PER UNA TOPOGRAFIA DELLA BORDIGHERA MEDIEVALE (LA "CONDAMINA")

Il 13-V-1260 il notaio di Amandolesio scrisse un atto per cui i Canonici della Cattedrale di Ventimiglia rigovernarono le loro proprietà, suddividendole in 8 prebende da gestire direttamente o affittare a coloni. Dal documento si apprende che i Canonici della borghesia o dell'aristocrazia di città, avevano vinta una secolare controversia cogli ordini monastici. E' notevole che alla stesura dell'atto, nella Canonica della Cattedrale , presenziasse frate Paolo, Preposito del Monastero benedettino in Bordighera di S.Ampelio, dipendente dal Convento di Montmajour. Il Convento di S.Ampelio era in degrado, dopo la fama di XI sec., e le sue proprietà confluivano nelle 2 prebende episcopali "Dall'acqua del Nervia sin verso Genova, giunte al Preposito della Cattedrale ventimigliese Rinaldo". I Canonici per limitare i confini prebendali agli insediamenti migliori, si valsero dei riferimenti topografici garantiti dall'esistenza di chiese, cappelle ed strutture edili spesso erette su impianti romani: fu il caso di S.Pietro in Camporosso, della Chiusa di Latte, di S.Vincenzo (poi S.Rocco) ai Piani di Vallecrosia, del complesso di S.Ampelio e forse della chiesa della Rota tra Bordighera ed Ospedaletti: i Canonici avevano probabilmente finito per calcare, col territorio diocesano, la topografia costiera del municipio imperiale di Albintimilium, lasciando agli ordini monastici il controllo dell'entroterra, ove gli insediamenti della romanità non si erano generalmente evoluti oltre la dimensione delle "ville rustiche". E' ora importante individuare gli antichi confini fra le Diocesi di Ventimiglia ed Albenga. Fino al 1831 il limite fra i due due episcopati era costituito da un fossato sormontato dal ponte della Lissia, presso la Madonna della Rota (o Ruota) nell'area fra Bordighera ed Ospedaletti Sino a tal epoca l'intiero agro sanremese dipendeva dall'unica parrocchia di S.Siro, desitinata a rimanere tale per il centro storico di Sanremo sino al secolo passato: vedi CONFINE DIOCESANO.
Alla base di queste trasformazioni del sito più antico di Bordighera e dell'area del Capo risiedono comunque altri fattori oltre alla crisi storica degli Ordini monastici: infatti l'area del "Capo", come tutto il ventimigliese, fu soggetta a campagne militari di Genova in azione di conquista sì che queste terre subirono pesanti danni cui ora si tentava di porre un qualche rimedio, vista anche l'impossibilità, dell'impoverito Convento di S.Ampelio, di sanare le tante rovine patite.
Negli Annali della Repubblica di Genova è dedicato molto spazio alle campagne di prima metà del XIII sec. per conquistare il Comune di Ventimiglia: a riguardo di quella del 1238-'39 si diede risalto all'impresa di Fulcone Guercio che, a capo di 13 galee, assalì gli ULTIMI RIBELLI INTEMELI che, nonostante la resa della città, avevano preso quartiere, nella speranza di un'ulteriore resistenza, "dove si dice S.Ampelio" ove poi i Genovesi distrussero "La torre di S.Ampelio, le case, i ricoveri e le coltivazioni"> Si comprende che il Convento bordigotto non era un'"isola spirituale nel deserto" ma che già, in quest'area, sorgevano strutture agricole e casolari, con una popolazione di ordine rurale, fatta di coloni, affittuari e forse uomini dediti alla "pescaggione".
E' ora opportuno affermare che se l'erezione "ufficiale" di Bordighera ad ottava villa di Ventimiglia, sita sul "Capo", risale al 2-XI-1470 (per volontà di 32 "capifamiglia" delle ville di Borghetto e Vallebona), da altri documenti (3 atti del 1471) si apprende che questa non fu una vera e propria "fondazione" ma semmai la "rifondazione" di un borgo, già distrutto ed abbandonato da tempo per ragioni che, al momento, sprofondano nel buio della memoria.
A un primo insediamento di Bordighera" era stato fatto cenno in un "focatico" o censimento provenzale (1340-1) del territorio intemelio fatto redigere per volere di ROBERTO il SAGGIO (1278-1343), re di Napoli, duca di Calabria, conte di Provenza e re di Sicilia: alla località si attribuiva la residenza di 15 famiglie, per un numero di poco più di un centinaio d'abitanti. Su questa Primigenia Bordighera esistono altri dati, che risalgono al XIII sec. quando il notaio genovese di Amandolesio stese un atto (20-XII-1259) su una terra agricola al "Capo di Bordighera", che confinava verso mare con "...una proprietà terriera del monastero di S.Ampelio..." e che risultava coltivata a fichi, viti ed altre colture arboree. Lo stesso notaio, il 16-XI-1259, aveva indicato una terra, con simili colture, più a settentrione di quella appena citata e da questa distinta dalle proprietà di Ottone Balaucco latifondista della "duecentesca Bordighera". Per nominare il luogo il di Amandolesio annotò "...nella villa di Bordighera..." e poi, per distinguere un luogo che appartiene da sempre alla cultura bordigotta ma che non fu mai sede di residenze importanti o significative scrisse "...nel vallone de Montenigro ove si usa il nome di luogo Bolagus".
Nel FOCATICO studiato da E.BARATIER (La démographie provençale du XIII.ème siecle) furono riportati i seguenti dati: Ventimiglia con 671 "fuochi" o "nuclei di famiglia", Camporosso con 65, Bordighera con 15, Vallebona inferiore (verosimilmente Borghetto S.Nicolò) con 16, Vallebona superiore con 35, Vallecrosia con 20, Soldano con 28, Villa Sancti Blasii con 17: vi era poi segnata una 9 villa col nome "villa Colle de Coy" data come distrutta dai GHIBELLINI.
In un documento del 24-IX-1262 il notaio indicò l'esistenza di una casa con terre a coltura sita "sul monte della Bordigheta": con tal nome indicava l'area del "Capo". Il 6-IV-1264 egli trascrisse altro documento per cui Richelenda di Breglio, latifondista tra Vallecrosia e Bordighera, avrebbe posseduto una terra coltivata a fichi "a Bordigheta nel vallone della Fonte" (il nome di luogo era anche indicato dai caratteri geofisici: il "Capo", la "palude", la "Fonte", "il vallone", "la pineta di Vallebona".
Il sito di questa "Fonte" si può identificare con l'altura di Bordighera che lo Hamilton, a fine '800, identificò con l' "Edificio" o mulino della "Fontana vecchia". La proprietà di Richelenda confinava a Nord con una "...proprietà della chiesa di S.Ampelio..." che era stata concessa in locazione a Rinaldo Balauco di Bordighera.
A testimoniare l'incertezza che il notaio incontrò nell'uso dei toponimi, è utile l'atto con cui (12-VIII-1260) Guglielmo Coarubeus di Bordighera e la moglie Benvenuta cedettero una terra in Vallebona chiedendo che il notaio scrivesse il documento in una loro casa residenziale (non un casale!) presso il "Capo".
Da queste notizie si ricavano dati fino ad ora sconosciuti: sul "Capo" a metà '200 si trovavano gli insediamenti di maggior pregio (come si ricava dalla stima fattane per vendita o affitto) mentre altri possessi di natura agricola erano più a settentrione o sul declivio verso la piana alluvionale: ed in questo contesto di riflessioni, attesi anche i rapporti col monastero di S. Ampelio un significato importante, per documentare la presenza di un buon insediamento anteriore alla presunta "fondazione" di tardo 400, consiste nel fatto che all'interno del complesso murario medievale sopravvive, per indicare un'area demica precisa, il toponimo CONDAMINA storicamente usato per indicare insediamenti demici molto antichi.
Fra le colture documentate compaiono le viti (che davano un vin vermiglio indicato col nome del proprietario o del vitigno), gli alberi di fichi (ficheti) (essenziali per la dolcificazione degli alimenti in assenza di apicoltura), cereali minori, non meglio specificate colture arboree (alberi da frutta come meli e peri?) e mai l'olivicoltura.
Benché in altri atti sia documentata in vicine località (Val Nervia e Dolceacqua per es.) la coltura degli olivi, durante il XIII sec., era agli albori e, dopo la crisi delle scorrerie saracene, veniva rivitalizzata (secondo le tecniche a "grangia" e dei "muri a secco") dai Benedettini, in particolare dell'abbazia di Novalesa, che tenevano nel Convento di Dolceacqua un Priorato.