Si indicano con il nome SPEZIE [ donde l'antica definizione di "Via delle Spezie" = Pepe -
Zafferano -
Zenzero -
Anice -
Cardamono -
Coriandolo -
Fieno greco -
Garofano [Chiodi di garofano]
Cumino -
Ginepro -
Noce moscata -
Paprika - Paprica -
Cannella - (Cinnamomo)] alcune sostanze di origine vegetale ricche di principi aromatici e resinosi e di oli essenziali usate come condimento e, talora, in profumeria e farmarcia.
(vedi qui = Premessa biblioteconomica)
Di tutti i profumi dell'antichità, mirra, olibano, cinnamomo, l'INCENSO è quello più conosciuto a tutti, specie per quella frequentazione liturgica che ne ha amplificato uso e conoscenza.
Per quanto concerne la VIA DELLE SPEZIE
Le SPEZIE vengono preparate a partire da organi diversi delle piante (radici, semi, frutti, foglie, ecc.) a seconda di quale sia l'organo più ricco nel principio di interesse commerciale e/o quello che meglio si presta per la preparazione.
Le SPEZIE principali sono la cannella, il capsico, i chiodi di garofano, il ginepro, il macis, le noci moscate, il pepe, il pimento, la senape, lo zenzero, lo zafferano.
Le SPEZIE provengono quasi tutte dall'Asia meridionale, dalla Cina e dalle Indie occidentali e orientali.
Di grande importanza storica e la loro proprietà di favorire la conservazione degli alimenti, oltre che di insaporirli, proprietà che le rese oggetto di importanti traffici nei secoli scorsi.
Notizie di un COMMERCIO DELLE SPEZIE ["VIE DELLE SPEZIE, DELL'INCENSO E DELLA SETA (destinata ad avere notevole importanza nella PRODUZIONE di GENOVA)"] nell'area mediterranea si hanno già per l'età fenicia.
Intensa attività di importazione delle SPEZIE dall'Oriente fecero anche nel contesto del MERCATO APERTO dell' IMPERO ROMANO, come testimonia anche la presenza di molte monete imperiali in vari siti delle STORICHE VIE DELLE SPEZIE sino all'India meridionale .
Due erano le vie principali seguite dai MERCANTI ROMANI che sarebbero poi state ricalcate, per secoli, dai COMMERCIANTI DELL'ETA' INTERMEDIA.
Una via terrestre, attraverso la Mesopotamia ed una di mare, attraverso il mar Rosso.
Soprattutto il pepe godeva di grande favore negli usi altmentari del tempo, come provano le attestazioni letterarie e il trattato di cucina attribuito ad Apicio, ove esso ha un ruolo di gran lunga preponderante su tutte le altre SPEZIE, comparendo a profusione in gran parte delle ricette proposte.
Il gusto delle SPEZIE si mantenne ed anzi si accrebbe nel corso del Medioevo, quando l'enuclearsi di una nuova cultura gastronomica aumentò la preferenza per le SPEZIE di
sapore acre e dolciastro (cannella, garofano, cinnamomo, zenzero) rispetto al pepe.
Quest'ultimo conservò tutto il suo valore, ed anzi capita di trovarlo impiegato addirittura come surrogato della moneta, come compenso per lavori o come canone d'affitto; nell'insieme, tuttavia, la cucina medievale mostrò una spiccata attitudine per altri generi di SPEZIE, e ciò ben prima - nonostante ciò che si scrive e si ripete in proposito - che l'espansione crociata mettesse a disposizione dell'Occidente nuovi canali commerciali e nuovi prodotti.
Questi in realtà erano già conosciuti ed apprezzati, anche se il movimento crociato indubbiamente ne accrebbe la disponibilità e ne estese l'uso.
Prima di allora, le grandi vie del commercio delle SPEZIE avevano il loro centro vitale a Bisanzio, punto d'incrocio dove i mercanti occidentali (soprattutto italiani e, fra questi, soprattutto veneziani) ricevevano i prodotti giunti da Oriente attraverso le carovane arabe e li scambiavano con manufatti del continente europeo.
In seguito alle CROCIATE, i porti di approvvigionamento si avvicinarono fisicamente ai luoghi di produzione, con l'instaurarsi di nuovi empori strategici in Siria e altrove (Damasco, Aleppo, Antiochia, Tripoli di Siria, Tiro, Acri, Giaffa...).
Quando, poi, i TURCHI occuparono l'Asia Minore, il commercio delle SPEZIE fece capo a Famagosta e negli altri porti dell'isola di Cipro, mentre Trebisonda diventava il punto di raccolta delle SPEZIE persiane.
Il grande consumo di SPEZIE non era legato, allora, solo a questioni di gusto, anche se è evidente la predilezione del palato medievale per i sapori forti e contrastati, che mescolano insieme diversi e contrapposti aromi.
Oltre a ciò vi era, diffusa, la convinzione che le SPEZIE favorissero la digestione, cuocendo i cibi nello stomaco: convinzione espressa a livello scientifico nei trattati di medicina e di dietetica, e largamente applicata nella pratica quotidiana.
Non pare invece plausibile l'ipotesi, a lungo e tuttora sostenuta, che il largo impiego delle SPEZIE fosse legato alla necessita di camuffare i sapori corrotti di cibi mal conservati.
Non avevano certo tali problemi le tavole riccamente imbandite di coloro che potevano permettersi una profusione di SPEZIE nei propri cibi.
L'alto costo di tal prodotti ne faceva, infatti, dei veri e propri status-symbols, cui si contrapponeva, ai più bassi gradini della scala sociale, l'impiego delle erbe aromatiche e medicinali coltivate negli orti domestici: sorta di SPEZIE locali che con le vere e proprie SPEZIE condividevano funzioni alimentari e terapeutiche.
In virtù proprio del loro alto costo (che garantiva al mercanti guadagni favolosi) e dell'origine orientale che le connotava, le SPEZIE giocavano un ruolo importante anche nel campo dell'immaginario: magico prodotto dell'Oriente, luogo in cui i dotti del tempo localizzavano il paradiso terrestre e fantasie oniriche di ogni genere, esse erano lo strumento migliore per costruire attorno alla tavola il rito dell'eterna giovinezza e il fascino dell'ignota felicità.
Tale ruolo centrale delle SPEZIE nell'immaginario medievale è confermato dai nomi di fantasia che ad alcune di esse venne attribuito in certi periodi.
Così fu un tempo attribuito enorme pregio al misterioso grano del paradiso divenuto di gran moda nelle corti europee del Trecento, ma gradualmente dimenticato quando l'accresciuta frequenza dei viaggi in Oriente ne rivelò l'effettiva abbondanza e, dunque, la banalità commerciale.
E' stato detto, giustamente, che la ricerca di nuove vie per raggiungere i mercati delle Spezie, evitando il ricorso agli intermediari ARABI e abbattendo i costi d'acquisto, fu uno dei motivi, e non l'ultimo, che spinsero gli europei alla folle corsa negli oceani che caratterizzò i secc. XV e XVI, con tutte le scoperte, le conquiste e le colonizzazioni che ne seguirono.
Ma tutto ciò finì per rendere abbondante ciò che prima era raro; e questo, paradossalmente, fece diminuire l'interesse per le SPEZIE, che, in effetti, andarono incontro ad un rapido declino nei gusti e negli interessi del gran mondo.
Frattanto nuovi modi di cucinare si mettevano a punto: il sec. XVIII rappresentò il culmine del rinnovamento, ed i sapori tenui e delicati, morbidi e amalgamati, sostituirono gli accostamenti contrastati di un tempo.
Nella cucina europea d'oggi, ciò che rimane dell'uso delle SPEZIE è il pallido ricordo di un antico splendore.
Esse sono tornate nei loro ambiti naturali di produzione e di consumo, a caratterizzare le cucine dell Oriente asiatico.
A lungo tuttavia la sua origine è stata misteriosa e la grande richiesta di questo bene di lusso che bruciando avrebbe dovuto accattivare il favore degli dei sui luoghi sacri o più materialmente annichilire il fetore dei corpi nelle cerimonie funebri, nell'antichità classica, ne rese molto elevati i prezzi alimentando la leggenda della "Arabia Felice", sconosciuta sorgente di questa meraviglia.
Scientificamente parlando l'incenso è la miscela di resine e mucillagini che trasudano dalla corteccia di alberelli della famiglia delle Burseracee, come Boswellia carteri e Boswellia serrata, quando questa venga, spontaneamente o volutamente, spezzata o tagliata.
Un succo, a protezione dagli insetti, rapidamente ne sgorga e coagula sotto forma di lacrime vischiose che successivamente solidificano.
Bruciandole si accelera l'evaporazione delle sostanze aromatiche in esse contenute, con spargimento del profumo.
L'Oman e l'Ha-dhramawt nella Penisola Arabica e la Costa dei Somali erano le zone di produzione di questa preziosa resina che confluiva nei centri di raccolta di Qna e Aden, sull'Oceano Indiano.
A partire dalla metà del secondo millennio a.C., con l'utilizzazione del dromedario, una lunghissima via carovaniera, con 60-70 tappe, tra cui Shabwa, Marib, e Petra, prese collegare i centri di raccolta con Gaza, sulla costa mediterranea, costituendo una vera e propria VIA DELL'INCENSO organizzata e fornita di servizi. .
I regni sud-arabici, in primo luogo quello identificabile con le terre della Regina di Saba, ricavarono considerevoli profitti dalla nuova rotta commerciale in cui confluirono oro, legni e animali dall'Africa, e spezie, seta e tessuti preziosi dalle.
La decadenza dell'Arabia Felix fu sancita dal tracollo dei suoi regni per l'aggressione di bellicose tribù: peraltro la domanda di incenso decadde assieme al paganesimo e all' Impero Romano di modo che l'INCENSO divenne una merce quasi ordinaria.
Esso continuò comunque ad essere usato nella liturgia cattolica (anche se nella maggioranza delle chiese lo si sostituì con surrogati di produzione locale come le bacche di cipresso), nel mondo islamico come fumigazione deodorante e purificante tanto in senso fisico che rituale mentr in India la resina riprese il suo antico valore per il considerevole uso fattone in varie situazioni, cultuali e non.
Qui la resina viene impastata con legni profumati come il sandalo o il patchouly, con fiori e distillati di piante aromatiche, con polvere di guscio di cocco per favorirne la combustione e arrotolata, a mano, a velocità incredibile, attorno ad una sottile asticella di bambù, nelle tante manifatture di Mysore, così da risultare un pratico bastoncino, pronto per l'uso
PAOLO GIOVIO che all'impresa commerciale di PAOLO CENTURIONE dedicò queste pagine nella sua Lettera di Paolo Iovio sulla Moscovia 1525:
"...Diede occasione di questa ambasceria messer paolo Centurione genovese il quale, avendo avuto da papa Leone decimo lettere di raccomandazione, se n'andò in Moscovia per mercanzie, dove senza esser richiesto trattò co' famigliari del principe Basilio d'unire la chiesa moscovita con la romana. Percioché il detto messer Paolo con uno animo grande, e oltra modo grande, cercava una nuova e incredibil via da condur le SPECIERIE dall'India, avendo egli per fama inteso, mentre negoziava in Soria, in Egitto e in Ponto, che dall'ultima India su pel fiume Indo a contrario d'acqua si potevano condurre SPEZIERIE, e quindi per poco spazio di cammino per terra, passando per la sommità de' monti di Paropaniside, condurle in Oxo, fiume de' Bactriani...E finalmente contrastava, dicendo che gli pareva fracile e sicura navigazione da Strava infino a Citrachan, città mercantesca, e alla bocca del fiume Volga, e d'indi poi su per il fiume Volga, Occho e Mosco facilmente potersi andare alla città di Moscovia per terra a Riga e al mar della Sarmazia e a tutti li paesi di ponente. E questo cercava egli per esser sopra modo sdegnato per le ingiurie de' Portoghesi, i quali, avendo in gran parte soggiogata l'India e presi tutti i luoghi dove si facevano mercanzie, compravano tutte le SPEZIERIE e l'indrizzavano alla Spagna e s'erano avezzati a venderle a tutti li popoli dell'Europa a prezzo molto maggiore che prima non si voleva e con grandissimo guadagno....
Sul progetto del CENTURIONE qualche ragguaglio deriva da Giovanni Ramusio che nella sua opera (Discorso sul commercio delle spezie) recupera il Giovio come fonte e delinea i contorni del PROGETTO DI PAOLO CENTURIONE.
Il patrizio genovese durante il suo soggiorno alla corte del granduca di Moscovia Basilio (anno 1520) aveva infatti maturato, contro il monopolio portoghese, l'idea di orchestrare un TRAFFICO ALTERNATIVO DELLE SPEZIE basato su un'esatta competenza di arcaici tragitti che dal Pamir e dalle valli dell'Indo conducessero i MERCANTI DI SPEZIE sino al Mar Caspio passando per la Persia.
Paolo Centurione, stando alle notizie del Giovio, avrebbe sottoposto almeno 2 volte questo progetto (che non celava affatto la necessità di valicare percorsi improbi e perigliosi) all'attenzione del granduca di Moscovia.
Aveva intenzione di ribadire il suo ardito disegno pure in concomitanza del suo secondo viaggio in Moscovia quando colà giunse recando lettere del pontefice Clemente VII in cui sollecitava "il re Basilio a riconoscere la maestà della Chiesa romana, e a fare, tenendo nelle cose della fede una medesima opinione, una confederazione perpetua.
Il patrizio genovese giunto però a Mosca in precarie condizioni di salute, nel soggiorno durato due mesi, ebbe la forza soltanto di affrontare questi impegni conferitigli dalla santa Sede (ed infatti tornò in Italia accompagnato da un ambasciatore del granduca) dopo aver però "poste da perte tutte le speranze, e gl'intricati pensieri della mercanzia dell'India".
Non dovette però demordere da questo suo PROGETTO se ancora l'anno stesso della morte (1525) lo presentò addirittura al re Edoardo VIII d'Inghilterra presso la cui corte appunto si spense.