cultura barocca
CLICCA E VISUALIZZA IL DRITTO DELLA MEDAGLIA ESEMPLARE DA COLLEZIONE PRIVATA

L'arciduca Rodolfo Francesco Carlo Giuseppe nacque il 21 agosto 1858 nei castelli di Laxenburg, presso Vienna, primo (ed unico) figlio maschio dell'imperatore Francesco Giuseppe e dell'Imperatrice Elisabetta. Nell'ottica del padre Francesco Giuseppe che vedeva in lui non solo il suo successore al trono ma un comandante "vecchio stile" per un esercito e un governo conservatore delle antiche tradizioni, Rodolfo venne nominato dalla nascita colonnello e subì un'educazione essenzialmente militare e strategica, impartitagli su istruzioni precise dell'imperatore dal maggiore generale conte Leopold Gondrecourt che venne nominato per l'appunto suo educatore. Il bambino, seppur molto piccolo, venne sottoposto a prove di resistenza come il rimanere sotto la pioggia ed al freddo per delle ore, oppure venendo svegliato nella notte con colpi di pistola fuori dalla sua porta, oppure abbandonandolo nei boschi di Linz per fargli vivere sensazioni ed esperienze che avrebbero dovuto temprarlo come uomo ed aiutarlo a crescere come soldato. Il principe ereditario Rodolfo allo studio su un mappamondoQuando la madre Elisabetta scoprì quale educazione stesse ricevendo suo figlio, fece subito pressione perché questa modalità delle cose cambiasse e si desse maggiormente spazio alle inclinazioni naturali dell'arciduca; questi venne pertanto affidato al conte Joseph Latour von Thurmburg che divenne il suo principale educatore. Sotto l'influenza di uno dei suoi insegnanti in questo periodo, Ferdinand von Hochstetter (destinato a divenire il primo direttore del Naturhistorisches Museum), Rodolfo si appassionò alle scienze naturali, cominciando, assai giovane, una collezione di minerali ingranditasi poi nel tempo.
Rodolfo manifestò invece sempre poco interesse nella letteratura e nelle lingue straniere, pur studiando queste ultime per la ragion di stato. Grande appassionato d'arte, si dilettò sempre nel disegno e nella pittura con opere che ancora oggi rimangono a dimostrare che la sua passione e bravura nel campo erano indiscusse. Il principe ereditario Rodolfo venne allevato insieme alla sorella maggiore Gisella dalla nonna paterna l'Arciduchessa Sofia. La figlia maggiore dei suoi genitori, una bambina di nome Sofia era morta all'età di due anni prima della nascita di Rodolfo, mentre la sorella minore Maria Valeria sarebbe nata dieci anni dopo Rodolfo. Quindi, Gisella e Rodolfo crebbero insieme e furono molto legati. All'età di sei anni, fu separato dalla sorella quando cominciò la sua formazione per diventare un futuro imperatore. Ciò non mutò il loro rapporto e Gisella gli fu vicino fino a quando non lasciò Vienna in seguito al suo matrimonio con il Principe Leopoldo di Baviera. Si dice che la separazione fra i fratelli sia stata molto commovente.
In contrasto con le attitudini conservatrici del padre e probabilmente ispirato dalla figura libera della madre, Rodolfo coltivò una visione politica spiccatamente liberale. Egli si era dimostrato in più occasioni ostile al patto di ferro che legava Vienna alla Germania di Guglielmo II, incontrandosi più volentieri coi rappresentanti dei governi inglese e francese. Il suo atteggiamento "rivoluzionario" rispetto alla politica conservatrice portata avanti da suo padre, lo portò a trovarsi spesso pedinato dalla polizia della corte asburgica a causa delle sue frequentazioni con ambienti ritenuti sospetti come quelli del socialismo. Simpatizzante della cultura e della politica indipendentista ben espressa dal cosiddetto "rinascimento ungherese", Rodolfo si impegnò a migliorare le condizioni politiche, sociali ed economiche dell'Ungheria (che era all'epoca parte costituente dell'impero per l'appunto denominato austro-ungarico) come già aveva tentato di fare sua madre, guadagnandosi così la stima dei leaders politici magiari che arrivarono a chiedergli di assumere la corona come re d'Ungheria, proposta che ovviamente Rodolfo rigettò in quanto sapeva che questo avrebbe portato ad un'ulteriore improduttiva divisione all'interno dell'impero, oltre a metterlo in diretto conflitto col padre. A fronte di quanto detto, non stupisce quindi sapere che, a Rodolfo, Francesco Giuseppe non affidò mai importanti mansioni di politica interna proprio perché le sue idee erano assai distanti da quelle del figlio. Tuttavia l'imperatore dovette riconoscere in Rodolfo uno straordinario uomo diplomatico e per questo, dopo una certa età, lo inviò in tutta Europa a negoziare e rappresentare la monarchia asburgica. Negli anni in cui fu inviato dal padre imperatore a Praga, non risparmiò aspre critiche al governo del primo ministro austriaco Eduard Taaffe che pubblicò in forma anonima sui giornali viennesi. Intanto Rodolfo continuò a coltivare la sua passione per l'ornitologia e per la geologia, mantenendo sempre forti legami con l'ateneo viennese e venendo spesso invitato all'inaugurazione di fiere e mostre di tema scientifico come quella del 1883 per l'inaugurazione di un primo sistema di illuminazione pubblica con l'uso dell'elettricità. Pubblicò un'opera dal titolo Un viaggio in Oriente nell'anno 1881, dato alle stampe a Vienna nel 1885, riguardo al fascino che nutriva per l'Impero Ottomano e la cultura orientale e tribale, al punto che nei suoi appartamenti di corte si fece realizzare un caratteristico "salotto turco" per accogliere tutti gli oggetti che aveva riportato da questo viaggio. Per tutta la sua vita si impegnò in un grande progetto pubblicato postumo che consisteva nella realizzazione di una grande enciclopedia dell'impero austro-ungarico, corredata da immagini e descrizioni che consentissero ai molti popoli che costituivano gli stati della monarchia asburgica di apprezzare le bellezze culturali e artistiche che si trovavano a dover condividere. Per Rodolfo era ormai giunta l'età di scegliere una sposa, ma ancora una volta fu suo padre a decidere per lui quale fosse la migliore donna per salvaguardare il destino della sua casata e del suo trono. Il 10 maggio 1881, Rodolfo sposò quindi la principessa Stefania del Belgio, figlia del re dei belgi Leopoldo II e di Maria Enrichetta d'Asburgo-Lorena, il che la rendeva imparentata con la dinastia regnante in Austria. La cerimonia venne celebrata nella antica Chiesa degli Agostiniani di Vienna, con la pompa e lo splendore di un matrimonio di stato. Rodolfo sembrava inizialmente sinceramente innamorato, nonostante la madre giudicasse la nuora come una "sciocca impacciata". Stefania dal canto suo era stata educata e preparata a questo matrimonio con l'idea della moglie di un monarca del XIX secolo, ovvero con la funzione di "produrre eredi" per garantire la continuazione al trono e per questo più che amore si può dire avesse una sorta di riverente devozione nei confronti di Rodolfo. Francesco Giuseppe l'aveva scelta per via del suo carattere sottomesso, per la provenienza da una famiglia reale d'Europa e per la sua profonda religiosità cattolica, il che avrebbe contribuito a rinsaldare il tradizionale legame tra il trono imperiale e lo Stato della Chiesa.
Il rapporto, in seguito, degenerò progressivamente ed all'epoca della nascita della loro unica figlia, l'arciduchessa Elisabetta, il 2 settembre 1883, il matrimonio era già in crisi e Rodolfo si rifugiava nel'alcool. Questa crisi di matrimonio era dovuta anche al fatto che ora le idee di Rodolfo erano venivano contrastate persino da sua moglie che si chiedeva quale destino avrebbe avuto l'impero sotto il suo comando.
Malgrado il matrimonio, Rodolfo continuava a condurre una vita libertina alla ricerca di nuovi piaceri e stimoli in ambienti completamente diversi da quelli della corte e della propria famiglia, tantopiù che il matrimonio con Stefania era stata più un'unione di facciata. Fu un assiduo frequentatore di case di tolleranza d'alto borgo dove conobbe anche Mizzi Kaspar (28 settembre 1864, Graz - 29 gennaio 1907, Vienna) che fu per molto tempo la sua amante.
Rodolfo aveva fatto di Mizzi anche la sua confidente e più volte, preso dalla continua depressione che lo accompagnava nella vita, mista all'uso di oppiacei ed alle continue umiliazioni a cui era sottoposto dal padre, cercò di uccidersi, ma Mizzi riuscì sempre a fermarlo per tempo ed anzi cercò di informare la polizia dei piani di suicidio di Rudolf, senza mai però ricevere un'adeguata attenzione perché le sue parole venivano bollate come "chiacchiere di una prostituta", ignorando così i seri pericoli che l'arciduca correva ogni giorno.
Nel breve lasso di tempo dell'inizio delle sue relazioni extraconiugali, Rodolfo contrasse la gonorrea, una malattia sessuale che lo rese in breve tempo sterile e sicuro di non poter più avere figli e quindi nemmeno di poter assicurare un erede al trono. Inoltre la situazione peggiorò ulteriormente quando il principe ereditario trasmise la sua malattia alla moglie Stefania del Belgio, rendendola nel contempo sterile e rompendo definitivamente il loro già travagliato matrimonio.
Per allontanarsi dalle inquietudini della vita di corte e per dedicarsi alle ultime passioni che gli rimanevano, nel 1887, Rodolfo aveva acquistato un edificio di campagna a Mayerling e lo aveva adattato a proprio casino di caccia. Malgrado la sua infelice situazione, Rodolfo continuava a frequentare la corte per non dare nell'occhio con le sue condizioni di salute e fu proprio nell'autunno del 1888, ad un ballo tenutosi alla corte di Vienna, Rodolfo incontrò la diciassettenne baronessa Marie Vetsera dopo quasi dieci anni dal loro primo incontro nel quale il giovane arciduca aveva fatto perdutamente innamorare la giovane che mai lo aveva dimenticata. Questa lo adorava e si diceva pronta a tutto per lui. Le testimonianze concordano con l'impressione che Rodolfo non condividesse inizialmente tale illimitata passione, benché non gli fosse indifferente e quindi tra i due nacque un'ultima irrefrenabile passione per il principe ereditario. Intenzionato a compiere il gesto estremo, il 29 gennaio 1888 Rodolfo si ritirò nella sua tenuta di Mayerling dove venne raggiunto poco dopo dalla giovane Mary che desiderava rimanere con lui per qualche tempo lontano dalla corte. Rodolfo era ad ogni modo intimorito per il fatto che la Vetsera, oltre che minorenne, era già promessa sposa con il principe di Braganza e si rendeva conto che questa relazione stava divenendo sempre più lesiva per questa giovane che vedeva in lui l'uomo della sua vita, mentre lui si considerava sempre più un fallito. Per questo motivo diede disposizioni perché la baronessa Vetsera venisse riportata a Vienna il giorno successivo alla loro ricongiunzione, ma ella si ostinò a rimanere, volendo rimanere vicino all'amato. Rodolfo, ormai sconvolto all'estremo nell'animo e nel corpo, convinse l'amante che era ormai giunto per lui il momento di togliersi la vita. Innamorata fino all'ultimo, la Vetsera volle condividere col principe ereditario il medesimo travagliato destino e così avvenne: Rodolfo uccise con un colpo di pistola Mary, per poi puntare l'arma contro di sé ed uccidersi con un colpo alla tempia, non prima di aver ricomposto il corpo dell'amata sul letto, con le mani giunte. All'indomani del suicidio, la versione ufficiosa attribuì la tragica decisione alla richiesta, avanzata da Francesco Giuseppe al figlio, di troncare la relazione, anche se i giornali fecero trapelare la notizia dapprima dell'improvvisa morte a causa di un attacco cardiaco, anche se le voci del suicidio continuavano a circolare. L'imperatore non poté nascondere a lungo la verità, giungendo quindi a dichiarare che il figlio si era tolto la vita, omettendo però sempre il particolare della presenza dell'amante che sarebbe stato reputato sconveniente per l'epoca. In ogni caso, al fine di permetterne il seppellimento all'interno del mausoleo degli Asburgo (la Cripta dei Cappuccini) Rodolfo venne dichiarato nell'atto di morte ufficiale come "in stato di disordine mentale", formula che venne accettata dal cardinale segretario di stato Mariano Rampolla del Tindaro per consentire le celebrazioni religiose per il funerale dell'arciduca. Ai suicidi infatti, secondo le normative della chiesa cattolica, non era consentito di essere sepolti coi dovuti conforti religiosi e questo era ritenuto inaccettabile dal cristianissimo Francesco Giuseppe che mantenne un lungo carteggio con papa Leone XIII sull'accaduto. Il cadavere della Vetsera venne, invece, traslato nel cuore della notte e segretamente sepolto nel cimitero della Abbazia di Heiligenkreuz, senza conforti religiosi e lontano dalla famiglia. Francesco Giuseppe trasformò Mayerling in un convento penitenziale delle suore carmelitane per riparare al gesto da lui ritenuto "scellerato" compiuto dal figlio: la camera da letto protagonista del tragico evento venne completamente demolita ed al suo posto venne eretta una cappella espiatoria, mentre vennero salvati parte degli arredi tra cui il letto della tragedia che ancora oggi è conservato al Museo dell'Arredamento di Vienna. La morte dell'erede al trono provocò tra l'altro anche la crisi definitiva del matrimonio fra Francesco Giuseppe ed Elisabetta di Baviera, circostanza che apparve evidente a tutti gli osservatori contemporanei. La carica di erede al trono venne, quindi, trasmessa al fratello di Francesco Giuseppe, l'arciduca Carlo Ludovico. Dopo la sua morte, il 19 maggio 1896, l'onore passò al di lui figlio maggiore, l'arciduca Francesco Ferdinando. Dopo il suo assassinio a Sarajevo, il 28 giugno 1914, il titolo venne trasmesso al figlio del di lui fratello, Carlo. Sarà, finalmente, quest'ultimo a succedere al vecchio Francesco Giuseppe, dopo la sua morte, avvenuta il 21 novembre 1916.
Probabilmente, se Rodolfo fosse sopravvissuto, Francesco Giuseppe avrebbe forse abdicato in suo favore (come già aveva fatto, costretto, il suo immediato predecessore, Ferdinando I). Ciò che rifiutò, invece, di fare a favore dell'assai poco amato Francesco Ferdinando. La grande collezione di minerali di Rodolfo venne depositata presso la facoltà di agricoltura dell'Università di Vienna.[testo recuperato dall'enciclopedia on line "Wikipedia - Enciclopedia Libera on line"]

CLICCA QUI PER RITORNARE NELL' INDEX A SCORRIMENTO DI CULTURA-BAROCCA O CLICCANDO QUI ALLE VOCI L'AMORE, IL SESSO, I RAPPORTI TRA UOMO E DONNA, LA SUBORDINAZIONE FEMMINILE ATTRAVERSO I MILLENNI