IL DIFFICILE "MESTIERE" DI DONNA NELL'ETA' INTERMEDIA
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LA PSEUDOPSICOLOGIA A SERVIZIO DEL SISTEMA PATRIARCALE: LA PRESUNTA "ZONA MORTA", ANCORA NELL' '800 QUALE GIUSTIFICAZIONE PARASCIENTIFICA DELL'INFERIORITA' DEL SESSO DONNESCO
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DONNA (RUOLO DELLA DONNA ARISTOCRATICA E BORGHESE)> Presso i CETI DIRIGENTI DELLA NOBILTA' E DELLA GRANDE BORGHESIA (in cui il matrimonio costituiva soprattutto un "affare di famiglia") il ruolo della donna, nonostante un'indubbia superiore libertà sessuale della donna genovese e ligure a fronte delle donne di altri Stati, fu comunque sempre legato all'importanza della sua dote e dopo la conclusione dell'operazione matrimoniale - patrimoniale esso decadeva spesso a livelli subalterni.
Si può quindi realmente parlare sin a tutto il '600 di donna oggetto dal comportamento sociale rigido e codificato secondo regole ferree che in modo statutario sopprimevano, per essere disattese dalle prime "coraggiose ribelli", una qualsiasi formazione culturale femminile [DE LEON].
La donna riacquistava un certo rilievo solo in caso di vedovanza: mediamente era però raro un secondo matrimonio e la donna riottenuto il suo patrimonio poteva rientrare nella famiglia di origine riuscendo talora, pur tra inevitabili difficoltà, a migliorare la sua condizione esistenziale (l'assoggettamento della D., specie se di condizione elevata o, come si diceva, "di buon nome", è dato da quella sorta di mummificazione sociale, cui alludono pure gli Stat. Crim., lib.II, Cap.68 laddove si reputa disdicevole per una D. onesta recarsi a deporre in Curia, relegandola in casa a soddisfare anche questo minimo compito sociale).
L' affidamento dei figli a Balie secondo la AIRALDI (p.467) "costituisce un fenomeno che prospetta più di una considerazione all'interno dell'ambito familiare".
In assenza di figli succedono in eredità i fratelli, i figli dei figli e i figli dei fratelli": e peraltro, per tutti i "Capitoli Criminali" si legge una costante attenzione alla salvaguardia dei patrimoni, delle eredità, della legittimità delle nascite, dell'"onore" della donna "da sposare" intesa senza dubbio come strumento basilare di scambio tra famiglie aristocratiche ed alto borghesi.

Presso i Ceti subalterni, della medio-alta ed ancor più piccola BORGHESIA (artista, artiera, plebea, mediocre) od i gruppi familiari dei Centri minori del Dominio il livello sociale della donna era invece superiore, perchè meno legato a strette esigenze economiche. La D. aveva importanza per il suo patrimonio ma anche per se stessa, in un clima dove spesso affetti e sentimenti coniugali prevalevano sulle leggi della parentela. La maggiore autonomia socio-economica della donna nel contesto della famiglia nucleare artigianale e poi medio-commerciale le offrì quindi spesso la facoltà d'essere attore di rilievo, alla pari dell'uomo o consorte, nella gestione di un'impresa: curiosamente questa peculiarità sociale del genovesato ha determinato lo sviluppo della "donna d'affari" nelle località secondarie e presso i ceti subalterni in tempi anteriori rispetto a quelli, piuttosto tardi, in cui si ebbe una simile emancipazione della figura femminile dei gruppi egemoni.

DONNA (RUOLO DELLA D. CONTADINA)> A.OMODEO (pp.78-79) scrive :"Il rilievo fatto su documenti visivi ci spiega da subito che le classi contadine in Italia altro non sono che depositi sociali di popolazioni precedenti. Queste popolazioni attraverso il loro modo di vestire, intatto probabilmente dopo secoli, indicano il permanere di culture più antiche, conservate attraverso tradizioni remote. Non esistendo contatto culturale, tranne che nel contesto religioso, le culture si mantengono intatte, come mummificate. Così è possibile intravvedere forme di diverse installazioni contadine in Italia. Si può tracciare una mappa che fissa una unità etnica in tutta l'Italia meridionale, il Regno, fino ai confini ultimi della penisola. Lievi differenze presentano le abitatrici delle isole, come è naturale. La pianura padana suggerisce invece che vi siano installazioni di popolazioni rurali, povere, appartenenti a ceppi etnici diversi, ma libere, non sottoposte ai padroni; sono le rustiche e le plebee. Ma nella pianura padana affiorano anche popolazioni contadine ricche, ben vestite, con gioielli d'oro, che evidentemente godono in proprio dei frutti del lavoro agricolo. Al lavoro agricolo sono tutte sottoposte; lavorano nei campi di pala e di zappa; allevano i figli, amministrano le famiglie, accudiscono alla casa; sempre continuamente, un segnale della categoria, filano. Ciò vuol dire che i contadini hanno un'economia autosufficiente, non devono servirsi cioè di altre categorie. E tutte cantano. O meglio c'è chi dice le loro canzoni. Qui il panorama suddiviso in lingue: siciliana, monferrina, napoletana, bergamasca, veneziana e norcina, si fa variegato, netto o sfumato". In tale pluralità di lingue - sfumature si recupera un panorama culturale-perduto: ma a questo quadro di stato contadino "opulento" corrispondono di più nel Dominio di Genova, le donne delle Podesterie del Bisagno, Polcevera e Voltri mentre nelle Riviere la condizione non è così buona per la povertà del terreno a disposizione e per l'attitudine ligure alla monocoltura, quella dell'olivo ad esempio, con conseguenza di carestia nei periodi di siccità, alluvioni o malattie della pianta.

DONNA (RUOLO DELLA D. DIVERSA OD ESCLUSA)> "Stat.Crim.",II, capo 3 ("La D. adultera consenziente sarà mandata a morte ed i suoi beni perverranno al marito: l'amante sarà condannato a morte ma se, col concorso di 3 testimoni 'fidati', riuscirà a provare che si trattava di donna 'scostumata' eviterà la condanna) capo 7 (La D. che si sposa clandestinamente prima dei 25 anni e senza consenso dei famigliari perderà la dote ed ogni diritto maturato> l'uomo verrà punito con ammende da 100 a 1000 scudi, i complici e ruffiani, i testimoni ed il notaio che avrà ratificato il matrimonio con multe varie> questa pena non varrà per Donne umili e Vagabondi),capo 67 (I rapporti sessuali con carcerate saranno puniti con multe da 100 a 500 lire per ogni coito ed i funzionari dello Stato responsabili potranno essere radiati), capo 98 ("Le Donne bigame se scientemente colpevoli pagheranno il fio col supplizio estremo - così pure quelle che avranno fatto in modo da nascondere il loro stato e godere sessualmente col compagno"> pene invece minori per gli uomini)

DONNA (RUOLO DELLA D. LETTERATA)>Figura ancora insolita ma importante, per una lenta emancipazione culturale e sociale della D., è costituito tra '500 e '600 dal crescente numero di Letterate. Tra queste sono certo da ascrivere poetesse di buon livello: si può formulare un elenco,approssimativo, partendo dalle rimatrici del '500, da Vittoria Colonna, Gaspara Stampa,M.Salvetti, Camilla Martini Bertelli per giungere, in ambito nordico e protestante, alla danese Maria Bulow (nata nel 1586 a Spottrup - morta nel 1651) e ad Anna Maria Schurmann di Utrecht straordinariamente versata nello studio delle lingue classiche. Rimandando per approfondimenti al lavoro della BIGA, la figura forse più emblematica ma non unica (si ricordi la Bufalini) della D.letterata, in lotta col maschilismo, è quella di Elena Cassandra Tarabotti (1604-1652) in pratica costretta (alternativa veneta alla storia lombarda e manzoniana della "Monaca di Monza")ad entrare a 13 anni, per il barbaro costume delle Monacazioni forzate, nel Convento di S. Anna di Castello a Venezia dove, preso il nome di Suor Arcangela, restò fino alla morte. Verso i vent'anni scrisse la Tirannia Paterna (riferimendosi all' autorità, specie nelle casate patrizie, dei capifamiglia sopra le figlie, il cui destino era trattato senza alcun umano rispetto) pubblicata postuma col titolo de La Semplicità ingannata (quest'opera coraggiosa, per certi aspetti anticipatrice della Religiosa di Diderot fu però posta all'Indice nel 1660). La II sua opera emblematica fu l'Inferno Monacale mai pubblicata anche se ne rimase solo una trascrizione manoscritta nella collezione privata di Alvise Giustiniani (Venezia, Codice Giustiniani II, 132=44): il lavoro fu però conosciuto, circolando negli ambienti colti e libertini di Venezia, suscitando scandalo e persecuzioni non solo psicologiche alla suora, praticamente obbligata a ritrattare le accuse alla vita claustrale ed al principio delle M. forzate con un'opera nuova e contradditoria come il Paradiso Monacale edito a Venezia dall'Oddoni nel 1643. Caso diverso e singolare fu poi quello dell'ebrea veneziana Sara Copio Sullam, personalità affascinante e complessa come scrive il BUSETTO, capace di suscitare panico intellettuale fra le certezze religiose istituzionali della Controriforma (attirando anche i sospetti dell'Inquisizione sulla comunità istraelitica veneziana e sullo stesso rabbino) con Il Manifesto di Sarra Copia Sulam hebrea,ove è da lei riprovata e detestata l'opinione negante l'immortalità dell'Anima, falsamente attribuitale dal Sig. Baldassarre Bonifacio (opera che il BUSETTO peraltro non le attribuisce ma che, essendo passata e passando sotto il suo nome, ha fatto della bionda Ebrea un'espressione dell'emergente postazione intellettuale della D. colta o ricca e ribelle, soprattutto da fine '500 e '600, contro il sistema maschilista in vigore.