Anche presso la Serenissima Repubblica di Genova oltre che l'Urna lignea per le denunzie anonime ( di cui si legge già negli Statuti Criminali del '500 in merito al Capitolo I del Libro II o Delle Pene che dettava tra l'altro "...entro la Cattedrale di S.Lorenzo o chiesa metropolitana, e nelle Parrocchie di castelli o cittadelle fortificate, sia deposta un'urna lignea in cui ognuno possa introdurre, annotate su un foglietto, tanto le generalità di qualsivoglia bestemmiatore o degli eventuali testimoni, come le coordinate spazio-temporali del delitto perpetrato. Le chiavi di tale cassa verranno conservate, in Genova, dai soli Procuratori mentre nei centri minori del Dominio le custodiranno i Deputati locali eletti dall'Università o Comunità degli abitanti. Solo una volta alla settimana sarà lecito aprire la cassa ed investigare le delazioni segrete onde vedere se vi sia da intervenire tempestivamente avverso qualche malfattore...) esisteva pure la Bocca della Verità (come si vede nell'immagine sopra dell' esemplare sito presso il Palazzo Ducale cioè la Residenza del Doge di Genova anche se questa "lapide era deputata come si legge per le delazioni segrete ai Supremi Sindicatori e non ai Giusdicenti in Generale e nemmeno all'Inquisizione per cui valeva preferibilmente la citata "Urna Lignea") = più ramificato ed assai vario nelle forme era
l'utilizzo di queste "Bocche" pubblicamente esposte
a Venezia e dette -pur con la stessa funzione delatoria- nome di Bocche di Leone.
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Era un'epoca in cui l'anonimato (il "Vivere in Maschera") era un mezzo per sopravvivere e vendicarsi: e di ciò avevano timore -in ragione dei contenuti delle loro opere- gli stessi scrittori servendo tal forma di delazione ad entrambe le Leggi cioè dello Stato che della Chiesa: ed è per questo che fu frequente sempre a fronte delle Denunzie e quindi della Censura sia dello Stato che della Chiesa che si ricorse spesso dall'anonimato alla pseudonimia sin alle scritture cifrate ecc. fatto che caratterizzò -ma certo non lui solo- il frate ventimigliese Angelico Aprosio.
L'anonimato non era però esclusivo del denunziare cercando di non esporsi, avveniva anche in altri campi tra cui merita una citazione il caso della "Ruota degli Esposti" ove in teoria i poveri e specie le ragazze disperate e sole potevano abbandonare i figli nati fuori del matrimonio evitando loro -affidandoli a strutture assistenziali escclesiastiche- una vita ben peggiore, spesso vittime dei comprabambini e dei "mercanti di meraviglie" provenienti dalle famigerate "Corti dei Miracoli"; purtroppo -sempre approfittando dell'anonimato- anche famiglie abbienti per non disperdere tra troppi figli i patrimoni ricorrevano alla "Ruota degli Esposti" tanto che la Chiesa dovette intervenire per frenare questi abusi (cosa che oltre che nei documenti e nei decreti era ben sancita da lapidi apposte nei pressi dei luoghi ove solitamente si affidavano i neonati alla pubblica carità come si vede in questa lapide e nel contenuto ammonitorio che vi si legge).