MAPPA ANTIQUARIA DELL'ISOLA DI CRETA E DEL REGNO DI CANDIA: VEDI ANCHE LA CITTA' E PORTO DI CANEA NEL REGNO DI CANDIA E LO SCHEMA DELLA SUA FORTEZZA
La GUERRA DI CANDIA durata 24 anni, dal 1645 al 1669, presenta notevoli differenze con quella del 1570-73 (guerra contro i Turchi).
Il tutto si sviluppò in due momenti drammatici di un unico interminabile conflitto su cui Angelico Aprosio convinto fautore delle gesta degli Ordini Cavallereschi, nel repertorio bibliografico de La Biblioteca Aprosiana, produsse le proprie considerazioni pure in merito all' assedio turco di Malta (pag. 374, n. VI) tra '500 e '600 celebrandovi le gesta di Carlo dei Conti della Legueglia> [ anche tracrivendo queste lettere ecomiastiche nei riguardi del condottiero genovese in merito a quanto pure fece spostandosi a Candia di cui due (pagine 576-577) scritte dal "Doge e dai Governatori della Repubblica di Genova" (25/X/1652) ed ancora da "Francesco Morosini Capitano generale per la Repubblica di Venezia" (datata Candia 26/III/1669 ed una di "Catterin Cornaro Cav. per la Sereniss. Repub. di Venetia, Proved. General da Mar" datata Candia 30
Marzo 1669 (pag.578)].
Non minor attenzione Aprosio prestò in relazione alla guerra di Candia (pag. 142) ed alle polemiche suscitate dalla sua imprevista conclusione.
A Candia si era verificato uno scontro epocale di imperi e civiltà nel pieno della loro forza: Venezia, in termini politici e militari, fu infatti la prima potenza cristiana attiva in Levante.
La guerra di Candia che inizia nel 1644, è invece situata in Mediterraneo che ha ormai perduto la secolare centralità: gli interessi delle potenze continentali sono ora spostati verso l'Atlantico e l'Europa del Nord e la potenza navale dei veneziani e degli spagnoli è stata fortemente diminuita dagli attacchi corsari.
Dopo il 1640, quando si resero ormai evidenti le mire turche su Candia, Venezia mobilitò una flotta formidabile, cui si aggiunsero navi di Malta, degli stati pontifici, di Napoli e della Toscana.
Nel 1645 la flotta cristiana raggiungeva un totale di 60-70 galere , 4 galeazze e circa 36 galeoni .
Nel corso dei ventiquattro anni di guerra i veneziani furono generalmente all'offensiva, ottenendo spesso vittorie clamorose: nell'Egeo centrale nel 1651 e nei Dardanelli nel 1655 e 1656.
I venti del nord e la forte corrente del Mar Nero, assieme alla capacità dei Turchi di organizzare dei convogli di rinforzi da Chio, Rodi, Alessandria e Malvasia impedirono di fatto la realizzazione di un blocco permanente dei Dardanelli.
Nel 1666 il tentativo di occupare la base turca di Canea non ebbe successo.
Nell'ultima fase della guerra -- primavera 1667 -- il gran visir Achmed Koprolu assunse il comando delle operazioni contro Candia.
Gli si opponeva il capitano generale da mar Francesco Morosini che aveva raggiunto a soli 28 anni il più alto titolo militare dopo aver attraversato con grande rapidità tutti i gradi della carriera nella milizia marittima -- da Sopracomito a Capitano al golfo.
Il 22 maggio ebbe inizio un assedio destinato a durare 28 mesi.
Negli assalti e nelle sortite che si susseguirono perdettero la vita 108.000 turchi e 29.088 cristiani.
Tra questi si possono contare 280 patrizi veneziani, una cifra che è pari circa ad un quarto del Maggior Consiglio .
Alcuni storici moderni si chiedono perché il 6 settembre 1669 Francesco Morosini abbia trattato la pace con il Turco, senza chiedere l'autorizzazione al Senato e senza che la congiuntura bellica e la situazione internazionale potessero far presagire un simile esito, ed anzi indicassero un certo favore per le sorti della Repubblica.
In realtà chi sostiene ciò finisce per appellarsi a condizioni meramente superficiali.
E' vero che
ad accrescere la tenacia dei difensori contribuiva qualche rinforzo di truppe dall' Europa.
Nel dicembre del 1668 giunsero per esempio cinquecento cavalieri francesi e savoiardi capitanati dal duca de La Feuillade, che fecero una sortita nella quale dimostrarono grandissimo valore; nel giugno del 1669, inviati da Luigi XIV sbarcarono seimila soldati comandati dal marchese di Noalles e dal duca di Beaufort.
Ma erano indisciplinati e riottosi nel rispettare le consegne del ben più esperto Morosini.
Alla fine contro il motivato parere del Morosini osarono assalire gli assedianti, ma spaventati dallo scoppio di due barili di polvere, si diedero alla fuga e subirono gravissime perdite.
I superstiti decisero di ripartire e nonostante le preghiere di Francesco Morosini e di altri capi, abbandonarono l' isola in fretta e furia.
Alla loro partenza tenne dietro quella dei pontifici, dei tedeschi e dei maltesi e nella città non rimasero che tremila veneziani.
La carestia e la peste peraltro infierivano, le munizioni cominciavano a far difetto, i feriti e gli infermi gremivano gli ospedali, i combattenti non erano in numero sufficiente per difendere le numerose brecce aperte: inoltre un ingegnere, tal Barozzi, era passato al nemico e si temeva che avesse comunicato ai Turchi notizie interessanti sulla difesa.
In tali condizioni non era più possibile, di fatto, prolungare la resistenza.
Un consiglio di guerra convocato dal Morosini si pronunciò per la resa (30 agosto); furono iniziate trattative con gli Ottomani e il 6 settembre del 1669, alle rive del Gioffico, fu firmata la capitolazione: Venezia cedeva l' isola, tenendo per sé i porti di Suda e di Spinalonga, la guarnigione usciva dalla città con le armi e con tutti gli onori militari, le munizioni e le cose sacre venivano portate via, non si pagava nessun donativo e nessuna indennità di guerra, Clissa e gli altri luoghi della Dalmazia riconquistati dalla repubblica non si restituivano, ma per conservare Zante i Veneziani si obbligavano di pagare millecinquecento ducati annui.
Cosi dopo ventitrè anni di assedio cadeva Candia. Solo negli ultimi tre anni erano stati respinti cinquantasei assalti, erano fallite quarantacinque sorprese notturne tentate dai Turchi, erano scoppiate millecentosettantadue mine ed erano stati uccisi più di centomila uomini.
La notizia della caduta di Candia fu dolorosamente appresa a Venezia.
Il Morosini che si era mostrato capitano prudente e guerriero valorosissimo, anziché essere lodato per tutto quello che aveva fatto per l'onore della patria, venne accusato di scarsa energia, e di abuso di potere per la conclusione della pace. Ci fu qualcuno inoltre il quale disse che era stato comprato dall'oro nemico. Ma, sottoposto a processo, fu poco dopo dichiarato innocente ed ebbe riconosciuto il merito di aver saputo difendere la terra e negoziare la resa.
Contestualmente si aprirono contrasti, anche in campo letterario, tra i partigiani di venezia e delle forze alleate che avevano diswertato.
I MALTESI in particolare vennero accusati di viltà e ciò suscitò un putiferio letterario e polemico cui nemmeno Aprosio rimase estraneo.
Infatti Girolamo Brusoni, suo personalissimo nemico, più volte aggredì nei suoi scritti ( Historia dell'ultima guerra tra Veneziani, e Turchi di Girolamo Brusoni nella quale si contengono i successi delle passate guerre nei regni di Candia, e Dalmazia, dall'anno 1644. fino al 1671, In Bologna : per Gioseffo Lunghi, 1676) i MALTESI per la loro fuga ma anche per pregresse dimostrazioni di scarsa propensione al combattimento: Aprosio naturalmente si pose dalla parte di un "Fautore" della sua Biblioteca tal Carlo Magri (pag. 566, N.12), appunto di La Valletta, sostenitore d'una appassionata difesa dei suoi compatrioti: Il valore maltese difeso da Carlo Magri della Valletta, contro le calunnie di Girolamo Brusoni, In Roma: Dragondelli, 1667.
Francesco Morosini, nonostante le contestazioni per le modalità della resa del 1669, venne rieletto Capitano generale nel 1683, quando per Venezia sembrava essere giunto il momento della rivincita.
Nello stesso anno polacchi ed austriaci avevano respinto l'assalto turco a Vienna; questi assieme al Papa, in un rinnovato spirito di crociata, invitarono Venezia ad unire le forze per stroncare definitivamente il nemico comune.
A Venezia prevalse subito il partito favorevole alla guerra e alla coalizione antiturca si aggiunse anche la Russia, potenza emergente, che tentava di aprirsi un accesso verso il Mar Nero.
In quattro anni Francesco Morosini riconquistò tutto ciò che Venezia aveva perduto in Morea e nello Ionio: rinasceva nella Serenissima il mito dell'antica potenza mediterranea.
Dopo un fallito attacco contro Negroponte ed una grave epidemia che aveva decimato la flotta, Morosini decise di ritirarsi in Morea: la sua popolarità è all'apice, tanto che alla sua morte (1693) copriva la carica di Doge assieme a quella di Capitano generale.