cultura barocca
SEBORGA

SPLENDIDA
SEBORGA
TRA CIELO, TERRA E MARE CON UNA NATURA UNICA E MAGICA, NEI CUI BOSCHI PAIONO VEDERSI OMBRE DI CAVALIERI E PELLEGRINI DI FEDE, DI CAVALIERI TEMPLARI E GEROSOLIMITANI CHE GIUNGEVANO NELLA DIOCESI INTEMELIA TRA FRANCIA E ITALIA A CERCARVI RIPOSO DOPO UN GRAN VIAGGIO MA ANCHE PARTENZA PRONTA VERSO I LUOGHI SANTI DEL MONDO CONOSCIUTO

SEBORGA, borgo dell' affascinante entroterra di Bordighera oltre che da una splendente natura è avvolta da una storia affascinante cui tanto contributo culturale e promozionale ha dato l'indimenticabile suo ultimo principe Giorgio I.
SEBORGA vanta una storia antica e misteriosa. Nel nome del paese G. Petracco Sicardi nota 2 possibili interpretazioni e scrive:" Nelle forme storiche del toponimo si alternano due tradizioni, l'una dotta che cita l'insediamento col nome di Sepulcrum, l' altra più vicina alla pronunzia (Sebolcaro nel 1079, Suburcaro nel 1250, Seburco nel 1394); con la seconda concorda la dizione locale Seburga, maschile. Poiché da Seburga si può risalire a un *sepulc(a)rum, alterazione di sepulcrum, le due tradizioni non sono alternative per l'etimologia, ma resta ignoto a quale epoca risalga la denominazione e di quale sepolcro si tratta" (Dizionario di Toponomastica, UTET, Torino, 1990 sotto voce "Seborga": sempre che, sull'origine del nome, non abbia avuto qualche interferenza il "sepolcreto" fuori borgo [segnato con simbolo cruciforme], ora irreperibile dopo i ripascimenti del terreno, disegnato dal cartografo genovese M. Vinzoni poco oltre metà '700 in due grandi mappe, con didascalie, dal titolo "Ricognizione sui territori di Seborga e di Vallebona e Tipo de i Territori, conservati in "Archivio di Stato di Genova - Magistrato delle Comunità -Giunta dei Confini - Pratiche depositate dal Col.Matteo Vinzoni, filza 106 A, poi editi da B.DURANTE - F.POGGI, Diplomazia e cartografia - Materiale inedito dell'archivio "vinzoniano" sulle vertenze confinarie e giurisdizionali tra il "Principato di Seborga, Vallebona e Sanremo in "Rivista Ingauna Intemelia", N.S., XXXXIX, 1984, n.3-4, pp.52-66 con 3 particolari delle carte vinzoniane ed 8 schizzi topografici: nel saggio è inoltre raccolta la bibliografia basilare sul "Principato di Seborga").
Sulle bellezze paesaggistiche del paese, sulla conservazione delle tradizioni e sulla storica volontà di essere riconosciuto tuttora come "Principato autonomo dallo Stato Italiano", con suo reggente dal titolo di "Principe" (di provenienza però monastica) si discute da tempo, e tante versioni son state fornite sull'argomento che pare qui superfluo riprenderle. Basti dire che si tratta di un luogo affascinante e per molti aspetti dalla storia controversa di cui qui di seguito si dà un sunto.

Dati certi o quasi sulla storia di Seborga (prescindendo dalla non trascurabile possibilità che il luogo sia stato sede di qualche ceppo ligure intemelio e quindi di poderi rurali d'epoca romana) si riallaccia alla sua origine medievale come feudo monastico (PRINCIPATO ECCLESIASTICO DI SEBORGA) per una possibile donazione del conte Guido di Ventimiglia (nel 954), prima di partecipare ad una crociata contro i Saraceni, all'abbazia lerinese di S.Onorato. In base al testamento del nobile intemelio i Padri di Lerino sarebbero infatti entrati in possesso principalmente della chiesa comitale di S.MICHELE DI VENTIMIGLIA con il suo piccolo, e lontano, insediamento agricolo di SEBORGA nell'entroterra di Bordighera. Indagini ulteriori, di vari studiosi, su tali documenti hanno permesso di confermare che questa donazione del 954, per quanto sia giunta a noi in copie e documenti scorretti formalmente, aveva un punto di partenza in un documento autentico, steso da Guido Conte intemelio al momento di salpare dal porto di Varigotti "Contro i perfidi Saraceni", onde partecipare alla spedizione guidata da Guglielmo di Arles che avrebbe scacciato per sempre i pirati Saraceni dalla base del Frassineto entro il 972.
In seguito gli abitanti di Seborga, definendosi "uomini di detto monastero [di S.Michele: anche questa chiesa come quella di S.Maria di Dolceacqua, donativo feudale ai Benedettini]" si proclamarono sudditi del "Priore del monastero stesso" e si riconobbero debitori delle decime: ancora nel 1469 gli abitanti del paese riconfermarono questi loro impegni a "Frate Nicolao di Ventimiglia d'Aurigo, priore di S.Michele di Ventimiglia".
Bisogna tuttavia tener sempre presente che, data la peculiare conformazione giurisdizionale di questo territorio, i conti di Ventimiglia, e poi il Comune della stessa città, avanzarono spesso dei diritti atavici verso il territorio di Seborga, rivendicando alcuni aspetti legali della donazione: sino a quando almeno -per quanto è stato definito in un campo di ricerche che non hanno ancora avuta una definitiva ed unanime chiarificazione- il vescovo intemelio Stefano definì i limiti territoriali del principato ecclesiastico a fronte del vasto territorio di Ventimiglia.
La povertà e ristrettezza del territorio impedì comunque una costante fioritura del possedimento benedettino sì che i monaci, cercando nuove forme di sovvenzione, lecitamente appellandosi ai dettami del loro possesso sovrano non ritennero conveniente esercitare il diritto di "coniare monete" istituendo cioè una ZECCA ricavata a fianco della Prioria, cioè nel palazzo nobile già ritenuto sede dei Cavalieri Templari.





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