LA SMISURATA VARIABILE DELLE
DIVERSITA' La superstizione ed il rifiuto, radici del razzismo, non mancarono (oltre che sui diversi istituzionali che nel genovesato come altrove erano più numerosi di quanto ci dica la storia corrente cioè gli SCHIAVI specialmente SCHIAVI ISLAMICI e SCHIAVI ORIENTALI)
d'abbattersi nello specifico sui Mostri, quei particolari
Diversi che furono il triste frutto di vari tipi di
alterazioni genetiche, spesso dovute a relazioni incestuose
di cui erano comunque colpevolizzate quasi solo le Donne
alla stregua di peccaminose tentatrici, sì che ben più
severi erano i provvedimenti contro di loro (e le
"ruffiane") che avverso i complici maschili, anche per la superstiziosa ragione che, nel clima di antifemminismo e terrore per streghe e Demoni, l'ignoranza attribuiva a coiti diabolici di donne la genesi di MOSTRI.
Una superstite onestà intellettuale ci suggerisce in questa circostanza
l'esigenza di rammentare che, in ultima analisi, neppure oggi
l'INCESTO è poi quella rarità che certi pruriti bigotti
vorrebbero dimensionare nel recinto della squallida
eccezionalità Miseria morale d'antichissima data, nè
rarissima, a danno di figlie o sorelle - e in verità non solo
alimentata entro la putredine d'un certo superstizioso ed
ignorante folklore (sic) del "sesso fatto a casa propria, tra
consanguinei" - è per esempio, assieme all'incesto l'opinione straordinariamente
ipocrita e resistente, contro cui da tempo e con alterne fortune
lottano Chiesa ed Istituzioni, che la fellatio, vale a dire il
coito orale, non costituisca peccato o colpa, non violando la
verginità nè determinando nascite incestuose: sublimazione
dell'ignoranza sì, ma altresì di quell'umana malizia che, in
modo costante e con sufficiente celerità, viene evocata ogni
volta che si innesca qualsiasi degenerazione del sistema
patriarcale, stranamente bisognoso di giustificare ogni proprio
errore o compromesso per via d'altri compromessi ancora, sempre
strutturati su improbabilissime basi pseudofilosofiche (sic)!]. Un mai sradicato cedimento comportamentale verso l'incesto, più
frequente nell'età intermedia di quanto possa credersi, prese
a generare dal '400, in numero crescente, specie negli
isolati villaggi e comunque sempre entro un clima di colpevole
terrore per possibili interferenze malefiche, parecchie gravi,
ed anche spaventose, deformità biologiche.
Peraltro questa "aura di perdizione", sia nel sottobosco socio-culturale delle
prime metropoli che nel retroterra di sperduti villaggi, venne
ogni volta amplificata ai limiti parossistici di echi
sconvolgenti, suggestionati - entro il grigiore di coscienze
turbate e nel contempo fascinosamente esasperate - da
predicatorie sceneggiate orrorifiche, "santamente" giustificate
dal cerchio "santo e magico" dei pulpiti. Per un apparente assurdo ideologico, in vero contraddetto dalla
superiore efficienza cognitivo-razionale dei suoi componenti,
proprio la Chiesa Cattolica, all'interno della sua ben
strutturata organizzazione, pur senza mai vanificare o
sottovalutare sospetti ed ossessive indagini, seppe - come
ancora sa - affrontare con superiore meditazione e minor panico
il problema degli Incesti e dei loro Mostri: anche se poi, nel
"mondo esterno" , di fronte all'esigenza di una propaganda
antiereticale, spesso volutamente confusa con una specie di
nuova crociata contro le armate diaboliche (ma pure e
soprattutto contro nuove spaccature scismatiche e - da qui in
parte derivava l'acquiescenza pia accettata che agognata dagli
Stati - contro ogni alterazione socio-politica ed economica) ,
i "miliziani" del Cristo, pure grandi predicatori come un
Panigarola od un Segneri, tingevano di immagini orrorifiche,
contro Mostri e Diversi, le loro conturbanti rappresentazioni
del Male, inserendole con assillante ripetitività in quel
panorama di sessuofobia e di antifemminismo che, lungo i secoli, ha
infine esorcizzato l'inconscio collettivo sulle soglie
antitetiche, ma a volte tragicamente parallele, della
DONNA MOGLIE, con cui "si fa il sesso casto" e della
DONNA FEMMINA, (ma si può anche dir amante e pure puttana) colla
quale è lecito "far tutto, salvo poi confessarsi, dai Gesuiti
preferibilmente!". Per esempio F. TAMBURINI nel suo recente
volume Santi e Peccatori (pei tipi dell'Ist. di Propaganda
Libraria in Milano) al n. 99 - fra Le Confessioni e suppliche
dei Registri della Penitenzieria dell'Archivio Segreto Vaticano,
Fondo Borghese III, 114 d, f.46 - registra per un caso di
ERMAFRODITISMO, esperito con somma prudenza all'interno
dell'istituzione ecclesiale, una petizione dai toni
sorprendentemente meditati, equilibrati e comunque compromissori
(certamente discordanti dalle espressioni pubbliche solitamente
usate da parroci e rettori, nei loro diari o nei loro schemi
predicatori, sia per "nascite mostruose sospette di stregherie,
peccati mortali per sfrenata lussuria o libidini d'incesti" che
a riguardo di "mostruosi abominij sopraggiunti col passar degli
anni nel fisico d'un parrocchiano" ) : "1586/ Voto di Segnatura
di Penitenzieria/ Una ragazza spagnola di quindici anni è
entrata in un monastero, presentando segni esterni femminili, e
stimoli sessuali maschili. Dopo 12 anni, mentre pesava il grano,
sono apparsi all'improvviso i segni esterni maschili per cui è
uscita dal monastero. Si domanda se debba conservare i voti in
un Ordine maschile dello stesso istituto"[come a dire, con
barocca garbatezza: "L'affettazione della mostruosità permette
l'inquadramento di questa alterazione nel sistema dirigistico in
auge: ma tanto l'affettazione quanto l'inquadramento possono
avvenire solo grazie all'intervento burocratico, figlio
primigenio e prediletto di quel potere costituito che, per
sopravvivere, poteva e doveva, come forse ancora
deve e può, - impercettibilmente ma implacabilmente
assorbire qualsiasi sua
contraddizione: omertà intellettuale e
burocratica quale meccanismo gnoseologico di
autogiustificazione del potere!]. Nella più grave delle ipotesi i MOSTRI-MUTANTI vennero inseriti dalla SUPERSTIZIONE
entro le inquietudini delle diversità emarginande ed
emarginabili, degli orribilmente DIVERSI ed ancor più dei DIVERSI INCOMPRENSIBILI e, per conseguenza ideologia del tempo, dei DIVERSI DEMONIACI. Da qui, ancor più in ambito riformato che cattolico, dalla "passione luterana" per gli estremismi biblico-profetici
dell'APOCALISSE il MOSTRO-MUTANTE finì per essere assimilato al MISTERIOSO ANTICRISTO od alla BESTIA SUPREMA DELL'APOCALISSE" [Apocalisse,
13,4-10: la Bestia che sale dal mare che è poi il DRAGO od
il Serpente antico e quindi SATANA, l'Avversario
di Dio [pure ma non in modo esatto definito ANTICRISTO (anche detto "FALSO PROFETA"), a sua volta, per interferenze pagane, avvicinato a MITRA, un DIO PAGANO, dopo rovesciamento cultuale, fatto DEMONE dalla Cristianità), più
correttamente citato nella I (2, 18.22; 4, 3) e nella II
lettera (7) di Giovanni. Seguirebbe a dar potere alla prima Bestia la Bestia che
sale dalla terra (Ap.13, 11-16) - più estesa interpretazione
dell'ANTICRISTO - e per cui si diffuse tra gli inquirenti
ecclesiastici, con LAVAGGIO e DEPILAZIONE la caccia
allo STIGMA, marchio della BESTIA col quale verrebbe incisa la mano destra o la fronte degli adepti (ma poi, nelle credenze popolari e no, nascosta dal Maligno, per ingannare sempre meglio
i suoi persecutori - in qualsiasi parte del corpo, dal cuoio capelluto, alle orecchie, alle mammelle, alla schiena e via dicendo): stigma sarebbe infatti nome della BESTIA o più
esattamente CIFRA DI UN UOMO (fragile e debole quindi, cioè
composto di tre 6, cioè 7 - 1, cosa che denota imperfezione e
incompletezza ) che se scoperto ed in qualche modo neutralizzato
toglierebbe ogni potestà alle forze diaboliche ed ai loro
seguaci. La caccia allo stigma senza dubbio risultò più feroce in ambito
riformato ed anglicano che cattolico anche se pure i testi
dell'Inquisizione diedero agli inquirenti laici ed ecclesiastici
delle precise indicazioni per la ricerca del "segno del patto
demoniaco", prodigandosi in avvertimenti che (oltre il caso
sempre drammatico della Spagna e delle sue colonie americane)
non rimasero inascoltati neppure in Italia, nemmeno nella stessa
Liguria - per esempio - laddove in occasione del cinquecentesco
processo alle Streghe di Triora, venne appunto praticata la depilazione inquisitoriale
dei corpi delle donne sospette allo scopo di individuare il
presunto segno mediamente inteso come una
figurazione di "6" (il famigerato e cinematograficamente ora
abusato 666 segno dell'ANTICRISTO o meglio rovescio maligno
della cifra della perfezione divina, il 999 e, tra '500 e '600,
ritenuto nascosto sotto forma dell'impronta di "un cagnolino" o
di "un coniglio" od altro ancora, mentre si trattava in verità
di figurazioni strutturate dai capricci della natura su pelli
nevose) ed alla fine, con la stessa angoscia, cercato (e talora,
per le frenesie della paura, visto anche laddove nulla v'era!)
sia dagli inquisiti quanto dai giudici (i primi per
"cancellarlo" in qualsiasi modo "come prova", i secondi,
saggiandolo col fuoco ed il ferro delle torture, per riscontrare
se davvero risultasse insensibile al dolore, come narravano sia
i testi di magia nera che le scritture inquisitoriali con principale riferimento alle streghe). Si prese così l'abitudine d'estirpare violentemente o bruciare qualsiasi segno sospettabile, causando a volte neoformazioni tumorali maligne (melanomi) con conseguente (lenta ma inarrestabile e spesso
quasi scenicamente preordinata da una tormentante patologia) morte dell'inquisito trattenuto in carcere, sì da conferire ulteriore forza al superstizioso convincimento che proprio lo STIGMA, oltre che poteri malvagi, donasse la vita al sospetto di patti diabolici: e di qui ancora derivò qualche convincimento
-specie nelle accezioni estremizzate abbastanza radicate in ambienti puritani ed intolleranti od al contrario permeate di sopravvivenze idolatriche africane come in area caraibica- che
lo stigma addirittura concedesse energia vitale a morti viventi
senza anima.
Considerazioni che si possono intuire (anche per intendere come ne siano stati dilatati i contenuti e in che modo esse si siano innestate su varie espressione di folklore),
molto meglio che nell'oscuro testo giovanneo, in vari scritti tardomedievali - e non solo di ordine teologico-inquisitoriale come il poema Der Antichrist di Frau Ava - circa del 1120 - e il dramma latino d'autore ignoto Ludus de Antichristo - circa del 1160 - detto anche Anticristo di Tegernsee dal convento in cui se ne trovò il manoscritto ]. Il conservatore ed erudito Aprosio, l'amante delle stranezze e
dei libri dell'impossibile (che fu anche Vicario dell'Inquisizione: soprattutto per legger liberamente questi ultimi che per punire rei eretici di cui poco si curava, sino ad esserne biasimato dai superiori) assume comunque, quale cattolico ed integralista, connotati permissivi se posto a confronto di "persecutori di stregoneria", che in qualche modo - e questa volta in senso negativo vista la loro avida ferocia- possono venir ascritti al grande registro dei DIVERSI.
DIVERSI DAVVERO NEGATIVI QUALI FANATICAMENTE RELIGIOSI come, in ambito riformato, il cacciatore di streghe inglese, MATTEO HOPKINS, autore serissimo nel 1647 - quando ancora Aprosio si illanguidiva nei
suoi scherzi moralistici, cattivi e riprovevoli ma tutto sommato innocui, su certe Diversità - del temibile Discovery of Witches. Nel lavoro del delirante autore
inglese si scopre la figurazione del celebre Witch
Finder General, come Hopkins si giudicava, intento ad
interrogare due sventurate ritenute Streghe, due povere vecchie. Si nota nella stampa del libro
inglese sulla caccia alle streghe di Hopkins la mendicante Elizabeth Clarck, già priva di una gamba, impegnata a far confessione delle sue incarnazioni diaboliche (od Imps) in bizzarri animali mentre la compagna di disgrazie dà ai suoi Imps "nomi che nessun mortale potrebbe inventare": il tutto non a caso orchestrato all'interno d'uno spazio chiuso, nella dimora dell'interrogatorio molto simile all'ambiente istituzionale della femmina onesta, la casa, di modo che il disordine maligno già per virtù dell'inquirente è dimensionato nell'ordine della consuetudine, contro la "tecnica stregonesca e demoniaca" dei ROVESCIAMENTI e quindi dell'INVERSIONE, causata appunto dalle Donne-streghe, di tutti i valori istituzionali della femminilità: per esempio LA SCOPA che non serve più per i
"nobili e sedentari" impieghi domestici ma "quale mezzo di spostamento e volo per i campi, onde far del male, come l'unguento terapeutico della tradizionale medicina femminile"
divenuto pozione per malefici, come il mondo alla rovescia dei paioli ove non si cuoce il cibo per gli uomini ma qualche zuppa infernale, semmai, per asservire proprio i maschi al volere delle femmine perdute. Su questi metri di comparazione Aprosio (anche se molti
religiosi cattolici furono intransigentissimi, certo quasi tutti più di lui, Inquisitore di nome ma assai poco di fatto) appare l'espressione di quella intellettualità barocca (in effetti
vista con parecchi sospetti dal Santo Uffizio) che, ancora
abbastanza incredula di un cataclisma che invece già la stava schiacciando, beatamente trovava rifugio nelle Accademie, dietro "bandi statutari" che servivano ad ingannare un pò tutti, a far credere - a sè ed agli altri - che tutto fosse un gioco innocuo; quando Aprosio si accorse che gioco non era più, s'affrettò
allora a lasciare la carica di Vicario inquisitoriale (per
quanto ottenuta, ben si sa, dopo raccomandazioni non da poco) e
si "rifugiò" nella sua biblioteca, estraneo alle persecuzioni ed alle dicerie su streghe, vampire o semplici puttane: s'era ormai convinto che il
fuoco del rogo, forse proprio a Venezia, l'aveva lambito e che se ne era salvato proprio perchè‚ quella Repubblica era potente,
orgogliosa ed oltremodo resistente alle pressioni
dell'Inquisizione.
Ma in Liguria, a Ventimiglia [colla pressione
di apostati ed eretici su quei monti di incerte frontiere
(fragili discriminanti contro infiltrazioni ereticali, anche di
mal tollerati giansenisti) ove sarebbero poi comparsi sparuti
"ugonotti" e in altri tempi ancora temuti nemici dei Papi come i
"barbetti"] le cose potevano andare diversamente: gli era noto
dei sabba che si diceva avvenissero ancora tra quelle aspre contrade dell'entroterra, sapeva ormai di Triora e della Raibaudo e così, se da un lato si guardò bene dal denunziare o dal perseguitare, dall'altro smise di stampare "cose proibite"
(al limite ne scrisse, ma solo per sè e gli intimi di cui si
fidava!).
Cessò anche di parlar di Mostri e Diversi, preferì darsi dopo il 1660 (fatta eccezione per la rivisitata e moderata Grillaia del 1668 e forse con vantaggio non lieve della
letteratura italiana) all'indagine bibliografica e sui Mostri si limitò a raccogliere, come era suo dovere di bibliotecario, soltanto dei libri, tantissimi libri, bizzarri e no d'altri
autori (italiani e no!) che ci ciungono tuttora -patrimonio dell'Aprosiana- molto più delle sue esternazioni assai preziosi per la loro rarità e le informazioni che contengono.
L.CONTARINI detto Il Crucifero (vedi fogli 66-67 e foglio 79 di un suo celebre LAVORO) si può considerare un erudito ma eccellente catalogatore dei fenomeni dell'impossibile, delle DIVERSITA' e più in dettaglio anche dei PARTI MOSTRUOSI
Egli infatti osservò con attenzione i molteplici aspetti dell'esistenza, indagando sui suoi vari aspetti, compreso il delicato momento del PARTO
su cui tanta luce fece, in un suo celebre VOLUME, nel XIX secolo, l'anatomista e medico legale F. PUCCINOTTI che nel contesto della LEZIONE VII dissipò tante ombre e superstizioni in merito al parto e che nella LEZIONE V,
finalmente demolì tante credenze errate sui così detti PARTI MOSTRUOSI.
I dati che il CONTARINI raccolse (assieme ad altre notizie di poliedrica cultura, con particolare attenzione a quelle storico-geografiche ed artistiche) rappresentavano sì in qualche modo la giocosa sublimazione dell'erudizione - che pian piano diventava
iridescente espressione di un'arte diversa la quale, pur traendo spunto da fatti reali, veniva esaltata sin ai limiti dell'incredibile e di quel paradossale che tuttora, in fondo, oltre la soglia dello straordinario, affascina e irretisce il lettore - ma a ben vedere in esse si sentiva anche o quasi sempre l'odore dello zolfo, il panico per la devianza, il rifiuto istituzionale della diversità, tutte cose che rimandavano ad un paranormale che, nell'età intermedia e
controriformista, si coniugava volentieri e pericolosamente ad ipotesi diaboliche e "sabbatiche". Si legga, per intendere ciò, quanto il CONTARINI (anticipando, seppur con forzate coloriture, le OSSERVAZIONI DI MEDICI E RICERCATORI) annotò, con una qualche precisione cronologica ed ambientale, su alcune DIVERSITA'su quei Mostri che, al modo in cui scrisse, finivano
per diventare, contestualmente, entusiastica ricerca della
varietà nell'apparente unicità della natura ed ammonizione alla
repressione o quantomeno al rifiuto dell'ignoto (per esempio il
feto che fiammeggia tra vampate sulfuree che sembrano spalancare
i battenti dell'inferno, l'ermafroditismo, il siamesismo sotto cui si mascherano
idee angoscianti di coiti innaturali, non dissimili da quelli
attribuiti agli eventi oscuri del Sabba: per quanto si guardasse dal confessarlo apertamente e piuttosto, con qualche
"affettazione" lo lasciasse soltanto trapelare, allo stesso
Contarini, come a tutta la sua cultura, non era infatti ignota
la sterilità di qualsiasi accoppiamento tra umani ed animali ed
era altresì presente la convinzione che ogni animalesca
mostruosità, che fosse partorita da una donna normale, poteva
avvenire solo sui parametri d'un patto diabolico):
"(f.66 b)La moglie d'un Pastore in Germania nel 1512, nella
villa di Eleefelbach fece un fanciullo senza faccia humana; ma
in luogo del capo haveva una carnosità sotto la quale erano dui
occhi grossi dissimili l'uno da l'altro collocati nelle
concavità tanto difformi, ch'era spavento a mirarli e nel mezo
un pezzo di carne in fuori a modo d'un pugnale, il mento tanto
lungo che pareva un miracolo di natura, la bocca era convertita
in un picciolo buco, e generato in guisa, che ciascuno, che lo
riguardava ne rimaneva stupefatto, egli per la sua difformità
non hebbe battesimo; ma così vivo sepolto. Ascanio Centorio" [la
fonte del Contarini].
"...La moglie d'un Sartore nella terra di
Nebre in Turingia quasi poco dopo sendo per tre dì continui
stata con grandissimi dolori del parto, e all'ultimo nell'uscir
del figliuolo ne venne un romore, come d'artegliaria con tanta
fiamma, che abbruggiò le cose e i vestimenti alla parturiente, e
alla comare [levatrice] le mani, et quasi il volto empiendo
tutta la stanza di odore sulfureo, cosa in vero maravigliosa, et
non più giamai sentita. L'istesso" [la fonte] [f.67 a]"... La moglie
d'un Ferraro pur nello stesso anno a Frepuuerch parturì dui
Bambini attaccati insieme con due teste, quattro mani, quattro
gambe; ma con un sol corpo, e in Genevra una Donna Francese
parturì un puttino, che haveva dui pezzi di carne grandissimi
bifronti e haveva da tutti dui i lati occhi, bocca, naso, e
orecchie e con un solo corpo alquanto diviso con quattro gambe,
dal lato destro, haveva i membri virili, e dal sinistro i
feminini, e nel nascer nacque smembrato dalla racolgitrice
[leggi raccoglitrice altro sinonimo di ostetrica/levatrice]. L'istesso [la
fonte]
[f.79, b]"... Una Donna appresso Augusta nel 1567 partorì
in un parto cinque figliuoli e tutti dopo aver ricevuto l'acqua
del santo Battesimo morirno, e un'altra donna nell'Ungaria
partorì un figliuolo, il qual in vece di testa humana haveva il
capo d'Elefante, e in Francia una Donna partorì due gemelle, i
corpi delle quali erano nati insieme e havevano due teste, ma
una man sola, e dui piedi: Tra le due teste era disteso in alto
un braccio assai grosso, il qual poi finiva in due mani minori
delle quali l'una e l'altra palma si slargava verso la testa.
Pietro Bizari [la fonte]" Anche ai Mostri del mondo animale il
CONTARINI dedicò attenzione come si legge al
f.17 dell'Aggiunta: "...In Alberstadio nacque nel 1513 un
Agnello con tre occhi, con tre bocche e con due nasi, e con
l'orecchi pendenti come un cane, e quel che in lui appariva più
prodigioso si era, che haveva sovra la bocca di mezo un occhio
maggior de gli altri, e questo animale con gran gridore visse un
solo giorno, e in una villa d'Augusta chiamata Leder nacque un
vitello con due teste, quattro occhi due davanti e dui dai lati,
e subito espirò: Ascanio Centorio [la fonte]").
CANDIDUS BROGNOLUS Bergomenses ( Manuale exorcistarum ac parochorum, hoc
est tractatus de curatione ac protetione divina. In quo, varijs
reprobatis erroribus, verus, certus...evangelicus eijciendi
daemones ab hominibus, & rebus ad homines spectantibus:
curandi infermos: ab inimicis se tuendi...Opus nemine hactenus
attentatum...Medicis Theologis...Obsessis, Aegrotis...apprime
utile) Bergomi, Rubei, 1651 in cui vengono passate in rassegna
le più svariate operazioni condotte dagli Esorcisti del passato,
con una meticolosa descrizione dei rimedi di volta in volta
usati per liberare dalla possessione di forze demoniache sia uomini che animali, specie trattandosi non solo di "ossessi" nel senso tradizionale del termine ma in particolare di Mostri in cui la
degradazione del corpo o della mente sarebbe stata
un'anticipazione o meglio ancora una tangibile, esteriore
testimonianza della degenerazione esercitata dalle "possessioni"
sui feti e sul loro sviluppo, magari per il tramite di genitori
peccaminosi, rei di accordi diabolici. La seconda inquietante considerazione proviene dalle valutazioni
dell'autore sui una variabile alquanto specifica della DIVERSITA', quella cioè riassunta nell'iconica valenza, figurativa e letteraria, quella cioè dei MOSTRI che sarebbero stati individuati nell'Africa nera e nelle Americhe, specie fra le Ande, fin a citare, e solo per sentito dire,
accoppiamenti di individui di popolazioni precolombiane con canidi o altri animali sì da generare scarti di natura: considerazione inquietante, perché,
nonostante gli scritti di illuminati missionari come
B. DE LAS CASAS l'ipotesi di patti diabolici
poteva giustificare il GENOCIDIO che i "Conquistadores" (motivando le loro efferatezze coll'alibi di uma REPRESSIONE DELLA CULTURA AMERINDIANA DEL SANGUE E DEL SACRIFICIO UMANO) andavano facendo di civiltà i cui discendenti, dalla paura oltre che dall'ignoranza e dalla malafede, risultavano descritti come creature semianimalesche. Fatta salva qualche mirabile eccezione sostenuta dalle prime rigorose osservazioni suggerite dalla Scienza Nuova (come nel caso della seicentesca STORIA DEL BRASILE...) gli indigeni precolombiani (per esempio nel FRONTESPIZIO de Il moro trasportato nell'inclita città di Venezia, Bassano, 1687 si veda, emblematicamente, sulla sinistra l'uomo di colore che deve, alla stregua di un fanciullo, esser pazientemente guidato verso la "vera civiltà" dal saggio Missionario gesuita) furono, sin al XIX secolo, effigiati e giudicati quali diversi nel senso di esseri quantomeno da educare ai soli valori indiscussi, quelli della "società occidentale e cristiana".
Siffatto concetto, non privo di interne contraddizioni e di qualche illuminata contestazione, fu saldamente alla radice delle diverse posizioni di fronte al problema degli SCHIAVI o alla distinzione/ contrapposizione più nota, aristotelicamente, come antitesi SCHIAVO DI NATURA - SCHIAVO DI GUERRA. Non a caso bisognerà risalire al XVIII secolo e al PENSIERO DELL'ILLUMINISMO per vedere trionfare (presto anche legalmente e politicamente per i Paesi Europei) il proncipio dell'ANTISCHIAVISMO e della conseguente AFFRANCAZIONE DEGLI SCHIAVI DI RAZZE DIVERSE: al proposito giunge illuminante quanto ha scritto lo scienziato e naturalista BUFFON in un'OPERA CHE EBBE GRAN DIFFUSIONE ANCHE IN ITALIA e dove si legge un'appassionata accusa contro lo SCHIAVISMO Nel manoscritto Weiditz di Norimberga del 1529 si vedono le prime immagini delle POPOLAZIONI PRECOLOMBIANE di Maya ed Atzechi: mancano dati sulla presenza in Liguria di schiavi delle Americhe -cosa peraltro non da escludere presso le grandi casate genovesi- ma merita la considerazione che originariamente essi non erano intesi come esseri straordinari, per quanto "eccentrici" ed appartenenti ad una civiltà lontanissima da quella europea.
E' da notare che Angelico Aprosio visse in quel periodo (il XVII secolo) in cui l'etnico indiani aveva preso ad oscillare nelle attribuzioni di modo che, per lui, l'appellativo indiano viene usato in merito ad un missionario residente nel Mondo Nuovo od Indie Occidentali, quella che poi sarebbe diventata più esplicitamente America, ma risulta utilizzato anche per indicare gli Indiani nel senso di abitanti dell'India, peraltro sostanzialmente più noti al mondo occidentale rispetto ai popoli delle Indie Occidentali, ancora avvolti da un'aura di mistero che lentamente sarebbe stata dissipata da varie relazioni. Per un'evidente assenza di scientifiche documentazioni ed investigazioni del resto MOLTE GENTI STORICAMENTE NOTE come gli stessi abitanti dell'Etiopia erano, specialmente, da alcuni documentaristi improvvisati e/o superficiali ancora descritti come sospesi sull'equilibrio socio-culturale dello SCHIAVO DI NATURA e riprodotti alla stregua di primitivi o quasi. Ed a maggior ragione, sulla base delle informazioni dei pochi esploratori e dei tanti missionari oltre che dei conquistatori europei, anche gli abitanti del Mozambico, in questo volume (di J.H. Linscotanis, Navigatio ac itinerarium, Amsterdam, 1599) son rappresentati (nonostante l'evidente interferenza sull'incisore degli stilemi classici ed europei) come selvaggi seminudi [fatto in aperta contraddizione con il giudizio illuministico che ne darà secoli dopo il naturalista francese Buffon].
Cosa comunque in fondo già molto evoluta a fronte di altre figurazioni ove africani ed amerindi hanno FATTEZZE IRREALI
se non addirittura ASPETTI PALESEMENTE MOSTRUOSI
come si evince dall'incunabolo LIBER CHRONICARUM DI HARTMAN SCHEDEL (NORIMBERGA, ANTON KOBERGER, 12 LUGLIO 1493, IN FOLIO). Anche per un bibliotecario del valore di Aprosio non era ancora semplice avere dati esaurienti sul MONDO NUOVO e sui suoi MITI nonostante la RELAZIONE DEL CONQUISTO DEL PERU' ad opera di F. PIZARRO scritta da F. XERES e benché si avesse una qualche conoscenza generica delle "CINQUE LETTERE A CARLO V" in cui HERNAN CORTES descrisse puntualmente (sebbene dalla sua prospettiva) l'incredibile conquista dell' IMPERO MESSICANO. Parecchie notizie sulle CIVILTA' del "NUOVO MONDO" scoperto da Cristoforo Colombo erano comunque trapelate su quelle terre lontane, certamente sotto forma dei nuovi prodotti alimentari ed erboristici colà individuati, ma vieppiù per la prima, vera e propria manifestazione di corsa all'oro o febbre dell'oro destinata ad alimentare il mito dell'EL DORADO o ELDORADO: ed immense contrade sarebbero rimaste ancora inesplorate sino al XIX secolo come l'INTERNO DEL BRASILE su cui esistono solo RARISSIME PUBBLICAZIONI SEICENTESCHE.
Nemmeno è da escludere che certe perizie aprosiane sull'argomento siano da coniugare alla sua amicizia con Carlo Settala fratello del ben più celebre Manfredo creatore di quel museo settaliano in Milano, accuratamente visitato da Aprosio per sollecitazione proprio di Carlo Settala, in cui, secondo una tradizione inaugurata dal cardinal Borromeo, affluivano i primi reperti significativi delle civiltà precolombiane.
Risultava comunque, e purtroppo, noto a tutti (anche a corsari e pirati) che i galeoni spagnoli da anni importavano l'oro sottratto agli imperi precolombiani: e che, quando l'oro facilmente rapinabile da edifici e forzieri, era venuto sempre meno si era andati sempre più alla ventura, a cercare quelle leggendarie miniere in cui avrebbero perso la vita migliaia di indigeni amerindiani e poi di schiavi, fin all'espediente di impiegarvi i più rubusti negri africani fatti schiavi col concorso di predoni arabi. Eppure bisogna riconoscere ad Angelico Aprosio, uomo che aveva dimestichezza con la navigazione e le curiosità per le crescenti scoperte geografiche del suo tempo, di non aver trascurato contatti con quei religiosi, specie se confratelli, come uno dei "Fautori della sua biblioteca", l'agostiniano AGOSTINO CARILLO DE OJEDA
che attivo nel Mondo Nuovo ma detto all'uso del tempo non ancora Americano e bensì Indiano gli fornì dei libri sull'operato dell'Ordine Agostiniano, operante sulla scia di San Tommaso di Villanova, in quella PROVINCIA AGOSTINIANA DEL CILE
la cui conquista spagnola, al pari di quella di altre terre e civiltà precolombiane
fu certamente insanguinata ed ardua come si ricava dalla DESCRIZIONE di GIOVANNI VELASCO del REGNO DI QUITO con tre note documentarie su CUZCO, OMBELICO DEL MONDO - (sulla) CONQUISTA DEL CILE - sull'ESPLORAZIONE DEL RIO DELLE AMAZZONI
(e con ulteriori dati sui miti dell' ELDORADO e delle AMAZZONI AMERICANE).
EBREO/-I: EBREI NEL GENOVESATO DA FINE '400 A TUTTO IL 1600 ("GHETTO DI GENOVA"): GliEBREI, quindi gli aderenti per motivi etnologici, antropici, sociali e religiosi alla grande tradizione cultuale dell' EBRAISMO [GIUDAISMO], in questo studio si sono accostati
ai Diversi e ciò potrebbe sembrare eccessivo, calcolando sia il loro numero, relativamente scarso nel genovesato come in tutta Italia, sia i rapporti commerciali che gli Ebrei, ebbero coi mercati liguri, specie con quelli del Ponente dopo che, data l'affermazione
locale dell' agrumicoltura, essi divennero ambiti clienti, fra Sanremo e Mentone, di cedri, oltre che di palme, per la festa dei Tabernacoli e per tutte le celebrazioni preatunnali del mese di Tirish. Dalla II metà del '500, però, visti i crescenti timori di Eresia per la Riforma luterana e calvinista, la Chiesa e l'Inquisizione, divennero sempre più sospettose nei confronti di quanti non seguissero il credo romano: negli scritti di molti interpreti, sino al DELRIO ed al GUACCIO, affiorano consigli a studiare con cautela le abitudini degli EBREI che, vissuti al limite
della tolleranza cattolica, avevano sviluppata autonomia socio-economica, con la
conservazione orgogliosa di cultura e credo propri.
[ TRA XVII SECOLO E XVIII SECOLO
UNA SUMMA DEGLI INTERVENTI DELLA CHIESA A RIGUARDO DEGLI EBREI
LEGGIBILE SOTTO LA VOCE
HEBRAEUS
QUI DIGITALIZZATA DALL'OPERA DI LUCIO FERRARIS BIBLIOTHECA CANONICA, JURIDICA, MORALIS, THEOLOGICA....]
Così vari Inquisitori tornarono a citare,
dopo secoli, il CANONE VIII del Concilio Niceno II (787) che gettava ombre sulla sincerità degli Ebrei convertiti: in particolare si riprese una vecchia tradizione antisemita che accusava proprio gli EBREI di aver in qual modo dato il via alle PERSECUZIONI CONTRO I CRISTIANI.
L' esclusione dai vincoli della Chiesa aveva peraltro concesso agli Ebrei di far valere nel settore bancario e del prestito indubbie capacità, sì che a
livello popolare, e non soltanto, la figura dell'Ebreo si coniugava, anche se non del tutto a ragione, con quella del praticante l'USURA più volte condannata a livello sia della legge dello STATO che della CHIESA.
A fine '400 Antonio Cammelli, "il Pistoia", (Pistoia 1436-
Ferrara 1502), sugli Ebrei, scriveva:"Così [il fattore] mi tol ciò che mi dà il signore:/ quando gliele domando non sa dire/ se non:- Aspetta pur l'anno advenire.-/..../L'ebreo ha già del mio più d'un farsetto:/ toglio carne in credenza vino e pane". Gli Statuti genovesi del 1556 risentirono del clima controriformista: la risultanza di
discussioni e previdenze cattoliche alimentò il timore di Scisma ed Eresia innestando sull' idea di Eresia un "castello" di colpe d'Eresia entro cui confluivano non solo i Riformati
ma pure Libertini, Streghe e Maghi, autori di Sortilegi e Seguaci di religioni diverse da quella di Roma: non cattolici come gli EBREI che a parere di M.DELRIO, colle conoscenze cabalistiche
e criptomatematiche, avrebbero praticato dei Sortilegi Eretici . Dopo la META' DEL '500 la SITUAZIONE DEGLI EBREI ITALIANI peggiorò, con l'inasprimento massimo nello Stato della Chiesa ed una politica più severa rispetto al recente passato in tutti gli Stati d'Italia (ove nelle città sorsero i GHETTI per la segregazione degli Ebrei), con l'eccezione dei due porti liberi di Pisa e
soprattutto di Livorno nel Granducato di Toscana ove il ghetto non fu istituito e dove le agevolazioni commerciali concesse dai granducali permise ai commercianti ebrei di rivaleggiare con ottimi risultati avverso la ben più prestigiosa piazza mercantile del porto di Genova (DEI - UTET - FEDELE,VII,s.v. Ebrei, p.50, coll.I e II). Con un pò paternalismo e una vena di scusabile campanilismo in un'utile rassegna documentaria patrocinata dal principale QUOTIDIANO GENOVESE D'INFORMAZIONE si legge che a GLI EBREI DEL GHETTO DI GENOVA AVREBBERO GODUTO DI UNA SITUAZIONE MIGLIORE CHE IN ALTRA PARTE D'ITALIA FERMA ESSENDO UN'UTILE CORRELAZIONE TRA LA LORO BRAVURA MERCANTILE E QUELLA DEGLI IMPRENDITORI GENOVESI.
Pur concedendo vigore a questo discutibile assioma (ed invece molti imprenditori genovesi avrebbero invece tratto profitto dal tracollo di certe imprese rette da Ebrei) è tuttavia opportuno distinguere sempre tra MONDO DEGLI AFFARI e MONDO DELLA SPIRITUALITA' che nell'epoca intermedia agiva ovunque e pesantemente sulla vita sociale, a Genova come in tutta Italia.
La relativa mancanza di antisemitismo nel genovesato in realtà fu più connessa allo scarso numero di Ebrei in Liguria (avevano scelto il porto di Livorno come loro base operativa) che alle scelte di una SIGNORIA GENOVESE che sostanzialmente era alquanto più conservatrice di quella TOSCANA: anche per questa ragione gli EBREI continuarono a preferire lo scalo livornese al PORTOFRANCO DI GENOVA istituito proprio in antitesi col porto di Livorno.
Nel '600 un romanziere genovese, B. MORANDO, scrisse (492)"Chi
s'oppose alla loro predicazione [degli Apostoli]?. Tutto l'ebraismo, tutta la gentilità, tutte le nazioni, tutta la potenza del Romano Impero domator del mondo": sempre nel XVII sec. il predicatore P. SEGNERI non mancò di tracciare un quadro ambiguo degli Ebrei [pur se in Italia, a differenza che in Europa, non si può parlare in quest'epoca di un vero e proprio "caso della comunità ebraica", esitendo semmai -volta per volta- il "caso" dei rapporti di Chiesa o Stato con singoli Ebrei: v. la vicenda dell'ebrea Sara Copio Sullam alla voce Donna (Ruolo della Donna
letterata in fine]. Il romanziere genovese del '600 ANSALDO CEBA', nel corso del suo epistolario con l'EBREA VENEZIANA SARA COPIO SULLAM ritenuta autrice di uno scritto sulla MORTALITA' DELL'ANIMA (che accusava con lucido ragionamenti certe fragilità teologiche del cattolicesimo romano postridentino), può dare l'impressione di un amoroso interesse per la bella letterata del GHETTO DI VENEZIA ma, se si legge davvero il suo epistolario, si nota soprattutto quello stizzoso paternalismo dei ceti dirigenti genovesi del '600 che, quando si trovavano inascoltati in certi loro consigli che avevano tuttavia il crisma di ordini garbatamente esposti, finivano con abbandonare le imprese non andate a buon fine assumendo atteggiamenti di spocchioso e permaloso distacco (e in questo stesso modo si comportò il CEBA': non riuscendo a convertire la SULLAM al CATTOLICESIMO finì per trascrivere le sue lettere in un LIBRO (qui intieramente proposto) che, già dalla prefazione, vuol apparire come "NOBILISSIMO FALLIMENTO D'UN CRISTIANO GENOVESE PER NON ESSER RIUSCITO A CONVERTIRE UNA PECCATRICE GIUDEA".
L'ingombrante presenza dell' Inquisizione nei procedimenti di Eresia cui
doveva assistere il Braccio secolare in Stat.Crim. libro II, "delle pene cap. 10 - cap.25 e cap.89 creò non poche tensioni fra
Signorie e Chiesa e per Genova questo si verificò nel caso delle Streghe di Triora per cui
urtarono diritto canonico e criminale: le indicazioni per riconoscere Eretici di fatto erano
troppo soggette all' Arbitrio degli inquirenti quando sarebbe stato vitale che Stato ed
Inquisizione concordassero bene sia sulle procedure che sulle pene e, fatto mai davvero risolto nel genovesato, su cosa fosse Eresia e se, per conferire al "crimine" i crismi
dell'Eresia, si dovesse valutare per eccesso (come voleva l'Inquisizione) o per difetto, come lo Stato intendeva> in S.A.I. (23,115,252) si citano 4 commenti del Santo Ufficio sugli Eretici
autorizzandoli a testimoniare in casi d'eresia di Cristiani, di altri Eretici> si classificano poi gli Eretici
infedeli costretti ad abiurare come i Cristiani eretici. La scarsa documentazione sopravvissuta sugli EBREI IN LIGURIA induce quindi ad estrema cautela nella disanima della storia della COMUNITA' EBRAICA DI GENOVA e suggerisce di rifarsi alle investigazioni di quello che tuttora rimane il principale studioso dell'argomento: ci si riferisce qui al RABBINO R. PACIFICI autore di due SAGGI CRITICI che, seppur relativamente datati, per chiarezza e in virtù della personale lettura di documentazioni disperse a causa del II conflitto mondiale, propongono tuttora le più sostanziali osservazioni, peraltro in merito a molteplici aspetti socio-economico-esistenziali oltre che religiosi, sulle vicissitudini della PICCOLA MA TENACE COMUNITA' EBRAICA DI GENOVA soprattutto in relazione al PERIODO COMPRESO TRA XVII-XVIII SECOLO ed in maniera ancora più specifica in rapporto al SECOLO XVIII.
LIBERTINO-LIBERTINISMO vedi:BATTAGLIA s.v.> Che si è emancipato, sul piano culturale ed etico, dal dogma religioso cristiano: libero pensatore. Il riferimento iniziale va alla Francia del XVII secolo ma non si può trascurare il contemporaneo fenomeno dei Libertini veneziani dell'Accademia degli Incogniti che, per la libertà di pensiero (con G.Brusoni giunta ai limiti della provocazione sessuale e dell'apostasia) attirò molti eruditi liguri tra cui A.Aprosio, A.G.Brignole Sale ed Ansaldo Cebà il cui poema eroico La Reina Ester fu la ragion prima d'una interessante corrispondenza epistolare, tra 1618 e 1622 con la bellissima e colta ebrea veneziana Sara Copio Sullam.
LaRepubblica di Genova, in tempi poco posteriore alla promulgazione dell’EDITTO DEI SOVRANI DI CASTIGLIA del 1492, che sancì, al termine di una LUNGA CONTROVERSIA RELIGIOSO-POLITICA, la tristemente famosa ESPULSIONE DEGLI EBREI dalla penisola iberica, aprì le sue porte ad un certo numero di esuli sefarditi (in ebraico Sepharad vuol dire Spagna) noti per la loro ricchezza ed abilità commerciale.
La Signoria genovese permise ai primi trecento ebrei giunti in nave, nel 1493, da Barcellona di insediarsi in un quartiere comprendente la zona di vico del Campo, vico Untoria e piazzetta Fregoso.
i testi di questo sito sono stati scritti dal Prof. Bartolomeo Durante
Si precisa inoltre in particolare che questo lavoro non è a scopo commerciale ma di divulgazione culturale e per uso documentario - Professor Bartolomeo Durante