cultura barocca
Vedi immagine del Codex Astensis Il materiale scrittorio (tavolette cerate, papiro, pergamena, carta) nell'antichità attraverso i millenni (l'affermazione definitiva della carta e le grandi cartiere di Voltri nella Repubblica di Genova = in dettaglio la Cartiera di Isolabona della Signoria di Dolceacqua dei Doria e l'influsso della tecnologia araba): l'importanza del materiale scrittorio nel contesto della scolarizzazione attraverso il tempo = le grandi biblioteche pubbliche dell'antichità greca e romana e l'eterno problema di orari d'apertura e chiusura oltre che di regolamento a salvaguardia dei libri = le soluzioni dei tempi di ferro come i "Libri Incatenati o Catenati" (nell'immagine il Codex Astensis o Codice Catenato o Codice degli Statuti di Asti, secolo XIV - ASCA.) e più moderne opzioni -legislative e religiose ma anche criptiche e di messaggistica segreta- come con la Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia (vedi anche dalla digitalizzazione dell' Eusevologio del Piazza l'enorme apparato di biblioteche nell Roma seicentesca)

Molti pensano che la lotta per tutelare i libri nelle biblioteche sia recente ed invece ha una storia antichissima che qui si può leggere = ed a fronte delle umane vicende questa è la lotta lecita, fatta di controlli, regolamenti e leggi, per non parlare, ma questo è un campo diverso che sfocia nell'esoterico, dell'uso di formule magiche contro i perpetratori del sacrilegio del furto entro i templi del sapere.
Restando però nel campo dell'ortodossia non si può comunque far a meno di menzionare i così detti, come nell'immagine, "libri catenati" cioè saldamente ancorati alla struttura biblioteconomica, spesso pesantemente rilegati in legno con borchie metalliche, grandi e addirittura difficili da trasportare, mediamente in folio, qualche volta persino provvisti di un meccanismo di chiusura la cui apertura poteva esser garantita dall'uso di apposite chiavi: e quasi sempre tali da poter esser letti solo utilizzando un robusto leggio = per quanto è oggi noto pur se mai mancano sorprese in campo biblioteconomico, il fatto che libro -qualcosa di talora estremamente prezioso- venisse incatenato e solo dopo reso disponibile alla lettura, risale al XIV-XV secolo (posti sotto chiave e gelosamente custoditi dai responsabili rano precedentemente altri libri come i preziosissimi Statuti Duecenteschi del borgo di Apricale (IM)): tuttora nelle Biblioteche storiche si possono trovare libri incatenati a un anello e quindi ad una solida catena: la costumanza risale attestata alla Biblioteca Vaticana, almeno a partire dal papato di Papa Sisto IV (1471-1484); alla corte di Lorenzo il Magnifico; nella chiesa di Saint-Georges de Sélestat in Francia e tuttora i più preziosi codici della Biblioteca Bodleiana di Oxford sono muniti di catena.
Un caso particolare è costituito poi dal Codice Catenato o Codice degli Statuti (vedi sopra immagine) da collocare in relazione al "Codex Astensis o Malabayla": una raccolta trecentesca di cronache e documenti medioevali, riguardanti la città di Asti che vanno dal 1065 al 1353.
Quintino Sella, ambasciatore italiano in Austria, nel febbraio del 1876, scovò nell'archivio di corte dell'imperatore Francesco Giuseppe, un Codex Astensis detto Malabayla.
In accordo con l'archivista d’Arneth, cercò quanto meno di avere una copia dell’indice dei documenti.
Alcuni giorni dopo, il ministro degli esteri Andrassy, sentito il parere dell’imperatore, offrì il prezioso manoscritto all'ambasciatore italiano in dono, asserendo che: il posto del Codice era Asti, di cui il manoscritto aveva conservato i ricordi gloriosi .
Appena tornato in Italia, il Sella, entusiasta, illustrò l'importanza del codice alla Reale Accademia dei Lincei, della quale era presidente, e ne propose la pubblicazione, avvenuta a Roma 1880 e successivamente nel 1887.
Alla morte di Quintino Sella, gli eredi ne fecero dono al Comune nel 1884. A ricordo di questo, rimane un documento di consegna sulla prima pagina con una miniatura neogotica.
Ai discendenti del cavalier Sella appartiene ancora la prima copia del Codex che, in quanto Prima e riportando annotazioni personali del suddetto, è di enorme valore: è probabilmente una copia più tarda dell'antico Codex Alferii, di cui si conservano una ventina di pagine, presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.
Secondo Renato Bordone, il codice sarebbe stato redatto al tempo di Gian Galeazzo Visconti, anche se l'ultimo documento reca la data del 1353, la presenza tra i territori del Castello di Rocca d'Arazzo passato di proprietà alla signoria Viscontea nel 1379, sposta la manifattura del codice sotto quel periodo.
Il manoscritto, è composto da quaranta fascicoli contenenti 380 fogli in pergamena, scritto in gotico, probabilmente da due calligrafi diversi.
La maggioranza delle illustrazioni, ultimamente sono state attribuite a Giovannino De' Grassi.
Presenta 106 miniature, e 991 documenti tratta nella prima parte della cronaca di Ogerio Alfieri, che narra le vicende della città di Asti dalla fondazione all'anno 1294.
La seconda parte contiene i diplomi, i privilegi e l'elenco delle terre appartenute ad Asti. I fogli 19-20, contengono una carta topografica con la raffigurazione dei dominii di Asti nel periodo medievale.
È sicuramente il manifesto politico di una classe dirigente che si sente erede delle generazioni, che avevano creato la grande Repubblica Astese, e per tale scopo non esitò ad affrontare l'elevato costo di confezione del manoscritto.
Il periodo Visconteo, coincise infatti con una netta ripresa dell'economia astigiana, favorita anche dalla partecipazione tanto di famiglie astigiane guelfe (Solaro, Riccio, Gardino, Malabayla), che ghibelline (Layolo, Roero, Buneo, Asinari, Pallido).
[Parzialmente da "Wikipedia", enciclopedia libera on line]
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