo fu Francesco Barberini) visse un'epoca sostanzialmente difficile per l'Italia ed i suoi Stati, compreso appunto lo Stato della Chiesa, in pratica continuamente sospesi tra guerre anche a riguardo della Sublime Porta dell'Impero Turco e comunque condizionati dallo strapotere delle Grandi Potenze Continentali: e volendo la situazione può anche esser letta attraverso il quadro della situazione politica italiana ai primi del XVII secolo che venne pessimisticamente fatto nella qui digitalizzata opera di Traiano Boccalini ovvero Pietra del Paragone Politico Tratta dal Monte Parnaso Dove si toccano i governi delle maggiori monarchie dell'Universo.
Una serie di mitigazioni e rinnovamenti, specie a pro della Chiesa di Roma, presero piede dal pontificato di Alessandro VII: questi furono caratterizzati dalla decisa affermazione di quell'apparato burocratico che in vario modo avrebbe controllato lo Stato della Chiesa alla maniera che l'apparato ecclesiastico ma in maniera che per sua parte questo esercitasse una non minore influenza sui governi secolari d'Europa.
Questa impresa fu in parte resa possibile dall'istituzione di quello che fu definito lo Squadrone Volante che in effetti era una fazione venuta a creare entro lo stesso Sacro Collegio e che risultava formata da 11 cardinali nominti da Innocenzo X e che sostanzialmente svolgeva una ben orchestrata funzione autonomistica, mirante cioè a sancire la totale emancipazione pontificia dai potentati secolari (la Spagna e quindi l'Impero certo, ma anche la Francia) sì da poter affermare a piene mani il potere di Roma anche sotto il profilo temporale (questo Pontefice - che molto fece in ogni campo e tra l'altro rilasciò ad Angelico Aprosio il Breve Papale per la protezione dai furti e da altre manomissioni quella prestigiosa Biblioteca Aprosiana che aveva eretto a Ventimiglia - aveva intuito con indubbio acume le difficoltà anche interne alla Chiesa procedette a riforme anche impopolari quanto necessarie che coinvolsero pure l'erudito Angelico Aprosio (che pur avendo già avuta e descritta la sua esperienza di soggiorno in conventi talmente decaduti da esser ormai da considerare come scrisse delle autentiche spelonche pur visse l'esperienza della soppressione non senza personali angosciose tribolazioni ma sempre compiendo dovutamente il proprio dovere) quali la
Soppressione di Piccoli Conventi incapaci ad autosostentarsi e tali da comportare il proliferare di irregolarità e sconvenienze
di maniera che alcuni Conventi, ormai ridotti in misere condizioni, pur di sopravvivere grazie ai favori che potevano derivarne eccedevano nella Concessione del Diritto d'Asilo sì da dar scampo ad un numero esorbitante di criminali e delinquenti)
Lo Squadrone Volante operava in forma molto particolare, quasi come un regolo interno alla Chiesa, sì da non far mai "pendere la bilancia" del Collegio dei Cardinali a pro di qualche Stato: nelle necessarie circostanze lo Squadrone Volante, distribuendo tatticamente i propri voti, faceva sì che la maggioranza venisse a toccare sistematicamente a quanto era ritenuto prioritariamente giovevole al Papato, sì da garantirgli una totale condizione di autonomia [I conclavi costituirono comunque sempre contrapposizioni tra cardinali ora legati a questa ora a quella fazione e soprattutto connessi agli interessi di potentati stranieri: nel MS. 40 della Biblioteca Aprosiana si conserva questo esemplare di
Pasquinata
(ascritta ai famigerati "Libelli Famosi" o "Cartelli" pubblicamente quanto furtivamente esposti) notoriamente ascritti nell'elenco delle Pubblicazioni Proibite e variamente perseguite dall' Index Librorum Prohibitorum: a riguardo dell' esemplare in questione che da questo punto è commentato con collegamenti multimediali e poi doverosamente quanto necessariamente trascritto in grafia moderna sì da renderne agile la lettura esso reca il titolo programmatico quanto emblematico di Riflessioni di Pasquino fatte sopra l'elezione del futuro Pontefice: lo scritto tratta in merito alla successione da Clemente V ad Innocenzo XI del Conclave del 1676 elencando quei molteplici aspetti che condizionarono la vita del Papato e contro cui operò lo Squadrone Volante degli 11 Cardinali capeggiati da Decio Azzolino onde mantenere l'autonomia del Papato rispetto alle interferenze delle grandi potenze o ad altre problematiche: il discorso è ferocemente satirico come nella tradizione delle "Pasquinate" (al pari che di altre opere satiriche, blasfeme o ritenute perniciose dal lato teologico quanto morale ecc.) ma riflette senza subbio su problemi concreti quali il nepotismo come pure la sudditanza a vari Stati Stranieri tra cui viene evidenziata in particolare la posizione degli Spagnoli e via discorrendo]
All'interno dello Squadrone Volante nella qualità speciale di "capo della fazione" operava il cardinale Decio Azzolino Juniore (all'epoca spesso critto "Azzolini") che proprio Alessandro VII aveva determinato per tal ruolo trattandosi di figura carismatica e di notevoli qualità: ed all'epoca proprio a lui spettò intrattenere, in un tempo in cui cerimoniale ed etichetta governavano i rapporti sociali all'interno delle Corti, le utili relazioni con Cristina di Svezia in definitiva fin troppo celermente "catapultata" nel cuore non facile della variegata società romana.
I rapporti tra l'Azzolino e Cristina divennero presto assai stretti. L' ex regina di Svezia Cristina riponeva in lui tanta fiducia, che lo dichiarò consigliere ed arbitro degli affari suoi e della sua corte. Inoltre dichiarollo suo erede, ed in una lettera lo chiamò il massimo non solo di tutti i Cardinali, ma eziandio di tutti gli uomini










































A questo punto può risultare basilare per entrare nell'intimo di Cristina leggere le tre opere principali della sua "produzione letteraria".
Queste appartengono tutte e tre al soggiorno (1666 - 1668) di Cristina ad Amburgo e, dopo esser state accantonate, vennero riprese negli anni Ottanta alla maniera però da non potersi dire di averne una versione ufficiale sicura, anche in funzione dei diversi e spesso contrastanti revisori succedutisi nel tempo e, se vogliamo, anche per l'uso quasi esclusivo della lingua svedese perché di questa l'ex Regina, mai impadronitasi compiutamente dell'Italiano, si avvalse nella maggior parte degli scritti al limite, surrogandola occasionalmente con la lingua francese di cui aveva ampia dimestichezza.
L' "Autobiografia" di Cristina non è opera compiuta (cosa che sarebbe stata quanto mai giovevole per gli studiosi) e tratta solo dei suoi primi 10 anni sì da dedicare spazio alla descrizione dei genitori, del Consiglio di Reggenza, della raffinata educazione impartitale. Ma nello scritto strutturato in forma di confessione dedicata a Dio compaiono segnali importanti in rapporto alle sue future scelte: in guisa della tradizione scrittoria agostiniana, Cristina si rivolge colloquialmente con l'Ente Supremo non trascurando certo di analizzare la sua specifica posizione e di trattare il tema non semplice della postura di un giovane Prinicpe nel contesto della coeva società europea.
Per Lei, erede designata dell'antica dinastia dei Vasa, la situazione non è facile e scrive:
Coloro che riconoscono all'educazione la forza e le attribuiscono il nome di una seconda natura hanno senza dubbio compreso quanto essa sia importante per ognuno. Ma l'educazione dei giovani principi è d'importnza talmente straordinaria, che coloro che impartiscono loro una cattiva educazione non sono meno criminali di quelle persone contronatura (se tali ne esistono) che avvelenano i ruscelli e e le fonti da cui tanti attingono l'acqua. Un bambino nato per la Corona è proprietà dello Stato, e da lui dipendono l'onore della nazione e la felicità degli individui. Ad un bambino del genere non sarebbe possibile prestre attenzioni che siano successive. Si dovrebbe dare a queste giovani e regali pianticelle tutto il nutrimento e l'educazione che spettano loro[...]. Ma numerosi e spesso insuperabili sono gli ostacoli che rendono complesa l'educazione di un principe (...). La verità deve affronare tempi difficili per far sentire la propria voce nella vita di una Corte. L'inganno è di gran lunga più forte, e là regna incontrastato. Coloro che credono che l'infanzia sia il tempo in cui la verità regni nei cuori dei giovani principi semplicemente non fanno che ingannarsi. Perché già dalla culla si atterriscono e si blandiscono questi bambini".
Lo scritto rende perfettamente l'idea di quanto Cristina fosse spaventata dalla prospettiva del governare in una sostanziale solitudine e circondata da possibili nemici ben celati nell'ombra: e la cosa a suo giudizio sarebbe diventa ancor più complessa qualora il compito di governo stia nella mani di una donna sì da farle scrivere quanto segue,
cosa che probabilmente non sarebbe stata apprezzata dalla menzionata Arcangela Tarabotti, specie se accosta a questa altra considerazione sul rapporto tra "sesso debole" o "obblighi di governo":
"E' mia opinione che le donne non dovrebbero mai governare. E sono al punto convinta di ciò che, se mai mi fossi sposata avrei certamente privata la mia discendenza femminile di tutti i diritti ereditari al trono svedese. Senza dubbio avrei amato il mio paese più che i miei figli e, dunque, sarebbe stato un tradimento verso la Svezia riconoscere i diritti ereditari anche ai membri di sesso femminile della casa reale. (...). Per una donna assolvere degnamente i doveri di un tale incarico è cosa quasi irrealizzabile.

























Così scrive Bo Lindberg ne La cultura erudita nella Svezia del secolo XVII in W. Di Palma, T. Bovi, B. Lindberg, F. Abbri, M. L. Rodén, S. Rotta, G. Iacovelli, S. Akermann, F. Craaford, Cristina di Svezia, Scienza ed Alchimia nella Roma Barocca, Edizioni Dedalo, 1990 (pp. 31 e seguenti):
"Questo ci porta a parlare del goticismo, un aspetto rilevante della cultura erudita svedese del XVII secolo. Il goticismo è l'elemento più genuinamente nazionale della cultura erudita, è la mitologia nazionale, permeata di ingredienti fantastici, sciovinista e derisa dai posteri, ma incontrovertibilmente una forza ispiratrice per molti degli spiriti più lucidi e dotati della Svezia di quel secolo.
Il goticismo non fu un fenomeno unicamente svedese. Il punto di partenza era costituito da un brano dello storiografo tardo romano Giordane (VI secolo) ove questi parla della Scandia, nel remoto settentrione, come della vagina gentium, il grembo dei popoli. In seguito, vennero identificate con la terra dei goti sia la terra degli iperborei di Erodoto sia l'Atlandide di Platone. Agli albori della storia dell'umanità, così si reputava, i goti erano migrati dalle loro terre e conquistato gran parte del mondo. Le storie relative alla loro audacia e alla loro virtù, utilizzate nelle campagne propagandiste, davano agli svedesi in ascesa un sentimento di autoconsapevolezza e fornivano loro dei modelli in cui identificarsi. Gustavo Adolfo era profondamente permeato di mitologia gotica; Cristina era invece più cauta, ma nella sua autobiografia non mancano i riferimenti al passato gotico della madrepatria. Il goticismo non fu soltanto determinante per l'autostima o la propaganda politica: ispirò profondamente anche il mondo della cultura. Non solo i goti avevano conquistato il mondo, essi vi avevano anche portato la cultura. Secondo i dotti svedesi gli dei della Gracia erano stati importati dagli iperborei; il primo alfabeto (i segni runici) era stato sviluppato dai goti, i quali si erano anche dedicati per primi allo studio dell'astronomia. Si sostenne inoltre che la lingua gotica o svedese fosse stata in origine la lingua di tuta l'umanità. Gli eruditi svedesi si adoperarono al fine di provare queste ed altre credenze sensazionali, per lo più utilizzando argomentazioni di stampo filologico, rifacendosi ai classici dell'antichità, alle iscrizioni runiche e alle saghe islandesi. Naturalmente era tutto sbagliato, ma non sarebbe giusto definire li studiosi che si gettarono in questa impresa come speculatori fantasiosi o ideologi puri, pronti a concepire qualsiasi teoria solo per compiacere le autorità. Il loro impegno e le loro motivazioni furono genuinamente sinceri, i loro metodi e le loro teorie audaci, e talora interessanti anche agli occhi dei posteri. Leibniz, a proposito del più grandioso tra i progetti goticisti, ebbe a dire: le fantasie più assurde sono proficue in campo scientifico, poiché costringono i loro autori ad elaborare buoni metodi e buoni strumenti per difenderle. In effetti, molti seguaci del goticismo furono tra le personalità più interessanti del mondo culturale della Svezia del Seicento, e importanti e validi nel tempo furono anche i loro contributi in diversi settori. Ad Olof Rudbeck, cui si riferisce il commento di Leibniz sopra citato, che fu docente di medicina ad Uppsala ed eminente naturalista (morì nel 1702), viene ad esempio attribuita la scoperta dei vasi linfatici. Nella sfera attinente al goticismoil suo fu Atlantica, nella quale l'autore espone le sue fantasie goticiste ma si rivela anche naturalista empirista di tradizione baconiana: tra le altre cose, descrive uno strumento per determinare l'età dei monumenti antichi che si basa sulla misurazione dello strato di loess, materiale che l'autore riteneva ricoprisse tutta la superficie terrestre. Rudbeck fu accademico di grande dinamismo e molto si adoperò per abbattere le barriere tra l'università e la socità. Intendeva creare all'interno dell'università spazi per attività pratiche, , così costruì con le sue stesse mani il teatro anatomico dell'università (che ancor oggi esiste) e promosse il ricorso al volgare nell'insegnamento. Il suo patriottismo, quindi, non fu soltanto vanagloriosa fantasia storica ma, piuttosto, sforzo consapevole finalizzato ad un profondo radicamento dell'università nella società.