cultura barocca
I. B. D.

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Secondo la Biblioteca dei Santi - Bibliotheca Sanctorum tra i Santi con il nome Secondo si annoverano =

Santi Dario, Zosimo, Paolo e Secondo di Nicea 19 dicembre = Dario, Zosimo, Paolo e Secondo sono commemorati nel Martirologio Romano il 19 dicembre. Questi nomi provengono dal Geronimiano, dove, però, come notano i Bollandisti nelCommento 'non parum complicati sunt', e dove al posto di Dario si legge Daria, nome della martire venerata a Roma il 25 ottobre insieme con lo sposo Crisanto. Gli altri tre sono del tutto ignoti. Talvolta il martirio di Paolo o Paolillo e di Secondo è collocato a Nicomedia. Autore: Pietro Bertocchi

Santi Democrito, Secondo e Dionigi, martiri = Al 31 luglio il Martirologio Geronimiano colloca a Sinnade nella Frigia il martirio di questi santi, che sono pure ricordati il 30 luglio dal Martirologio Siriaco del sec. IV, il quale, definendoli martiri antichi, fa capire che il loro martirio avvenne prima della persecuzione di Diocleziano. Autore: Pietro Bertocchi

Padre Mariano di San Giuseppe (Santiago Altolaguirre Altolaguirre) e 9 compagni, martiri di Cuenca e Jaén, sono stati beatificati in data 28 ottobre 2007.
- Mariano di San Giuseppe (Santiago Altolaguirre Altolaguirre)
- Prudenzio della Croce (Prudencio Gueréquiz y Guezuraga)
- Secondo di Santa Teresa (Segundo García y Cabezas)
- Giuseppe di Gesù e Maria (José Vicente Hormaechea y Apoitia)
- Luigi di San Michele dei Santi (Luis de Erdoiza y Zamalloa)
- Melchiorre dello Spirito Santo (Melchor Rodríguez Villastrigo)
- Santiago di Gesù (Santiago Arriaga y Arrien)
- Giovanni della Vergine del Castellar (Juan Francisco Joya y Corralero)
- Francesca dell’Incarnazione (María Francisca Espejo y Martos)
- Giovanni di Gesù e Maria (Juan Otazua y Madariaga)

I padri Bollandisti pubblicarono al 1 giugno degli Acta Sanctorum una Passio di San Secondo di Amelia inviata loro dalla città di Pergola. Qui le reliquie del santo erano giunte da Gubbio nel 1285. Ma almeno una terza città, Amelia, che però in questi Acta non compare mai, annovera tra i suoi patroni il medesimo martire. Dal testo di una Passio di origine farfense, apprendiamo che Secondo era un soldato ed apparteneva alla famiglia dell’imperatore Aureliano (214-277). Durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano (303-305) il proconsole Dionisio lo fece prelevare da Amelia, portare al suo cospetto presso il tribunale di Spoleto ma, non essendo riuscito a convincerlo ad abiurare la fede cristiana, lo fece ripetutamente torturare. Mentre veniva sottoposto ai supplizi, Secondo implorò da Dio un segno che facesse convertire i suoi persecutori; a questo punto un violento terremoto abbatté il grandioso tempio di Ercole eretto proprio in onore dell’imperatore Massimiano Erculio. Dionisio, infuriato, ordinò allora di riportarlo ad Amelia ed affogarlo nel Tevere, che scorreva a pochi chilometri dalla città. Eseguita la sentenza, i soldati presero la via del ritorno ma un orso sbarrò loro la strada, ne uccise alcuni, mentre gli altri, terrorizzati dalla fine dei propri compagni, corsero dal sacerdote Eutizio chiedendo perdono dell’atto compiuto e facendosi poi battezzare da lui. Intanto, il corpo di Secondo, riemerso miracolosamente dal fiume, venne recuperato e sepolto da una matrona di nome Eudossia in un suo terreno appena fuori le mura di Amelia dove poi sorse la chiesa a lui dedicata. La versione eugubina della Passio parla invece di Gubbio come residenza di Secondo, di Gubbio è anche Eudossia, e fuori della città di Gubbio ella lo fa seppellire. Non è difficile capire come le due versioni dipendano una dall’altra, forse con una precedenza temporale per quella amerina. Va fatto anche notare come la Passio di Secondo sia sovrapponibile a quella di Valentino ed Ilario, martiri di Viterbo, venerati il 3 novembre, il cui culto è stato diffuso proprio dai monaci di Farfa, monaci benedettini che, quasi certamente, portarono tale culto anche sull’isola Polvese, sul lago Trasimeno, dove eressero una loro chiesa in onore del medesimo santo. Un’ultima annotazione sull’affinità delle vicende del Secondo amerino con i santi Secondo di Salussola (Biella) e di Pinerolo (Torino): anche questi erano dei militari, appartenenti alla leggendaria “Legione Tebea”; così, pure il culto di San Secondo di Salussola venne diffuso da monaci benedettini, della Novalesa. A questo punto forse non è da escludere una sovrapposizione e una diffusione di culti del medesimo martire in almeno alcune delle città in cui è venerato. Autore: Emilio Lucci, archivista diocesano di Amelia

Il martirio di San Secondo avvenne nell’antica Vittimulo (oggi frazione San Secondo di Salussola, in provincia di Biella) in un anno compreso tra il 286 e il 306. Patrono di Ventimiglia (nella Cattedrale è venerato il suo capo), è compatrono anche di Torino. Qui, in un altare del Duomo, sono conservate le altre sue reliquie e, in città, gli è dedicata una parrocchia che dà il nome alla zona circostante. Le notizie più antiche che abbiamo su questo martire sono contenute in documenti medievali del IX secolo. Luogotenente della Legione Tebea, Secondo era nativo della provincia di Tebe, nell’Alto Egitto. Gli Imperatori romani Diocleziano e Massimiano avevano inviato questo esercito in Svizzera, agli ordini di Maurizio, per sedare la rivolta dei Bagaudi. L’intera Legione trovò la morte ad Agauno (odierna St. Maurice, nel Vallese), in quanto i suoi membri, tutti cristiani, non rinnegarono il proprio credo partecipando al consueto sacrificio pagano che si teneva prima di una battaglia. Secondo fu martirizzato prima che la Legione varcasse le Alpi. La sua “Passio” narra che, dopo essersi professato cristiano, gli fu dato un termine per abiurare che scadeva con l’arrivo a Vittimulo, stazione di sosta nella marcia verso le Gallie. Al suo diniego venne decapitato: il sangue di un martire bagnava la terra biellese. Secondo fu d’esempio a tutti i compagni. La piccola comunità cristiana del paese lo seppellì e la tomba divenne luogo segreto di preghiera, pubblico dopo l’editto di Costantino. Se ovviamente non esistono documenti coevi ai fatti, certo è che il suo culto a Vittimulo fu immediato. La più antica pieve del basso biellese fu eretta in suo onore, sul luogo del martirio, da S. Eusebio (vescovo dal 345 al 371). Se ne conserva una lapide del V – VI secolo, oggi al Museo Civico di Biella. La venerazione era talmente radicata che, nei secoli successivi, il luogo era denominato semplicemente “plebes S. Secundi”. Le reliquie di San Secondo lasciarono Vittimulo nel VIII – IX secolo, a causa della distruzione del paese. Furono portate nell’abbazia benedettina della Novalesa, tra le maggiori del Piemonte, fondata nel 726 lungo una delle vie più importanti delle Alpi. Probabilmente furono prese durante la distruzione, poi donate o vendute ai Benedettini. Nel 906, per sfuggire all’invasione dei Saraceni, i monaci ripararono a Torino portando le reliquie dei santi e preziosi codici manoscritti. Una loro proprietà era il monastero di Sant’Andrea (odierno Santuario della Consolata) e lì trovarono rifugio. Nel 990 i benedettini poterono tornare alla Novalesa: i resti di S. Secondo furono lasciati in città dove gli era stata dedicata una chiesa presso la Dora (distrutta nell’XI secolo), a eccezione del capo che fu donato al vescovo Panteio di Ventimiglia [cosa comunque assai difficile da provarsi come qui si vede a fronte di altre ipotesi per altri vescovi]. Egli, a Susa per ripianare delle controversie, aveva riconsacrato gli altari della Novalesa. Nel 1579, in occasione di una pestilenza, la città di Ventimiglia fece un voto a S. Secondo. [Salvaguardata la città] dal morbo [San Secondo] fu eletto patrono dell’intera diocesi (ufficialmente nel 1602) con festa al 26 agosto. Negli antichissimi codici di Vercelli, alcuni dei quali provenienti dalla Novalesa, era invece stabilita al 28 agosto. Anche a Torino fu eletto compatrono della città durante una pestilenza (nel 1630). La diocesi di Biella, dal 2004, ha ripristinato la memoria liturgica nel calendario diocesano. Autore: Daniele Bolognini

San Secondo di Asti fu certamente uno fra i primi martiri in terra piemontese, ma non va confuso con altri due santi omonimi venerati nella medesima regione: San Secondo di Salussola, venerato anche a Torino e Ventimiglia, e San Secondo di Pinerolo, entrambi ritenuti dalla tradizione popolare soldati della Legione Tebea. Maggior mistero aleggia sull’esistenza terrena del veneratissimo santo astigiano, i cui “Atti” raccolti dai bollandisti in quattro codici lo ritraggono quale uomo profondamente religioso ed assai famoso in Asti, associandolo però a figure di dubbia storicità. Secondo sarebbe venuto a contatto con il cristianesimo grazie a San Calogero di Brescia, cui era solito far visita in prigione.Udendo che era giunto ad Asti il prefetto Sapricio, inviato dall’imperatore Adriano al posto di Antiochio, Secondo si recò da lui per chiedergli per quale buon motivo Calogero fosse stato imprigionato. Gli fu data quale motivazione che egli insegnava al popolo il disprezzo per i beni materiali, soggiungendo di aver saputo che a Tortona vi era un cristiano di nome Marciano e di aver intenzione di raggiungerlo. Secondo volle accompagnare il prefetto e Calogerò predisse al santo che sarebbe stato battezzato a Tortona ed al suo ritorno ad Asti avrebbe subito il martirio. Anche Martiniano, vescovo di Tortona, gli predisse le stesse cose. Secondo si trasferì poi a Milano, ove incontrò i Santi Faustino e Giovita. Faustino lo battezzò e lo comunicò, affidandogli anche una particola consacrata da portare a Marciano e Calogero, quale segno del suo avvenuto battesimo. Fatto ritorno a Tortona, Secondo andò a trovare Marciano in prigione e gli portò la comunione, chiedendogli anche di pregare per lui. Il giorno seguente Marciano fu chiamato a comparire dinnanzi a Sapricio, il quale gli ordinò di offrire sacrifici agli dei, ma il cristiano rifiutò e fu allora fatto decapitare fuori della città. Sapricio rimase sorpreso alla notizia che Secondo aveva dato sepoltura al corpo del martire e lo mandò a chiamare, ma questi non si presentò ritenendo il prefetto reo di sangue innocente. Avendo rifiutato per ben tre volte la convocazione, infine fu allora arrestato ed obbligato a comparire davanti all’autorità, ove non esitò a confermare di essere cristiano. Venne dunque torturato e rispedito in cella. Il racconto viene poi condito da elementi fantastici, secondo i quali il giorno seguente Secondo era scomparso ma la cella era chiusa.Sapricio, sempre più infuriato, diede allora ordine di tornare ad Asti per vendicarsi su Calogero: qui come per miracolo ritrovarono anche Secondo rinchiuso in cella con l’amico. Entrambi rifiutarono per l’ennesima volta di sacrificare agl’idoli pagani: Calogero fu nuovamente imprigionato e solo in un secondo momento trovò il martirio presso Albenga sulla riviera ligure di ponente, mentre Secondo fu subito condotto fuori della città e decapitato. Correva l’anno 119 circa. Secondo quanto riporta la nuova edizione del proprio piemontese del Messale Romano il tragico eccidio avvenne il 29 marzo del 119/120 ed infatti il Martyrologium Romanum pone la commemorazione di San Secondo al 30 marzo. Nella diocesi e nella città di Asti, che lo venerano quale loro patrono e ne custodiscono le reliquie, è però festeggiato solennemente il primo martedì di maggio.
ORAZIONE
O Dio, ascolta le nostre suppliche,
perché speriamo nella tua misericordia:
per l’intercessione del santo martire Secondo,
donaci il tuo paterno aiuto.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Autore: Fabio Arduino

Beato Secondo Pollo Sacerdote e martire 26 dicembre Caresanablot, Vercelli, 2 gennaio 1908 - Dragali, Montenegro, 26 dicembre 1941 Cappellano militare durante la Seconda Guerra Mondiale. Morì colpito da un proiettile, mentre tentava di raccogliere un ferito. Nelle sue mani aveva il Santo rosario ed i Santi oli. Martirologio Romano: In località Dragali in Montenegro, beato Secondo Pollo, sacerdote di Vercelli, che, cappellano militare durante la seconda guerra mondiale, fu gravemente ferito mentre prestava soccorso ad un soldato moribondo e poco dopo, ormai esangue, rese lo spirito a Dio.

Per gli alpini è il loro primo “santo”, per i cappellani militari è il primo loro modello elevato alla gloria degli altari, per la Chiesa tutta un autentico “martire della carità”. Comunque lo si voglia considerare, è in ogni caso doveroso far memoria di lui, prima che l’anno finisca, a 100 anni dalla nascita e a dieci dalla beatificazione, avvenuta a Vercelli il 23 maggio 1998. Nasce a Caresanablot (piccolo paese in provincia di Vercelli) il 2 gennaio 1908 e, da bambino, è allievo dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Forse è qui che matura la sua vocazione, ma per seguirla entra a 11 anni nel seminario diocesano. Sacerdote il 15 agosto 1931, si rivela ottimo professore ed illuminato direttore spirituale del seminario minore. Lo dipingono “educatore di fine intuizione pedagogica” e non a torto, se solo si considera quanto è amato e seguito dai giovani seminaristi. Passa poi al seminario maggiore, sempre in veste di insegnante, per altri quattro anni. Parallelamente viene nominato assistente diocesano dei Giovani di Azione Cattolica, che rappresenta forse, del suo ministero, l’aspetto più fecondo anche se ingiustamente trascurato perché la fine eroica ha finito per esaltare quasi esclusivamente in lui la nobiltà del gesto estremo. Eppure, quelli trascorsi nell’Azione Cattolica, sono gli anni che lo mostrano alla diocesi vercellese come il “prete nuovo”: infervorato, vulcanico, dinamico, efficiente. È certamente figlio del suo tempo, legato all’ecclesiologia della “società perfetta”, animato da una prudenza antimodernista e da una spiritualità apostolica militante tipica dei gesuiti piemontesi, con un tocco piuttosto marcato di moralismo. Eppure, nel tranquillo panorama religioso della diocesi, porta un tocco di novità, rappresentata da una marcata apertura verso il mondo laicale in generale e quello giovanile in particolare, da una gioiosità dello spirito particolarmente gradita ai giovani, dall’entusiasmo per le cose che si possono organizzare insieme nelle parrocchie e anche al di là dei confini parrocchiali. Gli strumenti, di cui fa abbondante uso, sono quelli di cui tradizionalmente dispone l’Azione Cattolica negli Anni Trenta: le tante “Tregiorni”, le adorazioni mensili, le filodrammatiche giovanili; di suo ci mette le scorribande per le strade dove i giovani possono gridare la loro fede, i giochi rumorosi nei boschi, la via crucis in piazza predicata dai giovani e le loro visite ai bambini handicappati. Forse anche per questo è un prete “che disturba”: non capito da alcuni confratelli, ignorato da altri. Sono soprattutto i giovani (e, diventati adulti, lo testimoniano sotto giuramento al processo di beatificazione) a “prendere le misure” a questo prete un po’ fuori dai soliti schemi; sono loro a prendere nota dei suoi tempi di preghiera sempre più prolungati, della sua agenda sempre più fitta di impegni, della sua direzione spirituale che “spinge in alto”, delle sue ore sempre più frequentemente rubate al sonno per dedicarle allo studio e all’aggiornamento che i giovani non gli lasciano fare di giorno. Per i giovani dà tutto fino al punto di seguirli, quando nel 1940 partono per il fronte: una scelta che forse potrebbe evitare, vista la grave malformazione all’occhio sinistro. Anche come cappellano militare però “funziona bene”:graduati e semplici soldati ricordano il suo ottimismo, il suo costante sorriso, le sue prediche accessibili a tutti con le quali sprona i giovani a diventare santi anche in grigioverde o con le “stellette”. Arruolato nel battaglione alpino “Val Ghisone” che opera prima sul fronte occidentale e poi in Montenegro, qui il 26 dicembre 1941, durante la battaglia di Dragali, si trova al centro di una sparatoria .che miete vittime da una parte e dall’altra. Non si risparmia, non ha paura e, accorrendo per portare conforto ad un ferito, viene colpito da una pallottola che gli recide l’arteria femorale. Muore dissanguato, come uno che ha donato tutto, fino all’ultima goccia. Lo Stato gli assegna subito la medaglia d’argento al valor militare, un po’ più di tempo impiega la Chiesa a concedergli l’aureola, ma alla fine anche per don Secondo Pollo è arrivato il momento della glorificazione terrena. Autore: Gianpiero Pettiti

Il 24 maggio 1998, papa Giovanni Paolo II ha beatificato, in piazza Duomo a Vercelli, il sacerdote don Secondo Pollo. Il nuovo beato, nacque il 2 gennaio 1908 a Caresanablot (Vercelli); fu alunno dei Fratelli delle Scuole Cristiane a Vercelli; ad 11 anni entrò nel seminario diocesano seguendo i corsi di ginnasio e liceo. Gli studi li proseguì a Roma nel Seminario Lombardo, quattro anni di teologia e poi ricevé gli Ordini Minori, fino al diaconato. Ottenne la laurea in filosofia nel 1931 alla Pontificia Accademia di S. Tommaso e in teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Sempre nel 1931 il 15 agosto venne ordinato sacerdote a Sostegno (Vercelli), per sei anni fu professore e direttore spirituale nel Seminario Minore e ancora dal 1936 al 1940 fu insegnante di filosofia e teologia nel Seminario Maggiore di Vercelli, essendo nel contempo Assistente diocesano dei Giovani d’Azione Cattolica. Di lui è stato detto che fu “educatore di fine intuizione pedagogica nei Seminari, operò con entusiasmo tra i giovani quale assistente di azione Cattolica, sino a seguirli nella bufera della guerra come cappellano degli Alpini”. Don Secondo Pollo perseverò gioioso nello spirito di sacrificio, aggravato da una rilevante menomazione all’occhio sinistro e volle seguire i suoi giovani sotto le armi, nella II Guerra Mondiale. Fu nominato tenente cappellano del 3° battaglione alpini “Val Chisone” e divenne compagno e padre di tanti giovani impegnati nelle operazioni belliche del 1940-41, dedicando loro tutto se stesso; pur essendo di aspetto gracile, si elevava al disopra di loro per la sua ascetica e la pazienza conformata alla Croce. Sul finire del 1941 il suo battaglione fu inviato nel Montenegro a Cervice; il 26 dicembre durante un attacco a quota 964 in zona Dragali, don Secondo si apprestava a soccorrere un ferito, quando un proiettile gli recise l’arteria femorale sinistra, che gli procurò la morte per dissanguamento, aveva 33 anni. Venne sepolto nel cimitero di Scagliari presso Cattaro; nel 1961 la sua salma venne trasferita nel cimitero di Caresanablot e nel 1968 trasferita ancora nella cattedrale di Vercelli, dove viene commemorato ogni anno nel giorno della morte. La devozione per lui, alimentata dalla fama di santità che già in vita lo circondava, si diffuse soprattutto in Piemonte specialmente fra il clero ed i membri dell’esercito. Autore: Antonio Borrelli