Carafa, Carlo (della Spina)
( 21/22.4.1611 Roma - 20.10.1680 Roma), di casato principesco è verismilmente da identificare con il Carafa menzionato qui dal Muscettola e certo non è da identificare con l'apparente omonimo e molto più "celebre" Carlo Carafa qui sopra effigiato vissuto molto prima e destinato ad una tragica fine sul patibolo.
Carlo Carafa (della Spina) appartenente all'ordine dei teatini fu vescovo di Aversa dal 1644 e quindi nunzio a Lucerna (1653-54), a Venezia (1654) ed ancora alla corte imperiale (1658):
Nel 1664 ottenne la porpora cardinalizia e ricoprì la carica di legato pontificio a Bologna.
A Lucerna nel corso della guerra dei contadini si rivelò un eccellente mediatore tra le parti avverse e impedì che tribunali secolari condannassero i parroci del contado. Inoltre Coira si adoperò contro la vendita di beni ecclesiastici (S. Nicola) alla città da parte del vescovo, di cui nel 1654 visitò la diocesi.
Nella corso del contenzioso sul ripristino dell'abbazia di Reichenau, appoggiò il vescovo di Costanza e ingiunse al priore dell'abbazia di ritirarsi nel convento di Weingarten.
[Vedi: DBI, 19, 513-517 e U. Fink, Die Luzerner Nuntiatur 1586-1873, 1997]
CARLO CARAFA patrizio napoletano, primo principe di Colubrano dal 12 ottobre 1617, ottenuto il titolo dal sovrano, acquista il feudo di Colubrano e lo detiene fino agli anni 1550-1560, esclusivamente come prestigio di famiglia, infatti questo principe ottenuta la berretta cardinalizia dallo Zio papa Paolo IV, come pure altri nipoti. Papa Paolo IV (28 giugno1476 - 18 agosto 1559) venne eletto papa il 23 maggio 1555. Gianni Carafa nacque a Benevento da una nobile famiglia, napoletana. Suo mentore fu il Cardinale Oliviero Carafa, suo parente, che lasciò la sede di Chieti per seguirlo. Sotto la direzione di Leone X fu ambasciatore in Inghilterra e in Spagna. Alla sua morte gli succede papa Pio IV che aprì un clamoroso processo contro i nipoti di Paolo IV, i Carafa, ed in particolare contro il nipote porporato Carlo Carafa, il quale, esiliato da Roma dallo stesso zio, aveva avuto la sfrontatezza di tornare in città. La mattina del 7 giugno 1560 furono arrestati i cardinali Carlo ed Alfonso, oltre al duca Giovanni, al conte Ferrante e a Leonardo de Cardenas. Il primo di costoro era accusato di aver indotto lo zio pontefice a muovere guerra contro la Spagna, nonché sospettato addirittura d'eresia, per aver tentato di stringere alleanze con alcuni principi protestanti tedeschi e con il sultanato turco. Il cardinale Alfonso era invece accusato di aver estorto denaro allo zio morente. Sul duca, infine, pendeva l'accusa di aver, col consenso degli altri membri della sua famiglia, fatto strangolare la moglie per adulterio, e per avere personalmente ucciso il suo presunto amante Marcello Capece. A sostenere la pubblica accusa nel processo fu designato, quale procuratore fiscale, Alessandro Pallantieri che si dimostrò implacabile nei confronti degli arrestati, sia nell'attività inquisitoria, sia in quella di giudizio, che si concluse con una sentenza durissima: condanna a morte per i quattro principali imputati e pena pecuniaria per il cardinale Alfonso, che fu anche rimosso dalla Curia ed esiliato. L'esecuzione di Carlo Carafa avvenne a Castel sant'Angelo, dove il condannato era detenuto poiché porporato, mediante la garrota, sistema di strangolamento di recente importato dalla Spagna, consistente in un laccio che da dietro veniva serrato mediante due manopole al collo del condannato.
Metodo che però stavolta non funzionò alla perfezione, in quanto il Carafa era un uomo possente ed il laccio col quale il boia gli stringeva la gola si ruppe. Fu necessario usare un'altra corda che, stavolta, fece fino in fondo il suo dovere. Sul busto di Pasquino il mattino successivo apparve il libello 'Extinxit laqueus vix te, Carafa, secundus; tanto enim sceleri non satis unus erit' (ti uccise il secondo laccio, o Carafa, a tanta scelleratezza uno non sarebbe bastato).