cultura barocca

Soldati di Albintimilium tra cui quello di maggior rilievo fu Marcus Aemilius Bassus che fra le numerosissime cariche che ricoprì svolse anche il ruolo di procuratore della Tebaide (in Egitto) e della Giudea risultando in linea storica collegabile con Ponzio Pilato che fu il quinto procuratore della Giudea, governando dal 26 al 36 d. C.

Le epigrafi permettono di avere un pur limitato quadro degli uomini dati dalla città all'esercito.
Un cittadino intemelio militò, come legionario nei primi anni del II sec. d.C. nella legione VII Gemina Felix (vedi qui quanto scrisse G. Forni, mio indimenticato maestro in università, sul reclutamento delle legioni romane.
Lucio Valerio Secondo fu di stanza in Spagna dove allora era dislocata la legione.
Pari esperienza, come soldati non graduati, dovettero compirono Caius Albucius nella coorte VIII praetoria e Marcus Saburius Ligus nella coorte V praetoria. In più M. Saburius Ligus viene citato come evocatus Augusti o veterano richiamato in armi per i buoni servizi resi nell'esercito.
Tra le lapidi ventimigliesi ve n'e poi una che ricorda un soldato del genio che fu beneficiarius praefecti fabriciensium.
L'iscrizione, che è del III sec., riguarda un Marcus Iunius Tranquillus, che fece parte del corpo dei fabbri ed operai militari [Suppl. It., 983; tale carica di ufficiale del genio è epigraficamente attestata in Britannia (C.I.L., VII, 49). Sulle caratteristiche dell'ufficio militare si vedano Cesare (De bello civ., 3, 88, 4) e Plinio (Ep., 10, 21).
Si è poi avanzata l'ipotesi di un altro militare, un pretoriano di Albintimilium": C(aio) Trassario / C(ai) f(ilio) Restitu / to Dertona, / mil(iti) cho(ortis) ( ! ) X pr(aetoriae), / 5 (centuria) Proculi. / Mil(itavit) ann(os) XV, / vix(it) annos XXXV. / H(eres) t(acendium) c(uravit)".
E' una stele di marmo bianco a venature grigie con specchio di cm. 26 x 20; si trova nella I sala del museo archeologico di Tortona (fondo Ventimiglia, inv. n. 1252).
L'attribuzione al corpo intemelio potrebbe essere giustificatata da onomastiche ed al fatto che apparteneva alla raccolta Kennedy-Sada, un lapidario costituito da reperti archeologici provenienti dalla città nervina: lo stesso Mennella (pp. 56-57) però, in funzione dei suoi ultimi studi ha sviluppato, mutatis mutandis, la supposizione che si tratti di un'epigrafe non intemelia ed ha scritto::"L'estraneità di questo pezzo al corpus intemelio troverebbe un riferimento nella tipologia del supporto e nella struttura del formulario, entrambi comuni negli epitaffi dei militari stanziati e deceduti a Roma. Poiché, inoltre la dedica commemora un pretoriano di Dertona non è da escludere che la si fosse comprata sul mercato romano, e magari ancora per iniziativa del Daziano, dietro incarico della stessa Kennedy Sada: l'occasione avrebbe potuto nascere dal desiderio della collezionista di disporre di qualche memoria legata alla romanità di Tortona, città nella quale trasferì il suo museo nel 1885".
Si tratta comunque dell'iscrizione funebre posta, per testamento, dall'erede di C. Trassarius Restitutus, un pretoriano morto a 35 anni dopo 15 di servizio come si evince sempre seguendo il magistero di Giovanni Mennella ( Julia Dertona, XXVI, 1978, p. 51, n. 9), il quale anche ricorda che Trassarius è forse un "apax" celtico-subalpino (v. un "Trasius" in un'iscrizione di Bruzolo in val Susa: "C.I.L.", V, 7221) e che "Restitutus" è un cognome piuttosto diffuso nella IX regione imperiale (L'onomastica, p. 20).

Si possono poi elencare i nomi di altri soldati di "Albintimilium" su cui si riportano i seguenti dati:
I)->Lapide in marmo bianco reperita nei pressi di S. Ospizio (Villafranca) affissa al muro dell'antico priorato di N. S. di Belluogo (GIOFFREDO, Nic., p. 14) che Teodoro Mommsen ("C.I.L.", V, 7883) cita: "[M. Aemili]o Aliconi trib / [---] Albintimiliens / [M. Aemilio Mamur]rae filio M(arco) Aemilio / [----- A]emilio Proclo t(ilio) / [Ba]rbaro Aniensi / [-----] ima coniugibus / [et si]bi viva fecit".
Il primo personaggio parrebbe titolare di un grado militare, mentre riesta ignoto il nome della dedicante.
II)- Latercolo militare (piastrina di riconoscimento) con qualche lettera non leggibile ma ricostruibile>"C.I.L.", VI, 32520, a, III, 1 (Roma) e cfr. "I.L.I.", VII:" M. Aemilius Clemens Albin[ti]mi[lio]".
III)- Iscrizione di militare controllata in MENNELLA, L'onomastica, p. 13, da "Corpus Inscriptionum Latinarum. Voluminis VI, Supplementorum", cur. S. PANCIERA: si ha menzione di un "L(ucius) Atilius L(ucii) f(ilius) Fal(erna tribu) Frequiens Albintimili" (di G. MENNELLA, per un approfondimento: I Liguri nell'esercito romano, in "Riv. storica dell'antichità", X, 1980, pp. 157-178).

Nel lapidario intemelio si conserva un'iscrizione onoraria posta da una pubblica consorteria a memoria di un personaggio che ricoprì cariche di rilievo, e presumibilmente anche militari, nel I secolo dell'impero, e che beneficò la citta nervina del complesso termale pubblico.
Si tratterebbe di due frammenti di iscrizioni, di cui il più ANTICO e rovinato fu letto dal Mommsen seppur senza risultati apprezzabili.
Sulla base del II frammento, trovato a Nervia nel 1958, si concluse che il personaggio apparteneva all'ordine senatorio, che fu prefetto dell'Erario di Saturno, che presiedette alla costruzione di una strada sino a Pozzuoli e fu console oltre che patrono di " Albingaunum. I frammenti, dalle lettere belle e grandi, sono stati datati del I sec. d.C., essendo le lettere simili a quelle della cittadina di Albingaunum Sabina Flaminica, la cui epigrafe appartiene sicuramente a tale periodo.


Il personaggio intemelio, ben identificato, che ricopri alti gradi nell'esercito romano fu MARCUS AEMILIUS BASSUS: raggiunse il vertice della carriera sotto Adriano, tra il 117 e il 138 d. Cristo. Fu procuratore della Tebaide (in Egitto) e della Giudea, dopo aver rivestito, in parte sotto Traiano, i gradi di praefectus cohortis primae Antiochiensium, primae Brittonum e alae Moesicae; fu tra l'altro preposto alla riscossione dei tributi per il passaggio alle Gallie (quadragesima Galliarum), "fece il censo" nel Ponto ("mar Nero") e in Bitinia, antica regione tra la Propontide ed Eraclea, governò Pelusio, città del Basso Egitto alla foce orientale del Nilo, celebre per la coltura di lenticchie eccellenti e ottimo lino (territorio da identificare ora con il castello di Tineh).
M. Aemilius Bassus conobbe onori importanti e per quanto oggi è noto fu il "ventimigliese" che si accostò ai limiti estremi dell' "umana potenza" (casualmente si trovò poi nel secolo scorso un' "espressione", alquanto personale, del "potere" di questo personaggio: il suo SIGILLO).
In senso storico BASSO risulterebbe collegabile con un personaggio di straordinaria importanza nella vicenda del CRISTIANESIMO ORIGINARIO: cioè PONZIO PILATO che fu il quinto procuratore della Giudea, governando la provincia dal 26 al 36 d. C. succedendo a VALERIO GRATO.
Agrippa I in una lettera all'imperatore Caligola ne fece una descrizione assolutamente negativa, ritenendolo feroco e corrotto.
Il giudizio di Agrippa I fu verismilmente esagerato ma veicolava un certo atteggiamento antigiudaico di PILATO, generalmente descritto come poco rispettoso delle tradizioni religiose del locale ebraismo (così si trova nei Vangeli e nelle opere di Giuseppe Flavio e di Filone).
Dato un ricorso, accettato come lecito dal legato Vitellio, fatto dai samaritani PILATO venne deposto e inviato in Roma davanti al tribunale dell'imperatore Tiberio nel 36 dopo Cristo.
PILATO, in qualche modo celebre per il ruolo avuto nel processo a GESU', rimase per altro verso nelle oscurità della storia.
Secondo Eusebio si sarebbe suicidato, per altri venne decapitato ai tempi dell'Impero di Nerone, a giudizio dei Vangeli apocrifi si sarebbe invece, addirittura, convertito alla religione del Cristo sotto il regno di Tiberio.






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CIL II, 4271. Cfr. G. Forni, Il reclutamento delle legioni da Augusto a Diocleziano, Milano-Roma, p. 85 e p. 226. Durante il II-III sec. d.C., la VII Gemina aveva quartiere a Legio nella Terraconense. Si ha in questo periodo grande maggioranza di nomi di soldati iberici (17) e solo due nominativi di africani. In particolare, nel periodo che va da Vespasiano a Traiano, oltre a nominativi della Hispania, della Gallia Narbonensis e della Gallia Lvgdunensis, compare anche quello di L. Valerius Secundus, cittadino di Albintimilium e unico dell'1talia che, per quanto se ne sappia, abbia fatto parte di tale corpo militare.

[C(aius) Al]bucius c(ai) f(ilius) / · Fal(erna tribu) d(omo) Intimil(ii) / m(iles) coh(ortis) VIII pr(aetoriae) m(ilitavit) a(nnos) XVII / v(ixit) a(nnos) XXXV/ h(oc) s(epulcrum) e(st).
Ritrovata nel secolo scorso ad Aquileia nella casa di un certo sig. Gregoretti. Lastra scheggiata verso sinistra, in marmo, le lettere sono chiare e permettono una datazione approssimativa al periodo di transizione tra il I e il II secolo d. Cristo. Attualmente si conserva nel museo della città veneta. Cfr. CIL, V, 886. Cfr. A. Passerini, Le Coorti Pretorie, Roma, 1969, pp. 55 sag. Nei primi secoli dell' Impero il numero delle coorti pretorie parve spesso oscillare, passando dalle 9, nel 13 d.C., alle 12 sotto Tiberio, alle 9 ancora del 76. Dopo l'88, a quanto noto, il numero parve stabilizzarsi sulle 10, numero che sicuramente si protrasse oltre il II sec d.C. sino a tutto il III.

M(arcus) Saburius Ligus / Fal(erna tribu) Albintimili(ensis) / evoc(atus) aug(usti) sal(ariorum) vi/xit ann(os) XXXVIII / profecit ex coh(orte) V / pr(aetoria).
Ritrovata a Roma e conservata in quella città. E' una lapide del II sec. d.C. in buono stato di conservazione, con lettere eleganti. Cfr. CIL, V, 2589 = ILI, 2142. Per le coorti in generate e il soldato evocatus v. I. Marquardt - A. Domazewski, Rom Staatsverwaltung, voll. II, 2a ed., Lipsia, 1884, pp. 401 sgg.

[M(arcus) Alemilius] M(arci) f(ilius) · Fal(erna tribu) / Bassus / [prae]f(ectus) coh(ortis) pr(imae) Antioch(iensium) / [praef(ectus)] coh(ortis) pr(imae) Britt(onum) · / [pra]ef(ectvs) alae Moesic(ae) / [pro]c(urator) Imp(eratoris) Cae(saris) Trai(ani) / Hadriani) Aug(usti) / ad xxxx Galliarum) item ad / censum agend(um) Ponto / Bithiniae epistra/tegus Pelusio item / Thebaidis proc(urator) / provinciae Iudae / ae t(estamento) f(ieri) i(ussit) .
Ritrovato a Nervia nel 1914, in proprietà Vernetti, il cippo di MARCO EMILIO BASSO ora è nel museo archeologico. Grande iscrizione in pietra della Turbia; è mutila per scheggiatura all 'angolo simstro. Misura m. 0,80 X 0,60 X 0,60. Il Degrassi integrò la lacuna iniziale del praenomen e del nomen sulla base di un diploma militare del 2-VII-110: questo, scoperto dal rumeno Daicoviciu, fa il nome di un certo M. Aemilius Bassvs, prefetto della cohors I Brittonum. Cfr. G. Q. Giglioli, in "Not. Scavi", 1914, pp. 81 sgg.; A. Degrassi, in "Epigrafica", IV (1942), fasc. III, pp. 154. C. Daicoviciu, Neue Mitteilungen aus Dazien, in "Dacia", VII - VIII (1937 -'40), nn. 1 - 2, pp. 299 - 336.



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Non si può ormai più studiare il Corpus epigrafico romano di Ventimiglia senza valutare le acquisizioni recentissime, abilmente sviluppate da Giovanni Mennella=
Il Mennella studioso ha infatti documentatamente appurato che un certo numero di lapidi ed iscrizioni ritenute di Albintimilium sono entrate a far parte del suo Corpus per via di una serie di operazioni antiquarie indubbiamente ai limiti del lecito, che finirono col coinvolgere un Girolamo Rossi, sostanzialmente troppo solo, difronte a molteplici interessi, e in definitiva anche abbastanza ingenuo se non superficiale.
Per questo vale la pena di riportare integralmente (cassando solo l'apparato delle note per cui si rimanda al
testo a stampa) l'encomiabile lavoro del Mennella:
"Tra le figure più insigni della Liguria occidentale, un posto di spicco occupa da tempo Girolamo Rossi, il benemerito studioso della storia intemelia che, tra l'altro, scoprì il sito di Albintimilium lungo la piana del Nervia fra il 1877 e il 1910 e per oltre un trentennio vigilò sugli scavi nelle sue funzioni di ispettore archeologo: un'azione generosa e meritoria, che tuttavia non potè arginare le interferenze dei clandestini e neppure il trafugamento di una gran quantità di reperti, spesso compiuto fin quasi sotto i suoi occhi per opera di tombaroli al servizio di alcuni collezionisti di pochi scrupoli . Facoltosi esponenti del bel mondo internazionale che in quel periodo si dava appuntamento in Riviera, costoro riuscirono ad attivare presto e senza difficoltà un vivace eommercio antiquario, contro il quale il Rossi non fu nemmeno in grado di promuovere una tutela preventiva che la legislazione del tempo ancora non prevedeva.
Andarono così formandosi diverse raccolte, che però finirono quasi tutte disperse alla morte dei proprietari; si salvò soltanto un buon numero di iscrizioni, che fin dal primo momento il Rossi pubblicò sulle
Notizie degli Scavi e assegnò al corpus epigrafico di Albintimilium.
In seguito il suo giudizio è divenuto una indiscussa communis opinio, ma lo ha ora sorprendentemente e in gran parte smentito l'esame che di recente ho condotto su tutte le epigrafi di Ventimiglia, in vista della loro prossima esposizione nel rinnovato museo archeologico civico : attraverso una serie di raffronti con la produzione epigrafica urbana, infatti, ho potuto stabilire che su oltre 105 iscrizioni 16 sono edite nel sesto volume del CIL e provengono da Roma, mentre un'origine analoga è sospettabile per almeno altrettanti pezzi che nel Corpus non figurano.
Le indicazioni date dal
CIL sono puntuali e non lasciano adito a dubbi: anzi, per alcune epigrafi è perfino specificata la zona del ritrovamento nell'Urbe, e di altre si dice che furono vendute da un "antiquarius quidam qui exportandas] curavit a. 1890": fu questi forse un tale Pennelli di cui resta menzione in uno dei lemmi, ma che per il resto è ignoto. Inoltre, dal Corpus si apprende che gli acquisti principiarono attorno al 1890 e si protrassero per un decennio, e che gran parte delle sedici iscrizioni mandate in Liguna erano ancora inedite al momento della vendita. La precisazione che, infine, esse entrarono nel Museo Daziano a Bordighera urta però contro la versione fornita dal Rossi nelle Notizie degli Scavi, secondo la quale le stesse epigrafi furono trovate a Ventimiglia all'incirca nel medesimo periodo. Come potè verificarsi un'attribuzione così smaccatamente errata e chi fu colui che la divulgò ?
Il punto di partenza per scoprirli si trova nelle relazioni che il Rossi invio alle
Notizie degli Scavi tra il 1876 e il 1908 e, segnatamente, in quelle che descrivono le iscrizioni; alcuni documenti inediti rintracciati nell'archivio del Rossi consentono, poi, di perfezionare i contorni dell'intera vicenda e di dare risposta agli interrogativi.
Le relazioni sulle
Notizie degli Scavi che interessano alla nostra indagine sono in totale quattro. La prima reca la data dell'aprile 1889 e dichiara che le iscrizioni CIL VI 38387 e 38509 furono "trovate eseguendosi alcuni lavori nella proprietà Porro, nel piano di Nervia, ove si estese la necropoli dell'antica Albintimilium". Otto anni dopo, nel 1897, fu la volta dell'iscrizione 30106, che nella relazione di marzo venne detta "proveniente dalla necropoli di Album Intimelium" e "aggiunta nel Museo Daziano a Bordighera", mentre quasi allo stesso modo è presentata l'epigrafe 38187, descritta nella relazione di aprile del medesimo anno.
Nei rapporti ricorrono sempre i nomi di due persone di cui è ormai perduta la memoria, ma che al loro tempo furono molto conosciute: il primo, il sacerdote Giorgio Porro, possedette terreni adiacenti al teatro romano e alla necropoli lungo la cosidetta "Via dei Sepoicri", e morì nel 1886; l'altro, Francesco Maria Daziano, fu titolare dell"'Hotel Beaurivage" a Bordighera, nel quale formò un museo archeologico ragguardevole e specializzato in reperti di
Albintimilium, che ebbe qualche momento di notorietà internazionale.
Il Rossi li conobbe personalmente entrambi, ma fu soprattutto col Daziano che mantenne sempre cordiali rapporti d'amicizia, allo scopo spesso esaudito di ottenere informazioni di prima mano sull'andamento degli scavi abusivi e di sfruttare per suo tramite le entrature che a lui rimanevano precluse .
L'ultima relazione contenente notizie sulle epigrafi urbane è del gennaio del 1903, a quattro anni dalla morte del Daziano e dalla decisione degli eredi di venderne il museo.
In quella circostanza il Rossi potè esaminare attentamente la raccolta come esperto nominato dal comune di Ventimiglia, che sulle prime parve propenso a rilevarla in blocco ; quando effettuò il controllo gli fu anche possibile eseguire i calchi di quindici epigrafi, che poi inviò alle
Notizie degli Scavi assieme ai loro apografi; il Rossi dichiarò che erano "iscrizioni sepolcrali dell'antica Ventimiglia", ma alla verifica odierna ben quattordici sono risultate di origine urbana.
Da queste considerazioni preliminari si desume, dunque, che qualcuno ebbe interesse a far passare per intemelie delle iscrizioni che non lo erano, e riuscì a eseguire l'operazione nella stessa zona degli scavi, ingannando addirittura per oltre un decennio i redattori della rivista ufficiale dell'archeologia italiana. Scartata, ovviamente, una complicità della direzione delle
Notizie, e deceduto già nel 1886 il Porro, la ricerca del responsabile si restringe al Daziano e al Rossi. La perfetta buona fede e la serietà intellettuale di quest'ultimo escludono, però, che fosse stato lui ad architettare il piano: l'ambizione personale avrebbe bensì potuto spingerlo a procurarsi materiale alieno e ad accreditarne una provenienza da Albinumilium, allo scopo di arricchire artificiosamente il patrimonio delle antichità locali e accrescere in tal modo anche i propri meriti presso i superiori; tuttavia gli eventuali vantaggi così ottenuti non avrebbero pagato l'alea di essere scoperto e di dover abdicare subito a una carriera e a un prestigio raggiunti con fatica e a prezzo di grandi sacrifici. Apparentemente, nemmeno il Daziano sembrerebbe indiziabile, dato che anch'egli avrebbe potuto esser vittima ignara di un imbroglio di più ampia portata ideato da altri, ma l'esame di tutti i documenti disponibili mostra senza ombra di dubbio che il responsabile fu proprio lui. Decisive, a questo proposito, sono due compilazioni manoscritte del Rossi. Una, come si legge nell'intestazione, è la "copia d'un quadernetto del signor Francesco Daziano in cui segnava gli acquisti di antichità fatti a Nervia", dove il Rossi trovò descritti diversi testi che non aveva visto nel museo di Bordighera nemmeno quando il collezionista era ancora vivente: frammisti ai pezzi acquistati a Roma ve ne sono alcuni che oggi sappiamo finiti in altre collezioni locali, ma per i quali l'origine intemelia non risulta affatto documentata o si rivela quantomeno dubbia alla verifica delle pietre. I1 "Quadernetto" costituisce l'appendice dell'altra e più corposa compilazione, contenente la "Corrispondenza delle Ispezioni degli Scavi e Monumenti