Informatizzazione a cura di B. Durante

L'immagine sopra proposta è quella di un PASSAPORTO ROSSO (così detto dal colore della legatura), il DOCUMENTO assegnato, quale MARCHIO DI PRIMA IDENTIFICAZIONE, da parte del MINISTERO ITALIANO DEGLI AFFARI ESTERI a tutti quei CITTADINI DEL REGNO D'ITALIA che espatriassero nella dichiarata intenzione di EMIGRARE (in maniera stagionale, periodica o definitiva) verso qualsiasi PAESE STRANIERO.
Assieme a questo fondamentale STRUMENTO DI IDENTITA' essi erano provvisti di un LIBRO D'ISTRUZIONI in cui, tra l'altro si leggeva: ...L'emigrante tenga un contegno serio e riguardoso verso tutti e in ispecie verso le donne e i bambini...Abbia cura della nettezza personale, si lavi, si pettini, si cambi gli indumenti, non sporchi, non sputi...Legga libri forniti dal Comitato dell'emigrazione...Rifugga dall'ozio, piuttosto dorma".
Così è dato di leggere, a firma di Pericle Pratelli, in una pubblicazione del MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA (in cui tra l'altro si custodisce il documento dell'immagine) edita nel 1992 col titolo de Da Colombo a Caruso, l'emigrante... (Celebrazioni colombiane - Colombo '92 - Comitato Provinciale di Imperia).
Siffatta dotazione veniva assegnata come scritto a tutti gli EMIGRANTI, sia a quanti si recassero in PAESI EUROPEI sia a coloro che partissero alla volta delle AMERICHE: l'impressionante fenomeno delL'EMIGRAZIONE TRANSOCEANICA, quella cui tra l'altro hanno dedicato pagine significative letterati come ADA NEGRI ed EDMONDO DE AMICIS, faceva tuttavia, mediamente, coagulare l'equazione logico-intellettuale "EMIGRANTE-TRANSOCEANICO = INDIVIDUO CARATTERIZZATO DALL'USO DEL PASSAPORTO ROSSO", prescindendo peraltro dal fatto che il terminale di quei grandi spostamenti fossero gli STATI UNITI D'AMERICA o il meridione delle INDIE OCCIDENTALI, soprattutto l'ARGENTINA, il CILE ed il BRASILE.





Ne il VIAGGIO NELL'EMIGRAZIONE LIGURE, on line - "Le pietre e il mare - il portale della Liguria", STEFANO VILLA ha scritto in maniera illuminante: "Verso le 4 del 20 marzo la calata di Ponte Federico Guglielmo formicolava di gente. Dalle 10 del mattino il Washington aveva cominciato a ingoiare il suo carico umano".
Le parole scritte da Ferruccio Macola nel 1894 (
L'Europa alla conquista dell'America Latina) sono un segno profondo della vita e della memoria collettiva dell'emigrazione a Genova, il primo del nostro viaggio attraverso i quattro volumi degli studi e ricerche - tra i più autorevoli e completi esistenti - "L'emigrazione nelle Americhe dalla Provincia di Genova" (Patron Editore), diretti dal professor Gaetano Ferro e curati dalla professoressa Adele Maiello dell'Università di Genova per iniziativa della Provincia che li ha promossi nel 1992 per il cinquecentenario della scoperta d'America. E da questi studi, fondamentali per accostarsi al problema, abbiamo tratto dati e citazioni, per tentare un profilo della questione.
LA CITTA' DEI CITTADINI E QUELLA DEGLI EMIGRANTI
Quello dell'emigrazione si rivela un mondo separato, eppure continuamente intrecciato alla città dalle cui case sono sempre partiti, dalle epoche più lontane, flussi diretti in tutto il mondo.
Però nella Genova di
MA SE GHE PENSO canzone struggente e bellissima dei suoi emigranti, conosciuta in tutto il mondo, c'è anche il nodo dolente delle sofferenze, degli imbrogli, delle violenze, degli sfruttamenti subiti dagli emigranti e dell'indifferenza per i problemi di queste "tonnellate umane" per il carico dei piroscafi: il missionario parmense Pietro Maldotti, inviato dal vescovo Scalabrini a Genova vede migliaia "di quei poveretti" ovunque alla disperata ricerca di una sistemazione, sui sacchi, le panche, i pavimenti, alloggiati in lunghi stanzoni sotterranei o in soffitte senza luce e senz'aria, mentre si cerca di vender loro " a prezzi favolosi" generi alimentari, che non possono pagare e , quindi, non li sfameranno.
Se Genova è indifferente ai problemi dei 'poveri cristi' in attesa d'imbarco, non lo è ai vantaggi di questi traffici umani per il suo sviluppo. Per capirlo meglio serve qualche dato quantitativo: quello dell'emigrazione è stato un mondo dalle dimensioni sconvolgenti: più di 20 milioni di italiani hanno compiuto la traversata oltre oceano dal 1860 alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Per tutto l'ottocento il porto di Genova, al centro di una Liguria "pioniera" e anticipatrice dell'emigrazione, è stato la prima sede di raccolta e d'imbarco per i "migranti" da tutta Italia: dal 1867 al 1901 il 61% dell'emigrazione nazionale è passata da Genova.

Chi erano gli emigranti?
Un complesso universo fatto di "mercanti delle coste, marinai renitenti, ribelli politici, imprenditori industriali, proprietari terrieri, lavoratori agricoli e artigiani di tutti i tipi, uomini e donne senza professione, giovani e vecchi, mogli e figli che raggiungono i capifamiglia, ecclesiastici a capo, ma in realtà a seguito, di intere comunità parrocchiali e così via" scrive Adele MaIello nell'introduzione al quarto volume della ricerca, dedicato alle questioni di storia sociale dell'emigrazione, senza dimenticare che se gli emigranti erano i protagonisti principali del fenomeno, i suoi "attori sociali" ci sono anche i "protagonisti secondari e gli spettatori che, peraltro in certi casi possono apparire come i burattinai almeno di una parte dell'intera rappresentazione: gli armatori, gli agenti d'emigrazione, gli amministratori locali e statali, i parroci che vedono sfoltirsi le proprie comunità, i missionari, gli affittacamere, i ristoratori, i poliziotti, i giornalisti, gli intellettuali, i nobili benpensanti, ecc."
GENOVA PIONIERA DELL'EMIGRAZIONE
Genova e la Liguria anticipano le scelte migratorie dirette alle Americhe che avranno il culmine nell'ultimo quarto del diciannovesimo secolo, di molti decenni: tra il 1833 e il 1850 partono dal porto di Genova ben 13700 persone, emigranti "arcaici" che appartenevano spesso a ceti "privilegiati, colti e intraprendenti": erano esuli liberali e mazziniani, dopo i moti risorgimentali falliti, commercianti, marinai, futuri imprenditori diretti quasi tutti (il 68% dei partenti) ai Paesi del Rio della Plata, con cui c'erano saldissimi legami commerciali, o verso l'oro californiano (il 16,5% raggiunge gli Stati Uniti) o guarda all'avventura brasiliana (l'8.9%).
Poi l'emigrazione cambia: incalzano da tutta la penisola masse di contadini diretti alle navi e i liguri "emigranti modello" sotto tutti gli aspetti, compresa la grande lealtà alla vecchia e alla nuova patria, dimostrate in mille modi, diventano spesso anche imprenditori del trasporto di emigranti, mentre il rapporto tra "città degli emigranti e città dei cittadini" si caratterizza, come uno dei saggi della ricerca sintetizza con estrema e amara chiarezza, in "sfruttamento e ghettizzazione".
PIU' TRAFFICI, PIU' PROFITTI, SENZA SOLIDARIETA'
Nel corso dei decenni come alloggino, dormano, si riposino, mangino gli emigranti "è cosa che solo Dio sa" scrive l'economista Jacopo Virgilio nel 1873 sul giornale "La Borsa" e "ogni cosa" viene lasciata "in mano alla divina provvidenza".
Già vent'anni prima, però, un modesto veliero per il trasporto degli emigranti, poteva far incassare al suo armatore ogni anno cifre superiori del 30% al valore della nave stessa.
Per questo motivo, nel decennio precedente l'unità d'Italia a Genova operavano già una decina di imprese amatoriali specializzate in questo trasporto, con tre o quattro navi ciascuna, capaci di trasportare anche cinquecento persone a viaggio.
E se il porto nel tempo migliora le sue strutture, prima con il nuovo Ponte Federico Guglielmo, poi con la prima stazione marittima, i progetti in città per asili e ricovero delle persone in attesa dell'imbarco non vedranno la luce se non in epoca fascista, quando ormai avevano perso gran parte della loro importanza.
Alla marea di persone in attesa di molte settimane o anche mesi di navigazione la città, a differenza di Le Havre, Amburgo, Marsiglia o Liverpool, non è in grado di offrire alcuna struttura di accoglienza.
I progetti di asilo per ospitarli, da quelli affidati nel 1892 a Pietro Giaccone, che individuò due capannoni a Santa Limbania, a quello del 1894 firmato da Enrico Porta, al Lagaccio, alla proposta del 1898 di Luigi Solari di attrezzare un vecchio piroscafo come nave-albergo, non ebbero alcun seguito pratico.
La conseguenza fu la crescita, disordinata e veloce, delle locande per emigranti: sono 28 nel 1903, 33 due anni dopo e al Rosoli (G. Rosoli "L'assistenza sanitaria all'emigrazione di massa verso le Americhe. 1880-1915) non sembravano proprio dei paradisi, se scriveva : "si trasformavano dopo un giorno di permanenza in locali sudici e infetti".
Si trasforma, però, il porto, per il transito passeggeri: una prima volta dopo i lavori tra il 1877 e il 1890, con il nuovo ponte Federico Guglielmo, dotato di stazione marittima, con dogana, deposito bagagli, uffici di pubblica sicurezza, spaccio e latrine in un grande edificio e un altro fabbricato per le visite sanitarie. Tra i due corpi una tettoia in lamiera, chiusa lateralmente da vetrate, aveva una capienza quotidiana di duemila persone in attesa d'imbarco.
Il ponte Federico Guglielmo (poi Ponte dei Mille) viene ampliato nei primi anni del Novecento per consentire l'attracco contemporaneo di quattro grandi bastimenti.
Nel 1912 verrà approvato il progetto della nuova stazione marittima, ma la guerra e le difficoltà economiche impediranno fino al 1924 l'inizio dei lavori che porteranno nel 1930 all'inaugurazione della stazione marittima concepita anche per "evitare ogni promiscuità tra i passeggeri di prima e seconda classe e quelli di terza", cioè gli emigranti, completando anche fisicamente e visivamente in epoca fascista il lungo processo della loro emarginazione.
GENOVA PRIMO PORTO DELL'EMIGRAZIONE FINO AL 1901
Tra il 1876 e il 1901, dunque, Genova è il primo porto italiano dell'emigrazione.
Vi transitano e s'imbarcano 1.922.968 persone, il 61% del totale nazionale di quegli anni.
La crescita del fenomeno si sviluppa tra il 1867 e il 1876, con oltre 20000 partenze all'anno, quattro volte superiori ai sei anni precedenti.
Ma la grande ondata migratoria attraversa soprattutto gli anni ottanta del diciannovesimo secolo: oltre 45mila imbarchi annui tra il 1881 e il 1885, che raddoppiano, toccando quasi le centomila (99287 di media) nel quinquennio successivo e "sfondano" questo tetto dal 1891 al 1895 con 106158 imbarchi all'anno, che scenderanno tra 1896 e 1901 a 95792 di media annua.
Anche la percentuale di traffico per il porto di Genova cala, dal 61 al 54% all'inizio del secolo nuovo e poi Napoli lo supererà ampiamente, più vicina alle regioni del Sud da cui provengono le masse più numerose di emigranti che la miseria spingeva oltre oceano.
Un'altra ragione decisiva del calo degli imbarchi a Genova è il prevalere dagli anni novanta dell'ottocento, della meta statunitense, per cui erano specializzate le linee che facevano capo a Napoli, rispetto all'America Meridionale, per cui Genova era lo scalo italiano.
Nonostante ciò Genova resterà, per un altro quarto di secolo "al centro del ciclone migratorio" con un numero di persone imbarcate ogni anno pari a una percentuale tra il 15 e il 25% dei suoi residenti.
L'EMIGRANTE MODELLO, IL LIGURE
L'emigrante ligure, come emigrante modello: non è l'iconografia di un'epopea, che peraltro in Liguria quasi non esiste per questo fenomeno, ma la realtà.
Cominciano quasi subito importanti rimesse, dalle Americhe, non solo ai familiari, ma anche alle collettività. I soldi dell'emigrazione finanziano opere pubbliche: nel Levante, per esempio un ponte sullo Sturla che unisce Prati e Isola di Vignolo a Mezzanego nel 1902, una fontana pubblica a Ognio, nel comune di Neurone, la prosecuzione della carrozzabile nella Val Garibaldo fino alla parrocchia.
E poi vengono restaurati, ingranditi, rifondati cimiteri, finanziati asili, fondazioni, scuole, ospedali, palestre, istituti, circoli, case di riposo, ambulatori.
Vengono restaurati, abbelliti e arricchiti edifici religiosi e pubblici.
L'arredo urbano delle città è rivelatore della fedeltà alla vecchia e alla nuova patria degli emigranti liguri: se a Buenos Aires vengono erette le statue di Mazzini, Colombo, Garibaldi e un'antenna monumentale nel porto, a ricordo della visita di Umberto I di Savoia, in Liguria vengono eretti anche monumenti all'eroe, di origine italiana, della guerra d'indipendenza argentina Manuel Belgrano, a Genova nel 1927 e a Lavagna nel 1928 su iniziativa del lavagnese Santiago Pinasco, sindaco di Santa Fe nel 1904 e deputato argentino nel 1906.

L'EMIGRAZIONE LIGURE DAI PASSAPORTI DEI COMUNI

Chi erano gli emigranti liguri?
Dalla nostra fonte, gli studi e ricerche "L'emigrazione nelle Americhe dalla Provincia di Genova" già citati, apprendiamo dati molto interessanti, ottenuti dallo studio dei registri dei passaporti rilasciati, per gli anni disponibili, da una serie di Comuni, rivieraschi e dell'entroterra: in particolare Chiavari (1863,1864,1866,1870,1878,1888,1889,1892, 1899, 1900, 1907, 1908, 1909, 1910, 1912, 1913) Rapallo (dal 1901 al 1911) Bogliasco (dal 1871 al 1912) Campomorone (dal 1883 al 1908 e dal 1911 al 1914) Coreglia (dal 1981 al 1907) Lorsica (dal 1905 al 1914) Cogorno (dal 1901 al 1907) e Uscio (dal 1910 al 1914).
Il primo atto dell'emigrazione è quasi sempre un viaggio solitario: 85,7% dei passaporti analizzati lo conferma, mentre solo il 4,5% è un trasferimento di famiglie intere.
Viaggiano soli sia gli uomini (l'88,5%) che le donne (il 74,6%), ma sono soprattutto gli uomini a partire: sono maschi, infatti, gli intestatari del 78% dei passaporti analizzati, mentre solo il 18,7% appartengono a donne adulte e il 5,2% a minorenni.
Si parte giovani, l'età media rilevabile è di 29,23 anni e il 70% dei passaporti è rilasciato a persone tra i 17 e i 41 anni, la maggior parte ha tra i 21 e i 30 anni, con una quota che va dal 33,38% dei passaporti di Bogliasco fino al 53,94% di Campomorone.
L'eccezione è Cogorno, con una percentuale molto alta, il 43,92%, di passaporti rilasciati a giovanissimi, tra i 14 e i 20 anni.
Nei paesi dell'entroterra i passaporti sono rilasciati quasi tutti a contadini, il 67%, che nelle località della costa scendono al 30,5%, ma la categoria resta comunque la prima, quantitativamente, tra gli emigranti.
CONTADINI, MARINAI, COMMERCIANTI CON LA VALIGIA
La ricerca che ci guida ricorda, tra le cause dell'alta percentuale di emigranti dal mondo agricolo, i mali strutturali dell'agricoltura ligure, a partire dalla stessa conformazione del territorio, fino alla crisi dovuta dopo l'unità d'Italia all'abbattimento delle barriere doganali, che rese i prodotti liguri per l'accentuato fiscalismo, i frazionamenti delle proprietà, le difficoltà di introdurre tecniche moderne di coltivazione e le difficoltà di commercializzazione dei prodotti dell'industria familiare, poco competitivi rispetto a quelli del Meridione.
L'entroterra aveva inoltre forti difficoltà di comunicazione e collegamenti, per mancanza di strade rotabili e i trasporti ancora affidati alle mulattiere risentivano pesantemente della concorrenza ferroviaria.
I nuovi tratti di strada ferrata, da Genova a Chiavari e da Genova verso la Pianura padana, hanno effetti vantaggiosi per la costa dove i collegamenti diventano più veloci ed economici, ma contemporaneamente, provocano la decadenza dei settori legati allo sviluppo di un unico mezzo di trasporto, come la marineria mercantile.
Per questo, specie in alcune località, Bogliasco e Rapallo in particolare, la marineria va in crisi, ma non a Chiavari.
Questa situazione spiega perché il 10,4% dei passaporti rilasciati dalle località costiere sia intestato a marinai, mentre non ve ne sono dai paesi dell'entroterra.
Un'altra categoria che marca una differenza, molto netta, tra costa e vallate, è quella commerciale, (commercianti e lavoratori del commercio), il 2,4% dei passaporti dell'entroterra, ma complessivamente il 18,3% della riviera, con forte prevalenza dei lavoratori dipendenti del commercio sui commercianti titolari di attività, evidentemente "alla ricerca di miglior fortuna".
Dove vanno i liguri che emigrano tra gli ultimi decenni dell'ottocento e i primi del novecento?
In Riviera prevalgono le destinazioni del Sud America, e lo stesso nelle località dell'entroterra più vicine alla costa, di cui risentono l'influsso, ma con maggior propensione a cambiare destinazione nel corso del tempo, mentre aumentava l'attrazione degli Usa.
Nell'entroterra prevalgono gli Stati Uniti, mentre le mete sudamericane sono marginali.
Gli esempi di Chiavari, Rapallo e Lorsica sono particolarmente significativi: da Chiavari tra gli emigranti verso l'America del Sud il 53,38% sceglie l'Argentina (quasi il 90% a Buenos Aires, il 9,37% a Rosario) e il 9,94% il Perù.
Negli Stati Uniti va il 15,13% dei chiavaresi, legati, nei primi anni anche all'emigrazione europea, in Crimea, fondamentale base commerciale ligure del passato, e in Francia.
A Rapallo la preferenza degli emigranti era per il Cile (53,70%), seguito dall'Argentina(22,59%) e dagli Usa con il 20,06%).
A Lorsica, invece, quasi tutti gli emigranti vedranno la Statua della Libertà: l'88,26 raggiunge gli Stati Uniti, l'8,92% l'Argentina, con piccole quote dirette in Cile e Perù.
Dovunque andassero, i liguri portavano comunque l'orgoglio della propria terra e una ferma convinzione nel progresso umano, basato sul lavoro e sul "forte senso delle virtù civiche e la pietas religiosa".
Il sentire dell'emigrante ligure era, insomma, quello di un molto etico self-help".


Ma se ghe penso
[vedi notizie sugli AUTORI, visualizza lo SPARTITO MUSICALE ed anche leggi la TRADUZIONE ITALIANA DEL TESTO]
O l'ëa partio sensa ûn-a palanca,
l'ëa zâ trent'anni, forse anche ciû.
O l'aveiva lottou pe mette i dinæ a-a banca
e poeisene ûn giorno vegnî in zû
e fäse a palassinn-a e o giardinetto,
co-o rampicante co-a cantinn-a e o vin,
a branda attaccâ a-i ærboi, a ûzo letto,
pe daghe 'na schenâ séia e mattin.
Ma o figgio ghe dixeiva: "No ghe pensâ
a Zena cöse ti ghe vêu tornâ?!"
Ma se ghe penso alloa mi veddo o mâ,
veddo i mæ monti e a ciassa d'Annunsiâ,
riveddo o Righi e me s'astrenze o chêu,
veddo a lanterna, a cava, lazzû o mêu,
riveddo a séia Zena illûminâ,
veddo là a foxe e sento franze o mâ
e alloa mi penso ancon de ritornâ
a posâ e osse dov'ò mæ madonnâ.

E l'ëa passou do tempo, forse troppo,
o figgio o l'inscisteiva: "Stemmo ben,
dove ti vêu andâ, papá, pensiemo doppo,
o viagio, o má, t'é vëgio, no conven!" -
"Oh no, oh no me sento ancon in gamba,
son stûffo e no ne posso pròppio ciû,
son stanco de sentî señor caramba,
mi vêuggio ritornamene ancon in zû:
ti t'ê nasciûo e t'æ parlou spagnollo,
mi son nasciûo zeneize, e no me mollo!"

Ma se ghe penso alloa mi veddo o mâ,
veddo i mæ monti e a ciassa d'Annunsiâ,
riveddo o Righi e me s'astrenze o chêu,
veddo a lanterna, a cava, lazzû o mêu,
riveddo a séia Zena illûminâ,
veddo là a foxe e sento franze o mâ,
alloa mi penso ancon de ritornâ
a posâ e osse dov'ò mæ madonnâ.
E sensa tante cöse o l'è partio
e a Zena o g'hà formou torna o so nio.


Ma se ci penso
Era partito senza un soldo,
erano già trent'anni, forse anche più.
Aveva lottato per mettere i denari in banca
e potersene un giorno venire in giù
e farsi la palazzina e il giardinetto,
con il rampicante con la cantina e il vino,
la branda attaccata agli alberi a uso letto,
per darci una schienata sera e mattina.
ma il figlio gli diceva: "Non ci pensare
a Genova cosa ci vuoi tornare?!"

Ma se ci penso allora io vedo il mare,
vedo i miei monti e piazza dell'Annunziata,
rivedo Righi e mi si stringe il cuore,
vedo la lanterna, la cava, laggiù il molo,
rivedo la sera Genova illuminata,
rivedo là la foce e sento frangere il mare
e allora io penso ancora di ritornare
a posare le ossa dalla mia nonna.

Ed era passato del tempo, forse troppo,
il figlio insisteva: "Stiamo bene,
dove vuoi andare, papà, penseremo dopo,
il viaggio, ormai, sei vecchio, non conviene!"
"Oh no, oh no mi sento ancora in gamba,
sono stufo e non ne posso proprio più,
sono stanco di sentire señor carramba,
io voglio ritornarmene ancora in giù:
tu sei nato e hai parlato spagnolo,
io sono nato genovese, e non mi mollo!"
Ma se ci penso allora io vedo il mare,
vedo i miei monti e piazza dell'Annunziata,
rivedo Righi e mi si stringe il cuore,
vedo la lanterna, la cava, laggiù il molo,
rivedo la sera Genova illuminata,
rivedo là la foce e sento frangere il mare,
e allora io penso ancora di ritornare
a posare le ossa dalla mia nonna.
E senza tante cose è partito
e a Genova ci ha formato di nuovo il suo nido.