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cultura barocca
Riprod.e informat.di B. E. Durante

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Nel contesto delle polemiche italiane ottocenteste pre e postunitare, con relativa pubblicistica, tra Clericali ed Anticlericali fiorirono numerose STAMPE ANTICLERICALI SOPRA QUI ELENCATE MA ORMAI PIUTTOSTO RARE in merito alle quali se pare giusto rammentare come le PASQUINATE AVVERSO IL POTERE TEMPORALE DEI PAPI continuassro ad essere proposte in quest'epoca di grandi tensioni ma in un contesto specifico e chiaramente contemporaneo all'epoca risulta altresì opportuno rammentare alcuni scritti ed in primo luogo, non mancando grandi aspettative dopo l'ascesa al soglio di Pietro di Papa Pio IX l'- Orazione scritta alla Santità di Pio IX scritta dall'avv. A. Pizzoli [in merito all'arretratezza dello Stato Pontificio (testo integrale commentato)] facendo però seguire le ben più acri e meno speranzose osservazioni di
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che già ne La protesta del popolo delle due Sicilie condannando l'arretratezza dell'Italia meridionale e la responsabilità dei Governanti espresse un SEVERISSIMO GIUDIZIO SU FRATI E PRETI, SPECIE SU QUELLI OPERANTI A NAPOLI criticandoli anche perché limitanti la libertà di stampa come nel caso più eclatante di Gaetano Royer e mantenendo il popolo a livello di analfabetismo sfruttandone l'ignoranza per i propri interessi . A siffatte considerazioni di carattere socio - politico, il Settembrini fece in tempi posteriori seguire, in un contesto prettamente letterario, al glorificante giudizio su preti e frati di
ALESSANDRO MANZONI entro I PROMESSI SPOSI
romanzo comunque giudicato entro il CAPITOLO LXXXXIX: "LA RIVOLUZIONE INTERIORE. IL MANZONI" delle sue LEZIONI DI LETTERATURA ITALIANA ( volume terzo da pagina 304 di questa edizione) un autentico capolavoro d'arte, superiore a tutte le altre opere del Grande Lombardo qui elencate ma con la valenza a giudizio del critico napoletano di LIBRO PROPRIO DELLA REAZIONE RELIGIOSA. Testo critico in cui il Settembrini, non senza un po' di veleno, riporta sugli uomini di Chiesa del '600 questo durissimo giudizio di Cesare Cantù, che sostenne -tra alcune critiche del Settembrini -la superiorità morale dei religiosi del XIX secolo rispetto a quelli del XVII e che di questi ultimi denunciò "Le grandi riforme del zelante Carlo Borromeo vi lasceranno credere che si tornasse in oro lo squallore del tempio; ma ancora sotto il cardinale Federigo, Francesco Rivola oblato ci assicura che radi erano i buoni preti in comparazione dei cattivi" . riforme che non impedirono ad alcuni religiosi di giungere al limite di attentare ad entrambi i cardinali e addirittura di perpetrare furti ed omicidi nella sua stessa chiesa come fece il Prevosto di Seveso, celando nei sepolcri della stessa i cadaveri delle sue vittime fatti questi riportati dal Cantù ed in grado di indurre il Settembrini ad affermare dunque allora, ed in Milano, i chierici erano cattivi come i laici; e se io dirò che in Milano e per tutto il mondo cattolico essi erano peggiori, perché la corruzione era cagionata da essi, il male esempio veniva da essi, io dirò cosa detta proprio dal Cardinale Federigo Borromeo. Dunque mi pare che il Manzoni si trovi in opposizione on la storia e col Cardinale .
Sostenendo poi il Settembrini
in un altro passo della sua disanima come solo il pauroso e un po' comico curato Don Abbondio risultasse nel romanzo l'ecclesiastico più credibile per quanto il Manzoni si fosse pentito di averlo inserito entro la storia da lui narrata registrando però poi in nota lo stesso studioso nelle edizioni, come quella usata da "Cultura Barocca", successive al 1872 una lettera datata 8 luglio 1872 d'un erudito suo lettore da cui verrebbe spiegata la motivazione per cui i frati dal Manzoni fossero anteposti ai preti cioè ai secolari lettera anonima [o di cui per qualche ragione il Settembrini non ha citto il mittente] che si conclude con l'asserzione Se vi capita di ritornare sull'argomento, apprifittate di questo riflesso, che viene da chi precisamente nel 1829 si trovò immischiato in questa lotta di antagonismi sacerdotali, e vi parla con piena scienza e coscienza delle vicende di quell'epoca miserrima.
Per quanto concerne le altre opere manzoniane il Settembrini le ritiene tutte ispirate dal medesimo sentimento che ispira il romanzo senza eguafliarne la grandezza ed il critico giunge addirittura a giudicare brutta tragedia l'Adelchi ispirata al principio che "I Longobardi sono nemici dei Papi, quindi ogni Longobardo è cattivo" mentre a suo pare l'aggressione dei Franchi ai Longobardi che tanto ormai avevano in comune con gli Italiani fu voluta dal Vescovo di Roma per tutelare, come altri Vescovi, il suo ruolo di feudatario sì da invocare il soccorso di Carlo Magno che distrusse il Regno Italico compensando il Clero col donativo di feudi e rendendo possibile un "avvenimento che fu una delle più grandi sventure italiche", facendo di tale impresa una delle più belle glorie di Carlo Magno e come uno dei più grandi benefizi che il Papa fece all'Italia, liberandola da una razza di oppressori spietati. A riguardo degliInni Sacri sempre il Settembrini li definisce "superiori a tutte le poesie sacre che abbiamo , ma non sono popolari, non facili né schietti ma vogliono essere le sacre canzoni, e come erano la Laudi antiche sono riflessi, difficili, a volte oscuri concludendo poi la sua disanima critica con la frase Alessandro Manzoni per me è simile al suo bel Federico Borromeo, uomo di raro ingegno, di cuore ottimo, sa tante cose, le dice tanto bene, ma santo da metterlo sugli altari no" continuando a trattarne, citando la visita da lui fatta in Milano al "Gran Lombardo" e scusandosi delle critiche fatte ma ritenute una necessità da trasmettere al xx secolo , affermazione non da tutti compresa ed apprezzata sì da suscitare molte reazioni anche della stampa al punto che un individuo propose di organizzare "un concilio per scomunicarlo, riprovarlo solennemente, metterlo al bando della Letteratura e della Civiltà" .


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Luigi Settembrini :atriota e letterato italiano (Napoli 1813 - ivi 1876). Intrapresi gli studî giuridici, si dedicò in seguito, come allievo di B. Puoti, agli studî letterarî; nel 1835 conseguì la cattedra di eloquenza a Catanzaro, dove fondò, insieme a B. Musolino, la setta dei Figliuoli della Giovine Italia. Arrestato nel 1839, conservò la cattedra fino al 1841, dividendosi poi tra l'insegnamento privato e l'impegno politico, che ispirò il suo opuscolo antiborbonico Protesta del popolo delle Due Sicilie (pubbl. alla macchia nel 1847). Riparato a Malta, S. tornò a Napoli dopo la concessione della costituzione (1848) e fu tra i fondatori della società segreta Unità italiana, la cui attività gli valse un nuovo arresto e la condanna a morte (1849). Commutatagli la pena nell'ergastolo e poi nell'esilio negli USA (1859), riuscì con l'aiuto del figlio a raggiungere l'Irlanda, dove rimase fino al 1860. Stabilitosi definitivamente a Napoli, fu ispettore generale della Luogotenenza e dal 1862 professore di letteratura italiana presso la locale università; fu senatore dal 1873. Frutto del suo insegnamento furono le Lezioni di letteratura italiana (3 voll., 1866-72); ma il suo nome resta soprattutto legato alle Ricordanze della mia vita (post., con prefazione di F. De Sanctis, 1879), documento di spontanea limpidezza d'animo, tradotta spesso in accenti di schietta maestria artistica.