cultura barocca

CONSULTA L'FRONTESPIZIO E INDICE DELLA SILLOGE POETICA = Nel solenne ingresso dell'ill.mo e rev.mo monsignore Francesco Gaetano Buglioni di Monale e Bastia vescovo di Mondovi ec. ec. applausi . SCORRENDO E VOLTANDO LE PAGINE DA QUI VISUALIZZA POI AD INTEGRAZIONE DELLE LIRICHE UNA SEQUENZA DI ISCRIZIONI CONCERNENTI SITI MONREGALESI TRA CUI SPICCANO VARIE COMPOSIZIONI E TRA QUESTE L'INTERESSANTE LIRICA
"VISIONE" DI CRISPO IPUGETE (PSEUD. ACCADEMICO DI TAL DOTT. GIUSEPPE ROSSI)
DI INDUBBIA ISPIRAZIONE CIMITERIALE SECONDO IL GUSTO EPOCALE, SULLA SCIA FOSCOLIANA CHE FORTEMENTE INFLUENZO' LA LETTERATURA DEL TEMPO COME I VEDE NEL CARME UN'ORA AL CIMITERO DI GIORGIO BRIANO =
UNA LETTERATURA SEPOLCRALE CHE, INVERO, FU ALIMENTATA SIN DAL '600 TRAMITE UNA
TALORA OSSESSIVA DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE DI INUMAZIONE ED INTEGRATA DALLA TRADIZIONE NON SOLO LETTERARARIA DELLA COMPARSA, FUOR DEGLI AVELLI, DI SPETTRI, FANTASMI DETTI ANCHE RITORNANTI UN POCO COME ACCADRA', CON ALTRE OPERE, NELL' ORMAI
MISCONOSCIUTA MA PREGEVOLE "CANTICA" DI LUIGI SCALCHI LA VESTALE AL CAMPO SCELLERATO (QUI DIGITALIZZATA NEI TRE ATTI CHE LA COMPONGONO) IN CUI, L'AUTORE IN UNA SORTA DI RISCATTO DELLE DONNE DI OGNI TEMPO CIVILTA' NELL'AFFERMARE IL PROPRIO DIRITTO ALL'AMORE CON IL RIGETTO A QUALSIASI COSTRIZIONE RELIGIOSA, FA PARLARE LO SPIRITO DI UNA SACERDOTESSA VESTALE, CONDANNATA AD ESSER SEPOLTA VIVA, AVENDO VIOLATO PER AMORE IL VOTO DI CASTITA' SI RIVELA E A UN DAPPRIMA TERRORIZZATO VIANDANTE, CHE ATTRAVERSA I CAMPI CON RUDERI TOMBE ROMANE COMPRESO QUELLE DEL CAMPO DETTO "SCELLERATO" PER ESSERVI INUMATI I DANNATI A MORTE PER INFAMIA, NARRA LA SUA STORIA DI AMORE E MORTE.

NELLA "VISIONE" DI CRISPO IPUGETE , SENZA INDULGERE A TONI LUGUBRI, LEGGESI CHE DALLE TOMBE "SURSE PRIMIER FRA L'INCLITO DRAPPELLO/ UN GRANDE AVVOLTO IN PORPORINA VESTA/ CHE IL CUBITO APPOGGIANDO AD UN AVELLO/ DISSE CORTESE: TUTTI NOI DI QUESTA TERRA SIAM FIGLI; OGNUNO DI NOI PRECINSE/ DEL PALLADIO IMMORTAL LAURO LA TESTA/ QUESTI(E IN CIO' DIR AL PETTO SUO COSTRINSE/ UN PROSSIMANO SPETTRO) EGLI E' COLUI CHE SIN ENTRO LE NUBI IL GUARDO SPINSE/ CO' SAGACI SPERIMENTI SUI, DEL TURBO, DELLA GRANDINE, DEL LAMPO...".
LO SPIRITO PARLANTE E', NELLA VISIONE QUELLO DEL CARDINAL BONA CHE INIZIALMENTE NOMINA IL MONREGALESE FILOSOFO E FISICO
GIOVANNI BATTISTA BECCARIA
(QUI IN UN RITRATTO CUSTODITO NEL MUSEO DI TORINO) CELEBRE PER I SUOI STUDI SULL'ELETTRICITA' E PURE PER LA SUA DIFFUSIONE PRIMA IN PIEMONTE POI IN ITALIA DEL PARAFULMINE IN MERITO AL QUALE FU AUTORE DI UNA FITTA CORRISPONDENZA CON BENJAMIN FRANKLIN PARAFULMINE CHE RAPPRESENTO' OLTRE CHE UNA GRANDE SCOPERTA SCIENTIFICA PURE UN'INVENZIONE ALTAMENTE UMANITARIA ATTESI I GRAVI INCENDI CHE I FULMINI SCATENAVANO SIA A DANNO DI UOMINI E ANIMALI CHE DI PROPRIETA' MONREGALESE AVVOLTO IN PORPORINA VESTE CHE INDICA IL BECCARIA "NOTA2" RISULTA ESSER "NOTA1" IL CARDINALE GIOVANNI BONA, GIA' SODALE DI APROSIO E DA LUI CITATO NELLA SUA FILOTHECA.
LO SPETTRO DEL CARDINAL BONA NOMINA POI DUE ALTRI "SPIRITI MAGNI", PRECISAMENTE IL MEDICO E CHIMICO GIOVANNI FRANCESCO CIGNA AFFERMANDO QUEI, SOGGIUNSE CHE SIEDE A LUI VICINO, CHE PENSOSO HA IL CONTEGNO, ED ACCIGLIATO, ANCHE A NOI LARGHEGGIO' FAUSTO IL DESTINO, D'ANATOMICO FERRO IL PUGNO ARMATO, LE DELICATE ORIGIN DELLA VITA, ANCHEI TENTO' CON MANO ESPERTA E ARDITA, LA FOLGORE INVOLAR AL CIEL FREMENTE(NOTA4) E DI SEGUITO LO STESSO PRELATO CITA IL MATEMATICO ED IDRAULICO FRANCESCO GIOVANNI MICHELOTTI SOGGIUNGENGENDO COSTUI CHE STAMMI A TERGO , E VOLVE LA MENTE IN ALTISSIMI PENSIER, L'ARTE PER LUI, CHE SA POR FRENO ALL'ACQUE, CHE LE AMMASSA, LE SBALZA E LE DISVIA, ARTE IGNOTA FRA FRA NOI GIGANTE NACQUE(NOTA5)
- RISULTANDO PURE DI GRANDE INTERESSE
PER LA FAMA CHE EBBE
IL PITTORE GIOVANNI FRANCESCO REGIS AUTORE MERITEVOLE DI UN RECUPERO = TRA LE SUE INNUMEREVOLI PRODUZIONI ARTISTICHE RICORDIAMO, QUI DIGITALIZZATA LA CURATELA DELLA PUBBLICAZIONE
ALLA MEMORIA DI PAOLA POZZI VIRTUOSA DILETTANTE DEL CANTO MUSICALE, EPICEDJ DI CUI QUI SI VEDE COME IL REGIS, ANCHE COMMOSSO PER LA DI LEI PREMATURA SCOMPARSA, COLLABORO' ALLA STESURA DEL SUO EPICEDIO = NEL SOTTOSTANTE VOLUME LE PREZIOSE ISCRIZIONI CONCERNENTI IL SITO DI MONDOVI'(DA P. 75 A P. 80)= "Al Piano della Valle" - "All' Arco della porta di Breo/ Piazza Maggiore" - "Sopra la Cappella di San Rocco" - "Al Palazzo di Città" - "All' Arco che va al Duomo" - "Al Piano della Valle" - "All'Arco in Carassone" - "Sulla Piazza" - "Sulla Porta del Duomo" - "Sopra l'Arco Maggiore di Carassone" - "Sopra la Porta dell' ex-Convento di S. Domenico in Carassone" - "Vicino alla Chiesa di S. Evasio in Carassone" (E A FINE DEL LIBRO LEGGESI DI MANO ANONIMA=QUESTO VOLUME CONTIENE MOLTE ISCRIZIONI DEL PITTORE REGIS MONREGALESE
Nel solenne ingresso dell'ill.mo e rev.mo monsignore Francesco Gaetano Buglioni di Monale e Bastia vescovo di Mondovi ec. ec. applausi, Mondovì : dalla tipografia di Luigi Rossi, 1824 - Descrizione fisica 80 p. ; 20 cm - Note generali: · Segn.: 1-4/8 - - Impronta · rari o.e, e.ze StDe (3) 1824 (R) - Esemplari censiti dal Servizio Bibliotecario Nazionale = Biblioteca civica - Mondovì - CN - Biblioteca civica centrale - Torino - Biblioteca Norberto Bobbio dell'Università degli Studi di Torino (vedi qui -fine di pagina 389, paragrafo XXXII, della Biblioteca Aprosiana- Mondovì, patria di Andrea Rossotto/Rossotti amico, corrispondente e fautore di Angelico Aprosio detto il "Ventimiglia", il celebre bibliotecario seicentesco= Mondovì che fu in seguito, sede di una battaglia napoleonica)

CLICCA E VOLTA PAGINA

INDICE DEI CONTENUTI DELL'OPERA
Premessa e dedicatoria firmata "Cittadini Monregalesi"
"Sonetto" firmato "Crespo Ipugete"
"Visione" ancora firmata "Crespo Ipugete"
"Sonetto" firmato "Del Cherico Pietro Corte/ studente di Bellelettere"
"Carmen" (in latino) firmato dal "Clericus Jacobus Trabucco/ Philosophiae Professor"
"Versi" dichiarati "Di M. A. Buffa Monregalese"
"Sonetto" a firma "Dell' Architetto e Notajo Collegiato/ Giuseppe Maria Ansermetti/ Cittadino di Mondovì/ Fra i Costanti d'Italia Il Festoso"
"Sonetto" a firma "di un leale Monregalese"
"Sonetto" a firma "Di O..... Monregalese"
La Società Filarmonica di Mondovi opera intitolata "Il Genio della Musica & Il Genio dell'Ellero" a firma in conclusione del testo "Di Jacopo Anton Durando Monregalese"
"Ode" in fine a firma "D'un Monregalese" con corredo di note in fine
"Sonetto" a firma "Morelli/ del Collegio d'Eloquenza/ nella Regia Università di Torino"
"Il Vaticinio avverato - Sciolti" in fine firmato "Del Medico Francesco Moreno/ Percettore a Vico"
["Nota" sulla "Villeggiatura appartenente al Vescovado di Mondovì, detta La Scapita]
Dicolos Tetrastrophos (in latino) in fine a firma "Sacerdotis Josephi Benedicti"
" Elegia " in fine a firma di "Trona Hyacinthus/ lihetorices Professor"
" Sonetto " a firma "Dell' Avvocato G. B. Cerignaco/ Assessore Instruttore nel Tribunale di Saluzzo"
" Sonetto Epistolare all' Amico E. M. F. a firma " di Fr. Raimondo Feraudi/ Domenicano"
" La Chiesa di Mondovì - Canzone" firma in fine "Di C. M. Fea Monregalese"
" Sonetto I " a firma in fine "Del T. Stefano Clerici/ Canonico della Collegiata di Carmagnola,/ e Vicario foraneo"
" Sonetto II " a firma in fine "Del T. Stefano Clerici/ Canonico della Collegiata di Carmagnola,/ e Vicario foraneo"
"Capitolo" a firma in fine "Di un Monregalese" (con note)
"Ode" a firma in fine "Th. Abbà"
"Carmina" (in latino) a firma in fine "Dominicus Bongioanni/ Caraxonensis octogenarius"
"Umiltà dell' inclito Pastore / Sestine" a firma in fine "Del Sacerdote Andrea Pistoni/ Professore di Retorica"
"Sonetto" a firma "Di Maurizio Tarditi/ Insinuatore a Saluzzo"
"Sonetto" a firma "di N. N."


RITORNA ALLA HOME PAGE DI CULTURA-BAROCCA AL SITO DI CULTURA-BAROCCA



















Giovanni Battista Beccaria, al secolo Francesco Ludovico Beccaria (Mondovì, 3 ottobre 1716 – Torino, 27 maggio 1781), è stato un fisico, matematico e monaco cristiano italiano. Fu autore del Gradus Taurinensis (misurazione di una porzione di meridiano terrestre che passa dal Piemonte) e un'importante personalità nel rinnovamento scientifico dell'Ateneo torinese del XVIII secolo.
Francesco Ludovico Beccaria nacque a Mondovì nel 1716, di modesta famiglia. Il nome Giovanni Battista o Giambattista gli fu dato quando, giovanissimo, prese i voti all'Istituto religioso degli Scolopi della città natale, dove iniziò a utilizzare questo nome per firmare i suoi primi scritti. Fu proprio in questo periodo che compì studi approfonditi sulla fisica, orientandosi principalmente sulle nuove teorie e sulle sperimentazioni newtoniane. Dal 1740 circa fu infatti mandato a insegnare presso le scuole scolope di Narni, Urbino, Palermo e Roma. Nel 1748 fu chiamato dal Re Carlo Emanuele III a sostituire il monaco Padre Francesco Antonio Garro sulla cattedra di fisica sperimentale dell'Università di Torino.
Fu uno degli studiosi che contribuì a trasformare l'elettrologia da semplice oggetto di curiosità in disciplina scientifica, difendendo apertamente la teoria di Benjamin Franklin con cui avvierà una fitta corrispondenza.
La sua linea di pensiero iniziò a discostarsi da quella che era l'ideologia prevalente all'interno dell'Ateneo torinese, ancora radicata su posizioni dogmatiche; lo scienziato piemontese privilegiava invece il metodo sperimentale rispetto alla “fisica cartesiana”, di matrice razionalistica. Le teorie basilari della fisica moderna, quali l'ottica newtoniana o la meccanica galileiana incominciarono finalmente ad attecchire anche negli ambienti accademici italiani, in sintonia con ciò che stava accadendo nel resto d'Europa.
Padre Beccaria formò quindi un gruppo di studio, educando dei giovani come Joseph-Louis Lagrange, Gianfrancesco Cigna, Angelo Saluzzo di Monesiglio, futuri fondatori della Privata Società Scientifica Torinese dalla quale a sua volta nascerà l'Accademia delle Scienze di Torino. Altri suoi allievi furono anche Alessandro Volta e Luigi Galvani.
I suoi interessi scientifici, in questa prima fase, riguardarono quasi esclusivamente l'elettrologia, divenuta vera e propria disciplina scientifica nel senso moderno del termine; in questo ambito elaborò la teoria dell'elettricità vendicata, confutata solo successivamente dalle esperienze di Volta.

In seguito, si occupò anche di meteorologia e di idraulica.
Beccaria ebbe intensa corrispondenza con Franklin, con il quale condivideva molte idee riguardanti soprattutto l'elettrologia. In seguito ai suoi studi, e alle scoperte di Franklin, furono installati dei parafulmini sulla Basilica di San Marco (Venezia) e sul Palazzo del Quirinale a Roma sotto la sua diretta supervisione, e successivamente anche sul Duomo di Milano (1770).
Le scoperte e le opere del primo periodo
Nel suo trattato Dell'Elettricismo Artificiale e Naturale del 1753 Beccaria mostra di trovarsi in accordo con la teoria di Franklin del fluido unico, dando una descrizione quantitativa dei vari fenomeni ad essa riconducibili. Classificò i corpi in base alle loro proprietà elettriche, distinguendo conduttori e dielettrici (dei quali descrive il ruolo all'interno dei condensatori) e illustrò le proprietà magnetiche dei conduttori. Nella medesima opera è anticipato inoltre un risultato, attribuito storicamente a Faraday e di fondamentale importanza in elettrostatica, secondo cui «ogni elettricità si riduce alla superficie libera dei corpi senza diffondersi nell’interiore sostanza loro" e dal quale il Beccaria dedusse, contrariamente a quanto si credeva sino ad allora, che la resistenza elettrica in un conduttore è proporzionale alla lunghezza dello stesso, formulandone così il primo enunciato quantitativo.
Infine, classificò le scariche elettriche e studiò l'elettricità atmosferica e il parafulmine, che si diffuse così in Piemonte prima che altrove in Italia.
Il trattato del Beccaria, dopo la pubblicazione in Italia, venne tradotto in inglese e diffuso negli Stati Uniti soprattutto grazie all'impegno profuso dallo stesso Benjamin Franklin e dal collega Joseph Priestley. Nel 1755 venne nominato membro della Royal Society.
Il Gradus Taurinensis e i due obelischi
Frontespizio del Gradus Taurinensis pubblicato a Torino nel 1774 da G.B. Beccaria
Nel 1759, Re Carlo Emanuele III venne a sapere dal gesuita Padre Ruggero Boscovich che già in molti altri stati europei si erano svolte misurazioni sui meridiani geografici. Da grande mecenate e estimatore delle scienze, il Re affidò al Beccaria la misura di una porzione del meridiano piemontese 7°50' E, il cosiddetto Gradus Taurinensis, scelto perché passante per la città natale dello studioso, e che sarebbe, a sua volta, dovuto servire anche per il calcolo della circonferenza equatoriale terrestre e lo schiacciamento ai poli, oltre che all'aggiornamento delle Regie carte geografiche.
Le ricerche sui punti di misurazione furono condotte dallo stesso Beccaria col suo assistente, Domenico Canonica, tra il 1760 e il 1774. Queste permisero di realizzare il tracciamento della "Carta generale dello stato sabaudo", lavoro già avviato nel 1767.
Nel saggio intitolato Gradus Taurinensis, che il Beccaria pubblicò al termine dei suoi lavori solo nel 1774, si attribuì alla porzione di meridiano la lunghezza di 112,06 km (un po' più grande rispetto a quella oggi adottata, 111,137 km): da ciò, egli ricavò la lunghezza dell'intero meridiano terrestre 7°50' E, e cioè 40332 km (invece dei 40009,152 correntemente accettati). Il geodeta francese César-François Cassini, nipote del più noto nonno Gian Domenico, anni più tardi contestò il valore numerico della latitudine stimata dallo scienziato piemontese a 1°7'44” (il risultato del Cassini nipote, basato sulla misura dell'ellissoide medio, fu di 1°8'14”; si veda a questo proposito la voce “geoide”); nel 1820 tuttavia, il fisico Plana riconfermò nuovamente i dati del Beccaria, motivando la discrepanza rispetto al valore teorico dedotto dal geodeta francese con la vicinanza delle Alpi, la cui attrazione gravitazionale influenzava in maniera sensibile la direzione del filo a piombo.
Per determinare la lunghezza di tale porzione del meridiano terrestre che taglia il Piemonte da Andrate (località vicino a Ivrea) fino a regione Belvedere di Mondovì (in Provincia di Cuneo), lo scienziato utilizzò dei metodi geometrici-trigonometrici simili a quelli inventati nell'antichità da Eratostene, ma usati anche dal celebre astronomo Gian Domenico Cassini pochi decenni prima, presso Perinaldo, in Liguria, nel 1696. Per eseguirli, il Beccaria dovette misurare tutta la lunghezza del viale Corso Francia che collegava (e tuttora collega) Piazza Statuto a Torino con la rotonda di Corso Susa a Rivoli, distante 12 km, quindi sulla linea est-ovest non del parallelo 45° N (come alcuni pensano, e che invece passa più a sud), ma del parallelo 45°,04' N con uno scarto di 30"; tale misura fu quindi usata per la triangolazione Andrate - Mondovì, anche attraverso trigonometrie geografiche con altre località piemontesi quali Superga, Balangero, Sanfrè e Saluzzo.
L'obelisco geodetico di Piazza Statuto
Obelisco a Rivoli, al fondo di Corso Francia
Egli utilizzò due pietre di marmo per segnalare gli estremi dello suddetto stradone, ancorandole al suolo e indicandone la precisa posizione ai lati del viale con alcuni alberi segnaletici. Nel tempo le pietre vennero sepolte dalla terra e gli alberi tagliati, così che i resti di questo esperimento andarono dispersi. Nel 1808 però il Generale Sanson, che guidò la dominazione francese e diresse i depositi di guerra, incaricò l'ingegner Lasseret di ricercarle. Basandosi sugli appunti del Beccaria e di varie istituzioni locali (il Prefetto Stefano Vincent, il sindaco di Torino Giovanni Negro e quello di Rivoli Revelli) i massi videro di nuovo la luce. Per inaugurare l'avvenimento e tramandarlo ai posteri si decise di costruirvi sopra, a spese dei due comuni, una coppia di obelischi identici, presenti ancora oggi: quello di Rivoli fu inaugurato l'8 ottobre di quell'anno, mentre quello di Piazza Statuto il 7 dicembre.
Oltre a occuparsi di elettrologia, Beccaria fu anche un cultore di discipline umanistiche come la letteratura latina, che prediligeva rispetto alle altre, la poesia e l'arte.
Fu membro della Royal Society e della massoneria.
Morì a Torino il 27 maggio 1781, proprio mentre lavorava ad un trattato sulle meteore, dopo essere stato colpito da una lunga e dolorosa malattia, durante la quale ricevette il supporto delle maggiori autorità dell'epoca.
A Torino Il Comune di Torino gli intitolò un piccolo tratto di corso, proseguimento di corso San Martino tra il giardinetto dell'obelisco di Piazza Statuto e corso Principe Eugenio e che fu, per un certo periodo, anche il corso più corto di Torino, di soli 100 metri.
La scrittrice Marina Jarre, in un suo romanzo, descrisse così il piccolo obelisco di Piazza Statuto: «La grigia guglia di granito sormontata da un globo di bronzo con i meridiani, tra il verde di Piazza Statuto, ricorda ai Torinesi un pezzo di storia cittadina sul finire del settecento quando, in una città di 72.500 abitanti, rischiarata da poche rudimentali lanterne ai crocevia, l’elettricità era ancora una forza misteriosa con la quale solo “i maghi” potevano prendere confidenza. E mago era considerato dal popolino Giambattista Beccaria, un frate di Mondovì che abitava all’inizio di via Po (una stanza che fu incorporata nell’Hotel Londra sopra il Caffè Dilei) e che aveva impiantato in una torretta un piccolo osservatorio di meteorologia e di astronomia sormontato da una spranga di ferro: il primo parafulmine italiano" L'astrolabio sulla sommità dell'obelisco geodetico, peraltro, è anche noto come la guglia di Beccaria. Ad Andrate La piazza su cui sorge il municipio di Andrate è stata intitolata a suo nome, e nella chiesa parrocchiale antistante, sulla parete a sinistra dell'altare, si può osservare una lapide di marmo che riporta incise le seguenti parole «Il Padre Giovanni Battista Beccaria già nel 1762 osservava le stelle da questo foro col suo Settore Zenitale[6]. Il Barone Cav. Plana Giovanni Astronomo dettava la presente nel 1863.» Un ritratto dell'epoca riportante le fattezze del grande fisico piemontese viene custodito nella parrocchia della cittadina. Opere Experimenta atque observationes quibus electricitatis vindex late constituitur atque explicatur, 1769. Dell'elettricismo naturale e artificiale, 1753. Dell'elettricismo, 1758. Elettricismo artificiale, Torino, Stamperia reale, 1772. (tradotto in inglese due anni dopo). Dell'elettricismo artificiale, vol. 1, Macerata, Antonio Cortesi, 1793. Dell'elettricismo terrestre e atmosferico, vol. 2, Macerata, Antonio Cortesi, 1793. (LA) Gradus Taurinensis, Torino, Stamperia reale, 1774. Della elettricità terrestre atmosferica a cielo sereno, Torino, 1775. Lettere di un Italiano ad un Parigino intorno alle riflessioni del sig. Cassini de Thury sul grado torinese, Firenze, Gaetano Cambiagi, 1777."(TESTO TRATTO DA WIKIPEDIA, L'ENCICLOPEDIA LIBERA ON LINE)
















Giovanni Francesco Cigna, indicato talvolta come Gianfrancesco (Mondovì, 2 luglio 1734 – Torino, 16 luglio 1790), è stato un medico e chimico italiano. Esponente dell'Illuminismo torinese, ebbe un importante ruolo culturale, tra l'altro come cofondatore dell'Accademia delle scienze di Torino. acque a Mondovì da Filippo, medico, e da Andretta Beccaria, parente del fisico Giovanni Battista Beccaria.
Nel 1750 vinse il concorso per l'ammissione al Collegio delle Province, per la classe di medicina e dall'anno successivo frequentò l'università, dove si laureò in medicina nel 1755. Nel 1757 divenne, come il padre, "medico collegiato" (cioè appartenente al collegio dei medici di Torino abilitati ad esercitare la professione medica) con una tesi che discuteva le nascenti scienze dell'elettrologia e della fisiologia. Assieme a Joseph-Louis Lagrange e Giuseppe Angelo Saluzzo fu allievo di Gian Battista Beccaria, ma un disaccordo con il maestro sulla teoria del flogisto portò i tre a proseguire per loro conto la sperimentazione, costituendo (1757) una società privata che iniziò a riunirsi in casa del Saluzzo, la futura Accademia delle Scienze di Torino. A queste riunioni furono invitati nel tempo altri autorevoli scienziati dell'epoca, con una vitalità che attirò sospetti di materialismo e ateismo. I fondatori reagirono alle critiche invitando progressivamente nella società illustri personalità, anche straniere (tra cui Eulero, Lavoisier, Haller, Condorcet, Franklin) e ricercando protezione da Carlo Emanuele III, che ribattezzò "Società reale" l'associazione, mettendola al riparo dai tradizionalisti.
Cigna fu il primo segretario della società, della quale curò già nel 1759 il primo volume di atti (De iis quae in societate acta sunt, in Miscellanea philosophico-mathematica Societatis privatae Taurinensis, I, Augustae Taurinorum, 1759).
A partire dal 1761 ebbe gravi problemi di salute che ne limitarono di molto l'attività.
Eseguì importanti studi sulla respirazione. Lavorò molto in ambito elettrologico, sostenendo una teoria alternativa a quella di Beccaria, che sarà fonte di non pochi contrasti con il maestro. Ebbe grande successo come medico. Dal 1775 fu ordinario di anatomia all'Università di Torino.
Nel 1779 sposò Teresa Prandi (figlia di Ludovico, medico dei Savoia-Carignano), dalla quale ebbe due figlie.
Opere De electricitate, 1770



















Michelotti, Francesco Domenico [come si legge nell'articolo di Clara Silvia Roero ed Erika Luciano in Dizionario Biografico degli Italiani" - Volume 74 (2010)] vide la luce " a Cinzano (nei pressi di Cuneo) il 10 luglio 1710 da Matteo Giovanni, un negoziante assai facoltoso. Rimasto orfano in tenera età, frequentò il r. collegio dei gesuiti di Torino e nel 1725 si iscrisse all’Università, completando la sua formazione con studi di architettura civile e militare sotto la direzione di Ignazio Giuseppe Bertola. Questi apprezzò ben presto le capacità matematiche dell’allievo e, a partire dal 1730, gli fece affidare alcuni incarichi nell’ambito dei lavori per le fortificazioni di Fenestrelle, Susa, Demonte, Chivasso, Verrua e altre località, come pure le opere di innalzamento del piano del Ticino e dei terreni circostanti. Per questi ottimi servizi Carlo Emanuele III nominò il M. ingegnere topografo e idraulico di casa Savoia, con lettera patente del 21 apr. 1738.
L’anno successivo il M. fu nominato sostituto maestro di matematica per le Scuole teoriche e pratiche di artiglieria, con patente del 21 apr. 1739. Il 19 ott. 1754 ottenne la nomina a professore di matematica all’Università di Torino, dove insegnò fino alla morte.
br> Nel 1763 il M. fu incaricato da Carlo Emanuele III della direzione delle ricerche e degli esperimenti nello Stabilimento per le sperienze idrauliche, fatto appositamente costruire dal Savoia presso la cascina della Parella, lungo la strada, a ovest di Torino, che partendo da porta Susa conduceva verso Collegno, nelle vicinanze della cappella di S. Rocco.
La struttura, che utilizzava le acque del canale della Cossola, a partire dal fiume Dora superiore, comprendeva la cosiddetta «Torre o Castello d’acque», soprannominata anche il «Castello incantato della scienza». Questa torre fu iniziata per ordine del re il 23 giugno 1763 e proseguita, con molte altre strutture e congegni, fino al 1769. Si trattava non solo di un laboratorio di ricerca per effettuare esperimenti sulle acque, ma anche di un «ente normatore» nell’utilizzo delle risorse idriche del territorio. Il M. descrisse in dettaglio le costruzioni, gli strumenti, le osservazioni e i risultati ottenuti dalle ricerche condotte sul campo nell’opera in due volumi Sperimenti idraulici principalmente diretti a confermare la teorica, e facilitare la pratica del misurare le acque correnti – la sua unica opera ad essere pubblicata – edita a Torino per i tipi della Stamperia reale nel 1767 (il primo) e nel 1771 (il secondo).
Gli Sperimenti ebbero una buona diffusione e una favorevole ricezione sia in Italia, sia all’estero.
Furono citati da J.-N. Hachette nella seconda edizione del suo celebre Traité élémentaire des machines (Paris 1819, p. 255), in uso all’École Polytechnique, con elogi per le esperienze compiute e l’auspicio che anche a Parigi si costruisse un osservatorio simile.
Una traduzione in tedesco dell’opera, a cura di C.G. Zimmermann, fu edita a Berlino nel 1808 con il titolo Hydraulische Versuche zur Begründung und Beförderung der Theorie und Practik e conteneva pure un’appendice sui nuovi esperimenti condotti dal figlio Giuseppe Teresio (pp. 229-253).
Nel primo tomo, dedicato a Carlo Emanuele III, il M. forniva un’accurata descrizione del progetto e della realizzazione della torre idraulica e dei numerosi apparecchi ideati e fatti costruire alla Parella per analizzare e misurare il comportamento dell’acqua: quando percorre vari tipi di canali, quando esce da fori posti a diverse altezze, quando le aperture di uscita hanno differenti sezioni e forme (quadrata, circolare, con l’aggiunta di tubi cilindrici, conici e di imbuti cicloidali).
Sono inoltre esaminati alcuni strumenti per misurare la velocità dell’acqua, come il galleggiante, la ruota, il tubo di Pitot, il regolatore di Guglielmini, il sifone e il quadrante, consigliato dai «migliori scrittori d’idrometria» (p. 157), come B. Castelli, D. Guglielmini, J. Hermann, G. Grandi e B. Zendrini. Il M. ne presentava una descrizione dettagliata del funzionamento e si soffermava sui vantaggi e sui limiti, oltre che sugli accorgimenti per migliorare i risultati.
Scopo dell’opera era quello di dimostrare, attraverso gli esperimenti, la verità delle leggi fondamentali della dinamica dei fluidi: che «le celerità dell’acqua uscente da luci [fori] aperte nel fondo o nei lati dei vasi sono nella ragione sudduplicata [cioè la radice quadrata] delle pressioni, o sia delle altezze dell’acqua sopra le luci» (pp. 69, 78); le proporzioni fra le aree dei fori e le velocità (pp. 74 s.) e fra le aree dei fori e le resistenze massime del fluido uscente, trovate da I. Newton e da D. Bernoulli (pp. 81 s.).
A differenza delle precedenti ricerche di tipo empirico-sperimentale di G. Beccaria, più incentrate sull’uso degli strumenti idraulici, le indagini del M. erano compiute su basi rigorosamente matematiche, con formulazioni geometriche e analitiche, dedotte dallo studio dei testi di E. Torricelli, C. Huygens, E. Mariotte, D. Guglielmini, I. Newton, P. Varignon, di Johann Bernoulli e di suo figlio Daniel, G. Poleni e B. Zendrini.
Nel secondo tomo il M. proseguiva la descrizione di nuovi esperimenti idraulici condotti dal 1766 al 1770 con le relative conclusioni. Avendo ricevuto da vari studiosi italiani richieste di chiarimenti sul primo volume, l’autore inseriva nella trattazione le sue risposte ai quesiti e dubbi espressi dal p. A. Lecchi nella sua Idrostatica (1765) e da altri sperimentatori come R.G. Boscovich, E. Zanotti e T. Bonati. In particolare il M. si soffermava sulle leggi che regolano la pressione dei fluidi, sul fenomeno della compressibilità dell’acqua (pp. 10 s.), sulla velocità iniziale di efflusso dai vasi (pp. 11-14) e sulle relazioni che intercorrono fra l’ampiezza del vaso e l’area del foro di uscita (pp. 14-16), sull’uso di tubi di uguale diametro e di diversa lunghezza (pp. 47-52), sui risultati che si ottengono per mezzo di due sezioni (pp. 52-56), con varianti del tubo ricurvo di Pitot (pp. 96-112), con l’uso del quadrante nei torrenti (pp. 113-115) e con quello della stadera idraulica per esplorare la forza di una corrente contro un piano (pp. 116-123).
Al termine di questo volume il M. inserì due memorie di matematica di carattere analitico, che nella prefazione egli affermava di aver steso da più di venti anni, con il proposito di pubblicarli in latino nei "Commentari dell’Istituto delle scienze" di Bologna, avendone discusso i contenuti con il celebre matematico G. Manfredi che ne apprezzò il metodo. Il primo saggio è relativo a una nuova teoria sulle progressioni e sulle serie geometriche (pp. 130-180), dimostrando alcuni teoremi e corollari e affrontando problemi e casi ad esse collegati, mentre il secondo riguarda lo studio delle equazioni di terzo grado e si sofferma in particolare sul caso irriducibile e sull’uso delle tavole dei seni nella risoluzione dell’equazione cubica relativa al problema della trisezione dell’angolo (pp. 181-234).
Il M. fu socio onorario dell’Accademia degli Intronati di Siena, dopo l’incontro con Candido Pistoi, professore di matematica a Siena che nel 1768 assistette ad alcuni esperimenti alla Parella.
Numerosi allievi e ricercatori si formarono alla scuola del Michelotti.
Fra questi si possono citare Carlo Ignazio Giulio, Giorgio Bidone e i due figli del M. Giuseppe Teresio (1762-1819) colonnello del genio in Portogallo e poi direttore degli ingegneri civili a Torino, e Ignazio Maria Lorenzo (1764-1846) ispettore del genio civile e intendente ai canali.
Dal 1° nov. 1777 il M. fece parte del Congresso degli Edili e fu anche nominato socio nazionale dell’Accademia delle scienze di Torino con lettere patenti di epoca incerta, probabilmente risalenti alla fondazione della Società privata negli anni Cinquanta.
Pur presenziando abbastanza regolarmente alle sedute, il 28 febbr. 1784 per problemi di salute il M. chiese il passaggio fra i soci emeriti che ottenne nella seduta del 7 marzo 1784. Il posto di socio residente da lui lasciato fu assegnato al figlio Giuseppe Teresio.
Il 13 apr. 1784 A.M. Vassalli Eandi lesse l’unico lavoro presentato dal M. all’Accademia torinese: si trattava di un breve scritto, frutto di ricerche risalenti a molti anni prima e rimasto inedito (Torino, Accademia delle scienze, Archivio, Manoscritti sciolti, 483, cc. 1r-3v: Ragionamento sopra le forze, e velocità esercitate dalla polvere accesa dentro un pezzo d’artiglieria).
Il M. fu più volte consultato per questioni di idraulica relative a derivazioni e ripari, e ancora nel 1786, nonostante le sue precarie condizioni di salute, su mandato della corte di Parma, si recò con i figli a Piacenza per visionare le opere eseguite sul Po. Il M. morì a Torino il 12 ott. 1787.

RITORNA ALLA HOME PAGE DI CULTURA-BAROCCA AL SITO DI CULTURA-BAROCCA