Quando si parla di CASTRATI generalmente ci si riferisce ai cantanti che nel XVIII sec., durante la loro infanzia, venivano sottoposti ad una mutilazione di tipo permanente detta evirazione (asportazione dei testicoli), di modo che il testosterone non avesse il tempo di entrare in circolo nell'organismo, bloccando così il trasformarsi della voce che avviene in tutti durante la pubertà.
Il suo nome autentico era CARLO BROSCHI, nato ad Andria (Bari) nel 1705 (sarebbe morto a Bologna nel 1782).
Aprosio nel contesto delle sue tante curiosità parascientifiche ed erudite,
affrontò anche l'argomento dei MOSTRI CREATI DALLA MEDICINA ANTICA
Infatti questa "operazione" doveva essere effettuata tra i 9 e i 12 anni al massimo.
In questo modo si sarebbero ottenuti cantanti dalle voci sublimi e nello stesso tempo sensuali (così ce le descrivono i cronisti di allora) che non avranno mai più vita, in quanto la castrazione venne proibita nella seconda metà del secolo XIX dopo che dal XVII secolo si era andato sviluppando un ACCESO DIBATTITO sulla moralità o meno di realizzare siffatte voci innaturali soprattutto per le CANTORIE ECCLESIASTICHE.
L'unica testimonianza (non apprezzabile purtroppo) che è giunta di queste voci sono alcune registrazioni effettuate nei primi anni del secolo scorso da Alessandro Moreschi (CD "Alessandro Moreschi l'ultimo castrato " edito dalla Bongiovanni) che fu comunemente definito l'ultimo dei Castrati.
I procedimenti per la castrazione erano svariati: si immergevano i bambini nel latte, o nell'acqua, bollente, dopo essere stati storditi con dell'oppio, si procedeva eseguendo un piccolo taglio nella parte posteriore dell'inguine, dal quale venivano sfilate le ghiandole.
Questa operazione oltre ad essere molto dolorosa non garantiva i risultati.
Le ragioni che spingevano le famiglie a "vendere" i loro figli per questo scopo erano dettate dalla MISERIA.
Infatti i bambini venivano ceduti in cambio di denaro, e così le famiglie ricevevano una certa somma di denaro e contestualmente si trovavano con un figlio in meno da mantenere: non pochi di questi "castrati" si assicuravano peraltro un futuro economicamente tranquillo, ferma restando l'eccezione rappresentata da FARINELLI, di cui si può sopra vedere un RITRATTO, destinato a costituire un autentico caso nella tradizione melodica.
Prese il nome d'arte dall'appellativo con cui era stato sempre chiamato, FARINELLI o FARINELLO in quanto protetto della potente famiglia Farina.
Allievo a Napoli di Porpora, Porporino e Caffarelli iniziò a 15 anni (esibendosi sempre a Napoli nella serenata Angelico e Medoro scritta dal Metastasio e musicata dal Porpora) una carriera di SOPRANISTA che l'avrebbe portato ai vertici della fama.
Idolatrato e pagatissimo FARINELLI trionfò nei principali teatri d'Italia e d'Europa, ricoprendo un ruolo di primo piano (assieme alla Cuzzoni ed al contraltista Senesino) nella disputa tra Porpora e Haendel.
Difronte alla crisi dell'operistica italiana FARINELLI si trasferì quindi a Madrid dove risiedette per nove anni da 1737, divenendo l'idolo incontrastato del re Filippo V a servizio del quale svolse molteplici ruoli da quello di cantante a quelli di impresario, direttore teatrale e persino segretario particolare.
Essendo personaggio di garbo, per nulla altezzoso e capace di farsi amare, FARINELLI godette anche della stima del successore di Filippo V cioè del nuovo re di Spagna Ferdinando IV.
FARINELLI non giunse invece gradito al nuovo sovrano del 1759 Carlo III ed allora decise di lasciare Madrid: raggiunse subito Napoli ma presto si trasferì a Bologna (1761) e nella villa splendida che si fece costruire intrattenne amichevoli contatti coi più prestigiosi personaggi della sua epoca.
Stando a quanto scrive Burney "la voce di FARINELLI non era soltanto di prodigiosa agilità, tanto da poter competere con un clarino, forte e di grande estensione, ma si piegava all'espressione degli effetti con toccante tenerezza (vedi: R. Bouvier, Farinelli chanteur des rois, Parigi, 1943).
CASTRATI
APROSIO, riprendendo i
DETTATI GIURIDICI ECCLESIASTICI seppur caricandoli di iridescente provocazione oratoria, affrontò il tema degli
EVIRATI o CANTORI CASTRATI
(peraltro destinati a sopravvivere nella costumanza religiosa e nell'operistica laica attraverso
MOMENTI FULGIDI
sin al tramonto novecentesco del barbaro uso con l'
"ULTIMO DEI CASTRATI").
Sviluppò le sue elocubrazioni in un'
****AMPIO SETTORE****
della sua GRILLAIA...,
per cui, anche se ad una lettura di superficie il frate sembra aver sviluppato soprattutto un discorso
GIUOCO LINGUISTICO ED ERUDITO SULL'IRIDESCENTE E CAPRICCIOSO TEMA DELLE VARIANTI SESSUALI E SENSUALI,
in dipendenza di un'INDAGINE
più approfondita si evince la sostanziale essenza della dissertazione quale un variegato assunto
predicatorio contro la colpevole creazione di
MOSTRUOSITA' INNATURALI CREATE DALLA CUPIDIGIA UMANA.
Per quanto Aprosio non rinunci a certi estri di funambolismo letterario la globalità del discorso si erge quale indubbia
RIPROVAZIONE INQUISITORIALE AVVERSO LA CASTRATURA ONDE OTTENERE VOCI BIANCHE PER LE CANTORIE
Sulla base di alcuni testi di diritto canonico e come può specificatamente notarsi tramite la lettura di questo
TESTO DI DIRITTO CANONICO
specificatamente in merito al capo intitolato
DE MUTILATIS
del
EXAMEN CONFESSARIORUM
TOM. I, PARS II = VEDI P.217, COL. II, I PARAGRAFO, V RIGA DALL'ALTO
OVE SI PARLA ESPRESSAMENTE TRA LE FERITE E LE MUTILAZIONI ARRECATE
LA SCOMUNICA PER CHIUNQUE SOTTOPONGA IL PROPRIO FIGLIO ALLA
"CASTRAZIONE"
.
Pur rifacendosi come qui spesso accade a quanto scrive l'agostiniano di Ventimiglia sul tema dell'Evirazione vale la pena di menzionare qui ancora quello che nell'opera appena citata ha riportato il
POTESTA'
operando dei distinguo sul tema, distinguo che coinvolgono come scritto i padri che fanno evirare i figli ma anche quei religiosi che per un paranoico concetto della castità e/o per frenesia mistica
giungono ad autocastrarsi o a farsi castrare per non commettere reato di impudicizia e sfuggire alle tentazioni cosa riprovata e condannata relegata nel campo delle irregularitates ( cosa che volenti o nolenti viene trattata indirettamente, in modo apparentemente buffo, tragico o stravagante a giudizio diverso dei lettori come nel caso di Combalo trattato da Angelico stesso nel Cap. XXV della Grillaia, quasi a rimandare simile costumanza ad antiche motivazioni pagane).
Il citato
POTESTA'
nella sua mentovata opera riprendendo il discorso sui
CASTRATI
citando autori ed interpreti, sia teologici che giuridici distingue infatti, prescindendo dalle riflessioni sui Padri venali, tra
QUANTI SI EVIRANO PER FUGGIRE A TENTAZIONI CARNALI
E CHE REPUTA COLPEVOLI PER IRREGULARITAS
COME QUI SI VEDE
ed al contrario
QUANTI SI EVIRANO PER FORNIRE ALLE CANTORIE ECCLESIASTICHE
"VOCI ANGELICHE DA EVIRATI CANTORI"
E CHE ALCUNI INTERPRETI COME QUESTO NON REPUTANO
COLPEVOLI PER
IRREGULARITAS
.