INIZIO DEL LIBER MEDICINALIS DI SAMMONICO RIPORTATO SUI MARGINI, SUPERIORE E D INFERIORE, DI UN CONDICE DEL IX SECOLO RECANTE LE ETYMOLOGIAE DI ISIDORO
LIBER MEDICINALIS di QUINTO SERENO SAMMONICO
[INDICE
PRAEFATIO
(Al testo latino, ricetta per ricetta, segue la traduzione: poiché l'autore fa riferimento a molte piante medicinali può essere utile tenere mano il collegamento qui a canto proposto, appunto nominato: piante officinali)
* - PREFAZIONE
1 - TERAPIA DEL CAPO
2 - RIMEDI CONTRO L'EMICRANIA
3 - CURA ANTIFORFORA
4 - PER TINGERE I CAPELLI
5 - CURA DELLA FTIRIASI
6 - CURA DEL PRURITO, DELLE PAPULE E DELLE RUGOSITA'
7 - CURA DEL DELIRIO: MANIERE PER PURIFICARE IL CERVELLO MALATO
8 - CURA DELLA CALVIZIE E DELLE MACCHIE CAUSATE ALL'ALOPECIA
9 - CURA DEL RAFFREDDORE E DELLE PERFRIGERAZIONI
10 - CURA DELLA LEBBRA
11 - CURA DELLE ALTERAZIONI DELLA PELLE E DEL VOLTO
12 - CURA DELLE AFFEZIONI DELL'ORECCHIO
13 - COME GUARIRE I PATIMENTI DI OCCHI E VISTA
14 - TERAPIA DEL MAL DI DENTI E DELL'ALITOSI
15 - LE CURE PER L’UGOLA, LA GOLA ED IL COLLO
16 - CURA DELLA TOSSE E DEI RIGURGITI DI BILE
17 - TERAPIA DELL’APPARATO GASTRICO E DELLA DIGESTIONE
18 - BILE, EMESI E TISI
19 - TERAPIA DELLA CONTRAZIONE MAMMARIA
20 - CURA DEL RIGETTO DI ALIMENTI E DI SANGUE
21 - TERAPIA DELLA PATOLOGIA EPATICA E DEI FlANCHI
22 - CURA DELLE AFFEZIONI DELLA MILZA
23 - CURA DEGLI ORGANI EPIGASTRICI
24 - CURA DEL MAL DI LOMBI E DI RENI
25 - CURE DEL MAL DI PANCIA
26 - CURA DELL’IDROPISIA
27 - PER LIBERARE L’INTESTINO COSTIPATO
28 - CURA DELLA DISSENTERIA
29 - TERAPIA DELL'INFESTAZIONE DA VERMI E TENIA
30 - TRATTAMENTO DELL’ ENTEROCOLITE
31 - CURA DELLE AFFEZIONI DELLA VESCICA URINARIA
32 - FECONDAZIONE E PARTO
33 - CURA DELLE EMORRAGIE ED IN PARTICOLARE
DI QUELLE D’ ORIGINE GENITALE
34 - TRATTAMENTO DEPILATORIO PER OGNI FORMA DI IRSUTISMO
35 - CURA DEI DISTURBI DEGLI ORGANI SESSUALI
36 - CURA DEI DISTURBI DELL’ANCA E DELLE ARTROPATIE
37 - IN CHE MANIERA SI PUO' MEDICARE UN FORUNCOLO
38 - CURA DELL'ANTRACE
39 - TRATTAMENTO DELLE INTUMESCENZE, DEGLI ASCESSI E DELLA SCROFOLOSI
40 - CURA DEL FUOCO SACRO
41 - TERAPIA DELLA GOTTA O PODAGRA
42 - CURA DELLE FERITE DA CORPI METALLICI O DA FLAGELLAZIONE
Phoebe, salutiferum quod pangimus adsere carmen
inventumque tuum prompto comitare favore.
Tuque, potens artis, reduces qui tradere vitas
nosti et in caelum manes revocare sepultos,
qui colis Aegeas, qui Pergama quique Epidaurum
qui quondam placida tectus sub pelle draconis
tarpeias arces atgue inclita templa petisti
depellens taetros praesenti numine morbos:
huc ades et quicquid cupido mihi saepe locutus
firmasti, cunctum teneris expone papyris.
[PREFAZIONE/
Apollo, sii favorevole a questo poema sulla salute
che noi componiamo e abbi pronta cura della tua invenzione. E tu maestro della medicina che hai saputo ridare la vita e riportare alla vita i defunti dalla tomba, tu che dai prestigio a Eges, Pergamo ed Epidauro e che una volta nelle sembianze d'innocuo serpente hai raggiunto il Campidoglio e i suoi templi gloriosi e ne hai cacciato morbi severi colla tua valida
presenza: soccorrici ora e tu,che hai spesso avallato i nostri quesiti, in queste fragili carte donaci tutto il tuo sapere.]
I.
AD CAPITIS CURATIONEM
Balsama si geminis instillans auribus addas,
tum poteris alacrem capitis reparare vigorem.
Vel quae septenis censentur gramina nodis
utiliter nectes vel corno ex arbore sertum.
Puleiumve potens una super aure locabis
aut illud mixto coctum clementer aceto
cauta nare trahes; seu visco lintea nexo
induces froni seu tritae gramina mentae;
spongia cum tepidis adnexa liquoribus imbris
profuit aut hedera ex oleo colata vetusto;
profuit et cocleis frontem tractare minutis.
Si nocuit cerebro violenta solis aperto,
saepe chelidonia ex acido perducta liquore
sanavit; prosunt et amica papavera somno,
si prius in lento madefacta terantur olivo.
[TERAPIA DEL CAPO/
Instillazioni di balsamo in entrambe le orecchie possono ridare al capo la pristina energia.
Darà anche giovamento appendere la gramigna detta dai sette nodi od una corona di corniolo. Si potrà iniettare il vigoroso puleggio
entro un solo orecchio o con misura inalarne
i vapori se cotto a fiamma
lenta e aggiunto ad aceto. Si potranno anche applicare
sulla fronte fasce intinte nel vischio o foglie tritate di menta. Sarà anche utile efficace collocare una spugna pregna d'acqua piovana tiepida o edera macerata in olio vecchio o massaggiare la fronte con lumache frante. Dal colpo di sole a testa nuda si guarisce
spesso ungendolo con caledonia macerata nell'aceto ma possono risultare benefici anche i papaveri fautori del sonno, purché lasciati per un po' di tempo dentro l' olio ancora denso.]
II.
HEMICRANIO MEDENDO
Portio si capitis morbo temptatur acuto,
alia diversam lana contecta per aurem
inducta prosunt et eodem balsama pacto;
alla vel ternis piperis terna addita granis
trita linis: certam dabit haec tibi cura salutem.
[RIMEDI CONTRO L'EMICRANIA/
Quando undolore acuto colpisce una metà del capo sarà utile l'aglio avvolto in lana e, in egual modo, gioveranno i balsami introdotti nell'orecchio controlaterale; ma non si dovrà dimenticare il massaggio con tre spicchi d'aglio e tre grani di pepe tritati insieme: una cura che procurerà una sollecita
guarigione.]
III.
AD PORRIGINEM DEPELLENDAM
Est insensibilis morbus, sed noxia formae,
cum caput immensa pexum porrigine ninguit,
icopia farris uti frendentibus edita saxis.
Hanc poterit malvae radix decocta levare;
aut tu fenuculum nitrumque et sulphura viva
contere, deinde caput permixtis ablue cunctis;
furfuribusve novis durum miscebis acetum,
ut varios crines tali des unguine puros;
prodest et tarda demptus testudine sanguis
et prodest cedro demissus ab arbore SUCUS.
Desinet interea glomerari farrea nubis
cessabit gravls crebrae porriginis imber.
[CURA ANTIFORFORA/
Si tratta di un disturbo impercettibile ma finisce per divenire ma una palese vergogna quando il pettine dal capo
Fa cadere fitta forfora simile in tutto alle cascate di farina sgorganti dalle macine. Sarà possibile rimediare a tal male con decotto di radice di malva; o stemperare finocchio, salnitro e zolfo vergine quindi lavare il capo con tal miscuglio. Altrimenti si potrà aggiungere acre aceto a crusca fresca sì da rinvigorire con tal unguento i capelli rovinati. Giova comunque il sangue prelevato dalla lenta tartaruga al pari della la resina stillante dal cedro. Intanto la nube farinosa cesserà di formarsi e verrà meno la fastidiosa pioggia dell'incessante furfurazione.]
IV.
AD CAPlLLOS TINGUENDOS
Quos pudet aetatis longae, quos sancta senectus
offendit, cupiunt properos [si] abscondere canos
et nigrum crinem fuco simulare doloso,
his prodest acri contrita cupressus aceto
vel frons lentisci vel tristia poma sabuci;
lumbrici quoque terrestres miscentur olivo
et iuvenem praestant redivivo flore capillum.
Praeterea niveum poterit depellere vultum
resina ex facili cera viscoque coacta.
Ad rutilam speciem nigros flavescere crines
unguento cineris praedixit Tullius auctor.
Si praegnans artus captivi soricis edit,
dicuntur fetus nigrantia lumina fingi.
[PER TINGERE I CAPELLl/
A coloro che si vergognano dell'età che avanza e tormentati desiderano mascherare la precoce
canizie e sì da simulare una chioma scura con un trucco di finti colori , è utile
l'uso di foglie di cipresso tritate in acre aceto o quelle di lentisco od ancora i frutti acerbi del sambuco. Pure i lombrichi di terra miscelati nell' olio rinverdiscono e rivitalizzano la chioma.
Si è in grado di nascondere il candore del capo con resina legata a cera molle e vischio. Tullio ha indicato per primo un unguento a base di cenere onde far biondi o addirittura fulvi i capelli neri sino a tonalita fulve. Dicono che se una gestante si ciba delle zampe d'un catturato, la stessa darà alla luce un figlio dagli occhi neri.]
V. AD PTHIRIASIN ARCENDAM
Noxia corporibus quaedam de corpore nostro
progenuit natura volens abrumpere somnos,
sensibus et monitis vigiles intendere curas.
Sed quis non paveat Pherecydis fata tragoedi,
qui nimio sudore fluens animalia taetra
eduxit, turpi miserum quae morte tulerunt.
Sylla quoque infelix tali languore peresus
corruit et foedo se vidit ab agmine vinci.
Saepius ergo decet mordax haurire sinapi,
vel nitro ac sale permixtis acidoque liquore
laxatis, ut sint simul alia, tangere corpus,
aut lacrimis hederae aut suco perducere cedri
quin etiam furfur mixto medicatur aceto.
Unda maris lendes capiti deducet iniquas
et quicquid crebri defendit silva capilli.
[CURA DELLA FTIRIASI/
La natura per disturbare il sonno e stimolare
nei sensi allertati pronte reazioni ha generato dal nostro corpo certi organismi a lui nocivi. Ma chi non prova timore per lo sciagurato destino di Ferecide che in abbontanti sudorazioni espulse questi orribili animaletti che, poveretto, lo portarono a morte oscena? Pure il malcapitato Silla consunto dalla stessa noxa cadde e si vide consunto dalla massiva spugna laida. Conviene dunque inghiottire di frequente pozione di piccante senape e spalmare sul corpo una miscela di salnitro e sale sciolti in aceto con aggiunta d'aglio o frizionare con succo d'edera o con resina del cedro; e può guarire dal male anche la crusca mista all'aceto. L'acqua marina deterge le infestanti lendini del capo e tutto ciò che difende l'abbondante chioma selvosa. (all'epoca la pediculosi o infestazioni da pidocchi era reputata patologia endogena, cioè prodotta dal corpo stesso e per nulla infestazione esogena: come anche si ricava da Plinio seniore: 26, 138 e 19, 86)]
VI. PRURIGINT, PAPULIS ET SCABIE ARCENDIS
Inlotus sudor vel copia nobilis escae
saepe grav1 scabie correptis asperat artus.
Ergo lutum prodest membris adhibere fricatis,
quod facit ex asino saccatus corporis umor;
nec pudeat tractare fimum, quod bucula fudit;
stercoris ex porco cinerem confundito lymphis,
sic pavidum corpus dextra parcente foveto;
proderit ex oleo pulvis, quem congerit alte
dulcibus ex latebris patiens formica laborum:
convenit hinc tepido lita tradere corpora soli.
Ferventes papulas papiro curato liquenti,
aut acido Baccho miscebis farra lupini
atgue hinc in calido percurres membra lavacro.
Pruritus autem salsos levat umor aceti
sive maris rabidi sudor cocleacque minutue,
quarum contactu perimetur acerba libido.
[ CURA DEL PRURITO, DELLE PAPULE E DELLE RUGOSITA'
Il sudore non deterso od anche un'eccessiva alimentazione spesso infastidiscono il corpo sì che questo si cosparge di moleste rugosità. Come rimedio è certo utile strofinare la pelle con fango d'urina d'asino, senza vergognarsi di far simile uso sterco di giovenca; si deve poi miscelare con acqua la cenere di feci suine ed in siffatta maniera fomentare il corpo apprensivo con mano delicata. Applicare, impregnata d'olio, la polvere ammassata dalla formica laboriosa, per realizzare i suoi comodi passaggi sotterranei, è cosa utile ma bisogna comunque esporre il corpo così spalmato a sole che non bruci. Si possono guarire le papule dell'infiammazione con papiro imbibito o legare farina di lupino per via di buon aceto e massaggiare il corpo in bagno caldo. L'aceto allevia peraltro il prurito provocato da umori salati: e lo stesso giovamento procurano sia la schiuma del mare in tempesta che le lumache frammentate al cui contatto cessa la fastidiosa smania (secondo il Vercellin, p. 39, nota, la scabbia causata dall'acarus scabini e era ancora ignota e con tal termine qui sarebbero piuttosto da identificare delle rugosità o meglio delle escrescenze pruriginose)]
VII. PHRENESI ET CAPITI PURGANDO
Ex vitio cerebri phrenesis furiosa movetur
amissasque refert frendens amentia vires,
sive calens febris iactatos exedit artus
sive meri gustus seu frigoris efficit aura.
Convenit calidis pecudum pulmonibus apte
tempora languentis medica redimire corona.
Inlotis etiam lanis suffire memento
cerritum; saepe horrendi medicantur odores.
Non semper praesens dolor est sanabilis: ergo
cura magis prodest venturis obvia morbis
atque ideo sanos etiam curarier est par.
Purgatur cerebrum mansa radice pyrethri,
unguitur et sucis, dederit quos parva sabucus,
expressusque hederae mandatur naribus umor
aut mixtum rutae cerebro instillatur acetum.
[ CURA DEL DELIRIO: MANIERE PER PURIFICARE IL CERVELLO MALATO/
Quel delirio che genera perniciosa furia trae origine da qualche alterazione cerebrale: follia invincibile rinvigorisce quindi l'uomo sfiancato sia che indomita febbre abbia controllo usurante delle membra sconvolte sia che troppo vino od invincibile gelo riescano a causare tutto ciò. Per rimediare si deve fasciare fronte e tempia del malato con una corona composta da polmoni ancora caldi di pecora. Peraltro è da tener per conto che si possono altresì sottoporre gli esagitati a suffumigi di lane sporche mentre qualche volta odori nauseanti riescono ad indurre sanazione. Non sempre però la malattia acuta risulta rimediabile e quindi è giusta precauzione quella di far utile prevenzione contro simili mali di maniera che non guasta affatto curare anche i soggetti sani. Il cervello sempre vien rinvigorito dalla radice masticata di piretro, con unzioni di succhi di giovane sambuco: inoltre va aspirata per le narici la linfa spremuta dall'edera od in alternativa si potrà instillare nel cervello aceto misto a ruta]
VIII. DEFLUXU CAPILLORUM ET MACULIS CAPITIS TOLLENDIS
Defluit expulsus morbo latitante capillus,
Si raro lavitur; seu vis epota veneni
seu salamandra potens nullisque obnoxia flammis
eximium capitis tactu deiecit honorem.
Nonnumquam variant maculae parvisque parumper
orbibus aspersum ducit nova vulnera tempus.
Vipereae pellis cinerem his addito rebus
roboreasve pilas ursino iungito sevo
vel testudineo mala permulceto cruore.
[CURA DELLA CALVIZIE E DELLE MACCHIE CAUSATE ALL'ALOPECIA/
I capelli cadono per qualche affezione occulta specie quando sono lavati di rado,: ma deturpano il capo del suo ornamento anche dei veleni variamente assorbito come pure il contatto con la forte salamandra immunealle fiamme. Le aree vuote si spostano e le regioni temporali maculate di piccoli cerchi in breve diffondono nuove lacune. Per addurre qualche rimedio si può comunque applicare nei vuoti della cenere di pelle viperina od ancora galle di quercia raggrumate con sego d'orso o finalmente massaggiare le lesioni con il sangue della testuggine.]
IX. UMORIBUS ET PERFRICTIONIBUS SEDANDIS
Saepe ita pervadit V1S frigoris ac tenet artus,
ut vix quaesito medicamine pulsa recedat.
Si ranam ex oleo decoxeris, abice carnem,
-- membra fove [suco]. - - Parili ratione rigorem
urticae semen perceptaque frigora vincit.
Et cervina potest mulcere medulla rigorem.
Decoctum raphani semen cum melle vorabis.
Sive fel ursinum tepefacta dilue lympha:
proderit hoc potu; seu cassis ostrea testis
usta dabit cinerem, qui pro sale sumptus in escis
decutiet gelidum calefacto vertice virus.
Nonnullus liquidum sugit mulsumque sinapi
palatoque agitat pariter retinensque vomensque.
Alia nonnulli mandunt oleive liquore
perfundunt calido cerebrum nasique latebras.
Quidam lactucae credunt prodesse sapores.
Curandi modus hic est suavis et utilis idem est.
[CURA DEL RAFFREDDORE E DELLE PERFRIGERAZIONI/
Il freddo è a volte così pungente che invade le membra e rende inutili molti noti rimedi. Si può comunque bollire nell' olio una rana, poi toglierla e quindi col liquido fomentare le membra intirizzite. Anche il seme di urtica caccerà spesso il brivido e il freddo invadente. Parimenti il midollo di cervo è in grado di alleviare il brivido, come pure il seme bollito di rafano con miele. E' innegabile il vantaggio di una pozione di bile d'orso diluita in acqua tiepida al pari di quella della cenere di conchiglie vuote combuste d'ostrica che, sparsa come sale nel cibo, riscaldando il capo disperderà il congelamento. Alcuni assumono per curarsi una sorsata di emulsione melata di senape, fanno dei gargarismi senza ingerirla e poi la sputano. Vi son poi quelli che preferiscono masticare dell' masticano aglio o usano far con olio caldo perfusioni all'encefalo seguendo la strada delle fosse nasali. E c'è poi chi ricorre al sapore della lattuga: avvalendosi d'un trattamento che certo non è per nulla sgradevole]
X. ELEPHANTIASI PROPELLENDAE
Est elephans morbus tristi quoque nomine dirus,
non solum turpans infandis ora papillis,
sed cita praecipitans funesto fata veneno.
Huic erit adversus cedri de cortice sucus
mustelacque cinis vel fusus sanguis ab illa.
Nonnulli dixere serum prodesse bibendo.
Mentastri folium potu apposituque salubre est,
nec frustra bulbos et sulfura iungit aceto
qui cupit horribiles ad pristina reddere vultus.
Praeterea nitrum debes cum melle iugatum
spargere lacte bovis, varias sic unguere frontes.
Cerussam et chartam, quam gens Aegyptia mittit,
ture simul misceque oleo, quod flore rosarum
conditum est: line sic faciem, sic redde salutem.
[TERAPIA DELLA LEBBRA/
La lebbra è una malattia nefasta anche nel nome, che rovina non solo il volto con orribili devastazioni ma che dato il suo decorso determina spesso prognosi infauste. Converrà combatterla con resina di corteccia di cedro e con cenere oppure con sangue vivo di faina. Alcuni ritengono efficace bere del siero. Si reputa che giovi la foglia di mentastro sia come bevanda sia applicata sulle lesioni: parimenti potrà servire l'impiego di mistura di cipolle zolfo e aceto onde ridare umanità alle maschere spaventose di questi malati. Si può inoltre spalmare sul volto rovinato un impasto di salnitro con miele e latte vaccino. Alcuni medici propongono poi di mescolare biacca e papiro egiziano con incenso ed olio aromatizzato con rose: con tale balsamo si dovrà poi spalmare il viso onde ridargli umanità ed anche guarigione.]
XI. CUTIS ET FACIEI VITIIS PROPELLENDIS
Invida si maculat faciem lentigo decoram
nec prodesse valent naturae dona benignae,
erucam atque acidum laticem simul illine malis;
proderit et bulbus mellis dulcedine victus,
crudave dulcacido miscebis rapa liquori,
sanguine vel leporis morbus delebitur oris.
Frons salicis cum flore suo contrita medetur.
Saepiolae cineres ex ossibus omnia levant.
Cygneos adipes hilaro misceto Lyaeo:
omne malum propere maculoso ex ore fugabis.
Horrebit si livor atrox aut nigra cicatrix,
attrito sapone genas purgare memento.
Rugarum sulcos lentisci mastice tendes.
Si vero vitium est quod ducit ab impete nomen,
hoc matutina poteris cohibere saliva
seu folio platani, quod mansum mane vorabis.
Foeda fluunt curvi quae purgamenta cameli
urentur cineremque dabunt, inugentur aceto
mascula tura simul, divinaque cura valebit.
[CURA DELLE ALTERAZIONI DELLA PELLE E DEL VOLTO/
Se lentiggini sgradevoli macchiano l'estetica del volto ed a poco servono, per compensare ciò, i doni di natura benigna, bisogna proporre qualche rimedio, come quello di frizionare la cute con lozione di aceto e ruchetta. Potranno esser utili anche la cipolla addolcita dal miele o rape crude fuse a liquido dolceamaro. Le lesioni superficiali del volto scompariranno anche con sangue di lepre. Sono comunque assai utili, del salice, le foglie e i fiori tritati del salice. Le ceneri dell'osso di seppiolina eliminano ogni discromia. Giova assai mescolare grasso di cigno con vino che inebria: rapidamente dal volto maculato svanirà ogni alterazione. Giammai bisogna trascurare di ben lavarsi le guance con sapone se si manifestano sgradevoli lividi orribili o cicatrici scure. Si possono appianare le rughe con resina di lentischio. Quel malanno che trae nome da impeto si sanerà con saliva mattutina o con foglie di platano masticate e inghiottite al mattino. Una terapia eccezionale sarà costituita da ceneri, di ripugnanti mondezze espulse dal cammello cifotico, prima bruciate e poi combinate con aceto e maschio incenso]
XII. AURIUM VITIIS SUCCURRENDIS
Cum suevus teneras dolor alte sauciat aures,
fraxinea in flammis fundit quem talea sucum
instilla sive obscaenos ex virgine rores
aut sucum, ex folio dederit quem populus alba.
Saepe chelidoniae rapidum sociatur acetum
adiunctoque nitro procedit cura salubris.
Mentastri liquor expressus conducere fertur.
Infectum violis oleum bene consulit auri.
Annosa rubros si legeris arbore vermes,
ex oleo tere: sic tepidos infunde dolenti.
Si vero obstrusa sensus morietur in aure,
lumbricos terrae sevumque ex ansere rauco
excoque: vel veterem poteris dissolvere morbum.
Fella bovis surdis etiam prodesse loqunutur,
si iungas olidae grave quod minxere capellae.
Si vero incautas animal penetraverit aures,
proderit admixto pavidi fel muris aceto.
At si lympha nocens pervaserit, anseris aptus
immittetur adips ceparum non sine suco,
qui gravis est oculis, sensum tamen auribus auget.
Vis et Phoebigenae divinam discere curam?
Si qua vel annosis confecta doloribus auris
plectitur, hoc uno medicamine cuncta vigebit.
Alia tu septem numero septemque lupinos
cervinam dabis in testam, tum Delphica frondis
addatur, mixto totum fervescat aceto:
doctus eris tepidos illinc immittere rores.
[XII. CURA DELLE AFFEZIONI DELL'ORECCHIO
Quando un acuto dolore ferisce il fragile orecchio interno, occorre instillare succo di ramoscelli di frassino esposti alle fiamme od ancora urina di vergine oppure il succo stillato dalle foglie del pioppo bianco. Ottima cura è pure l' aceto intenso aggiunto a celidonia e a salnitro. Può esser utile abbinare succo spremuto del mentastro ma anche l'olio con violette costituisce una buona cura per l'orecchio. E' quindi meglio Instillare nell'organo sofferente olio tiepido entro cui siano stati frantumati vermi rossi raccolti da vecchio albero. La perdita dell'udito in un orecchio ostruito potrà scomparire, anche se di vecchia data, tramite l' applicazione di un composto di vermi di terra bolliti in grasso d'oca dal grido roco. La sordità è pure mitigabile con bile di bue mescolata entro l' acre urina di puzzolente pecora. Se mista con aceto sarà pure utilissima la bile di ratto timido specie quando casualmente qualche animaletto sia penetrato nell'orecchio. Se invece vi è entrata dell' acqua nociva è preferibile introdurre, per via del dotto, un po' di buon grasso d'oca legato con succo di cipolle, un balsamo che fa lacrimare ma che acuisce l'udito. Ed in merito a ciò si può pure citare la cura divina attribuita al figlio di Febo. Una otalgia cronica monolaterale estenuante sarà sanabile con l'espediente di porre in un cranio di cervo sette spicchi d'aglio e sette semi di lupino con foglie d'alloro, facendo bollire tal composto entro l'aceto: avendo però cura nell'applicazione di instillare ancora tiepido tal liquore.]
XIII. OCULORUM DOLORI MITIGANDO
Summa boni est alacres homini contingere visus,
quos quasi custodes defensoresque pericli
prospiciens summa natura locavit in arce,
sic tamen ut nullos paterentur desuper ictus
atque supercilio pavidi tegerentur opaco.
Sed dolor immeritum lumen si forte lacessit,
lana madens oleo noctu conectitur apte
viventisque nepae lumen gestatur amicum.
Ex folio caulis cineres confractaque tura
et laticem Bacchi fetae cum lacte capellae
desuper induces atgue una nocte probabis.
Hyblaei mellis sucus cum felle caprino
subveniunt oculis dira caligine pressis.
Vettonicae mansus siccabit lumina sucus.
Si tenebras oculis obducit pigra senectus,
expressae marathro guttae cum melle liquenti
detergere malum poterunt vel vulturis atri
fella, chelidonio fuerint quae gramine mixta.
Haec etiam annosis poterunt succurrere morbis:
fel quoque de gallo mollitum simplice lympha
exacuit puros dempta caligine visus,
sive columbarum fimus [ad] miscetur aceto,
seu fel perdicis parili cum pondere mellis.
Vina chelidoniae simili ratione iugantur
efficiuntque suo praeclaros unguine visus,
aspera quin etiam mulcent et rupta reducunt.
Si genus est morbi, miserum quod lumen adurit,
hic calor infuso mitescit lacte canino.
Si tumor insolitus typho se tollet inani,
turgentes oculos vili circumline caeno.
Anguibus ereptos adipes aerugine misce:
hi poterunt ruptas oculorum iungere partes.
Si vero horrendum ducent glaucomata plumbum,
spiritus alterius prodest, qui grana cumini
pallentis mandens visus exalat in ipsos.
[COME GUARIRE I PATIMENTI DI OCCHI E VISTA/
E bene supremo dell'uomo il possedere occhi vivaci collocati da madre natura a custodia e difesa dai perigli, ben sistemati però a riparo dalle offese dall'alto e protetti nella loro delicatezza dal velo sovraciliare. Ma se un dolore casualmente interviene nella loror afflizione, durante la notte, conviene sempre sistemare su essi una benda di lana bagnata d'olio e recare su di sè l'occhio benefico di gambero vivo a guisa di talismano. Altrimenti si potranno applicare sull'orbita della cenere di foglie di cavolo con incenso sbriciolato, vino e latte di capra partoriente: già in una notte soltanto si potranno constatare i pregi di questa terapia. Il miele ibleo con bile caprina potrà convenire agli occhi crudelmente offuscati. Succo d'erba betonica assunta per bocca seccherà gli occhi.
Quando la fastidiosa vecchiaia ottenebra la vista, il buio verrà
dissipato in forza d'una mistura di gocce spremute dal finocchio con miele liquido oppure dalla bile di tetro avvoltoio mescolata a foglie di celidonia. Ma esistono pure altri preparati per alleviare i disturbi cronici degli occhi: bile di gallo
temprata nell'acqua pura acuisce la vista sperdendone l'oscurità e parimenti giovano il guano di piccioni sciolto in aceto come la bile di pernice in pari peso col miele. Esiste un balsamo di vino e celidonia che ridona la purezza visiva, mitiga le rugosità e guarisce certe ulcerazioni. Nella grave patologia che comporta estremi bruciori la flogosi degli occhi si calma con instillazioni di latte canino. Infine quando si presenti uno strano rigonfiamento di consistenza molle è opportuno inumidire le parti usando del semplice fango. Una mistura di grasso di serpe e ruggine è poi in grado di sanare le lacerazioni oculari.
Ma quando il glaucoma stende l'orribile plumbeo conviene avvalersi dell'ausilio di qualcuno che masticando semi di comino, la pianta che induce pallore, aliti sugli occhi colpiti dal male.]
XIV. DENTIUM VITIO ET ORIS FETORI MEDENDO
Haud facile est acrem dentis tolerare laborem:
quo magis est aequum medicam pernoscere curam.
Cum Baccho violas incoxeris, ore teneto.
Mansus item prodest sucis oleaster acerbis:
hinc oscedo fugit, linguae quoque vulnera cedunt.
Cum vino piper et nitro tepidUm inde dolenti.
Saepe chelidoniae suco vel Iacte capellae
sanescunt dentes, aut tauri felle iuvantur.
Aut acidi latices clauso volvuntur in ore.
Manditur apta rubus gingivis et bona labris.
Lentiscus myrtusque emendant oris odorem.
Quod vero assumpsit nomen de dente fricando,
cervino ex cornu cinis est, aut ungula porcae
torrida, vel cinis ex ovis, sed non sine vino,
muricis aut tosti vel bulbi extincta favilla.
Ambitiosa putas? Sunt ista salubria cunctis.
Exesos autem dentes si forte quereris,
ure fimum muris, patulis et hiatibus adde;
vel cinerem dentis cervini extinguere aceto
convenit atque cavis immittere partibus apte.
Prodest et pulvis lumbrici corpore tosto.
Ora ambusta cibo sanabis lacte canino.
Saepe etiam gelida gingivas collue lympha,
dentibus ut firmum possis servare vigorem.
Si vero infandum proserpit ad intima vulnus,
permisceto salem parili cum pondere turis:
hinc tractato locum: miram experiere medelam.
Aut tu sume pilam, quae caudis haeret ovinis:
haec siccata dabit molles et fracta farinas,
huius et atritu taetrum mulcebitur ulcus.
[TERAPIA DEL MAL DI DENTI E DELL'ALITOSI/
Non è facile sopportare il mal di denti e per questo vale ancor di più conoscerne la terapia. Si può tenere in bocca decotto di viole con vino ma conviene anche masticare l'olivo selvatico dal succo acerbo, operazione che permette di guarire l'afta e le ferite della lingua. Altra cura risiede nel porre sul dente che fa male del pepe dolce con vino e nitro. I denti spesso cessano di dolere per effetto di succo di celidonia o tramite latte di capra oppure con bile di toro od ancora risciacquando la bocca per mezzo dell’ aceto. Alla salute delle gengive e delle s’addice il masticare foglie di rovo. Mirto e lentisco dissipano l’alito sgradevole. Ciò che ha tratto nome dalla funzione di spazzolare i denti è costituito da cenere di corna di cervo o da zoccolo
bruciato di scrofa o dalla cenere di guscio d'uovo mescolata con il vino, oppure dal murice tostato o dalla cenere di cipolla spenta.
Qualcuno pensa che nomino rimedi di difficile composizione? Basti obiettare che sono salutari per tutti! Se il male è invece addotto da denti rovinati dalla carie si dovrà bruciare sterco murino e con tal preparato riempire
cavità e fessure; in alternativa non è affatto da spregiare l’uso di spegnere in aceto la cenere di dente di cervo sì da otturare tramite essa, con precisone, le cavità. Talvolta conviene la cenere di lombrico tostato. Le ustioni causate alla bocca da alimenti meglio invece si
guariranno con latte di cagna. Invece per mantenere la solidità dentale è utile trattare periodicamente le gengive con acqua gelida. Se invece si individua una brutta lesione verso il fondo del cavo orale sarà bene intervenire applicandovi un composto di pari dosi di sale ed incenso: sorprenderanno i risultati di questo trattamento.
L’ulcerazione potrà comunque essere mitigata frizionando colla polvere sottile ottenuta da una pallina pendente dalla coda delle pecore una volta che è stata seccata e ben tritata.]
XV. UVAE, FAUCIBVS, COLLO
ET QUAE MOLLIENDA SUNT MEDENDIS
Aegrescunt tenerae fauces CUM frigoris atri
vis subiit, vel cum ventis agitabilis aer
vertitur atque ipsas flatus gravis inficit undas
vel rabidus clamor fracto cum forte sonore
plenum radit iter. Sic est Hortensius olim
absumptus; causis etenim confectus agendis
obticuit cum vox domino vivente periret
et nondum extincti moreretur lingua diserti.
Ergo omni studio quaeres inhibere dolorem.
Simplicibus lymphis confunditur aerium mel,
additur excussus nivea similagine furfur:
decocta haec clauso simul exercentur in ore.
Praeterea fauces extrinsecus unguere prodest
ursino et tauri sevo cerisque remissis,
omnia quae geminis acquabis lancibus ante.
Disce etiam miram ex humili medicamine curam.
Attiaco melli iunges agreste papaver
decoctumque simul mandes mansumque vorabis.
Crinitae porri radices quinque coquantur,
hinc aqua non fervens volvatur fauce sonora
nec tamen in stomachum descendat gutta patentem.
Si vero adflictam languor deiecerit uvam,
tunc horas aliquot pronus recubare memento;
aut illam pulvis tosti relevabit anethi
aut cinis ex coclea vel torrida brassica flammis.
Angina** vero mixtum sale poscit acetum,
quod refert clauso versatum agitare palato.
At si cervices durataque colla rigebunt,
mira loquor, geminus mulcebitur unguine poples:
hinc longum per iter nervos medicina sequetur;
anseris aut pingui torpentia colla fovebis.
Inditur et valido multum lens cocta in aceto
aut caprae fimus ex bulbo aut cervina medulla:
Hoc etiam immotos flectes medicamine nervos.
Quos autem vocitant toles, attingere dextra
Dabebis, qua gryllus erit pressante peremptus.
[LE CURE PER L’UGOLA, LA GOLA ED IL COLLO/
La gola delicata si ammala quando la violenza del freddo aggredisce o comunque allorché l'aria lieve si trasforma in vento dalle sferzate che agitano le acque: il danno si manifesta parimenti quando infuriato clamore flagella
il percorso della voce e la impregna di suoni laceranti. In tal modo un giorno Ortensio durante requisitoriadicolpo si fece mutolo, e spentasi la voce mentre lui, oratore, ancora era vivo ne svaniva la lingua. In tale accidente si deve subito calmare il dolore e per ottenere questo risultato si deve miscelare acqua pura, miele aereo, crusca residua del bianco fiore di farina: una volta bollito tal composto sarà bene con esso risciacquare la bocca. Si consiglia pure di ungere dal di fuori la gola con grasso d'orso e di toro e cera liquida, in dosi eguali pesate sulla bilancia. E’ opportuno apprendere l’uso di questo semplice medicamento: lo si ottiene facendo bollire papavero selvatico conmiele d'Attia e la cura consiste nel masticare e deglutire il balsamo. Si possono pure mettere a cottura cinque radici crinite di porro e poi con l'acqua tiepida della cottura fare dei gargarismi stando però attenti che nemmeno una goccia entri nell’esofago. Se l'ugola debilitata si affloscia è prima di tutto necessario lasciarla per un po’ a riposo; successivamente le sarà di giovamento l’uso della polvere di aneto tostato oppure la cenere di guscio di lumaca od ancora quella di cavolo torrefatto al fuoco. L'angina necessita di gargarismi con miscela di aceto e sale. Nel caso invece di un irrigidimento doloroso
cervico-nucale suggerisco un espediente curativo che può sorprendere: quello di massaggiare con del grasso le ginocchia. Tale lenitivo da qui seguendo un lungo tragitto per il corpo raggiungerà con vantaggio i nervi bloccati.
Si può altrimenti massaggiare il collo dolente con grasso d'oca. Ma si possono citare altri mezzi curativi onde sbloccare i nervi irrigiditi: per esempio saranno utili le applicazioni di lenticchie cotte in aceto molto forte oppure lo sterco di capra mescolato con cipolla o con del midollo di cervo. Nel caso quindi che sian le tonsille a patire un espediente di non poco conto è quello di toccarle con la mano destra, dopo che con questa si sia schiacciato od ucciso un grillo.]
XVI. TUSSI ET CHOLERTBUS SEDANDIS
Noxia si cholerum penitus suevire venena
perspicies, cocta lactucae fronde levabis,
proderit et caules adsumere saepe madentes.
Interdum fauces tussi quatiuntur atroci:
alia tum sumis decocta et melle peruncta,
semina vel raphani permixto dulcia melle.
Aut si fraxinea semen de fronde revellis,
interiora vora, vetitus contingere dente.
Ovum melle teres domitum ferventibus undis
marrubiumve potens: haec faucibus optima sumes
frenabisque gravem facili medicamine tussim.
[CURA DELLA TOSSE E DEI RIGURGITI DT BILE/
Se si considera che la tossicità della bile possa danneggiare l'organismo, la si curerà con foglie di lattuga cotte; converrà pure assumere di frequente steli madidi d'acqua. Per la tosse che non concede trega e che irrita talora la gola si può mangiare aglio bollito unto di miele o semi di rafano addolciti con miele. E’ anche lecito raccogliere nel fogliame semi di frassino, inghiottirne le mandorle senza masticarle. E’ anche utile frantumare nel miele od un uovo rassodato in acqua bollente oppure il forte marrubio [pianta medicinale anticamente usata per le qualità espettoranti e la tosse oltre che per certe forme di dolore ai fianchi): si prendano per via orale queste sostanze e la tosse fastidiosa verrà facilmente sedata].
XVII. STOMACHO ET DIGESTTONI
Qui stomachum regem totius corporis esse
contendunt, vera niti ratione videntur.
Huius enim validus firmat tenor omnia membra
aut contra eiusdem franguntur cuncta dolore.
Quin etiam, nisi cura iuvat, vitiare cerebrum
fertur et integros illinc avertere sensus.
Lactucae semen nigrae, quod lignea pila triverit,
admixto ieiunus sumito melle;
sed coclear trinum gustu tibi sufficit uno.
Aut tritum semen raphani mulsumque iuvabit;
sive duae partes apsinthi ac tertia rutae
decoctis potantur aquis siliquaeque madentes,
semina vel marathri fetue cum lacte capellae;
puleium quoque decoctum curabit amice.
Et potu et fotu stomacho conducit acetum.
Seu cocleas undis calefactas ac prope victas
suppositis torre prunls vluoque garoque
perfusas cape: sed prodest magis esse marinas.
At male digestis si crapula sueviet escis,
ex pipere et calida florem de rore marino
ebibe; seu salibus piper adde et tenue cuminum,
quae coctis iunges epulis ac rapta vorabis.
Aut cubitum pergens sucum cape tristis aceti.
Ventriculus mergi tactus sale theriacusque
tosto pane super, piperis quoque pulvere multo
.
miscetur: capies dvinum munus in istis.
Proderit hoc stomacho, victas et concoquet escas:
grana peregrini piperis diffindito quinque,
Nicolao molli quae mane inserta capesses.
[ TERAPIA DELL’APPARATO GASTRICO E DELLA DIGESTIONE/
Par davvero che abbiano ragione quanti eleggono lo stomaco a centro di tutte le funzioni organiche. Infatti mentre funziona bene rafforza tutti gli organi ma allorché invece patisce si debilitano un poco tutti. Non manca chi sostiene che se per tempo non si argina il suo patimento ne viene a soffrire il cervello di modo che si deteriora tutta l'armonia mentale. Per evitare ciò conviene assumere a digiuno seme di lattuga nera tritato in mortaio di legno aggiunto a miele in dose di tre cucchiai per volta.
Saranno parimenti utili anche il seme di rafano tritato e mellito o decotto in acqua di due parti di assenzio e una terza di ruta ed il fieno greco stemperato o semi di finocchio con latte di capra puerpera: un qualche miglioramento sarà pure conferito dal puleggio bollito. Allo stomaco fa bene sempre l’aceto sia che venga assunto per bocca che per fomenti. Altrimenti si possono riscaldare in acqua sin quasi alla cottura delle lumache per poi poi dorarle sulle brace e successivamente assumerle
Dopo averle spruzzate con vino e garum: si tenga però conto che son sempre da preferirsi quelle. Nella indigestione da imbarazzo e nella crapula alimentare è opportuno bere infuso in acqua calda il fiore di rosmarino con pepe ma non meno giova una miscela di sale, pepe e delicato comino da aggiungere a cibi cotti e da ingoiare. Poco prima di mettersi dormire è anche lecito assumere la bevanda dell'aspro aceto. :Alcuni ritengono un medicamento pari ad un dono divino quello che s’ottiene dal condimento dello lo stomaco d'uno smergo con sale e teriaco poi ricoperto di pane tostato e finalmente cosparso di pepe assolutamente polverizzato. Altro espediente curativo che beneficerà lo stomaco e agevolerà di molta la funzione digestiva sarà poi quello di ingerire al mattino cinque grani di pepe esotico spaccati in due, incorporati in molle dattero di Nicolao.]
XVIII. FELLI, VOMITU ET PTHISI
Lutea si crescent et cunctis noxia fella,
alia parva novem, piperis tot permole grana,
quae cyatho diluta gari mandesque bibesque:
haec iterum septena capis, post denique quina.
Praeterea caules, si frondet passa, sabuci
decoctos sale permisces ac spargis olivo:
tum capis ac tali auxilio fella horrida purgas.
Prosunt et pelagi latices, quos pondere iusto
dulcibus adsocias lymphis mellique liquenti.
Et niveus prodest ex ubere sucus asellae,
si tepido vinum infundas ac mella piperque.
At vomitum radix narcissi pota movebit.
Si vero pthisis annoso sedet improba morbo,
intritas vino cocleas hausisse iuvatit.
Proderit et veteris sevi pila sumpta suilli,
quo scaputas quoque perducit medicina salubris.
[BILE, EMESI E TISI/
Quando eccessiva è la secrezione di bile giallo oro per tutti perniciosa, bisogna diluire in un bicchiere di garo nove spicchetti d'aglio e nove grani di pepe ben triti e deglutire il tutto ancora mezzo denso; poi occorre riprenderne in dose di sette e quindi di cinque. Inoltre fa bene mescolare con sale e spruzzare con olio rami, quando avvizziti frondeggiano, di sambuco: una volta mangiati mangiarli faranno sì che la perniciosa bile si dissolva. E’ parimenti utileanche l'acqua di mare miscelata a quella dolce in parti eguali ed entrambe congiunte al miele liquido;: ma non sarà affatto inutile per queste terapiecome il candido e tiepido latte di asinella con vino, miele e pepe. Tale bevanda, invece, con radice di narciso, risulterà emetica. Nel caso che diventi cronica la tisi bisognerà invece assumere delle lumache frantumate nel vino. E non sarà affatto male prendere una pallina di vecchio grasso suino, con la quale, medicina salutare, si possono pure ungere le spalle.]
XIX. MAMMIS SANANDIS VEL STRINGENDIS
Ubera fecundo valde lactentia suco
saepe sibi noxae nimium manando fuerunt:
faece igitur valida saevi reprimentur aceti.
Post partum tumidas iniuste adsurgere mammas
interdum aspicies: harum mala commemoratur
murinum fimus ex pluvio sedare liquore.
Sin autem clausas penitus dolor angit acerbus,
lumbricis terrae turgentes ungue corymbos.
Si castigatas studium est praestare papillas,
ex hedera sertis ambas redimire memento,
protinus et raptas fumis mandare coronas;
anseris aut sevum pariter cum lacte tepenti
aut ovum inlinito, tulerit quod garrula perdix.
Praeterea pluvio decocta papavera rore
haerescant, multis post absolvenda diebus.
Vis et Phoebigenae caelestia sumere dona,
ubera cum taetris laniata doloribus horrent?
Navis ramentum et quae nomine prasion herba est
et quae vulgari sermone insana vocatur
(graecus hyoscyamon propria scit dicere lingua)
nec non et calami radix lapathique legumen
mixta dabunt miras, experto crede, medelas.
[ TERAPIA DELLA CONTRAZIONE MAMMARIA/
Alle mammelle dalla consistente secrezione di latte spesso fa male l’eccesso di effluvio lo si controlla con attiva feccia di acre aceto. Talora nella puerpera si nota un anomalo aumento delle mammelle già gonfie: è abbastanza noto che si è in grado di ridurre tale turgore con applicazioni di sterco
murino stemperato in acqua piovana. Nel caso poi che qualche blocco interno sia causa d’ acuto dolore si possono frizionare i pregni capezzoli con lombrichi. Se si vuole mantenere la delicatezza dei seni va rammentata la pratica antica di cerchiarli con ghirlande d'edera che appena asportate son da esporre al fumo. Oppure possono essere spalmati con grasso d'oca e latte tiepido in parti uguali od altrimenti con uovo di pernice garrula. Porre in loco inoltre papaveri bolliti in acqua piovana e levarli solo dopo che siano trascorsi parecchi giorni. Se ci si affida invece ai divini suggerimenti del figlio di Apollo per guarire mammelle tese e dilaniate da lancinanti dolori è doveroso mescolare raschiatura di nave, la pianta del marrobio e quella che nella nostra lingua s’appella insana, ma che un greco nel proprio idioma meglio direbbe hyosciamon, ed altresì la radice di canna e il frutto della pazienza (un baccello contenente dei semi): simile composto, l’ho esperimentato proprio io, si rivela in genere una medicina di sorprendente efficacia.]
XX. REIECTIONI CIBI AUT SANGUINIS ABSTINENDAE
Si stomachus nondum concoctas expuit escas
et magis atgue magis vitium recolendo valescit.
Alia caedemus crebrumque trahemus odorem.
Sin etiam rutilus referetur pectore sanguis.
Sorbitio mentae, raphanus vel cocta iuvabit.
Saepe lapis teritur (specularem nomine dicunt)
et mixtis hauritur aquis sistitque cruorem.
Uritur interdum raptus de subere cortex,
et cinis ex calido prodest epota Lyaeo;
ovorum cinis aut coclearum aut denique melis
aut cinis ex salicum ramis prodesse putatur:
aut platani pilulas acri infundemus aceto:
nullus erit sanguis, quem non cibus iste moretur.
[CURA DEL RIGETTO DI ALIMENTI E DI SANGUE/
Può accadere che lo stomaco rigurgiti cibi mal digeriti e che il fenomeno, fattosi recidivo, s'aggravi cronicizzandosi. Per rimediare a simile patologia si può tagliare dell’aglio ed inspirarne spesso l'odore. Nella emissione orale di sangue rutilante converrà piuttosto un infuso di menta o di rafano cotto. E’ pure che una bevanda d'acqua mista alla pietra detta specolare (lapis specolaris: selenite trasparente o mica, ma anche talco cui sin all’età medievale si attribuirono qualità antiemorragiche) frantumata arresta l'emorragia. Buoni risultati si conseguono talvolta assumendo una bevanda di vino caldo con la cenere di corteccia strappata e bruciata della pianta del sughero. Si ritiene pure efficace la cenere di guscio d'uovo e di lumache come anche quella del tasso o dei rami del salice. Si può anche ricorrere all’uso di palline di platano poste in aceto forte: siffatto medicamento assunto per bocca concorre ad arrestare qualsiasi effluvio di sangue.]
XXI. IECORIS ET LATERIS VITIIS MEDENDIS
Si mollis iecoris fibras dolor angit acerbus,
protinus ex mulsa potanda elelisphacus herba est,
sumitur aut semen, quod fraxinus alta profudit.
Vulturiive iecur vel ius perdicis apricae.
Praeterea simili dragma pix dura piperque
franguntur; sic in mollito pulvere iuncta
egelidis miscentur aquis recreantque bibentem.
Apsinthi quoque decocti potabitur umor.
Si latus immeritum morbo temptatur acuto,
accensum tingues lapidem stridentibus undis,
hinc bibis; aut aceris radicem tundis et una
cum vino capis: hoc praesens medicamen habetur.
Quid referam multis conposta Philonia rebus,
quid loquar antidotos varias? dis ista requirat,
at nos pauperibus praecepta dicamus amica.
Nec non et iecoris quaeretur fibra lupini
iungeturque simul costum foliumque piperque;
diluta quae duro dantur potanda Lyaeo.
Est et vis morbi, quod telum commemoratur,
cum subito dolor insanus furit incitus ictu:
Persicus huic potum e nucleo dabit interiore;
quae mihi cura satis casu monstrante probata est.
[TERAPIA DELLA PATOLOGIA EPATICA E DEI FlANCHI/
Alla comparsa d'un dolore acuto del parenchima epatico bere subito una emulsione melata di salvia o prendere i semi profusi dall'alto frassino o un fegato d'avvoltoio o brodo di solare pernice. Inoltre polverizzare pece solida e pepe, una dracma perognuno, mescolare in acqua gelida e la bevanda rinvigorirà chi la beve. Si potrà assumere pure un decotto d'assenzio. Nel dolore acerbo del fianco ingerire acqua fatta ribollire da pietra immersa infocata; od altrimenti prendere radice di acero macerata nel vino: questo rimedio è senza dubbio risolutivo. Che dire delle ricette di Filone dai molti costituenti e dei vari antidoti? Se ne interessino i ricchi che han denaro da spendere, qui si diranno le prescrizioni a favore dei poveri [Sembra di cogliere nelle parole di Sammonico una nota di critica verso i medici greci e romani soliti farsi pagare profutamente dai pazienti agiati e trascurare quelli non in grado di pagari le loro prestazioni salatissime.: non si hanno molte notizie su questi Composti di Filone ma sembrano da identificarsi con quelli proposti da un medico Filone pure identificato con il filosofo Filone il Giudeo di Tarso: e doveva godere comunque di grande reputazione se parecchi testi farmaceutici del '600 e del '700 continuarono a riproporre o menzionare la formula detta del PHILONIUM, che poi era un elettuario a base di giusquiamo, papavero, oppio miscelati con varie sostanze aromatiche ed erbe officinali ] . Per noi è giovevole procurarsi un fegato di lupo, aggiungervi costo, foglia di nardo e pepe, stemperare il tutto in vino secco per bevanda. Esiste una affezione violenta detta telum perché caratterizzata dal dolore furioso ed improvviso al pari di un colpo imprevisto: sarà certo utile una pozione estratta dalla mandorla della pesca; la potenza di questa cura l’ho esperimentata direttamente.]
XXII. SPLENI CURANDO
Quando lien tumido circumligat ilia vinclo
et plena splenis demonstrant membra rigorem,
mollibus ex hederae tornantur pocula lignis:
hinc trahet adsuetos aeger quoscunque liquores.
Aut viridis coctorum holerum potabitur unda.
Proderit exsucto fluvialis hirudo cruore,
sive myrica potens seu ros cum pane marinus,
aut hederae sucus potu apposituque iuvabit.
Nec non intactam ferro quam videris alnum,
huic liber eripitur ferro sine decoquiturque,
donec victarum pars tertia subsit aquarum:
hinc medico potu pulsus dolor omnis abibit.
Nonnulli memorant consumi posse lienem
si qui ervum semper ieiuno sumpserit ore.
Arida ficus item fervente domatur aceto
et trita inlinitur, vel splen apponitur haedi.
Marrubium in vino potum prodesse loquuntur.
Praeterea piper ac nepete cum flore et anethum
Nicolausque, apio ac boletus inngitur una:
horum decoctos latices potare salubre est.
Puleium, abrotonum nitida cum mastice coctum
ac thymbrae speciem, quam commemorant cephaloten.
Praedixit spleni deus Idae posse mederi.
Dulcia Plautus ait grandi minus apta lieni.
Splen tumidus nocet et risum tamen addit ineptum,
ut mihi Sardonicis videatur proximus herbis,
inrita quae miseris permiscent gaudia fatis.
Dicitur exsectus faciles auferre cachinnos
perpetuoque aevo frontem praestare severam.
[CURA DELLE AFFEZIONI DELLA MILZA/
Quando una splenomegalia [gonfiore patologico della milza] avvolge il fianco e lo tende e le zone occupate presentano la dura consistenza alienale [riguarda la durezza della milza alla palpazione] , vengano preparate coppe di tenero legno d'edera usabili dal paziente per le usuali bevande.
O assumerà l'acqua verde di verdure cotte. Salassi giovevoli effettueranno la sanguisuga fluviale o il forte tamarisco o il rosmarino con pane; non mancherà d’essere utile anche il succo d'edera usato sia come topico che in bevande. Trovato un ontano rispettato dalla lama, bisogna staccarne la corteccia senza usare strumenti di metallo e quindi bollirla sino ad un terzo d'acqua residua. La pozione farà svanire il dolore. Alcuni dicono che la splenomegalia regredisca pure tramite reiterate ingestioni a stomaco vuoto di lenticchie o che possa trarre giovamento per via di linimento con fico secco, bollito in aceto e tritato od ancora con un uso di milza di capretto applicata nella zona afflitta. E’ conosciuta la validità del marrobio nel vino ma giova anche un composto di pepe, nepitella con fiore, aneto, dattero, apio e boleto: il loro decotto risulta una bevanda davvero efficace. Il dio dell'Ida ha quindi resa nota la possibilità di sanare la splenopatia [ affezione della milza ].
in forza del puleggio, dell'abrotano cotto col terso mastice e della varietà di timbra solitamente nominata cephalotes. Plauto afferma poi che i dolciumi sono inefficaci contro la splenomegalia [ aumento di volume della milza, che puªo essere congenito oppure essere acquisito in concomitanza con alterazioni della struttura o, anche, di una o piªu funzioni dell'organo stesso ].
: l'intumescenza alienale [sinonimo di splenomegalia: rigonfiamento della milza] è dannosa e causa un riso strano che rammentoquello provocato dalla pianta sardonica capace di far convivere riso inconsulto a destini infausti. Si dice che la splenectomia [asportazione chirurgica della milza] elimini l'istinto al buonumore e garantisca per il resto dei giorni da vivere una facies sempre severa].
XXIII. PRAECORDIIS SANANDIS
Languida si duro turgent praecordia morbo,
miscetur mulsae farris sextarius undae
nec non et lini tunsum siliquacque legumen:
haec decocta simul nondumque tepentia nectes.
Aut quae poma Cydon Cretueis misit ab oris
cocta lines, durum ut possis mollire tumorem.
Ocima praeterea bulbive linuntur amari.
Proderit et lymphis corpus mersare marinis.
Quin etiam catulum lactantem adponere membris
convenit: omne malum transcurrere fertur in illum;
cui tamen extincto munus debetur humandi.
Humanos quoque contactus mala tanta sequuntur
et iunctus vitium ducit de coniuge coniux.
Quod superest styraci iunges ramenta carinae
quodque decem ex rebus confit simul atque vocatur,
masticis addentur fractae iam mollia farra:
talibus auxiliis praecordia fota resident.
[XXIII. CURA DEGLI ORGANI EPIGASTRICI/
Se indeboliti gli organi epigastrici s'ingrossano per qualche seria affezione, conviene miscelare con acqua melata un sestario di farina ed anche lino frantumato e semi di fieno greco: occorre poi bollire l'insieme e porlo sulla parte affetta ancora caldo. E’ utile pure cuocere le mele che Cidonia c'invia dalle coste cretesi e deporle nella sede della dura tumefazione cercando di rammollirla. Si può pure spalmare del basilico o dei bulbi amari come parimenti gioverà immergere l’ammalato in acqua marina od in alternativa mettere sulle parti affette un cagnolino poppante: si dice che abbia la qualità di attirare su di sè tutto il male e che quindi alla morte abbia giusto diritto ad una sepoltura. Queste gravi
Queste malattie indubbiamente serie si trasmettono pure per contagio
fra gli uamini, di maniera che in particolare si trasmettono fra i coniugi quando essi si uniscono. Non disdice la cura che insegna ad aggiungere alla schiuma di stirace la raschiatura di barca e quel preparato che deve il nome ai suoi dieci componenti [forse il decamiron così nominato da dieci diverse sostanze aromatiche e di cui hanno fatto menzione Oribasio, Aezio e Paolo d’Egina]
insieme a mastice polverizzato: sembra che il precordio si afflosci aggredito da simile composto].
XXIV. LUMBIS ET RENIBUS SANANDIS
Cum saevit penitus haerens iniuria lumbis,
igne lapis candens datur exultantibus undis:
hoc poteris potu tristem superare dolorem.
Aut pice cum molli nitrum sulphurque et acetum
sucida lana rapit contacta calentibus isdem:
proderit hanc aegris crebro perducere membris.
Aut caput asparagi cum vino sume vetusto
seu mavis adpone: modus conducit uterque.
Aut adipe immixtum lumbis inducito sulphur.
Sacge chelidoniam cum suco Palladis addes
farraque quae tremulis prosunt sudantia flammis.
Fertur amygdalinae sucus nucis esse bibendus:
pinsitur haec tepidoque absorbitur indita fonti.
Aut tres ex vino cocleas fervescere coges
cumque suis domibus franges; piperis quoque grana
ter quina adicies potuque iuvaberis illo.
Furfur item parca fuerit cum fervidus unda,
post oleo madidus saccis immittitur aptis,
quos vix passuris urentes addito membris.
Prodest cervinae violens natura medullae.
Nec nocuit ciceris cocti potasse liquorem;
aut mixtam teneris madidamque elelisphacon undis
contere tumque simul cum mastice confer anethum
quodque decem ex rebus componi - - nomine clarum:
his continge locum: deus haec mihi certa probavit.
[ CURA DEL MAL DI LOMBI E DI RENI/
Quando un dolore acuto aggredisce la zona lombare, è utile gettare una pietra surriscaldata al fuoco nell'acqua che prenderà a bollire e tramite essa, una volta bevuta, si potrà spegnere quel bruciante dolore che flagella il corpo. Lana non purgata, zuppa di pece liquida, che si impregna a contatto di sostanze riscaldate come nitro zolfo ed aceto, applicata per via di ripetuti fomenti nelle sedi ammalate conferirà
dei buoni risultati. Si potrà anche ingerire o porre in loco, secondo le preferenze personali, una testa di asparago con del vino vecchio: in entrambi i casi si proverà sollievo. Esiste anche l’espediente dispalmare i lombi con un composto di grasso e zolfo. Ma di frequente risulta efficace anche l'impiego d’olio d’oliva, celidonia e grani di frumento fatti trasudare davanti alle fiamme serpeggianti. Si può anche far bere latte di mandorle: bisogna pestarle ben bene e quindi deglutirle con acqua tiepida. Sarà pure di utilità terapeutica una bevanda composta di tre lumache bollite nel vino e frantumate col proprio guscio insieme a quindici grani di pepe. Si può anche introdurre della crusca bollita in poca acqua e poi impregnata d'olio in sacche adatte da porre nella zona interessata, calde ai limiti di sopportazione. Giovano parimenti le notevoli proprietà del midollo di cervo e conviene parimenti bere del succo di cece cotto. Nemmeno è disdicevole applicare in loco questo composto: salvia bagnata mescolata in acqua dolce, aneto frantumato insieme a del mastice ed a quel preparato che deriva chiaramente il nome dai suoi dieci costituenti; lo stesso dio mi ha dato certezza sull’efficacia di questa cura.]
XXV. VENTRIS DOLORI MITIGANDO
Si dolor insanus tota desaevit in alvo,
heminis tribus in lymphae validam coque rutam
atque apium, donec duplex pars desit aquarum:
potus erit medicus non detractante palato.
Praeterea nivei sterilis testa uritur ovi;
quae postquam in taetram fuerit conversa favillam,
ex calidis potatur aquis et pota medetur.
Nec non inugenda est utero nova virga myricae:
inlaesa haec ferro terraque intacta geratur.
Aut medio ventris prodest aspargere terram,
quam signaverunt vestigia pressa rotarum.
Proderit et pulvis facili sub cardine raptus.
Quin etiam ex lymphis tritum potare cuminum
conveniet, quod lam nobis documenta probarunt.
Menta quoque hoc pacto medicos dabit hausta sapores.
Coeliacos autem recreabis pane salubri,
quem madido farre efficies ac mollibus ovis,
quorum testa fero prius evanescat aceto.
Refert et teretes bulbos mollire terendo
cumque his Lenaci durum potare fluentum.
[CURE DEL MAL DI PANCIA/
Quando un grave dolore affligge il ventre si può assumere questa bevanda salutare e non cattiva al gusto: la forte ruta e l'appio bolliti in tre emine (misura romana) d'acqua sino alla consunzione dei due terzi del liquido. Sarà idonea a guarire anche una bevanda d'acqua calda in cui si sia disciolta la cenere scura del guscio bruciato d'un candido uovo. Si può altrimenti legare al ventre un verde ramoscello di tamarisco da portare a meno che non sia stato toccato da lama e dal terreno. E’ pure utile sistemare sul medio addome o della terra segnata da impronte di ruote o come anche della polvere raccolta sotto il cardine in continuo movimento. Per quanto ho esperimentato non manca di sanare una pozione di comino tritato in acqua: e così pure la menta preparata in pari maniera dimostrerà in merito delle qualità terapeutiche. Anche i malati celiaci (soprattutto bambini, con diarrea, meteorismo e generale indebolimento) sono recuperabili con una dieta di pane confezionato tramite farina stemperata in acqua e uova morbide coi gusci fatti squagliare in aceto molto forte. E’ anche buona cosa rammollire tonde cipolle già tritate e quindi assumerle con del vino secco.]
XXVI. HYDROPI DEPELLENDAE
Corrupti iecoris vitio vel splenis acerbus
crescit hydrops aut cum siccatae febre medullae
atque avidae fauces gelidum traxere liquorem.
Tum lympha interius vitio gliscente tumescit
secernens miseram proprio de viscere pellem.
Conveniet tenerae radix decocta sabuci
in geminis calidi cyathis potanda Lyaei.
Fraxineum semen cum Bacchi rore bibendum est.
Nec non adposito curantur dropace membra,
qui subito raptos ventos sucosque [mire] revellit.
Nec non in tepidis convolves corpus harenis.
Adposituque leves nepetae gustuque iuvabunt.
Saepe et scillino pelluntur noxia Baccho.
Elleboro bene purgatur lymphaticus error.
Aut huius vice sementis scopulosa genestae
miscetur mulsis et cautis ducitur undis.
Est qui praevalidum fricto sale miscet acetum
atque olei suco, refricatque albentia membra
aut calido filicis radicem mollit Iaccho,
untguine quo frangit vires languoris aquosi.
[CURA DELL’IDROPISIA/
La tormentante penosa idropisia (dal lat. hydropisis, presenza di liquido nel tessuto sottocutaneo e nella cavità peritoneale) si sviluppa per un'alterazione epatica o della milza splenica oppure per febbre che ha inaridito il midollo od ancora a causa di bevande molto fredde assunte di colpo tramite gola. A causa della patologia che fa gonfiare l'acqua s'accumula all'interno dividendo la povera pelle dagli organi interni. Giova quindi bere in due bicchieri di vino caldo la radice bollita del delicato sambuco. Si può altrimenti assumere del seme di frassino con vino e quindi sul ventre sistemare dell’ unguento dropace (un impiastro di pece con qualità sedative, rubefacenti e depilatorie) che ha la proprietà di stornare sia i gas che il siero. Si consiglia pure di rotolare il corpo in sabbie tiepide. Anche le fragili nepitelle saranno utili sia se prese per bocca che applicate per via topica. Anche al vino di scilla s’attribuisce il potere d’eliminare questo male. La massa del siero potrà eliminarsi in forza dell’elleboro od anche col seme della ginestra, che si allaccia alle rupi, purché misto con acqua melata e bevuto a piccoli sorsi. Qualcuno mescola pure sale tostato con aceto forte ed olio e suole frizionare le membra biancastre oppure cerca d’arrestare blocca l’espansione dell’idropisia con unguento di radice di felce macerata in vino caldo]
XXVII. VENTRI MOLLIENDO
Saepe cibi specie, vitio vel corporis ipso
potibus aut duris restricta morabitur alvus.
Vincetur talis mora gramine Mercuriali,
cuius aquam cocti minimo cum melle bibemus.
Prunaque conveniunt, quae mittit clara Damascus.
Multos praeterea medici componere sucos
adsuerunt; pretiosa tamen cum veneris emptum,
falleris frustraque immensa nomismata fundes.
Quin age et in tenui certam cognosce salutem.
Aut igitur tectum lana supponis alumen
aut edis in patinis tenerae decocta sabuci
vel cum lacte caprae salsum mulsumque capessis.
Crede tamen potum meliorem lactis equini:
dicitur hic dulces asinae praevincere sucos.
Silvestris fici lacrimam prodesse loquuntur.
Quodque ratis melius verbis dicemus Horati:
« mittulus et viles pellunt obstantia conchae ».
Sed cocleas prius est urtica aut furfure pasci:
purior hinc gustus noxa sine moverit alvum.
Saepe thalassomeli adiecto cumulavimus imbri:
haec purgant, parili fuerint si pondere mixta.
[ PER LIBERARE L’INTESTINO COSTIPATO/
Qualche volta ahitudini alimentari, qualche disfunzione dell'organismo o bevande astringenti bloccano l'intestino. Ma tal malanno si risolverà con decotto melato di marcorella assunto per via orale. Son utili pure le prugne dell'illustre Damasco. I medici poi si prestano a combinare molte pozioni, a torto ritenute preziose e pagate all'acquisto invano con somme favolose. E’ più onesto darsi da fare per ottenere in modo semplice una guarigione sicura. Per esempio può essere bastante mettere una supposta di allume avvolta in lana od usare decotti di tenero sambuco do ancora bere vino melato e salato con latte di capra: Si tenga però conto che quello di giumenta è migliore e che, a parere d’esperti, vince per qualità pure il latte dolce d'asina. Si pensa da molti che in questa patologia sia valida la lagrima del fico selvatico. Valgano anche le parole eccelse di Orazio: “Il mitilo e le umili lumache eliminano gli impedimenti” purché si badi sempre d’aver prima nutrito lumache con ortica e crusca: in tal modo il loro gusto depurato avrà il potere di risolvere senza danno la costipazione intestinale. Per tradizione si è anche usata una bevanda composta d'acqua marina melata ed acqua piovana miscelate in parti uguali sì da estrinsecare una certa energia lassativa.]
XXVIII. SOLUTIONI VENTRIS
ET DYSENTERIAE COMPESCENDAE
Tam varii casus mortalia saecla fatigant,
ut sint diversis obnoxia corpora morbis.
Saepe etenim nimio cursu fluit impetus alvi:
frenatur, mixto cum fervet brassica vino
aut cerasi victum longo iam tempore pomum.
Sucus Aminei cum pane medetur Iacchi
vel bene permixtum calida potatur acetum:
vile quidem facili factu, tamen utile potu.
Si laedent medica data purgatoria dextra,
adiecto piperis medicatur pulvere calda.
Sin autem longo decurrent intima fluxu
atque immane malum multo iam tempore gliscet,
torridus ex vino cortex potabitur ovi.
Ramentum nivei credunt prodesse elephanti.
Arbore Pyramea cortex derepta coquetur
axe sub aetherio, tum nigro mixta Lyaeo
immensum poterit potu retinere fluorem.
Numinis aut iussu cedrini mastice misces
mollitamque picem et rasum de navibus unguen:
languida quo fidens medicamine membra fovebis.
Proderit et pueris, quos dentis origo fatigat,
castaneas coxisse nuces et sorba vetusta
atque apium caulesque, rubus quos fundit acuta:
potio quae fluidam consumpta morabitur alvum.
[CURA DELLA DISSENTERIA/
Accidenti molteplici affliggono l'umanità tali da nuocere ai corpi con patologia contrastante. I1 flusso intestinale si manifesta talora troppo abbondante ed allora lo si regola con mistura di cavolo e vino ribollente oppure con ciliege a lunga essiccazione. Fan guarire pane ben pregno di vino Amino come pure l'aceto ben michiato con acqua calda, bevanda di facile preparazione, ma efficace. Le complicazioni causate dall’abuso di lassativi sono guaribili con pepe in polvere sciolto in acqua calda. Nel caso che le scariche diarroiche siano incontenibili conviene però assumere un guscio incenerito d'uovo nel vino di maniera che il temibile disturbo evolva favorevolmente. Molti si servono poi della raschiatura dell’avorio d'elefante. Una pozione mista di corteccia strappata dalla pianta di Piramo, arsa all'aperto e messa nel si ritiene possa frenare l'eccessiva diarrea. Il Dio ci ha invece insegnato a frizionare con fiducia le regioni affette usando con composto di resina di cedro, pece molle e unguento di raschiatura delle barche. Per l'infanzia, quando l’eruzione dentale disturba in siffatta maniera il fragile intestino, sembra pozione valida da prendere, per arrestare le emissioni diarroiche, un composto di cottura di castagne, sorba conservata, appio e teneri polloni del pungente rovo.]
XXIX. LUMBRICIS ET TAENIIS ASPURGANDIS
Quid non adversum miseris mortalibus addit
natura, interno cum viscere taenia serpens
et lumbricus edax vivant inimica creanti?
Quod genus assiduo laniat praecordia morsu,
saepe etiam scandens oppletis faucibus haeret
obsessasque vias vitae concludit anhelae.
E rgo cinis cornu cervini proderit haustus
vel nepetae tritum ex vino vel lacte capellae;
nec non et sucus medici potatur aceti.
Prodest praeterea cum Baccho Persica frondis.
Democritus memorat mentae conducere potum.
Sumitur abrotonum nec non et vile melanthum.
Alia per sese sanant aut vis coriandri.
Quin et marrubium decoctum haustumque iuvabit.
Puleiumve potens et agreste iugatur anethum:
synthesis haec prodest unda mollita calenti.
[ TERAPIA DELL'INFESTAZIONE DA VERMI E TENIA/
Tanta inimicizia mostra la natura contro i poveri mortali quando permette la convivenza nei loro visceri della tenia
che striscia al pari della serpe e di molti voraci vermi dannosi al loro umano ospite. Questi parassiti con morso costante dilaniano gli organi e spesso risalgono e si fissano alla gola intasandola e occludono d'assedio le vie della vita in affanno. Sarà certamente utile una bevanda di cenere di corno di cervo o di nepitella tritata nel vino od in latte di capra; e pure non risulterà disdicevole bere aceto vero medico fra i medicamenti. Sono pure efficaci le foglie di pesco con vino. Democrito suggerisce invece di bere un infuso di menta. Ma si possono altresì assumere l'abrotano e la comune nigella. L'aglio da solo, come il valido coriandolo, ha la potenza di risanare mentre sarà altrimenti utile un decotto di marrobio. Il forte puleggio e l'aneto campestre
messi insieme e disciolti in acqua calda risulteranno assai efficaci.
XXX. COLO SEDANDO
Cum colum, invisum morbi genus, intima carpit,
mande galeritam volucrem quam nomine dicunt
aut pavidi leporis madefacta coagula pota.
Sive apio nepetas tereti cum mastice iunge
nec non et species ambas halantis anethi,
quarum decoctos patiens haurito liquores.
[ TRATTAMENTO DELL’ ENTEROCOLITE/
Quando l’enterocolite, morbo odioso, piaga i visceri è doveroso mangiare il volatile chiamato galerita o bere il caglio macerato della timida lepre. Non è affatto male miscolare la nepitella con dell’appio tondo e con mastice oppure le due varietà di aneto profumato facendo in modo che il paziente ne beva tutti i decotti.]
XXXI. VESSICAE ET CALCULO PURGANDO
Si cui vessicae tardus cunctabitur umor,
haec mora rumpetur vino pervicta vetusto.
Proderit ex parvis acinos potare sabucis
aut hederae sucum aut lacrimosi trita sinapi.
Nec non resinas ex Oricia terebintho
in speciem erviliae parvos glomerabis in orbes,
quos ternos tepida mixtos;hausisse medela est.
Quondam etiam nimio praeceps urina fluento
inrigat exuvias obscaenoque inficit imbri:
tum leporis cerebrum ex vino potare licebit.
Si dolor internam vessicae concoquet alvum,
subveniet radix frondosae epota cupressi
puleiumve potens domitum ferventibus undis.
Si vero in lapides densus convertitur umor,
qui retinent cursus gemitumque dolore frequentant,
saxifragam seu spongiten succurrere credunt.
Praeterea semen myrti silvestris Iaccho
atque oleo mixtum bibitur, nec desit acetum,
vinaque sumantur fricto condita cumino;
sive palumborum capitur fimus acre ferorum
dulcacidis sparsum sucis trituque solutum;
nec non obscaenus caprae potabitur umor:
obruet hic morbum labefactaque saxa remittet.
[CURA DELLE AFFEZIONI DELLA VESCICA URINARIA/
Quando l'urina fastidiosa ristagna nella vescica il malessere sarà curato bevendo del vino vecchio. Risulterà utile una pozione di bacche del piccolo sambuco o succo d'edera o di quella senape, che stimola la secrezione lacrimale, a patto che sia ben
tritata
Può esser giovevole l’ arrotolare resina di terebinto d'Orico facendone pillole grandi come lenticchia, poi ingerendone tre alla volta con acqua tiepida. Talora nell'incontinenza d'urina il flusso bagna le vesti e le imbratta di umore vergognoso: per evitare ciò si potrà assumere un cervello di lepre nel vino. Qualora il dolore dalla vescica si innervi sin al basso addome sarà valida una bevanda con radice di frondoso cipresso o il potente puleggio bollito in acqua. La sassifraga o la spongite sono invece consigliati quando l'urina produce quella litiasi (presenza, in dotti ghiandolari od organi cavi, di concrezioni da precipitazione e aggregazione di sostanze prima disciolte nei relativi secreti, rappresentate da veri e propri calcoli o da precipitati formati da granuli sabbiosi )
che arresta la minzione e scatena lamenti dolorosi continui. Si può pure prendere del seme di mirto selvatico con vino, olio e aceto o in alternativa del vino con comino macerato abbrustolito oppure l'acre sterco dei pugnaci colombacci intinto in succhi agrodolci soprattutto ben triturato. Alcuni consigliano pure di bere l'urina di capra ritenuta capace di vincere il disturbo e di causare l’espulsione dei calcoli frantumati.
XXXII. CONCEPTIONI ET PARTUI
Inrita coniugii sterilis si munera languent
nec subolis spes est multos iam vana per annos
femineo fiat vitio res necne, silebo:
hoc poterit magni quartus monstrare Lucreti
sed natura tamen medicamine victa potenti
saepe dedit fetus studio curante paratos.
Aut igitur leporis consumit femina vulvam
aut, ovis in stabulis fractas cum ruminat herbas,
pendentem spumam molli deducit ab ore
atque illam meminit mixto potare Falerno.
Mercurialis item capitur communiter herba,
si cubitum noctu coniunx festinat uterque.
Atgue ubi iam certum spondet praegnatio fetum,
ut facili vigeat servata puerpera partu,
dictamnum bibitur, cocleae manduntur edules;
at qui olim menses minus octo moratus in alvo est
inrumpit thalamos et nexus solvit inertes
puleium ex acido bene convenit imbre tepenti
cuius opem veram casus mihi saepe probarunt.
Quin etiam stercus supponunt vulturis atri,
sentiat ut minime partus quam proximus urget.
Ova etiam rutae et fragili miscentur anetho,
quae diluta levi Baccho atque exhausta medentur.
[ FECONDAZIONE E PARTO/
Quando in un’ unione sterile s’inaridisce la passione degli amanti e decaduta è ormai la speranza
Di far figli, si tace se ne sia o meno responsabile la donna: lo potrà mostrare il quarto libro del grande Lucrezio. L'utero però corretto da medicamenti utili ha spesso permesso di far vedere la luce a creature predisposte da cure oculate. La donna mangi una vulva di lepre oppure beva la bava pendente dalla tenera bocca delle pecore, mescolata però e ben badi a ciò, con il vino Falerno, quando quelle nelle stalle ruminano l'erba brucata. All’unisono coniugi assumano anche l'erba mercuriale quando di notte s’accingono ad andare a letto per unirsi nell’amplesso. Qualora la gravidanza garantisca vita sicura del feto, al fine che la gestante si rafforzi onde affrontare un facile parto, deve bere dittamo e mangiare lumache. Ma quando un bimbo nasce sciogliendo gli allentati legami conviene somministrare puleggio in aceto tiepido, la cui efficacia ci è stata in varie
Circostanze ben dimostrata comprovata. Si può addirittura applicare un pessario (suppositorio vaginale che contiene medicamenti : anche strumento, spec. di forma anulare, che viene collocato in vagina per mantenere l'utero in posizione normale, in caso di prolasso o deviazione)
di sterco di nero avvoltoio per minimizzare la sofferenza del parto quando esso è ormai prossimo. Anche un balsamo fatto da un miscuglio di uova, ruta, tenero aneto e vino leggero può alleviare le pene della partoriente.]
XXXIII. PROFLUVIO CUIUSCUMQUE SANGUINIS ET MATRICI
Si modicus pleno manat de corpore sanguis,
subvenit, at nimius cum vita funditur ipsa.
Quapropter multo naris completa cruore
cum fluit, attritus cimex conducit odore.
Lana oleo madefit, sed nondum lauta, rosato:
haec datur in nares vel claudit densius aures.
Contritis prodest cocleis perducere frontem
aut galli cerebro vel sanguine mite columbae.
Quod nisi supprimitur sanguis, potandus et ipse est.
Praeterea Phariis caput emetire papyris,
detrahe quod superest: illo genitalia necte,
femineas illinc prodest vincire mamillas.
Menstruus immenso si profluit impete sanguis,
sucida lana malos remoratur subdita cursus,
mortua quin etiam producit corpora partu.
Sed quaecumque fluit vis inmoderata cruoris,
subernus cortex calidis potatur in undis
ante minutatim studio vincente terendus.
Pulei calido purgatur femina potu.
Sed si forte cruor clausa cunctabitur alvo,
aut molles nepetae aut rutae quacunque bibentur,
at si puniceos fundit vessica liquores,
marrubium ex passo tritum perfunditur undis:
hi poterunt haustus rutilum purgare colorem.
Relliquias partus lactaria detrahet herba.
Quod si feminei properabit sanguinis imber,
est qui frusta molae percussu decutit uno,
quorum aliquod lanis tectum ad praecordia necti
haec simul incantans: sisti debere crnorem,
ut lapis ille viae solitos iam destitit orbes.
[ CURA DELLE EMORRAGIE ED IN PARTICOLARE
DI QUELLE D’ ORIGINE GENITALE/
Una blanda emorragia in soggetto pletorico
Eguaglia il peso di un salasso, ma se risulta troppo abbondante la vita stessa può svanire. Per tal motivo l'epistassi profusa deve possibilmente venire arrestata tramite l’odore di una cimice schiacciata. Con lana non ancora purgata, pregna d'olio rosato sono da tamponare le narici oppure
occludere i condotti uditivi. Bisogna frizionare la fronte con lumache sbriciate o con cervello di gallo o col sangue dolce di colomba. Nella emorragia tenace si deve bere lo stesso sangue proprio mentre sgorga fluente. Si può altrimenti fasciare il capo con papiro egiziano staccandone la parte che sovrabbonda e poi legarla ai genitali; capitando invece tale in una donna si può ricorrere all’espediente di comprimerne le mammelle. Quando si verifica menorrea sovrabbondante può risultare giovevole un pessario di lana sucida, (“lana sucida” = appena tosata, che non ha subito alcun trattamento, ancora sporca e impregnata di grasso)
che da un lato frena l'emorragia dannosa e dall’altro induce l'espulsione dei feti morti. In qualsivoglia forma di emorragia si può poi ingerire corteccia di sughero, con grande accuratezza, a patto che sia stata polverizzata in acqua calda. La donna, quindi, si purifica con infuso caldo di puleggio. Nel caso di metrorragia raccolta bloccata in loco conviene sempre bere la tenera nepitella o la ruta . Nell 'ematuria vescicale il marrobio tritato in vino cotto e annacquato sarà in grado di stornare il colore purpureo delle urinane. L'erba del latte agevola inoltre l'espulsione della placenta. Se l'emorragia genitale si aggrava, alcuni terapeuti, strappando con una sola percussione frammenti d'una mola, ne appendono uno fasciato per bene con della lana nella zona precordiale della paziente avvalendosi di questa presunta formula magica: l'emorragia deve bloccarsi come questa pietra ha interrotto il suo abituale corso rotatorio.]
XXXIV. PILIS QUIBUS CUMQUE INTERNECANDIS
Mobilis hirsutas horret lascivia saetas
et gaudet rapto nudari flore pilorum.
Sed bona nonnumquam vellendi causa videtur,
corpora cum relevat ratio manifesta salutis.
Namque oculos infesta pilorum tela lacessunt,
quodque illis dederat vallum natura tuendis,
inde inimica seges proprios desuevit in orbes.
Ergo 1ocum crinis vulsi continge cruore
quem dat avis, tremulis simulat quae pellibus alas,
sanguine vel ricini, quem nigro de cane velles.
Praeterea quascunque voles avertere saetas
atque in perpetuum rediviva obcludere tela,
corporibus vulsis saniem perducito ranae,
sed quae parva situ est et rauco garrula questu.
Nec non e stagnis cessantibus exos hirudo
sumitur et vivens Samia torretur in olla:
haec acidis unguit permixta liquoribus artus
evulsamque vetat rursus procrescere silvam.
[ TRATTAMENTO DEPILATORIO PER OGNI FORMA DI IRSUTISMO/
La sensualità, che ama il bello e non conosce freni inibitori, teme più di tutto lo sgradevole irsutismo e s’eccita semmai alla vista d’un bel corpo disadorno dei peli. A livello medico occorre dire chela depilazione non è solo un espediente estetico ma pare necessaria quando contribuisca a generare qualche forma di sollievo per un corpo che patisce. E’ per esempio il caso in cui le ciglia come perfide frecce aggrediscono gli occhi sì che questa naturale difesa, dono della natura, si trasforma in una forza ostile che flagella i delicati globi oculari: in siffatto caso non ci si può esimere dall’intervenire prontamente, subito strappando i peli e frizionare in loco con sangue di volatile dalle ali membranacee vibratili o con quello di zecca strappata dal vello d’un cane nero. Se comunque si aspira ad estirpare qualunque tipo di pelo ed auspicabilmente sopprimerne la ricidività è possibile strofinare le aree corporee depilate con sanie di rana, di quella specie però che è piccola e risulta distinta dal gracidio roco lamentoso. Ma non disdice certo, onde ottenere simile risultato, il prendere dagli stagni sempiprosciugati una disossata sanguisuga, abbrustolirla daviva in vasi di terra di Samo e quindi con la cenere sciolta in aceto ben bene spalmare la cute onde inibire qualsivoglia rinascita della selva pelosa estirpata].
XXXV. OMNIBUS OBSCAENIS MEDENDIS
Dicendum et quae sit membris medicina pudendis.
Languidus antiquo purgatur penis Iaccho
ac super inlinitur fecundae felle capellae.
Mane novo myrti frondes commandere prodest
qui dolet, atgue illas in vulnus despuat ipsum.
Faece etiam vini genitalia lauta levantur,
et tumidos testes Nereia lympha coercet
vel bulbi ex mulso vel cera inmixta cupresso
aut faba cum tepidis Bacchi decocta fluentis.
Ramicis immensum fertur cohibere tumorem
far madidum lympha et Ceres cum fronde cupressi,
unde etiam potu frons haec memoratur amica.
Sin autem existet duratis glandibus inguen,
proderit induci, cocleas cum melle minutas.
Obscaaenos si pone locos nova vulnera carpent,
horrentum mansa curantur fronde ruborum.
At si iam veteri succedit fistula morbo,
mustelae cinere inmisso purgabitur ulcus,
sanguine vel ricini, quem oos gestaverlt ante.
Herba chelidoniae fertur cum melle mederi
herbaque cum sevo foliis de mille vocata.
[CURA DEI DISTURBI DEGLI ORGANI SESSUALI/
E’ necessario ora affrontare il tema della cura degli organi sessuali. Il pene senza vigore lo si può sanare con vino antico e unzioni di bile di capra puerpera: si ritiene che lo stesso malato possa aiutarsi a guarire sputando sull’inerte fallo foglie di mirto da lui stesso masticate sul farsi del mattino. Bagni di feccia di vino danno rimedio ai genitali ed in particolare si diminuisce la tumefazione
testicolare con acqua marina o con cipolle
trattate in vino mielato od ancora con cera impastata con foglie di cipresso oppure con fave bollite aggiunte a vino tiepido. Si dice che la più grave forma di intumescenza (orchiocele = varicocele, idromele, erniazione dello scroto) si riduca con farina immersa nell’acqua o tramite pane amalgamato con foglie di cipresso, che molti reputano valide anche per bevanda. Nel caso l’inguine sia tormentato dall’indurimento delle ghiandole potrà essere conveniente l'applicazione di lumache frantumate e tritate nel miele. Ma può altresì accadere che le vergogne, cioè le parti intime, siano aggredite da altre infiammazioni ed ulcere, curabili con le foglie masticate del rovo spinoso. Quando in una zona lesa da tempo si presenta una nuova fistola sarà opportuno soccorrere il malanno immettendo nella cavità purulenta cenere di faina o sangue di zecca prelevata da un bue. Come rimedi vengono contestualmente menzionati anche la celidonia con miele e la pianta detta millefoglie miscelata nel sego.]
XXXVI. ISCHIAE ET ARTICULARI MORBO
Saepius occultus victa coxendice morbus
perfurit et gressus diro languore moratur.
Populus alba dabit medicos de cortice potus;
nec non et tenerae gracili de fronde genestae
arreptos caules acidoque liquore madentes
sumere conveniet, rubiam quoque ducere potu
aut ex Bithyno cocleas haurire Lyaeo.
Si vero articulos tabes inimica per omnes
haeserit, ex ficu betas cum melle ligabis
vel pelagi latices, simul et Baccheia dona
sumere curabis: nimio sed parcito vino:
Ennius ipse pater, dum pocula siccat iniqua,
hoc vitio tales fertur meruisse dolores.
[CURA DEI DISTURBI DELL’ANCA E DELLE ARTROPATIE/
Fin troppo spesso una affezione latente si situa nell'anca causando dolore e ledendo la normalità funzionale. La bevanda di corteccia di pioppo bianco
Offrirà dei vantaggi terapeutici ma è pure consigliabile assumere steli strappati alle gracili fronde della tenera ginestra quindi macerati in aceto od altrimenti bere infuso di robbia od ancora mangiare lumache nel vino di Bitinia. Qualora il male coinvolga tutte le articolazioni sarà meglio fasciarle con bietole e fichi tra loro legati per via del miele o somministrare quale bevanda dell’acqua acqua marina assieme a del vino, seppur in moderata quantità: si racconta che lo stesso padre Ennio, mentre prosciugava i bicchieri, sia caduto nei dolori di questo malanno]
XXXVII. FURUNCULO MEDENDO
Cum sanguis nimius puri permixtus atroci
Aestuat et papulas alte sustollit acutas,
resinam misces et saxis hordea fracta:
conspersa haec tepidis apponere convenit undis.
Vis et hyoscyamum cerae sevoque iugatum
nectere? Non minus haec poterit medicina iuvare.
Praeterea fimus ex gallo, quod legeris album,
imbribus ex acidis fidens appone dolenti.
Auribus aut pecudis molles expromito sordes,
unguine quo fotis dabitur medicina papillis.
[IN CHE MANIERA SI PUO' MEDICARE UN FORUNCOLO/ Una volta che del sangue misto a sostanza purulenta si scalda e determina la genesi di pustole infiammate, conviene applicare sulla zona ammalata del miscuglio di resina e orzo frantumato da mola e spruzzato d'acqua tiepida. Se con coculatezza per questo malanno si scoglie del giusquiamo legato con cera e sego si ottiene un preparato altrettanto valido. Non disdice affatto la soluzione di spalmare senza timori, sull'area dolente, dello stereo di gallo di preferenza bianco ma sempre stemperato in aceto. Non è affatto male neppure il fomentare l’affezione con cerume estratto dalle orecchie di pecora che sarà spesso in grado di curare le pustole infiammatorie.]
XXXVIII. CARBONI TOLLENDO
Horrendus magis est perimit qui corpora, carbo:
Urit hic inclusus, vitalia rumpit apertus.
Hunc veteres olim variis pepulere medelis.
Tertia namque Titi simul et centesima Livi
charta docet, ferro talem candente dolorem
exactum aut poto raporum semine pulsum;
ni fieret, dixit, vix septem posse diebus
vitam produci: tanta est violentia morbi.
Dulcacidum laticem cum lini semine iunge
aqgue fimum Paphiae pariter compone columbae:
hinc line duratas partes et clausa venena.
Praeterea triti reserant adoperta lupini.
Nonnullus calcem vivam dissolvit aceto
fumantemque nivem papulis apponit acerbis.
Est qui gallinae perducat stercore corpus.
Alia vel piperi iuste commixta linuntur.
Pythagorae cognata levi condita cumino
proderit aut madida fermentum polline turgens.
[ CURA DELL'ANTRACE/
Grave malanno è l'antrace (dal lat. anthr³ace(m) a sua volta dal greco ¢anthraks = "carbone" = infiammazione del tessuto sottocutaneo costituita da foruncoli, spesso con necrosi dei tessuti ipodermici) che può causare la morte: chiuso brucia lento mentre aperto devasta le parti vitali. Gli antichi lo combattevano con vari rimedi e per esempio il libro centotreesimo di Tito Livio consiglia di sperdere questo male addirittura utilizzando un ferro rovente od in alternativa di respingerlo usando una pozione di semi di rape visto che non si potrebbe sopravvivere, senza rimedi, per oltre sette giorni, calcolando che la sua patologia è estremamente grave. Noi ora sappiamo che a guisa di cura si può anche spalmare, sulle parti addensate e infettate dal veleno occulto un miscuglio di liquido agrodolce con semi di lino e fimo di colomba di Pafo in quantita uguale. I focolai interni vengono inoltre aperti dai lupini tritati. Qualcuno poi pone sulle prime pustole una sorta di candido, fumante cataplasma di calce viva sciolta in aceto. Qualche terapeuta inoltre spalma addirittura sul corpo del guano di gallina oppure un composito di aglio e pepe equidosati. Si pensa che risulti giovevole anche l’uso delle fave condite però col fragilecomino od il lievito montato da farina madida.]
XXXIX. PANOI, VOMICAE ET STRUMAE DEPELLENDIS
Sunt alii, quos dira movet natura, tumores
non minus horrendi, sed non ita perniciosi,
vomica qualis erit vel eidem proxima quaedam.
Simplice resina miscebimus hordea tunsa
et mulsos amnes et purgamenta columbae:
his bene decoctis languentia membra foventur.
Mollis odorato faba inngetur coriandro:
proderit appositum mollitgue aperitgue tumorem.
Aut de phasganio radix decocta palustri,
quae salis admixto tundetur condimento;
proderit et mansum quod traxeris arbore viscum.
Gramen hyoscyami cerae sevoque vetusto
concilia mixtisque locos perduce dolentes.
Exercere etiam iusserunt corpora prisci.
Ovum defundes in fictile, deinde putamen
marrubii suco implebis, post melle liquenti
omnia consociata tepenti prospera potu
sumuntur: reserantgue malum purgantque levantque.
[TRATTAMENTO DELLE INTUMESCENZE, DEGLI ASCESSI E DELLA SCROFOLOSI /
La natura a volte infausta genere diverse altre forme di tumori non meno nocivi anche se non parimenti infausti quali l'ascesso ed altre consimili patologie. Si possono fomentare le regioni lese con questo composto fatto di sostanze accuratamente bollite: resina pura, orzo macinato, acqua melata e guano di colombi. L'uso topico di fava frantumata con l'odoroso coriandolo sarà quindi in grado di ammorbidire l’intumescenza e far schiudere la massa formatasi. Si usa anche per curare queste affezioni la radice, bollita, pestata e condita con sale, dell'iris palustre. Assai utile è pure un cataplasma con visco colto dalle piante e parimenti dà buoni esiti la costumanza di cospargere le parti dolenti con impiastro di foglie di giusquiamo legate con cera e vecchio sego. Gli antichi, in rapporto a tali disturbi, non mancarono peraltro di suggerire una sana ginnastica . Una medicina ideale per drenare, disinfettare e guarire la lesione risulta essere poi questo composto amalgamato in una ciotola fittile: si versa un uovo e se ne ricopre il guscio con succo di marrobio e miele liquido, quindi lo si dà da bere al malato e meglio se ancora tiepido.]
XL. IGNI SACRO DIMOVENDO
Est etiam morbi species, quae dicitur ignis,
languida quod multo torrentur membra calore.
Vel tu vicino sevum bovis igne remittes
mollitumque lines vel oloris faecibus ova,
sed non cocta, dabis: sic torrida membra fovebis.
Lumbricus terrae mixto inducetur aceto
aut parili nova ruta modo, sed iungis olivum.
Ovaque cum betis prosunt super inlita tritis.
Alia dant cinerem sociandum oleoque garoque,
unguine quo gliscens deponent flamma furorem.
Saepe chelidoniae pars candida iungitur ovi,
quae modico potu, sed valde trita, capesses,
admiscere memor lymphas amnemque Falernum.
[ CURA DEL FUOCO SACRO/
E pure conosciuta una patologia detta fuoco (il popolare “fuoco di Sant’Antonio, detto anche “zona”, una sindrome da virus herpes zoster) contraddistinta dall’elevata temperatura delle parti afflitte. Come cura si può spalmare dell’unguento di sevo bovino che sia stato rammollito alla fiamma oppure fomentare le parti così infiammate con un miscuglio d'uova non cotte di cigno e feccia di vino. E’ anche possibile sistemare sulla zona malata un lombrico impregnato d’ aceto od altrimenti della ruta fresca preparata alla stessa maniera ma unita a buon olio. Non mancano di procurare vantaggi curativi pure delle uova ben vasciate con foglie di bietole: altri usano un unguento a base di cenere d’aglio, olio e salsa di garum e si sostiene che tutto questo abbia il potere di placare il bruciore causato dall’affezione. Esiste anche un composto di uovo e celidonia che è consigliabile assumere senza farne abuso avendo cura che il tutto sia accuratamente frantumato e miscelato con acqua ed eccellente vino Falerno.]
XLI. PODAGRAE MEDENDAE
Quaenam sunt rabidae medicamina digna podagrae,
cui ter tricenas species Epidaurius ipse
dixit inesse deus? Requiem tamen indere morbo
fas erit et tristem saltem mulcere dolorem.
Ergo age et abreptam salicis frondemque librumque
cum vino tere, tum contractos perline nervos.
Aut cum prima mali sese ostentabit origo,
fervida non timidis tolera cauteria plantis
seminecisve hirci reserato pectore calces
insere: sic dirae reprimes primordia pestis.
Aut si corruptus persederit altius umor,
trita cupressus ibi Baccho iungetur acerbo,
panibus et teneris, cohibebitque addita questus.
Parva sabucus item hircino conlita sevo,
triticeacque acido manantes amne farinae,
aut nitido ranae decoctum viscus olivo
sive chelidoniae sucus sale mixtus aceto.
Sunt quibus apposita siccatur hirudine sanguis.
Non audita mihi fas sit, sed lecta referre:
hoc quidam rabidus morbo per tempora messis
vicino plantas frumenti pressit acervo
evasitgue gravem casu medicante dolorem.
[ TERAPIA DELLA GOTTA O PODAGRA/
Quali sono mai le medicine speciali per la gotta acuta, delle quali secondo il dio stesso d'Epidauro, cioè Esculapio, ne esisterebbero novanta tipi? Si potrà tuttavia mitigarla o almeno alleviarne le gravi sofferenze. Suvvia allora! Si spalmino subito i tendini contratti con foglie e corteccia strappate dal salice e pestate nel vino. E sin
Dai primi sintomi del male si sopportino con animo forte i caustici cauteri sulle piante dei piedi, oppure li si introducano nel petto squarciato d'un caprone morente: in tal maniera sarà bloccata all'inizio l'evoluzione del pestifero male. Se la maligna costellazione umorale ancor più s’innerva, bisognerà allora porre un cataplasma topico di foglie di cipresso pestate, inglobate in aceto e mollica di pane: ciò comporterà la fine di ogni lamento. Validi son pure i seguenti preparati per unzione: tenero sambuco con sego di caprone, farina di grano
stemperata in aceto, interiora di rana bollite in olio fine d'oliva, o succo di celidonia sciolto con sale e aceto. In alcuni pazienti sono effettuati salassi emodepurativi con sanguisughe. E possa ancora io narrare quanto ho letto ma non so spiegare: che un tale tormentato dalla malattia al tempo della mietitura affondando i piedi in un mucchio vicino di frumento, per caso pietoso, venne liberato dai terribili dolori]
XLII. VULNERIBUS FERRO AUT VERBERIBUS FACTIS
Naturae vitiis medicas obiecimus artes,
nunc et fortunae iaculis obsistere par est.
Si cui forte chalybs teneros violaverit artus,
necte adipes vituli simul et tritam chamecisson,
nec pudeat luteae stercus perducere porcae.
Sin autem suevo laceratum est verbere corpus,
tum lixiva cinis ceras dissolvit et ova
admixtoque oleo vibices comprimit atras.
Si vero infrenus manat de vulnere sanguis,
purpura torretur conchyli perlita fuco,
huius et atra cinis currentem detinet undam.
Verrucae quoque desectae frenare cruorem
dicitur ambustus Tyrio de vellere pulvis.
Praeterea nimios reserati vulneris amnes
feniculi cinis adstringit vel fimbria porri.
Sive fimus manni cum testis uritur ovi
et reprimit fluidos miro medicamine cursus.
XLII. CURA DELLE FERITE DA CORPI METALLICI O DA FLAGELLAZIONE/
Saranno esposte le tecniche di cura di patologie naturali, e qui ora di quelle che conviene opporre alle saette del destino. Qualora la spada abbia per caso offeso le fragili membra bisogna curare il danno con grasso di vitello ed edera terrestre frantumata e quindi applicare senza schifarsi dello sterco di scrofa che vive nel fango. Nelle piaghe del corpo causate da aspra flagellazione si usi un linimento di lisciva
disciolta in cera e uova con aggiunta d'olio sì da sanare le lesioni orribili. Nel caso poi di ferita emorragica, il flusso ematico potrà venire arrestato usando la cenere scura di una stoffa purpurea, bruciata, tinta col pigmento della conchiglia. Si dice che la cenere di lana di Tiro bruciata abbia pure lei il potere d’arrestare l'emorragia d'una verruca tagliata via. Ma le emorragie abbondanti di ferite riaperte sono piuttosto bloccate con cenere di finocchio o di radice frangiata del porro. Anche lo sterco di cavallino trasformato in cenere polverosa insieme con gusci d' uovo costituisce comunque un rimedio straordinario contro le emorragie]