ASSALTI TURCHESCHI FRA TAGGIA, S.STEFANO, POMPEIANA, CASTELLARO...
LO SCHIAVO DI ALGERI
E I DIVERSI DESTINI DI
TAGGIA,
CASTELLARO,
POMPEIANA, CIPRESSA E TERZORIO.
LA DISCUSSA
AGGRESSIONE BARBARESCA A SANREMO

Dal XIV secolo l'Islam, ormai completamente soggetto all'IMPERO OTTOMANO, aveva, per il tramite di una rete di contatti, la sua percezione geografica del mondo occidentale; e Rasciddodin, Primo Ministro degl'Ilkhanidi a Tabriz, nel Giame ot tavarikh ("Raccolta delle Storie") aveva forse un'idea ancora confusa della Liguria, ma già ne comunicava i confini, l'importanza strategica, la potenza economica e commerciale: " ... Accanto a tale territorio (Francia) c'è un altro paese assai florido e molto popoloso, si chiama Genova, e possiede duecento galere, ciascuna equipaggiata di trecento guerrieri. I mercanti Franchi che viaggiano per l'Egitto, la Siria, il Maghreb, o per Bisanzio e Tabriz, partono in nave da quel fondaco... ".

Pur con qualche incertezza (la Capitale Genova nomina nel brano tutto il territorio ligure), Rasciddodin aveva già alcune cognizioni importanti e parlava di ricchezze di un territorio, che, due secoli dopo, non sarebbe stato così ben difeso; Babur e soprattutto Evliya Celebi nel Seyahatname ("Diario di Viaggio") furono i più brillanti, potenti e dotti rappresentanti letterari dell'espansionismo turco verso un'Europa, nel XVI sec. sconvolta da rivalità tra Francia, Impero, Spagna e Piemonte con Genova indebolita e quasi serva degli Iberici.

Molti libri parlano oggi delle scorrerie della flotta ottomana sul Ponente ligure, quando dall'armata turca, congiunta ad un contingente navale francese, davanti a Nizza sabauda ed assediata si staccavano di mano in mano nuclei di vascelli, per lo più galeotte, che si spingevano a predare sulla vicina ed indifesa costa del territorio della Repubblica di Genova.
Due date furono particolarmente funeste
il 28 Giugno del 1561 (documento 1 e documento2), essendo CASTELLARO l'obbiettivo primario.
Il 20 Agosto 1563 (documento 3 e documento 4), quando l'ammiraglio barbaresco o turchesco Ulugh-Alì fece ripetute razzie, specie in occasione dell'ultima data, allorché, nonostante il cannoneggiamento del forte di San Lorenzo, i suoi uomini secondo il Podestà di Sanremo avrebbero catturato 400 persone tra le località di Terzorio, Cipressa e Pompeiana: più precisamente il Podestà di Taggia Pantaleo Carrega, pur non citando i catturati di Cipressa, precisò che 80 prigionieri erano di Pompeiana, spettandone 72 al Feudo di Pompiana Maior sotto giurisdizione per Genova di Giacomo Maria Gentile, mentre 8 erano di Pompiana Minor della Podesteria di Taggia e quindi di diretta amministrazione genovese (90 furono i catturati a Terzorio).
Questi sventurati, tra cui donne e bambini, vennero radunati sulla spiaggia degli Aregai [sulla carta settecentesca vinzoniana scritta "Spiaggia degli Annegati" e, vedi n. 16 nella stessa carta, sorvegliata da una Torre degli Aregai talora anche detta forte degli Aregai], mentre i loro paesi saccheggiati erano in preda alle fiamme, e furono imbarcati con destinazione Algeri, dove sarebbero stati venduti quali SCHIAVI.
In particolare Nilo Calvini (in merito agli assalti nel Ponente ligure della flotta turchesca) riporta una lettera di uno schiavo in Algeri, dove si parla (20 Luglio 1564) di ulteriori preparativi per un assalto alle muraglie di Taggia, più precisamente dell'allestimento di un copano (erroneamente scritto o trascritto capano), una sottile imbarcazione, un palinschermo leggero da laguna il cui etimo deriva probabilmente dal latino caupalus e sicuramente dal latino medioevale copanus, che nominò in genere un tipo di barca spagnola e portoghese.
Come scrisse lo schiavo in Algeri, Ulugh-Alì se ne sarebbe valso "per derivar le muraglie", cioé per essere affondato carico di materiale di riporto in prossimità delle fortificazioni del luogo e così deviare il corso d'acqua o lo sbarramento idrico, che ne faceva da primo schermo difensivo e rendere quindi fattibile un assalto diretto alle fortificazioni.

La forte TAGGIA, con autorizzazione del Senato, ma a spese della Comunità, dal 1540 si era andata dotando di una buona cinta muraria, i cui lavori con lunghe pause terminarono soltanto nel 1564, essendo stati ripresi sveltamente dopo l'assalto del 28 Giugno 1561: dalla relazione del Calvi apprendiamo che la grossa Taggia, come previsto nella lettera dello schiavo di Algeri fu poi di fatto ASSALITA NEL 1564 ma che l'artiglieria, lo schermo primario alle mura dell'Argentina ed il valore dei difensori ebbero la meglio dei Turcheschi.

Nel 1563 i corsari investirono direttamente i borghi meno forti di Pompeiana, Cipressa e Terzorio: la fortificata Taggia sarebbe stata un "osso troppo duro", tenendo conto che la squadra navale d'attacco ora era di soli 9 vascelli, contro i 17 (o 18) del 1561, e che già in qualche modo aveva dovuto preoccuparsi dell'artiglieria del forte San Lorenzo: Ulugh-Alì, che poi era un rinnegato calabrese di nome Luca Galerni, sapeva ormai che per Taggia era opportuna una forza maggiore, un copano per deviare le acque, le "scale di corde e i ganci di ferro", oltre che una adeguata attrezzatura, per l'assedio e la scalata alle muraglie, e tutto ciò spiega il contenuto della lettera dello schiavo in Algeri che nel Luglio 1564 paventava, su fondate voci, un massiccio assalto a Taggia.

Per ironia della sorte la forza di dissuasione di Taggia spinse in due riprese questi predatori verso POMPEIANA: il paese era povero, la Comunità a sue spese difiicilmente si sarebbe potuta armare e fortificare contro i Turcheschi, per giunta guidati da cristiani rinnegati, a volte ottimi conoscitori dei siti, come nel 1561 un tal Nasomozzo di Pompeiana.

Le TORRI DI AVVISTAMENTO E DIFESA, che sarebbero state 7 secondo lo Zunini, non erano in gran parte ancora realizzate e la loro capacità era più di preavviso: con una luce intermittente, nei tempi pericolosi della notte, dalla Torre dei Panei si sarebbe dovuto segnalare l'avvicinamento dei nemici (fuoco di brutto"; tante intermittenze quante navi avvistate); la popolazione si sarebbe poi potuta rifugiare nelle torri prossime al borgo, od anche dentro una Parrocchiale, alla quale fossero ridotti gli accessi bassi (questo potrebbe spiegare la monofora murata nella Chiesa di S. Maria Assunta).

Il notaio Filippi, riferendosi ai fatti del 1563, si domandava perché le persone di Cipressa, Terzorio e Pompeiana non si fossero raccolte e quindi riteneva attivi dei ricettacoli, delle case forti o delle torri atte a contenere la popolazione; il Podestà di Porto Maurizio non ritenne plausibile un errore umano, una negligenza (e del resto il cannoneggiare del forte di San Lorenzo avrebbe dovuto creare qualche indiretto allarme) e annotò " ... Però essi (di Pompeiana e Terzorio) loro, come si detto sopra, se l'hanno in parte causata, perché erano avvisati...": a rigor di logica la presunta negligenza degli abitanti di Pompeiana e Terzorio può anche essere dipesa dal fatto che nel 1561 le loro proprietà e le loro persone erano rimaste sostanzialmente immuni, rispetto al luogo del Castellaro, che era stato investito e che, per essere sede dei feudatari e quindi più ambito, anche nel 1563 si pensò dovesse essere assalito prioritariamente.

E' difficile individuare la realizzazione, con esatta indicazione cronologica, delle Torri in Pompeiana e quindi si va per ipotesi: l'unica certezza sta nell'impreparazione del 1563, cui si allega a giustificazione l'impotenza del genovese Magistrato delle galee, che, disponendo di sole 4 galee (e poi addirittura 3), tassò la popolazione delle Riviere per potenziare, senza risultati, la flotta e lasciò alle iniziative e alle deboli finanze locali l'onere delle fortificazioni, mentre il Governo emanava Grida che sarebbero dovute essere norme vincolanti, ma che di fatto erano banali consigli del tipo che ciascuno dovesse " ... provedere a la salute sua e dei suoi beni in quel milior modo che li sarà più comodo, quando si inviasse (giungesse) detta armata, o parte di quella, per questi nostri mari...", oppure suggerendo che nel caso di arrivo dei Turcheschi " ... Ogn'uno si alegerisca delle sue cose, per evitar così persone inutili, cioè: donne, putti, e vecchi inhabili come i beni... (come a dire che nei borghi dovessero rimanere solo uomini vigili e militanti - A. Bacherini, Sanremo Antica, Torino, 1962, I, p. 187 e sgg.).

Il sistema di Torri in Pompeiana, comunque, a prescindere dalla qualità e dai tempi di funzionamento, sopravvisse come estremo baluardo di difesa fino al sec. XVIII, anche se dal 1566 la pressione turchesca andò scemando e forse continuarono la loro attività predoni più antichi, come i lupi, di cui Padre Calvi, cronista dei Domenicani di Taggia, scrisse " ... In quel tempo (1535) irruppero, nella zona detta degli Allegari molti lupi vespertini, famelici, divoranti non solo greggi ma anche gli uomini...": i pirati e poi le pestilenze né stornarono la paura, ma a lungo rimasero in agguato!: tanto che ancora nell'800 ne parlò il Canonico Lotti!






Presso l'Archivio di Stato di Genova (Sala Senarega, n.410) Nilo Calvini ha individuato una lettera ufficiale del Podestà di Sanremo Luca Spinola che ragguagliava la Signoria del pericolo occorso dalla podesteria per effetto di un assalto di pirati turcheschi.
La missiva dice:"Illustrissimo Signor Duce e magnifici Signori Governatori, so, dico qualmenti questa notte passata, a le 5 hore, capitò qui 9 galeote le quali si accostarono alla spiaggia e calorno gente in terra e puoi all'alba ne capitò altre 6 le quali medemamente calorno gente e ne deteno asalto grandissimo per doe volte a li quali, mediante l'iuto di Nostro Signore, havemo dato buona risposta combattendo per spacio di 8 ore. E se ne sono morti parecchi. Puoi si sono imbarcati e per quello che puosso giudicare hano preso parecchie done e puti per queste vile. Non si è potuto far altro essendo qui puocca gente, ché sono fuora. Pregiamo Vostre Signorie Illustrissime si contentino mandarne qualche provviste, cioè di polvere, sarte da balestra e corda d'archibuggi e piombo facendolene puoi, passate le furie, pagar ogni cosa, non prima. A Vostre Signorie Illustrissime quanto puoso mi racomando e priego mi dieno posanza da puoter comandare l'ordinar le ville vicine ne dieno soccorso e aiuto bisognando; e così comandar qui sotto gravi pene perché sono puocco ubbidienti. Nostro Signor Iddio a Vostre Signorie Illustrissime presti longa felicità e a noi doni vittoria. Da San Remo a li VII d'agosto a hore 15 del XLIII/ Luca Spinola".
In effetti la tradizione sostiene che i barbareschi, non riuscendo ad aver ragione della città, si diressero nella VALLE DI VEREZZO (trovando naturalmente meno resistenza, di modo che poterono rapire donne e bambini) e vi fecero razzie finché non furono raggiunti dal podestà Luca Spinola che, nello scontro alla PARA' presso Verezzo avrebbe avuto la meglio su di loro sin a costringerli alla ritirata.