cultura barocca
Immagine digitalizzata da Bartolomeo Ezio Durante Leggi qui l'Aforisma XXII del libro V ed in particolare le riflessioni sull'Erpete Exedens quello che qui rappresenta la forma più grave della patologia in greco detto Esthiomenos

Il medico greco IPPOCRATE (ca. 460-ca. 370 a. C.) fu tra le figure più eminenti della medicina antica, che si sforzò di avviare su valide basi razionali e scientifiche. Il suo insegnamento è raccolto, assieme ad altri scritti attribuiti alla scuola di Cos, nel Corpo ippocratico, che fu il testo classico di medicina fino alla fine del XVIII sec.
In particolare egli divulgò la dottrina umorale, secondo cui nel corpo umano si trovano quattro fondamentali umori (sangue, flemma, bile gialla, atrabile), dalla cui miscela risultano quattro temperamenti individuali (sanguigno, flemmatico, bilioso, atrabiliare) e dal cui equilibrio dipende lo stato di salute. Dettò il cosiddetto
GIURAMENTO DI IPPOCRATE
pose altresì le fondamenta per una essenziale codificazione etica dell'arte medica.
La sua influenza nel mondo cristiano, per quanto mediata dalle acquisizioni di scienziati arabi, fu rilevante: ancora nel XVIII e XIX secolo si pubblicavano in grande quantità, e senza veruna opposizione dalla censura ecclesiastica, gli AFORISMI DI IPPOCRATE ad uso dei medici (in questo caso opera di Joanne de Gorter, Medicina Hippocratica exponens Aphorismos Hippocratis, Padova, per Giovanni Manfré, 1778: opera in Biblioteca Durante - Ventimiglia).
Per l'epoca della patristica c'è un'abbondanza delle citazioni delle opere autentiche d'Ippocrate e del Corpus hippocraticum.
Ad esempio Cipriano di Cartagine, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa, e Eusebio di Cesarea sostengono una teoria delle scienze naturali riguardo all'origine delle malattie, che risale a Ippocrate.
Eusebio nella fattispecie cita ripetutamente Ippocrate in un capitolo sulla teoria delle malattie, in riflessioni riguardo al libero arbitrio, dimostra pure di conoscere la teoria della dieta e cita più volte un motto nototiamente ippocratico: "la natura è il miglior medico". Ribadisce, sempre in relazione al magistero di Ippocrate, l'importanza della prognosi e sostiene che nella relazione fra corpo e anima quest'ultima ha la . Neppure si possono trascurare i capitoli etico-medici della Didaché del primo secolo dopo Cristo: "non devi abortire un bambino e non devi uccidere un neonato" .
In Ildegarda di Bingen (1098-1179) la ricerca su quest'argomento fu negativa.
Enrico Schipperges scrive: "Ildegarda di Bingen non dà una esplicita teoria a questo riguardo; non ripete il GIURAMENTO DI IPPOCRATE e non parla della etica medica. Non troviamo scopi diretti di un carattere della sanità oppure modi concreti per una assistenza al malato, niente su che cosa si potrebbe istruire, niente di dogmatico che potesse creare una teoria dei doveri e della loro categoria. Eppure, le sue opere sono un contributo alla deontologia medioevale, e sono tanto più preziose, in quanto mancano opere simili in questo secolo; oppure non sono spesso presentate in modo serio e quindi non si possono prendere sul serio". Honorius Augustodunensis (morto dopo 1150) scrive di Ippocrate: "per medelam corporum deducit ad medelam animarum".
Le conoscenze su Ippocrate e sul Corpus hippocraticum vennero trasmesse soprattutto in forza del cristianesimo nestoriano-siriano, che prestava con le sue scuole e monasteri lo spazio in cui si rielaborava l'opera filosofica e scientifica e più precisamente la linea di Aristotele stesso ma anche Euclide, Ippocrate, Galeno, Archimede.
Le opere filosofiche, matematiche e mediche di questi autori sono state tradotte in primo luogo dal greco in siriaco e poi in lingua araba : per esempio il concetto di "potentia" si può attribuire al con cetto greco di dynamis e si trova pure nel Corpus hippocraticum, usato anche in attinenza con la malattia.
Un ulteriore campo delle fonti in cui si può trovare Ippocrate nei documenti ecclesiastici e teologiche, sono in manuali della medicina pastorale; esistono infatti relazioni tra il Corpus ippocraticum e la teologia per il fatto che le opere ippocratiche non sono solo un provato sistema di cura ma anche a causa dell'immagine umana, alla base della concezione cristiana, considerevoli comunanze delle persone sane e ammalate. Siano anche ricordati i capitoli etico-medici nella Didaché e la loro corrispondenza con Ippocrate.
Ippocrate venne citato due volte: sul comportamento dei coniugi durante la gravidanza ed anche sulle possibilità terapeutiche di usare medicine popolari nel caso dell'epilessia cosa che appare naturalmente nell'odierna comprensione particolarmente discutibile.
Nel 1893, E.W.M. di Olfers nella sua medicina pastorale disse che Ippocrate precor endo i tempi, aveva definito l' EPILESSIA nel suo libro De morbo sacro come qualsiasi malattia, non più santa o diabolica delle altre malattie.
August Stohr parla ripetutamente d'Ippocrate, in parte contro una medicina "teurgica" dei Greci, la quale presenta certe somiglianze con la cura terapeutica dell'anima..
Anche della discussione del classico Sex res non naturales, Stohr cita Ippocrate per quanto riguarda la dieta e generalmente i costumi di vita..
Nella metà del XX secolo Albert Niedermayer analizzò numerose citazioni del Corpus hippocraticum sottolineando l'apice etico-medico, il GIURAMENTO DI IPPOCRATE, che viene assunto da numerosi autori (come Lichtenthaeler e altri) tra le opere autentiche di Ippocrate.
Più di tutti Albert Nidermayer riassume l'importanza di Ippocrate: "... sebbene fosse stato pagano, potrebbe esser e ancora oggi, appena due mila anni dopo l'annunzio del Vangelo di Cristo, un esempio anche per presunti medici cristiani" .
Nidermayer sottolinea soprattutto la visione universale di Ippocrate, una visione che finisce per caratterizzare il vero medico, cioè colui che fonda nella sua concezione professionale gli elementi biologici, antropologici, medico-umani, sociali ed etico-metafisici.
E, indubbiamente, Ippocrate, dal 460 fino al 360 a.C., ha lasciato una teoria medica, che connette l'osservazione esatta scientifica e l'esperienza con una etica alta ed umana..
Questa concezione deontologica à stata tramandata in campo cristiano in diversi modi (documenti papali, trattati teologici, testi di medicina pastorale), e può essere documentata da Ippocrate secondo le epoche storiche: la sua essenza resta comunque è l'impegno per la salute e la consolazione della persona ammalata, indipendentemente dal cambiamento dei periodi del tempo: saluti et solatio aegrorum.



IL SOLENNE GIURAMENTO DI IPPOCRATE
Per Apollo medico, per Esculapio, Igea e Panacea giuro, e tutti gli Dei e le Dee chiamo a testimoni che questo mio giuramento e questa scritta promessa osserverò integralmente con ogni forza e intelligenza.
Il Maestro che m'insegnò quest'arte terrò in luogo di padre; e quanto sarà necessario alla di lui vita e quanto avrà bisogno con animo riconoscente gli darò; e i suoi figli considererò come i miei fratelli: e se quest'arte essi vorranno apprendere, senza compensi e incondizionatamente loro insegnerò: delle mie lezioni e dimostrazioni e di quanto ha attinenza con la medicina, e i miei figli e i figli dei miei precettori renderò partecipi, e con essi quanti per iscritto si saranno dichiarati miei discepoli ed avranno prestato giuramento: all'infuori però di questi nessuno.
Per quanto riguarda la cura dei malati prescriverò la dieta più confacente secondo il mio giudizio e la mia scienza ed allontanerò da loro ogni danno e inconveniente.
Né presso di me sarà valida preghiera alcuna per indurmi a somministrare veleno a qualcuno, né darò mai consigli di tal genere.
Similmente non farò manovre sulle donne allo scopo di impedire la concezione e procurare l'aborto.
Ma soprattutto santa la mia vita conserverò e immacolata l'arte mia.
Né eseguiro operazioni per togliere la pietra ai sofferenti di calcoli, ma ciò lascerò fare ai chirurghi esperti in quest'arte.
In qualunque casa entrerò, vi entrerò solo per portare aiuto ai malati, e mi asterrò da ogni ingiusta azione e immoralità, come da ogni impuro contatto.
E tutto ciò che nell'esercizio della mia professione vedrò e udrò nella vita comune degli uomini, anche se indipendente dall'arte medica, in assenza di permesso tacerò e terrò quale geloso segreto.
Se a questo giuramento adunque presterò intatta fede e se saprò lealmente osservarlo mi sia data ogni soddisfazione della vita e dell'arte e possa aver meritato fama in perpetuo presso gli uomini.
Ma se ai miei giuramenti dovessi mancare e avere giurato il falso possa succedermi tutto il contrario
(Trad. di M. Cardini, da N. LATRONICO,La Medicina degli antichi, Hoepli, Milano, 1956> a proposito del vasto CORPUS HIPPOCRATICUM si possono vedere, per eventuali approfondimenti, i relativamente recenti scritti di F. Perazzi, Ippocrate, Minerva Medica, Torino, 1961 e M. Vegetti, Opere di Ippocrate, Torino, UTET, 1965 della collana Classici della scienza diretta da L. Geymonat).















Negli Statuti di Genova si allude a
DIVERSE FIGURE DI
MEDICO
IMPEGNATE NELLA DIUTURNA LOTTA CONTRO TANTI
MORBI E PATOLOGIE
[Alla
SCUOLA MEDICA UFFICIALE
si contrapponevano comunque all'epoca, non senza feroci contestazioni, la SCUOLA SPAGIRICA DI PARACELSO , la prossima SCUOLA EMPIRICA ed ancora la MEDICINA SIMPATICA E/O SIMPATETICA: ed in merito a ciò sarebbe realmente da rivisitare la quinquennale operosità in Genova e Ponente ligustico del cinquecentesco medico spagirico veronese ZEFIRIELE TOMASO BOVIO].
A-FISICO = che è proprio della medicina, che è somministrato secondo i dettami della scienza medica (rimedio, terapia curativa, farmaco); che è diretto alla cura del corpo umano (medicina in opposizione alla chirurgia)> BATTAGLIA, s.v.,n.2> da cui Dottor Fisico: spesso operante in collaborazione con lo SPEZIALE.
Esso era vincolato dall'esigenza di pronunciare il
GIURAMENTO D'IPPOCRATE ed i principali autori medici cui faceva riferimento erano ancora GALENO ed il romano di CELSO di cui godeva grande divulgazione l'opera DE MEDICINA (qui in testo integrale) .
LA SCUOLA MEDICA UFFICIALE GALENICO-IPPOCRATICA aveva come esponenti basilari:
B-CHIRURGO = Lo SPEZIALE o "facitore di terapie", identificabile con l'ERBORISTA [destinato a diventare un vero e proprio scienziato delle PIANTE OFFICINALI ] e, nei casi più sofisticati, col FARMACISTA esperto in ALCHIMIA od in chimica, dotto di farmacopea ed erboristeria (propr. AROMATARO [meno corr. AROMATARIO] che spesso operava in proprio con formulari ed alambicchi o che si serviva della collaborazione di un esperto, operando in un locale, spesso sul retro di una FARMACIA trasformato in LABORATORIO DI DISTILLERIA, per certi versi anticipatore del futuro LABORATORIO DI CHIMICA).
Spesso nel contesto dei
MEDICI

più o meno specializzati coi
CHIRURGHI
e con i
MEDICI DI GUERRA (VULNERARII)
ed anche coi
CHIRURGHI OSTETRICI
, nell'età intermedia, si confondevano non senza ragione i
BARBIERI (o BARBERII)
che praticavano bassa chirurgia come CAVADENTI e CAVASANGUE: dalla metà del XVII sec. costoro furono ascritti alla categoria degli Infermieri per cui erano redatte opere di terapia e diagnostica.
Dal XVIII secolo, grazie agli straordinari progressi dell'ANATOMIA (anche per il contributo di GRANDI MEDICI STRANIERI ma anche della meccanica e dell'artigianato si ebbe un notevole perfezionamento della STRUMENTAZIONE CHIRURGICA (incredibilmente evoluta a fronte della "rozza" STRUMENTAZIONE usata per secoli fin a tempo recenti e se vogliamo anche a fronte di atteggiamenti tollerati per tradizione terapeutica quanto ritenuti socialmente disgustosi quali l'USO DELLE UNGHIE LUNGHE per piccoli interventi) che si arricchì di molti, nuovi strumenti, adatti ai più svariati tipi di interventi.
In virtù di una crescente SPECIALIZZAZIONE e dell'uso di STRUMENTI SPECIFICI PER SETTORIALI INTERVENTI (e con l'ausilio di approfondimenti di nuove conoscenze di anatomia e soprattutto per lo sviluppo tramite la nascente chimica moderna di elementari ma funzionali anestetizzanti, per esempio ricavati dall'oppio e dalle foglie di coca) il livello cognitivo dei MEDICI crebbe considerevolmente e soprattutto quello dei CHIRURGHI di modo che si affermarono i primi specialisti di chirurgia come il dentista specializzato e l'otorinolaringoiatra.
La realizzazione seicentesca del MICROSCOPIO sia di quello SEMPLICE che di quello COMPOSTO pose altresì le basi per uno sviluppo della MICROBIOLOGIA con l'investigazione nel microcosmo di quegli agenti patogeni di cui non si aveva contezza e che in effetti erano alla radice di tantissime patologie, epidemiche e degenerative.
Tuttavia, compulsando un
MANOSCRITTO MEDICO DI FINE '700 - PRIMI '800
si nota come ancora i MEDICI ZONALI equivalenti ai MEDICI CONDOTTI DEL FUTURO si trovassero nella necessità di affrontare ancora in molti casi le patologie con buona dose di improvvisazione, specie per la comparsa di un nuovo terribile nemico epidemiologico che aveva sostituito la PESTE NERA vale a dire il
COLERA
altrimenti e volgarmente detto
LA MORTE AZZURRA.
C-FISCALE o LEGALE = medici incaricati dallo Stato per indagini di medicina legale su cui rilasciavano certificazione: erano scelti dal Collegio dei Medici sorta d'Albo professionale, cui a Genova ci si doveva iscrivere per esercitare l'ufficio di medici e goderne tutele e privilegi.
D-MEDICO DEI FANCIULLI (poi PEDIATRA) = specializzazione in sviluppo ma non citata negli Statuti .COLOR="GREEN"> E-SPEZIALE = ant. per Farmacista. Dimenticata la tradizione "farmaceutica greca e romana", dopo il Medioevo risorse la Farmaceutica con gli Arabi che crearono "sciroppi", "tinture", "giulebbi", "looch" e la cui scienza pervenne alla SCUOLA MEDICA SALERNITANA di cui rimangono trattati e che produsse l'Antidotarium di Nicolao Preposito: siccome però molto errate sono le convinzioni sulla storia della farmaceutica -vitale punto di confronto per i Medici- è qui utile progettare un VIAGGIO INTERATTIVO NELLE FARMACIE DI OGNI TEMPO e visualizzarne così l'evoluzione attraverso i tempi della storia.
I Farmacisti della SCUOLA MEDICA SALERNITANA (giustamente celebre come scuola che in qualche maniera svolse un ruolo di INTERMEDIAZIONE TRA OCCIDENTE CRISTIANO ED ORIENTE ISLAMICO nel contempo ridando vigore alla figura del MEDICO LAICO ) girarono per il mondo acquisendo gran rinomanza: la SCUOLA, che dopo la grande decadenza medievale recuperò a dignità gli insegnamenti dei grandi medici classici, conobbe momenti di grande fama (resta sempre famoso il suo REGIMEN SANITATIS ma neppure è da dimenticare che, dopo i tempi dell'impero romano, offrì all'Vecchio Mondo, per la seconda volta, rinnovate figure di DONNE MEDICO ).
Purtroppo nel contesto di questa rinnovata temperie scientifica e medica si diffusero anche mistificatori e ciarlatani, religiosi e profani, che propinavano medicamenti anche perniciosi alla salute.
Per questo Federico II elevò la SCUOLA MEDICA SALERNITANA ad "Università" e nel 1234-41 emanò delle norme per cui Medicina e Farmacia dovevano risultare distinte e secondo cui per lo Speziale eran necessari autorizzazione statale, possesso di un locale - periodicamente ispezionato - per custodia e preparazione dei medicamenti, di cui dovevano essere resi pubblici i prezzi come orario d'apertura e chiusura della Farmacia.
Federico II sancì l'obbligo di un testo unico per gli Speziali ed elevò a farmacopea ufficiale l'Antidotarium di Preposito (nel '500 un testo base per lo SPEZIALE fu quello dello SCHWENCKFELT).
Compare poi la Speziale anche nei CONVENTI FEMMINILI [oltre che in quelli maschili] su cui nel '600 scrive il RICHIEDEI , 212, 24: "Per essersi introdotta in quasi tutti i Monisteri, non senza grandissima utilità, e del Monistero, e delle Monache, per la comodità de' medicinali, la Speziaria, dovrà sempre la Speziale in tutte le occorrenze, che vi siano Inferme, esercitar con loro tutti gli atti di carità, e convenienza spettanti al proprio officio, visitandole sovente, provedendo lor di quanto sarà ordinato, e giudicato opportuno per loro dal Medico. Quello poi da che deve una Speziale singolarmente guardarsi è di non alterar mai le dose nelle medicine, e di non valersi in quelle, che di que' soli, e puri ingredienti, o siano semplici che troverà prescritti nella ricetta, la quale quando non fosse pienamente da lei intesa, potrà conferirla col Medico istesso prima ch'esca dal Monistero. Per pratica ancora, e sufficiente ch'ella sia nel suo officio, non dovrà mai fidarsi della sua sufficienza, dando medicina alcuna senza imposizione, o consiglio almeno dello stesso Medico, quando ben anche fossero di quelle chiamate benedette, come di manna, cassia, dulcamare, e simili; perchè queste ancora date fuori di tempo, non sempre giovano e benchè benedette non portano però seco ogni volta la benedizzione. Quando entrerà il Medico all' inferme per visitarle, se questo si farà nell'Infermeria, potrà entrare anch'essa insieme con l'Infermiera: questa per prender voce, come debba governarsi circa il preparar loro il cibo e essa per sapere ciò che habbia a che fare circa il comporre e esibir loro all'hore debite e opportune le medicine".
Il CHIRURGO o medico specializzato in chirurgia (branca della medicina che studia malattie per la cura e l'eliminazione delle quali è inevitabile intervenire con terapie manuali e strumentali: frequentemente confuso con il BARBERIO [BARBIERE] nell'età intermedia il CHIRURGO era più temuto che stimato, per l'assenza di anestetici, la STRUMENTAZIONE RUDIMENTALE a fronte di QUELLA GRECO ROMANA per l'assenza di esatte competenze anatomiche di base sempre a differenza dei chirurghi greci e romani, peraltro sostenitori di una superiore esigenza di ASSISTIRE CON ASSIDUA ED ESPERTA COSTANZA I PAZIENTI OPERATI .
Per MEDICO - CHIRURGO dal '600, epoca in cui la PROFESSIONE CHIRURGICA VIENE SOTTOPOSTA A CAUTELE DI ORDINE LEGALE E GIURIDICO si intende "colui che compie interventi chirurgici" (in antico poteva essere persona non esperta nell'arte medica, agente per consuetudine e pratica, prototipi del chirurgo furono AMBROISE PAIRE' ed il professore di anatomia A. VESALIO la cui Chirurgia Magna fu edita nel 1563 da Prospero Borgarucci, docente di anatomia all'Università di Padova, che si servì di un manoscritto d'un allievo del Vesalio che aveva raccolto le lezioni del maestro> DE MARINIS, Catalogo della Raccolta Putti, 1131.
Per l'importanza, sociale oltre che scientifica, del loro lavoro i MEDICI CHIRURGHI OSTETRICI costituirono spesso nell'età intermedia un oggetto di preoccupazione costante: dal loro lavoro dipendeva la sanità delle nuove generazioni. Peraltro nelle località periferiche (come spesso si diceva "le terre", i "borghi", "le ville") ai chirurghi ostetrici subentravano -data (mediamente) la povera condizione sociale delle partorienti- le LEVATRICI. Talora il mestiere di levatrice si confondeva con quello di BALIA e in questa congerie di praticanti finirono per mescolarsi persone di buona capacità professionale con praticone e medici improvvisati o incompetenti di ginecologia che causavano alta mortalità sia nel parto che nello svezzamento. Nonostante avvisi, minacce, sospetti (anche immotivati) per questi "specialisti" in territorio genovese una compiuta regolamentazione che ponesse ordine nel settore ginecologico avvenne solo nei primi decenni del XIX secolo, quando il vecchio "Dominio" era stato ormai incorporato nel regno sabaudo, in dipendenza di un'oculata riforma che fissò con severe regole attestanti le capacità professionali sia la professione dei "CHIRURGHI OSTETRICANTI" CHE DELLE "LEVATRICI" . Nell' età intermedia grandissimo chirurgo ed anatomista fu comunque Girolamo Fabrizi d'Acquapendente (anche noto come Fabrizi d'Acquapendente, come si ricava dal nome nato ad Acquapendente nel 1535 e morto a Padova nel 1619). Allievo di Falloppio insegnò a Padova dal 1565 al 1613 e tra i molti celebri pazienti ebbe Galilei e Sarpi che curò splendidamente dalle gravi ferite patite nell'attentao del 1607 quando il padre servita Sarpa fu aggredito da un sicario della Santa Sede Romana vista la sua posizione a favore di Venezia di cui difendeva l'autonomia giuridica e giurisdizionale nel trattare cause criminali in cui fossero coinvolti anche dei religiosi.
Il Fabrizi fu inoltre maestro di Harvey e di Casseri che continuò il suo insegnamento: inoltre il Fabrizio ideò e fece costruire a Padova nel 1594 il primo teatro anatomico permanente.
Fu autore del De formatu foetu , nel 1600 (opera conservata all'Aprosiana intemelia ) che è reputato il I trattato di embriologia comparata ma diventò celebre con il De venarum ostiolis del 1603 che contiene una perfetta descrizione delle valvole delle vene e molte preziose illustrazioni.