PRODUZIONE DI SOSTANZE
Può interessare OGGETTI o IMMAGINI o reliquie,che inspiegabilmente trasudano. Nonostante i molti casi di imbroglio che sottostanno al fenomeno,esso è attestato da tempi antichi,essendo già presente in statue pagane risalenti al tempo Greco-Romano.
Interessantissimo è il fenomeno della incorruzione delle particole e la trasformazione dell'ostia eucaristica (pane azzimo) in carne e del vino in sangue o entrambe le cose. Il fenomeno dell'arrossamento dell'ostia è stato investigato e si è creduto di trovare una spiegazione 'biologica',nel fatto che negli amidi (come il pane) può essere latente un microorganismo cromogeno (ovvero che colora),detto Bacillus Prodigiosus (o Monas prodigiosa o Serratia marcescens) che, in condizioni favorevoli, si svilupperebbe in colonie, che producendo un pigmento rosso vivo("prodigiosina"),'colorerebbero' l'ostia.
Resta però sempre aperto l'interrogativo su come si possa giustificare tale fenomeno a fronteMa di abbondanti produzioni di sangue dalle ostie stesse
Quasi sempre le particole oggetto di prodigio sono tuttora conservate nelle loro relative Chiese.Qui vediamo l'Attestazione del Miracolo dell'ostia trasformata in carne,a Lanciano.
In merito alla "prodigiosa generazione" di sostanze attraverso vari manufatti (da statue,immagini,ostie,ecc.) si è parlato alternativamente di frode, di fenomeni paranormali e in chiave fideistica di
spiegazione soprannaturale.
Oggi un elemento innovativo può essere costituito dall'uso di modernissime tecniche investigative sì da risalire DNA e quindi all'analisi cromosomica delle tracce ematiche ancora presenti in svariati reperti.
Spesso il liquido trasudato non è sangue, ma sudore (traspirazione) o lacrime.
Il sudore, viene spesso spiegato -tra parecchio scetticismo- come la manifestazione della condensazione dell'umidità dell'aria.
Quando questo stesso fenomeno interessa le reliquie, si parla di MANNA, la cui produzione è un fenomeno stupefacente della miracolistica.
Non si tratta della 'manna' descritta nel testo biblico, ma chimicamente è un'ACQUA praticamente PURA, che origina non si sa con quale meccanismo nè perchè.
Si assiste ad intervalli regolari o continuativamente alla 'perdita'di questo misterioso liquido da sepolcri o perfino dalle ossa di alcuni santi.
E'chiaro che qui non siamo di fronte alla causa 'semplicistica' della condensazione di umidità né capillarità delle pietre! Essa sembra possedere poteri di guarigione.
In Italia casi segnalati sono ad Amalfi (SA),dove dal 1304 (anno in cui un pellegrino se ne accorse) le ossa attribuite a S.Andrea Apostolo-trafugate da Costantinopoli-producono la 'manna' che viene regolarmente raccolta e se imbevono batuffoli e oggetti (regolarmente autorizzati a livello ecclesiastico) ai quali si attribuisce potere taumaturgico; a Napoli,dalle ossa di San Pomponio, a Nola (NA), da quelle di San Felice (viene raccolta la 'manna' cinque volte all'anno e posta in un calice d'argento ed i fedeli la agognano perchè cura ogni malattia; a Salerno (dalle ossa attribuite a San Matteo Evangelista; a Bari,dove ricorre il fenomeno più noto di questo tipo, dalle ossa di san Nicola di Myra, che incessantemente producono la 'manna',un liquido chiaro che in passato si definiva oleo e che si forma nella tomba sepolcrale del Santo, nella cripta della Basilica omonima.
L'alveo è assolutamente impermeabile quindi sono escluse infiltrazioni di pioggia dall'esterno (e le analisi hanno già confermato la cosa).
Da testimonianze di pellegrini rese all'epoca della tumulazione antica di San Nicola,che morì in Licia all'inizio del IV secolo d.C., la 'manna' si produsse subito dopo la tumulazione, accompagnata dai poteri di guarigione, per cui era assai visitata.
Quando venne riesumata la spoglia del santo, nel 1954, le ossa vennero lasciate alla venerazione per circa tre anni e si vide che da esse trasudava un certo 'liquido'.
Attualmente -dal 1980-viene prelevata la manna una volta all'anno, il 9 maggio.
Ai fedeli,però,viene data acqua comune contenente solo qualche goccia di 'manna',che si usa per bere oppure per versare su parti organiche malate.
Nel web si possono cogliere interessanti approfondimenti: A Latronico (PZ),dove il fenomeno è legato alle ossa di Sant'Egidio Abate;a Maratea (PZ),dove è legato alle reliquie di San Biagio e anche ai marmi e alle colonne della cappella del Santuario in cui è deposta la sua urna.
Le Leggende della Traslazione coralmente affermano che l'URNA DEL CORPO di S. NICOLA A MYRA in LICIA era piena di MANNA: un LIQUIDO da non confondere comunque nè con la MANNA storicamente utilizzata in medicina nè con la MANNA BIBLICA.
Dopo la traslazione a Bari il fenomeno continuò incessantemente.
L'uso taumaturgico e la venerazione delle RELIQUIE oltre che di altri PRODIGI e in dettaglio della MANNA DI SAN NICOLA appartiene ad un fenomeno variegato il cui acme è forse da porre in relazione alla "rinascita spirituale del PERIODO CROCIATO ED AL PELLEGRINAGGIO IN TERRASANTA : da quest'epoca la fiducia nel potere terapeutico di sostanze variamente giunte dal medioriente raggiunse vertici considerevoli [si continuava vanamente a citare il mitico SILFIO, si cercava la MUMMIA per l'essudato delle sue sostanze, si fruiva dei liquami di varie RELIQUIE per fini terapeutici (connessi soprattutto alla TEORIA DELLE SIMPATIE COMICHE ed alla realizzazione di medicamenti come UNGUENTO ARMARIO e POLVERE SIMPATETICA) sovrapponendo spesso possibili verità a superstiziose valutazioni in un complesso meccanismo di GIUDIZI MEDICO-SPIRITUALI che non risulteranno del tutto estranei alla MAGIA NATURALE e all'ALCHIMIA: ed al proposito è sintomatico che i nobili DORIA di DOLCEACQUA nel loro CASTELLO, stando ad un inventario del XVIII secolo, tenessero in due locali adiacenti due GABINETTI di cui uno addetto alla cultura libresca, cioè la BIBLIOTECA, ed uno, specifico per l'attività dei medici del castello, vale a dire un GABINETTO SCIENTIFICO in cui tra l'altro erano custodite delle RELIQUIE e un'AMOLE DI MANNA DI S. NICOLA: vedi G. ROSSI (p.158 e nota)].
Comunque costituisce un fatto significativo che nel contesto dei pellegrinaggi, molti VIANDANTI DELLA FEDE si recassero a Bari, attratti alla tomba del Santo più dal fatto della «manna» che dalla fama dei miracoli di cui godeva S. Nicola: fama che giammai venne meno, tanto che nel 1925 si ritenne di effettuare delle INVESTIGAZIONI CHIMICO BATTERIOLOGICHE DELL'ESSUDATO E DELL'ACQUA
Quanto é stato constatato nel periodo tra il 1954 e il 1957 sembra comprovare che, come comunemente si ritiene, il liquido trasudi dalle ossa del Santo.
Nel 1954, a motivo dei lavori di ripristino della cripta, il corpo è stato riesumato e le ossa, composte in un’apposita urna, sono rimaste esposte per tre anni alla venerazione dei fedeli nella «sala del tesoro ».
Alcune volte le ossa furono viste imperlate di un certo liquido; inoltre il panno su cui erano poste fu trovato bagnato e marcito quando i resti mortali di S. Nicola vennero rilevati per essere riposti nella tomba.
II panno di lino viene ancora conservato.
Dal 1980 la «manna» viene ufficialmente prelevata ogni anno il 9 maggio, festa della Traslazione, dal Rettore della Basilica, alla presenza del Delegato Pontificio, I’Arcivescovo di Bari, delle autorità, del clero e dei fedeli, a conclusione di una solenne celebrazione religiosa.
II Vescovo impartisce la benedizione alla commossa assemblea dei fedeli con l’ampolla di cristallo, in cui viene versato il prezioso liquido, artisticamente dipinta e chiamata «vetro di S. Nicola ».
I devoti da sempre hanno fatto ricorso al Santo Protettore per chiedere la salute del corpo e dello spirito, mediante il pio uso della «manna».
Quella che si distribuisce ai fedeli è acqua comune in cui viene versata una piccola quantità di «manna» pura.
Questo liquido, conservato in bottigliette, viene usato come bevanda oppure per aspergere le parti del corpo ammalate.
Le famiglie baresi, per antica tradizione, lo conservano come reliquia in grosse bottiglie istoriate da pittori locali con episodi della vita, miracoli o patronati del Santo.
La MANNA era già attestata prima della traslazione a Bari.
Questa prima testimonianza di pellegrini alla tomba del Santo a Myra e collegata anche con il primo riferimento al myron (o manna).
Infatti Michele Archimandrita ricorda che, sin dal momento della sepoltura, dal corpo del Santo cominciò a sgorgare quest’oleum, che era una salutare e vivifica medicina che liberava da ogni potenza avversa e maligna.
L’espressione di Michele Archimandrita per la manna è myron, che corrisponde alla mirra dei Vangeli, e che ormai aveva acquisito il senso corrente di olio o unguento odoroso.
L’aggettivo edypnoon convoglia il senso dello spirare, emanare odore «pneo» e la connotazione del soave e del piacevole edys.
Anche Teodoro Studita (+ 826) fece riferimento nel suo inno al prodigio della manna, senza però apportare elementi nuovi rispetto a Michele Archimandrita.
Contemporaneamente acquistava grande notorietà l’inno dello Pseudo-Romano In Myra, o Santo che contiene due richiami alla manna.
L’autore chiede al Signore di poter proclamare le magnificenze di Colui che a Myra / abitò e un myron divino / fece sgorgare come fiume / dalla sua anima/ che riempie di profumo / tutti gli ammalati / nell’anima per 1’olezzo / di gravi peccati (strofa 9). E conclude (strofa 25): Tutto quanto nel mio cuore / e fetido / profumalo tu con il myron / delle tue preghiere.
Anche Giuseppe Innografo fu sensibile a questo aspetto del culto di S. Nicola.
Nell’ode IX di un canone in suo onore, cosi si esprime:
Il tuo sacro corpo
che santamente a Myra riposa,
emana profumato myron in continuità,
cospargendo coloro che si avvicinano,
e il cattivo olezzo delle passioni
scaccia, o Nicola,
e la schiera dei demoni
mette in fuga
Verso la fine del IX secolo e agli inizi del X i riferimenti alla manna miracolosa divengono più frequenti.
Ne parlano ad esempio, Niceta di Paflagonia (885 c.), il Sinassario costantinopolitano (900 c.), la Vita Compilata (900 c.) e l’anonimo autore dell’encomio Mnème dikaìou (920 c.).
Qualche decennio dopo, ad opera di Giovanni di Amalfi (950-960) questo particolare aspetto del culto nicolaiano penetra anche in Occidente.
A lui sembra risalire la narrazione intorno al vescovo di Myra Magnenzio, collegata appunto al fenomeno della manna, e che fu ripresa da molti ignoti «continuatori» di Giovanni Diacono (talvolta senza fare il nome del suddetto vescovo).
Una di questa aggiunte dice cosi:
Chi mai, dico, possiede una tale eloquenza da poter con facilità descrivere in qual modo trasudi dalla sua marmorea tomba la santa manna, che vigili custodi raccolgono con una paletta, per conservarla con la massima cura, quale unguento assai benefico a molteplici mali?
A tal proposito vi riferisco, affidandolo alla vostra carità, ciò che ho saputo da alcuni Greci con una narrazione degna di fede. Costoro pero dichiararono di aver appreso questo fatto dal racconto di certi abitanti di Myra. Comunque, sia che la cosa stia altrimenti sia che contenga del vero, bisogna affidarsi all’opinione di coloro che l’hanno narrata. In una certa epoca dunque, alcuni uomini potenti della città di Myra, mossi da invidia e faziosità, osarono da svergognati scacciare il vescovo di quella diocesi. Immediatamente il flusso della manna tanto salutare si interruppe.
E non appena il predetto vescovo ricupero la sua cattedra, subito il benefico liquido ricominciò a stillare nel modo solito. Mirabile è davvero Dio nei suoi santi! Tanto invero usa glorificare i suoi servi, da far diffondere la loro fama in ogni terra. Ma quale fama? Certo, la musica della vittoria e del trionfo: mentre ai loro devoti non rifiutano dal cielo il richiesto patrocinio, si mostrano, coronati dell’eterno diadema, vittoriosi sul principe di questo mondo.
Un altro copista vi appose una diversa appendice, pubblicata dal Falcone, che appare decisamente più vivace dei testi sin qui riportati, poiché testimonia del potere taumaturgico di questo liquido sgorgante dalla tomba del santo a Myra.
Il concetto della manna è collegato a quello del movimento dei pellegrini che si recavano a Myra e venivano guariti:
Fu reposto il suo sacratissimo corpo nella gloriosa casa della Santa Sion, in un luogo elevato alla destra dell’aula della stessa: degno davvero della sepoltura di un tanto sacerdote. Dal quale sepolcro, come noi stessi avemmo modo di osservare, scaturiscono due rivoli che sino ad oggi non cessano di sgorgare. Dalla fonte che cor- risponde al luogo della testa del sacro tumulo, fluisce un liquido oleoso e chiaro che sembra apportare benefici a coloro che si ungono con esso. Dal rivolo che profluisce in corrispondenza dei piedi esce un’acqua soave e trasparente che, se data da bere agli infermi, questi riacquistano la salute del corpo. (...) Dopo che il beato Nicola, lasciando questo mondo, migrò al Signore, la tomba in cui il suo venerabile corpo fu reposto, non smise mai di stillare fino ad oggi un liquido oleoso. Ivi si recavano folle di malati, ciechi, paralitici, sordi e muti, e quanti erano oppressi da spiriti immondi. Una volta unti col sacro liquido tornavano al loro pristino stato di salute. Io stesso, trovandomi in uno stato miserando, per due volte presi una pozione di quella linfa, mentre accanto alla tomba invocavo Nicola di intercedere per me presso il Signore. La casa della Santa Sion dove quel confessore riposa è a circa tre miglia di distanza dalle mura della città di Myra sul lato orientale della strada che conduce al porto di Andriake.
Questo testo è molto interessante per la testimonianza dei pellegrinaggi a Myra.
È uno stimolo alla riflessione anche per la precisazione geografica ivi contenuta, cioè l’ubicazione del monastero (domus) della Santa Sion a tre miglia da Myra verso Andriake.
Dato che il narratore sembra esserci stato di persona a Myra, la prima domanda che sorge è sull’integrità del testo (proprio in quella parte che il Falcone mette in corsivo).
Se si ammettono contemporaneamente l’autenticità del testo e la veridicità del narratore viene spontaneo un confronto fra quanto detto qui e i testi anteriori al X secolo.
Questi ultimi, anche dove più lo richiedeva l’argomento, tacciono completamente sulla santa Sion e sulla sua vicinanza ad Andriake.
D’altra parte la stessa vita di Nicola Sionita, distingue senza possibilità di dubbio fra il santuario di S. Nicola e la domus della Santa Sion.
E Michele Archimandrita, parlando della sepoltura di S. Nicola e della santa manna, non fa menzione della santa Sion.
Tutti dati, questi, che messi assieme mettono in crisi l’affermazione dell’anonimo continuatore di Giovanni Diacono, il cui testo non sembra autentico perché un testimone oculare non poteva ubicare a tre miglia da Myra il monastero della santa Sion in direzione di Andriake, ben sapendo che Andriake era a tre miglia da Myra (e quindi il monastero avrebbe dovuto trovarsi sul porto).
E se la santa Sion si trovava ad Andriake, quindi proprio nel porto di Myra, come mai il monaco Nicola, per andare a Gerusalemme si recò a Myra?
Non era più semplice chiedere le informazioni al porto?
E, inoltre, come mai per recarsi al monastero Nicola voleva sbarcare al «Fenicio» e solo come seconda possibilità ad Andriake (cap 37)?
E se il monastero della santa Sion fosse stato presso Andriake, come il biografo di Nicola Sionita, partendo dal monastero, avrebbe potuto dire: «Per volontà di Dio giungemmo nel porto chiamato Andriake»?
Queste considerazioni escludono quindi che la santa Sion si trovasse tra Myra e Andriake. Se il piccolo porto di Fenicio corrisponde all’attuale Finike, si deve dire che il monastero della Santa Sion si trovava a nord est di Myra.
La Vita Nicolai Sionitae specifica che era su un monte, presso il villaggio di Traglassi. In ogni caso la confusione tra il martyrion di S. Nicola e il monastero della Santa Sion non è poi cosi strana se si considera che quello era il tempo in cui era stata appena compiuta la fusione dei due Nicola.
L’identificazione dell’antico martyrion (trasformato in chiesa e monastero bizantino) con la domus della santa Sion dovette apparire naturale ai Myresi stessi, se questi non fecero sentire la loro voce discordante al momento dell’identificazione dei due Nicola.
Questa identificazione delle due personalità fu consacrata, come si è visto, dal più grande agiografo bizantino, Simeone Metafraste (980 c.), che a proposito della manna si espresse con notevole sobrietà: Ivi scorre un balsamo, anche ai nostri giorni, rimedio ai mali dell’anima e del corpo.
Il fenomeno della manna fu presto conosciuto in Germania.
Otloh, nella Vita IV, parla a due riprese della manna.
Dopo aver narrato la morte del Santo ( §15) e accennato ai miracoli presso la sua tomba, aggiunge: Infatti dalla sua tomba scaturisce un olio la cui natura è simile a quella della luce, di modo che grazie a questo segno vengono illuminate le opere del passato e sono comprovate quelle future, poiché sana tutti gli infermi.
Successivamente ( §16) riprende l’episodio del vescovo di Myra ingiustamente espulso con la conseguente interruzione del rivolo della manna (sacri liquoris stillicidia).
Nello stesso periodo anche gli innografi greci dell’Italia meridionale cantarono questo prodigio. S. Bartolomeo Junione (981-1055), ad esempio, nell’ode IV del suo canone in onore di S. Nicola, scriveva:
Essendo tu profumato
dell’unguento delle virtù, o beatissimo,
degnamente ricevesti da Dio il governo della città dei Myresi,
ed ivi stabilendoti
profumasti il mondo intero
con la fragranza dei tuoi miracoli.
Ed ora versando unguento
dalla tua tomba emanante profumo,
profumi anche noi.
Il culto di S. Nicola dunque era già diffusissimo prima della traslazione delle sue reliquie a Bari.
Già prima di questo evento aveva raggiunto per esempio l’Inghilterra e la Russia, e circa l’epoca della traslazione si può dire che non ci fosse nazione in Europa (compresa l’Islanda) che non avesse qualche chiesa in suo onore.
Per quanto riguarda l’Italia è interessante il passo di uno dei continuatori della Vita di Giovani Diacono, che scriveva verso il 950:
A poco a poco tanto la sua fama si diffuse tra i barbari, da essere continuamente venerato anche da coloro che non sono battezzati. Crediamo che nel mondo intero non esiste nessun luogo tanto remoto, tanto nascosto e tanto inaccessibile come un eremo, al quale non siano noti i miracoli e la fama del nostro signore Nicola, piissimo confessore. Di ciò sono testimoni non solo tutte le regioni abitate dai Greci, dalle quali e tramandato che abbia tratto origine, ma anche l’intero impero d’Oriente.
Ne sono testimoni anche le molteplici popolazioni barbariche, parlanti lingue diverse, che abitano in quasi tutta l’Africa e che devotamente gli tributano un pio culto. Gli abitanti poi dell’Italia, allietati frequentemente dai suoi miracoli, si sono abituati prontamente, nonostante che abbiano cominciato solo ai nostri giorni, a celebrare solennemente e devotamente la sua festa. Con l’aiuto di Dio, hanno ottenuto di costruire in suo onore e di dedicargli moltissime chiese, per averlo in questa vita come patrono e avvocato e, nell’altra, come intercessore dinanzi al Creatore.
Cosi dopo un inizio incerto, e limitato pressoché alla Licia, nel VI secolo il culto di Nicola era giunto a Costantinopoli.
Nel VII era giunto a Roma, ed anche a Gerusalemme e in Georgia (come sembra indicare il calendario palestino georgiano).
Nell’VIII la sua figura divenne familiare a tutti coloro che vivevano il dramma del rapimento di un congiunto (a causa delle incursioni arabe).
Nel IX secolo raggiunse il suo punto culminante in Oriente e nel successivo in Occidente.
All’incremento del suo culto, specie nel mondo marinaresco, contribuì la confusione col Nicola Sionita, universalmente accolta non solo per la Vita scritta dal Metafraste, ma anche per le raffigurazioni iconografiche degli episodi della vita dell’uno e dell’altro come riferiti alla stessa persona.
In ambito medico con il termine MANNA si indica un succo zuccherino estratto dal fusto dell'orniello o fraxinus ornus che è una pianta della famiglia delle Oleacee che spontaneamente cresce nei boschi e nelle macchie italiane, venendo invece specificatamente coltivata in Sicilia ed in calabria.
In pratica la MANNA furiesce a guisa d'essudato dalla corteccia e ciò accade sia in modo naturale (a causa delle ferite prodotte nel tronco da un insetto, la Cicada orni) che per via di apposite incisioni praticate dai suoi produttori allorché la pianta ha raggiunto l'età di circa 10 anni.
La MANNA CANNELLATA è la più pregiata che si trova in commercio ma si citano altresì la MANNA IN SORTE, che non è pura ma mescolata a sostanze estranee, ed ancora la MANNA IN PANI ottenuta per via di filtrazione.
essa contiene mannite o mannitolo (dal 40% al 90% a seconda della qualità) e stachiosio (dal 10% al 16%): ha sapore dolce, certamente gradevole e risulta solubile in acqua.
Viene utilizzata quale blando purgante specialmente per l'età pediatrica o viene utilizzata onde confezionare la mannite. Altri essudati fruiscono comunque della denominazione base di MANNA e si possono ricordare la MANNA DELLA PERSIA che si ottiene da una leguminosa ed ancora la MANNA D'AUSTRALIA ricavata al contrario da una specie di Eucalyptus.