BELEN/ BELENO (UN DIO CELTO-LIGURE)> ANCHE IL NOME DI UNA STAZIONE STRADALE?)

Il toponimo della mansione stradale e riportato su quei particolari documenti ufficiali che sono gli Itineraria cioè le carte geografiche della classicità.
Il nucleo o << pivot >> (costa) risulta inalterato in tutti gli Itineraria; il determinante, cioè l'elemento linguistico che attualizza il nucleo specificandolo, compare con esiti vari e antitetici.
Si legge infatti Costa Balleni o Ballenus (Ravennas 4, 32, 5, 2), Costa Bellene (Peutingeriana, ed. Muller, Die Welkarte des Castorius genannt die Peutingershe Tafel, Ravensburg, 1887, segn. III, 3), Costa Balenae (It. Ant., in Wesseling, Vetera Romanorum Itinera, Amsterdam, 1735, p. 259).
Gli Itineraria Maritima (edit. Cuntz p. 503) e Strabone (Strabo, 4, 6, 1, p. 202), non riportano neppure il toponimo.
Probabilmente i Romani vennero, in seguito alla conquista della Liguria ingauna ed intemelia, a contatto di un toponimo che gli indigeni manipolavano da epoche remotissime, forse antecedenti alla stessa organizzazione pagense.
Il toponimo, denominando una località di importanza strategica, divenne di consueta fruizione nei documenti ufficiali e naturalmente nella lingua << standard >>, cioè il latino.
Collazionando i vari esiti riportati negli Itineraria appare subito chiaro che si tratta di deformazioni di varia natura operate su un toponimo preindoeuropeo.
Tutti quanti i determinanti ma soprattutto il Bellene della Peutingeriana sono la superstite traccia, comune in area Gallo-Ligure, di divinità celtiche corrispondenti a quelle dell'Olimpo greco-latino nella poliedricità delle sue varianti, compresa quella, piuttosto erudita, delle interazioni Apollo/ Cigno - Belen.
(BELEN)BELENUS è voce identica ad APOLLON (peraltro con molte accezioni tipiche della RELIGIONE APOLLINEA) secondo l'adattamento ligure che contrappone le sonore alle sorde ed alle aspirate delle altre lingue mediterranee (G. ALESSIO, Panorama di Toponomastica Italiano, Napoli, 1939, pp. 78-79).
Belenus rimanderebbe poi a Belisesama superlativo tratto dalla radice indoeuropea *bhel = "splendere" e che si ritrova nel Sud-Ovest, Centro-Nord delle Alpi come Belleme, Balesme, Blesmes, Belime, Blisme, Beleymas.

"Costa" rimanda senza dubbio al latino Costa che, a sua volta, attraverso l'aggiunta di un prefisso K rimanda ad un arcaico *ost- diffuso nell'Italia preromana (G. ALESSIO - C . BATTISTI, Dizionario etimologico Italiano, Firenze, 1951, I I, 1133) .
Il valore semantico veicolato dal latino ufficiale, è quello di osso piatto a forma di arco che partendo dalla colonna vertebrale si dirige, con struttura arcuata, verso lo sterno; per indicare la striscia di terra lungo la riva marina il latino antico usava il lessema litus, ma le lingue del sostrato, fornite di un più povero campo semantico, davano un valore piu estensivo all'arcaico *-ost, utilizzandolo per indicare anche un luogo in rilievo.
Del resto il sermo plebeius, usato dagli umili, eredito dalle lingue del sostrato l'equivalenza litus-costa, che, con l'avvento del volgare, assieme al valore semantico di costola (Latini, 1-484) assunse ufficialmente quello di striscia di terra prossima alla riva del mare (Mino da Colle, VI-227 [2-4]).
Non è improbabile che l'antico toponimo ligure alludesse ad un << recinto sacro al dio Belen o Belenus >> e per questo riteniamo che il toponimo più probabile sia Costa Beleni.
D'altronde il fatto che i Romani, usi ad edificare su preesistenti insediamenti, abbiano utilizzato quel nome per la loro stazione stradale sita al Tabia fiuvius lascia supporre che il toponimo indicasse da tempo immemorabile un centro ligure di un certo peso (un vicus?), politico e religioso: il dio agreste di ambiente gallo-ligure, Belenus, risulta peraltro testimoniato, nei culti, su una vasta area dell'antichissima Europa, dalla Liguria ad Aquileia, al Veneto intiero, a Narbona, a Nimes: vedi E. THEVENOT, Le Culte de Belenos, in << Revue archeologique de l'Est et du Centre Est >>, VI, 1955, n. 2, p. 171, e Holder, Altceltischer Sprachschatz, Lipsia, 1896- 1922, I, p. 370 sgg.
CALVINI-SARCHI cit. p. 12 usano Costa Balenae e molti ricercatori tendono a considerare quel toponimo un oronimo avente come referente la Costa a monte di Capo Don, che ha, in effetti, l'aspetto gibboso di una Balena.
Si preferisce quindi il Costa Balenae dell'Itinerario Antonino al posto del Bellene della Tavola di Peutingher.
E' ipotesi buona, ma non tanto convincente da smantellare la precedente ed è forse troppo elementare per una zona di cui si conosce ancora molto poco.
Alla pur motivata scelta per il Balenae di Petracco-Siccardi e Rita Caprini (Toponomastica storica della Liguria, Genova, 1981, s.v.) gli scriventi preferiscono quella dell'Alessio, che allude frequentemente a toponimi originati dal nome del dio Belen.
Questa scelta non l'ha condizionata soltanto il carisma del grande linguista, ma altre sue acute considerazioni: nell'opera citata Giovanni Alessio scrive (p. 36): << ... Per quello che riguarda i rapporti intercorrenti tra toponomastica e archeologia è ben noto ai cultori di queste discipline che a resti di costruzioni preistoriche o protostoriche, come ai castellieri (villaggi costruiti sulla sommità delle alture) o ai nuraghi (in Sardegna) sono molto spesso legati relitti toponomastici del sostrato..., anche se i primi vennero trasformati in oppida romani o se su essi sorsero più tardi fortificazioni medioevali, villaggi o monasteri... >>.
Questo suo << storico assioma >> sembra matematicamente confermato per l'area da noi presa in esame: dal 1984-6 le ricerche archeologiche del dott. Martino per la Sovraintendenza archeologica di Genova hanno portato alla luce nella zona di Costa Beleni resti di una struttura basilicale paleocristiana, provvisoriamente datati dal IV al VI secolo, e residui di una Mansio romana datata al I secolo dopo Cristo a testimonianza di un continuum insediativo in un territorio che al VI secolo, presumibilmente, diventerà possesso in gran parte della Chiesa genovese e poi entrerà nell'orbita dell'attivismo monacense-benedettino.
La Mansio augustea potè benissimo essere realizzata compiutamente o potenziata al I secolo dopo Cristo anche se verisimilmente i lavori iniziarono alla fine del I secolo a.C., e del resto è noto che la via Julia Augusta e le sue stazioni stradali subirono diverse ristrutturazioni posteriori.

Inoltre CAMPOMARZIO (che può derivare dal latino Campus di Marte, campo di esercitazione da un Kampf tedesco... documentato nel latino medioevale dell'XI sec.) del retroterra di Taggia e Pompeiana conserva un toponimo di ascendenza bizantina come Castello di San Giorgio. Era sicuramente un fortilizio militare, prima castelliere ligure megalitico, poi divenuto, con probabilità, avamposto militare << romano >>, poi di sicuro stazione militare greco-bizantina, quindi campo dei Longobardi, con ulteriori presumibili visitazioni dei Franchi e di altri feudatari e sempre per ragioni strategiche: presiedeva una vasta rete viaria ed insediativa di origine ligure-preromana destinata ad una lunga occupazione umana (alcune segnalazioni del Canonico Lotti nell'800 su ritrovamenti, per l'area delle Grangie sino al mare e verso l'entroterra, di materiale vario ed archeologicamente interessante, portano a credere ad una vasta occupazione preromana dei Liguri dal Capo S. Siro a tale rocca; area che per l'evidente importanza, umana, economica e strategica, non poteva essere innominata e neppure poi nominata, per discutibili allusioni ed analogie, con un referente quale Balena, piu propriamente Ballenae dal greco << Falaina >>, così ben noto ai Romano-latini, da Plauto, a Ovidio, a Plinio, a Giovenale, che paiono immotivate le incerte denominazioni, tutte discordanti, dei documenti classici cartografici pervenutici, ed in vari modi ufficiali). I1 citato Alessio, col Battisti, nel Di- zionario etimologico di cui si è dato il luogo, ricorda il << ... significato antico... di costa di monte o di mare... >>, e porta a pensare che nell'area di Capo S. Siro o nelle adiacenze, magari su qualche rilievo, come era d'uso, sorgesse un sacello sacro a Belen, che nominasse quei luoghi già prima che arrivassero i Romani, che costituisse soprattutto un nodo di riferimento per i nuclei insediativi liguri circonvicini, e che poi venisse assimilato socialmente, logisticamente ed anche dal lato toponomastico nell'organismo romano che vi venne sovrapposto: per questo, dagli scriventi, adattandosi alla grammatica latina si è introdotto quel genitivo Beleni da un Belen[us] del sostrato, prima adattato dai Romani al proprio lessico, poi divenuto di impropria identificazione col passare dei secoli per gli stessi Liguri << romanizzati >> e per i susseguenti dominatori, sino a farne convergere, ma sempre con incertezze, la grafia con quella di un termine o lessema prossimo dal lato fonetico ma soprattutto etimologicamente comprensibile: proprio mentre, a ben altri livelli di comunicazione, Belen sopravviveva in ambiente ligure conservando, seppur in chiave blasfema, i contenuti e le valenze << falliche >> dell'antico dio ligure (sarebbe comunque interessante analizzare in questi siti i rapporti e gli scambi tra culti in << sovrapposizione >> seguendo le lezioni dell'Alessio ma anche di Gregorio Penco, che la pensa un po' allo stesso modo: per esempio il rapporto a Bordighera tra Beleno e Ampeglio o analizzare nell'area di Capo S. Siro certe sopravvivenze toponomastiche, come quella risultante da una donazione del XIV secolo di Godone e Ildeza Jugalis al << Monastero di S. Siro di Genova >> dove relativamente alla locazione di una proprietà si legge: << ... poistu est in loco et fundo belenia... >>, vedi H.P.M.. Chartarum, 999, carte sparse, Regio Archivio di Corte.
Inoltre ad est di Costa Bellene (o Balenae) la Tavola di Peutingher segna il Luco Boramni e l'Itinerario di Antonino il Luco Bormani (dalle miglia, XV romane, parimente segnate da Albenga, parrebbe da identificarsi con l'area di Diano Marina come già notò il Lamboglia): ancora l'Alessio (Problemi di toponomastica ligure, II, 20, n. 61) annota << ... Aquae Bormiae (Burmiae) è legato al nome di una divinitbi, Bormo, Bormanus... Lucus Bormani e un idronimo... >> e ricorda << ... Bormio presso Sondrio, Solco di Bormi (Monte Fegatoso, presso Bagni di Lucca...) >>.
Già il Rossi parlò di luogo, fonte o bosco sacro a qualche divinità, conservato dai Romani e recuperato dalla lingua del sostrato: la convergenza con Costa Beleni (in questo caso l'Itinerario è più corretto con l'adattamento al genitivo del toponimo, mentre la Tavola, per via di metatesi qualitativa o quasi di anagramma, ne ricava un genitivo omofono, il Ravennas cita un Vervianis parzialmente spiegabile con il tardo passaggio della labiale nella fricativa-linguodentale = da B a V) pare evidente, tanto da far ritenere che tra Diano e Taggia sorgessero vari luoghi sacri ad antichi Dei liguri, indicati esattamente dai Romani ai tempi della conquista, dapprima ben conservati nella tradizione toponomastica, e poi, per la relativa incomprensione del loro valore semantico ed etimologico, diversamente interpretati o adattati a casuali referenti dall'etimo più prossimo, plausibile o quasi convergente.
Tutte queste sono ipotesi ma dal lato razionale risultano assai confortate: per il resto siamo certi che gli archeologi, che stanno ben lavorando, potranno presto confermare tutto ciò: la mappa oggettiva di una vasta area sacra dei Liguri Ingauni, di cui era parte l'antico territorio di Pompeiana.