"C'è una belva nascosta nell'antro, una bestia assetata di sangue, che aspetta il tuo passaggio, è un animale immondo e osceno che sta da sempre in agguato...non fermarti mai davanti al buco nero, alla zona morta che s'apre sulle porte dell'Inferno: alla soglia dell'antro ti attende la bestia, che non hai mai visto, che non conosci se non quando muori...non pensare che questo sia solo un sogno, una fiaba, un racconto...dentro la belva stanno nascoste tutte le diversità che il sapiente deve fuggire...e bada che non solo del tuo corpo vuole prendere possesso ma anche della tua anima...per sempre": dentro questa sorta di filastrocca, tanto brutta quanto efficiente per spaventare i bambini, si nascondono in qualche modo gli incubi di Halloween, la vigilia d'Ognissanti, in ambito anglossasone, americano, calvinista e puritano vissuti sull' inconsapevole recupero di mitologie orrorifiche cristiane gradualmente entrate in sincretismo con tradizioni del paranormale precolombiano (La Scoperta del Nuovo Mondo e quindi la graduale cosapevolezza di impreviste leggende quanto di eventi e figure reali (come qui si vede) alimentarono vieppiù il "mito del male" con nuove immagini diaboliche o ritenute tali destinate comunque a rafforzare siffatta "mitologia delle forze oscure" col supporto di tradizioni e superstizioni importate dall'Europa: così che per es. nella "Santeria" o nei riti "Vudu" non mancano di trovarsi antichissime forme di Fattura e Malocchio che addirittura risalgono alla civilta' dei Lapponi e dei Finnici sotto la specie dei "Sagittari Malefici" e delle "Immagini di Cera delle vittime da trafiggere con aghi magici" = : e comunque a riprova della planetaria convinzione di questi espedienti magici vale la pena (anche perchè dopo una notevole tolleranza fu immediata la conseguenza di un deciso inasprimento contro l'astrologia)
è da citare la
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PER CUI ADDIRITTURA DI UN PAPA COME URBANO VIII, AVVALENDOSI DELLA CLAVICULA VERA DI SALOMONE I CONGIURATI, UOMINI DI CHIESA, NE AVREBBERO CERCATA LA MORTE MAGICA CON L'ESPEDIENTE DELLE "STATUETTE DI CERA"
E invero nemmeno il citato inasprimento che questo medesimo pontefice apportò contro le PRATICHE OCCULTE interferì con segrete pratiche di negromanzia e magia visto ancora questo DRAMMATICO PROCESSO DEL '700 IN UN UN RELIGIOSO SI AVVALEVA DI LIBRI MAGICI E OGGETTI DA RITUALE DIABOLICO PER LE SUE FATTURE (IL MATERIALE ABBASTANZA RACCAPRICCIANTE E' VISIBILE ESSENDO SOPRAVVISSUTO DOPO CHE FU ADDOTTO QUALE PROVA DI COLPEVOLEZZA NEL PROCEDIMENTO LEGALE A SUO CARICO COME QUI SI LEGGE).
E del resto, seppur in forma non colta, tutto questo insieme di atteggiamenti avverso plausibili forme di occultismo legate anche a culti dei Gentili dei Pagani lo si riscontra in gran parte del potente folklore cattolico e latino (vedi gli Indici) le cui tracce antichissime provengono sin dalla civiltà pagana e per via di mutazioni e sovrapposizioni hanno interagito soprattutto con la cultura agro-pastorale cristiano-cattolica (vedi gli Indici): l'antro della belva diviene magari - come nel borgo di Dolceacqua - per non andare molto lontano da Ventimiglia sede dell'Aprosiana - il buco del Diavolo dove un macigno consacrato avrebbe dovuto imprigionare per l'eternità il tentatore delle notti: e, così di seguito lungo percorsi d'altura e poi di valle, sino all'agro di Susa, dove il Maligno, nascosto fra le acque del Cenischia presso Novalesa, sarebbe stato pronto ad afferrare gli inermi viandanti od ancora, nelle relative vicinanze, fino all'Orrido di Foresto, dove erano esistiti templi pagani, e dove fra gli anfratti delle rocce la tradizione popolare ravvisò a lungo i segni degli artigli d'un drago infernale inutilmente sbucato dall'ombra ad aggredire il sempre vincente S.Martino [R.CAPACCIO - B.DURANTE, Marciando per le Alpi - Il ponente italiano durante la guerra di successione austriaca (1742 - 1748), Cavallermaggiore, Gribaudo (poi Paravia-Gribaudo poi Paravia), 1993, p. 231: sterminati, come suggerisce l'indagine toponomastica, furono in ambiente cattolico gli insediamenti cultuali pagani, in questo caso di tradizione celto-ligure-romana con qualche estrema interferenza druidica, che il Cristianesimo profanò - seguendo i dettami di papa Gregorio Magno e valendosi dell'apostolato benedettino - esorcizzandone in negativo ogni superstite traccia di spiritualità, spesso ricorrendo, in un circolo quasi vizioso di rovesciamenti e sovrapposizioni liturgiche, all'idea della "grotta", dell'"antro", o del "gorgo divoratore" - che nel mondo delle acque è poi equivalente perfetto del buco nero in cui si celerebbe spesso e volentieri il "male", qualunque sia la forma assunta, volta per volta) .
In primo luogo verrebbe spontaneo cancellare queste memorie, riandando colla mente alle sciocchezze d'un certo occultismo contemporaneo, costruito appunto sui ruderi di quel vecchio folklore, ma poi, a ben leggere, si intravvedono paure e timori reali, trasformati in miti e favole angoscianti dalla tradizione popolare: e, ad un'analisi ancora più attenta - insensibile alle primigenie valenze salvifiche conferite, nell'opinione corrente, a siffatte "litanie" e "leggende" - si individuano spettri ben più reali dell'Orco fiabesco, dell'Uomo Nero o (ultimo in materia, ma spettacolarmente così energico da "emigrare" entro una pur superficiale visione orrorifica mediterranea) di Nightmare, l'ossessione che proprio da Halloween trae oggi la valenza del gioco esorcizzante quanto nel passato costituiva la forma estrema dell'angoscia.
Questi spettri, in realtà, hanno da sempre un buon retroterra storico nell'inconscio collettivo che comporta l'avversione per ogni forma di Diversità: la "belva dell'antro", come si è appena detto sopra, è davvero quanto non si conosce nè in verità si vuol conoscere perchè costituisce qualche cosa di diverso rispetto alla presunta Normalità della morale che governa, per settori e quasi a frammenti, il mondo conosciuto, quello cui però, caso per caso, si appartiene e che comunque si deve rispettare, poco importa quindi che sia una morale cattolica, luterana o calvinista od altro ancora, quasi all'infinito se mai fosse possibile.
Nel titolo di questo lavoro si elencano, solo in parte, alcune Diversità che sono state (e forse talora sono) alla base di autentiche fobie collettive, appunto delle tante belve nascoste nell'antro delle coscienze: e sono in più di un caso paure indomabili, che vanno da quelle medievali per i Demoni sin ai rigurgiti tremebondi di un Razzismo che nasce sempre e comunque dalla paura verso quanto e, soprattutto, verso chi non si conosce.
Riconducendo la riflessione in termini razionali si può dire che tutto il lavoro che segue è in fondo una costruzione storica e filosofica sul quasi sempre impossibile rapporto tra uomo-norma e uomo-scarto dalla norma: e già questi stessi presupposti del ragionamento non sembrano fausti e probabilmente non sarà mai loro destino diventarlo!
In teoria un discorso sulla Diversità non si dovrebbe neppure organizzare perché l'individuo intelligente (non stiamo neppure a scomodare il credente o l'uomo di fede vera!) dovrebbe trovarsi nella facile condizione di negare valore alla Diversità, disperdendone i significati alla luce di almeno cento filosofie: di modo che, al limite, si potrebbe anche affermare che se uno si mette a discutere dei Diversi - quando ne riprova pubblicamente la codificazione e per onestà intellettuale e per credo morale - in definitiva qualche dubbio, nascostamente e forse impudicamente, in sè pur lo deve invece nutrire, magari su un qualsivoglia, anche minimo, valore involontariamente conferito alle Diversità.
Per troncare alla radice un pensiero che pare già evolversi nei miasmi della tautologia, bisogna dire che chiunque, per quanto impegnato e perfetto sia [cosa che non credo mi riguardi!] può anche, personalmente e in senso teoretico, negare valore filosofico o, meglio ancora, morale all'idea di Diversità - pure alla faccia di Platone e del platonismo tutto - ma che, purtroppo, egli non sarà mai in grado di rifiutarle consistenza storica, cioè un'efficienza, resistente con straordinaria tenacia sin all'oggi; come a dire che "se posso ben sostenere che non esistono un uomo bianco ed un uomo nero diversi per colore, diritti e quindi stato etico-sociale ma solo due uomini assolutamente uguali per quanto distinti da elementi somatici ininfluenti sul complesso filosofico del diritto, alla stessa maniera non posso negare, che per secoli e intere civiltà, questa e tante altre differenze hanno costituito, e costituiscono, un modo certamente deprecabile quanto drammaticamente reale, di concepire e sclerotizzare, a favore di una specifica etnia dominante, una particolare socialità".
Ed ecco allora la ragion prima di questo lungo saggio che vuole ricucire la storia delle Diversità, tanto biasimevoli a dirsi quanto sentite in molteplici contesti culturali, e studiare nella loro incredibile varietà parte dei limiti umani che si son superati e parte fra quelli che ancora si debbono sconfiggere, per sconfiggere ogni volta un pò di più (per sempre ed in maniera definitiva - lo si è già detto - sembra quasi un'utopia, al giorno d'oggi almeno!) la "belva che sta nell'antro" e che ha creato nel passato i Cacciatori di streghe come in un relativo presente ha salvaguardato i Cacciatori di Negri mascherati da frati guerrieri nel circolo superstizioso dello squallido Ku-Klux-Klan.
Questo per premessa, ma il discorso è lungo ed anche settoriale, eminentemente per necessità di spazio: ma, poichè l'avversione per chi non è "come noi" e quindi " come si dovrebbe" (sic) è ancora molto diffusa e si ramifica tuttora, con sorprendente vigore fra giovani anche acculturati , vale la pena di ripercorrere il dibattito sulle Diversità - estremizzato e divenuto quasi angosciante nella frenetica età intermedia e in particolare fra '500 e '600 invece che, come s'usa credere ed insegnare, nel Medioevo - frequentando con una certa attenzione lo smisurato materiale documentario che su tale questione può offrire una monumentale biblioteca storica come è proprio l'Aprosiana di Ventimiglia.
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Tra i tanti libri rari e preziosi che si possono consultare nel fondo antico della Biblioteca Aprosiana non sfuggono molte opere di varia erudizione il cui comun denominatore è in qualche modo costituito dalla ricerca del prezioso, dell'eccezionale, di ciò che parlando in termini estetici strettamente barocchi e marinisti è destinato "a far inarcare le ciglia", per lo stupore, anche al lettore più smaliziato.
E' fuor di dubbio che i prodotti librari in grado di rispondere maggiormente a queste esigenze "sono" ed in gran parte "erano" i volumi di argomento esoterico e quelli che trattano questioni meramente scientifiche ed in particolare di scienze naturali.
In merito al primo caso, quello cioè di volumi dedicati al campo dell'occulto, è abbastanza semplice la ragione per cui conviene usare quel verbo "essere" all'imperfetto indicativo, con quell' "erano" che in un certo modo costituisce un programma di scelte.
Oggi, dopo secoli di illuministica dissacrazione, la scienza dell'occulto è stata infatti ridimensionata o comunque relegata entro gli ambigui confini del paranormale, là dove le sue, un tempo, indiscutibili verità - quando non vengano manipolate da veggenti od occultisti improvvisati a caccia di gonzi - sono diventate curiosità d'erudizione moderna, fascinosa ricerca del "misterioso" che attrae o stupisce od altrimenti, soprattutto se quei libri vengono analizzati in un contesto ideologico fortemente politicizzato o razionaleggiante, risultano retaggio discutibile di superstiziosi tormenti e triste limbo culturale in cui si sono prodotti molti spettri ed altrettanti mostri dell'inconscio umano.
La Biblioteca Aprosiana è ricca di questo genere di pubblicazioni che per generazioni di studiosi, ecclesiastici, filosofi ed inquisitori hanno rappresentato le colonne su cui innestare l'intiera ideologia del loro credo, ai limiti - frequentemente - del delirio, individuale ma anche collettivo, sopra le oscure forze emergenti dall'oltretomba sotto vesti diabolicamente imprevedibili quanto odorose di zolfo.
Non v'è che da scegliere fra gli armadi della grande biblioteca, anche se, onde evitare il facile giuoco delle tentazioni per l'iridescente citazione del libro straordinariamente raro od eccentrico, basta concentrare l'indagine, per riassumere il concetto ed elevarlo a dimensione assiologica, su due caposaldi della letteratura controriformistica o, in senso più esteso, demonologica.
Da un lato è semplice citare un'edizione (ma non è l'unica dell'Aprosiana) particolarmente aggiornata di quel caposaldo della caccia alle streghe che fu tristemente noto come il "Maglio o Martello delle Streghe". Si tratta dell'opera, a fine quattrocento, esperita, su incarico dello stesso Soglio pontificio, da due domenicani tedeschi, tali Sprenger ed "Institor", opera poi destinata ad arricchirsi di glosse, giunte e parti nuove con il secolare intervento d'ulteriori teologi, sino a questa "moderna" e completa edizione (Lugduni, sumptibus Petri Landry, 1614) dal titolo di Malleus Maleficarum ex variis auctoribus concinnatus et in tres tomos distinctus...qui fustis daemonum, inscribitur nunc primum reliquis adiectus est cum fuga Satanae...["Il Martello delle Streghe estratto da vari autori e diviso in tre tomi, l'ultimo dei quali intitolato Bastone dei Demoni, ora per la prima volta aggiunto agli altri insieme alla fuga di Satana"]: questa enorme impresa tipografica, dal titolo già suggestivo in sè, nei testimoni di stampa anticipa, di neppure un decennio, un'altra preziosità della Biblioteca intemelia, il Sacro Arsenale [overo prattica dell'officio della Santa Inquisitione, in Genova, per il Pavoni, 1621] un testo (di Eliseo Masini) in cui le disquisizioni esoteriche ed interpretative si devono fondere coll'indagine giuridica che, a sua volta, prelude alla via lastricata di sangue delle torture, dell'abiura, degli Atti di fede, delle esecuzioni capitali che segnarono le tragiche vie tanto della caccia a streghe, maghi ed untori quanto delle persecuzioni dell'Idra eretica.
A questo smisurato campo di informazioni libresche concorrono naturalmente molte altre pubblicazioni che lo spazio qui a disposizione permette solo di indicare a cenni e per categorie: come dimenticare tuttavia i tanti volumi dell'Aprosiana in cui si inseguono apertamente, ora con facezie ora con drammatica serietà, tematiche sovraccariche di misoginia, di retrivo antifemminismo, di ricerca esasperata dell'eccezionale da perseguire od evitare, del mostro - di natura o no - da relegare nel campo di quanto, in maniera quasi inossidabile, costituì e costituisce le fondamenta della paura per le diversità, quelle diversità che tristemente preludono all'icona dell'Uomo Nero?
Ed ecco dunque che, se all'inizio di questo scritto si è fatta menzione alla necessità d'usare il verbo "erano" onde segnalare libri oggi, per la maggior parte dei lettori, motivo di incredulità, anche per la straordinaria sequenza di banalità in essi contenuta, cui purtroppo schiere di seriosi dottori in legge e filosofia prestarono un tempo fede assoluta, ora, passando ad un altro genere di libri, i verbi "erano" e "sono" possono invece coniugarsi contestualmente per alludere alla comune reazione di meraviglia che di fronte ad essi ebbero ed hanno, e forse per parecchio ancora avranno, i lettori di tante generazioni e di tanti sviluppi ideologici.
Si va parlando di quelle pubblicazioni che - a cavallo di un magismo il quale pur sempre lascia perplessi e di un apporto scientifico che si destreggia ancora a fatica tra sogno e realtà - meritano davvero l'appellativo di straordinarie, in quanto, se risultano superabili o comunque superate per vari aspetti meramente razionali ed empirici, conservano la valenza del documento strabiliante che, per quanto liberato dagli orpelli d'una fantasia accesa, continua a produrre messaggi importanti sotto il profilo delle informazioni rare, del folklore, della trattazione che induce a riflettere sui contorni, spesso assurdamente tragici, della vicenda umana.
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