Il RIO SEBORRINO è un affluente del Nervia che nasce a pochi Km. dal sito nervino, sulle alture a levante del corso d'acqua, in linea col Ponte dell'Amicizia che congiunge la provinciale del Nervia, fin a quel punto calco presumibile dell'antico tragitto romano per l'entroterra, e la via delle Braie nel sito di Camporosso Mare appendice costiera del borgo nervino di Camporosso.
Gli archeologi Rossi e Barocelli ritenevano che esso costituisse la sorgente dell'ACQUEDOTTO (o meglio degli ACQUEDOTTI [vedi qui i reperti]) di Ventimiglia Romana divenuta centro urbano di discreta dimensione e bisognoso di un comodo rifornimento idrico: probabilmente prima della realizzazione degli acquedotti oltre a forme diverse di prelievo manuale di acqua dal Nervia si ricorreva alla tecnologia greco-romana delle cisterne per la raccolta di acqua piovana.
Però nelle vicinanze del ruscello non si son trovati reperti né del più recente acquedotto di epoca imperiale né di quello più piccolo del tardo periodo repubblicano di cui, procedendo verso Nervia, saltuariamente e per tratti di diversa lunghezza, si son pur trovati discreti reperti in vari siti da molto tempo sottoposti a quei ripascimenti agricoli che certamente attraverso i secoli hanno in buona parte contribuito alla demolizione delle condotte degli acquedotti.
Alla luce delle attuali conoscenze sul campo si è potuto solo rinvenire, presso un vecchio frantoio, la GALLERIA DI CAPTAZIONE del RIO SEBORRINO (per gli ACQUEDOTTI), destinata a convogliare verso valle le acque del torrente: si tratta in definitiva di un tunnel lungo circa 40 m. con copertura a volta in calcestruzzo e con pareti scavate nella roccia su cui, a distinti livelli, si individuano i depositi calcarei lasciati dallo scorrere della acque.
La galleria si apre a N. con un arco di 2,90 m. di luce ed a S. con un arco di 3,20 metri: il fondo è ghiaioso e verso la fine del tunnel è individuabile uno sbarramento, una sorta di chiusa realizzata con blocchi di pietra dalle misure di circa 1 m. di spessore (non si può dire in assenza di conforto documentario per una datazione a che epoca risalga qusto muro: potrebbe benissimo trattarsi di un intervento edile medievale connesso alla necessità di deviare l'acqua per il rifornimento di forza motrice al frantoio di cui si è fatto cenno).
Da lì, seguendo i dolci pendii del sito, DUE ACQUEDOTTI scorrevano verso valle.
L'ACQUEDOTTO SUPPOSTO DI ETA' REPUBBLICANA, caratterizzato dalla tecnica dell'emplecton è più piccolo ma l'uso della calce sembra farlo datare all'epoca di Silla o di Cesare quando si edificarono le mura della città nervina.
L'ACQUEDOTTO MAGGIORE, realizzato in OPUS CERTUM e internamente rivestito di cocciopesto sembrerebbe, per tipologia e tecnica edile, da datare tra fine I e inizi II sec. d.C. quando l'incremento urbanistico di Ventimiglia romana e la costruzione dell'apparato termale -in cui si riconosce un tratto dell'acquedotto imperiale- determinarono un aumentato fabbisogno di acqua: al momento non è facile dire se il condotto imperiale abbia sostituito quello repubblicano o, cosa più probabile, se i due, che spesso correvano affiancati, per quanto si è potuto analizzare sul campo nelle varie proprietà degli attuali siti in cui se ne son trovate tracce, si integrassero: M. RICCI, Osservazioni sull'acquedotto di Albintimilium in "Rivista Ingauna Intemelia", 1986, pp.22-30).
E' pure arduo sostenere con quale meccanismo gli acquedotti entrassero in città anche se si è avanzata l'ipotesi che, come accade per Forum Iulii, essi si servissero del percorso delle mura repubblicane ormai demolite o sostituite con moderni edifici.
Purtroppo in mancanza di scavi si deve procedere parzialmente per ipotesi come a riguardo della collocazione del CASTRUM (CASTELUM - CASTELLUM) AQUAE [la grande cisterna per la raccolta e la distribuzione delle acque potabili in forza di condutture anche costituite da fistulae (tubi di piombo)] che, stando alle rilevazioni del Rossi e del Lamboglia, visto che da esso procedevano poi le varie diramazioni idriche per i diversi servizi della città, doveva trovarsi di necessità nella parte più alta possibile del complesso urbano, forse presso le mura di N.E. dell'abitato, laddove il Rossi aveva scoperto un condotto: non è da escludere che fosse sito nell'area del medievale Castello di Portiloria e quindi del predio Orengo (poi forte/ ridotta Orengo rinforzata dal Barone di Leutrum ai tempi settecenteschi della Guerra di Successione al Trono imperiale d'Austria), già
prebenda vescovile, nell'area a settentrione dell'attuale via Aurelia, un po' sopra l'attuale chiesa parrocchiale nervina di Cristo Re.
La tipologia architettonica del CASTELUM AQUAE degli ACQUEDOTTI di Ventimiglia Romana, fatte salve alcune distinzioni determinate dal sito in cui veniva eretto, rispondeva comunque nella romanità a criteri abbastanza uniformi: così che a titolo di documentazione si può recuperare il superstite complesso del CASTELUM AQUAE della città di Pompei, che al pari di Ventimiglia romana era un centro demico provinciale, per quanto lussuoso, con una popolazione forse prossima a quella della città ligure (20.000 abitanti): non dissimile, a maggior ragione per la specificità idrodinamica e per la strutturazione tecnica, doveva poi essere, forse ancora a maggior ragione, tanto l'aspetto INTERNO che quello ESTERNO del CASTELUM AQUAE intemelio, qui ancora ricostruito sulla base dei reperti che una spaventosa eruzione vesuviana del I secolo d. C. ci ha conservato in merito alla cittadina campana di Pompei.