Il paese di REZZO (qui in uno scorcio d'epoca) è un caratteristico borgo di montagna che si raggiunge da AURIGO ed entrando quindi nella valle della Giara.
Si trova a circa 563 m.s.l.m, circondato da boschi che gli conferirono grande fama come luogo salubre per la villeggiatura, tanto che il piccolo paese fu citato nel 1600 dal romanziere BERNARDO MORANDO come luogo ideale in cui ritemprarsi nel corpo e nello spirito: e per questo essendo VILLEGGIATURA ESTIVA di un nobile CLAVESANA, coprotagonista del romanzo LA ROSALINDA, il paese è elogiato come uno dei luoghi più ameni di tutta la LIGURIA. Il CASTELLO DI REZZO che attualmente si può ammirare (del precedente rimangono solo pochi ruderi) fu opera di fine XVIII secolo realizzata dagli INGEGNERI DI GUERRA DI GENOVA: si tratta di uno dei più importanti esempi liguri di CASA-FORTEZZA. L'elemento più caratteristico di REZZO è però il SANTUARIO DI N.S. DEL SANTO SEPOLCRO E MARIA BAMBINA A REZZO (borgo dall'affascinante storia medievale), all'interno del SANTUARIO ALLA VERGINE si possono vedere dei cicli di affreschi di Pietro Guidi di Ranzo risalenti ai primi del XVI secolo.
Il nome del borgo non aiuta molto a comprendere la sua genesi: i documenti più antichi in cui esso è documentato risalgono al 1202 (HOMINES VALLIS REZII), allorquando la valle d'Arroscia, il paese ed il castello di Rezzo prestarono fedeltà a Genova, ed al 1259 (IN REZIO) anno in cui Genova stipulò un atto d'acquisto di metà del feudo di Rezzo caratterizzato quindi soprattutto da una storia medievale.
E' comunque sostenibile in linea teorica che il toponimo si sia evoluto da un prediale romano, derivante dal gentilizio Raetius: logicamente non si può far cenno ad un insediamento romano complesso in questa zona ma non è impossibile ritenere che vi sia stata eretta una struttura agricola, un'azienda retta da manodopera servile più che una VILLA RURALE PSEUDOURBANA.
Resta tuttavia sintomatico il fatto documentato dalle moderne ricerche che, contro le opinioni della storiografia del secolo scorso -peraltro ancora troppo spesso assunta come punto di riferimento ai giorni nostri- le valli del Ponente ligure furono caratterizzate da insediamenti di aziende rurali romane che hanno lasciato tracce toponomastiche e talora archeologiche (ciò vale per i complessi rurali della VALLE DEL NERVIA tanto vari che è stato necessario riproporne la topografia "computerizzata", ma altrettanto si è riscontrato nell'area tra SANREMO, TAGGIA E BUSSANA COL RELATIVO ENTROTERRA ed altrettanto si è evidenziato in altri siti, non escluse zone un tempo giudicate estranee alla romanità e dove invece sono venuti alla luce reperti importanti di insediamenti romani come nel caso di VILLA FARALDI nell'entroterra dianese).
Ragioni VIARIE DI PORTATA EUROPEA o semplicemente di INTERESSE REGIONALE e/o LOCALE, connesse all'incremento dei COMMERCI nel mercato aperto dell'IMPERO DI ROMA favorirono infatti il fiorire dei traffici e l'incremento demografico in LIGURIA OCCIDENTALE divenuta importante area di transizione verso la PROVENZA ed il PIEMONTE cui comunicava sicuramente per via di TRE IMPORTANTI PERCORSI.
La posizione di REZZO come detto nella valle che per il passo di Teglia mette in comunicazione la valle d'Oneglia e la valle di ARROSCIA nella romanità dovette avere un'importanza superiore a quanto si sia sempre pensato: il sito su cui è sorto REZZO ha un'evidente valenza strategica e viaria che non può esser sfuggita agli ingegneri di ROMA che notoriamente sfruttavano tutte le varianti viarie, anche quelle escogitate dai POPOLI che li avevano preceduti nel controllo di un determinato territorio.
Se ai Romani il controllo del sistema viario principale e secondario serviva soprattutto per i commerci e il traffico di una moltitudine di viandanti, nel Medio Evo prese a valere principalmente l'elemento strategico-militare: ed è fuor di dubbio che REZZO sorse in una zona che permetteva di controllare e dominare un ampio territorio ed il relativo sistema dei percorsi.
Questa ragione ha forse determinato il fatto che i FEUDATARI CLAVESANA vi abbiano eretto un castello e che successivamente il controllo di questo sia passato a GENOVA destinata a far sua tutta la LIGURIA.
Contemporaneamente però REZZO sorgeca molto a nord e non lontano dai GIOGHI dove il PIEMONTE ed i SAVOIA storicamente facevano pressione militare per potenziare quei tragitti mare-monti che per esempio si erano procurati (e che miravano ad ampliare) col controllo di ONEGLIA E DELLA SUA VALLE.
Questi contrasti militari tra Genova ed il Piemonte determinarono scaramucce e conflitti veri e propri: tra questi è importante ricordare la GUERRA DEL 1672 che contrappose il Piemonte Sabaudo e Genova proprio per contrasti sul controllo di CENOVA frazione di REZZO e questo paese ebbe distrutto il CASTELLO MEDIEVALE.
Originariamente sul sito ove esso sorge, per donazione del nobile del luogo Francesco de Thomatis, doveva venir eretto un convento dai monaci di S.Maria de Podio di Annecy in Alta Savoia.
La popolazione e la nobiltà locale furono favorevoli all'iniziativa ma non la REPUBBLICA DI GENOVA che temeva la presenza sul suo territorio di ORDINI MONASTICI FEDELI AI SAVOIA.
Non si trattò nel XV secolo di fenomeni isolati: per esempio la REPUBBLICA si era adoperata a riprendere il pieno controllo di AIROLE in VAL NERVIA temendo che i Savoia dopo aver posto loro teste di ponte a ROCCHETTA e PIGNA, in alta VAL NERVIA ( ed aver concluso una sorta di legame spirituale e morale coi DORIA DI DOLCEACQUA signori della Media Val Nervia grazie indubbiamente ai rapporti col CONVENTO BENEDETTINO PIEMONTESE DI S.MARIA DI DOLCEACQUA) potessero impedire il controllo tutto genovese della NUOVA VIA DEL ROIA disturbandone la potenzialità grazie ai servigi di un altro monastero loro fedelissimo, la CERTOSA DI PESIO che in AIROLE possedeva un suo PRIORATO da almeno due secoli.
I fatti di Airole avvennero tra 1430 e 1440, grossomodo nello stesso tempo avvennero a REZZO le discussioni sull'erezione di un MONASTERO.
Alla fine prevalse naturalmente la ragione politica ma la REPUBBLICA per non deludere la fede sincera degl abitanti del paese concesse loro l'erezione di un SANTUARIO.
E proprio per questi eventi si è generata l'eccezionale caratteristica del SANTUARIO DI REZZO che è l'UNICO SANTUARIO LIGURE di proprietà laica: su concessione di Genova e autorizzazione della Curia di Albenga da cui dipendeva la chiesa di Rezzo fu infatti fondato dall'UNIVERSITA' (comunità/ comune) di REZZO cui tuttora appartiene.
La costruzione dell'edificio venne stabilità dall'UNIVERSITA' DI REZZO (cioè con il concorso delle decisioni dei due terzi dei capofamiglia) il 26/XII/1444).
Il SANTUARIO venne quindi eretto sul sito ove sorgeva una Cappella dedicata alla Madonna.
Il SANTUARIO (realizzato da maestranze delle valli dell'imperiese, divenute esperte anche per l'erezione del SANTUARIO DI MONTEGRAZIE fu compiuto e consacrato dal vescovo di Albenga nel 1492.
L'impianto originale, come si può ammirare da una visita all'INTERNO DEL SANTUARIO, era a tre navate.
Di poco posteriore fu l'erezione del campanile con cuspide a tronco di piramide.
Il portico fu sovrapposto alla facciata nel XVIII secolo .
Essi rappresentano l'uomo, la vita, la morte ed il mistero della Redenzione ma si coniugano senza dubbio coi temi sotterranei della dissoluzione morale inaugurati da una certa pubblicistica, religiosa e non, già alla fine del XV secolo: l'autore tuttavia recupera, per sviluppare il tema orrorifico delle PENE INFERNALI, pene che appartengono al reale della persecuzione, religiosa e statale, della criminalità come pure dei dissidenti in campo religioso (eretic) e politico.
La RUOTA DELL'AFFRESCO che tormenta un dannato rimanda senza dubbio alla tipologia della macchina di tortura estrema della RUOTA utilizzata dai carnefici in numerose contrade italiane.
Peraltro il recipiente di acqua bollente e i ferri dei bracieri rimandano ad altri strumenti tipici della CAMERA DELLA TORTURA.
La ronda dei Vizi capitali su vari animali tra loro legati da catene riproduce, seppur attraverso una simbologia religiosa, una pena estrema abbastanza comune nel genovesato a danno dei grandi criminali: quella di esser "AL PATIBOLO TRATTI A CODA D'UNA BESTIA".