ROBERTO BELLARMINO (sopra in un suo ritratto) fu teologo e giurista gesuita (Pio IX lo beatificò nel 1923, canonizzandolo quindi nel 1930, per dichiararlo anche "dottore della chiesa" nel 1931).
Il BELLARMINO, in una lettera del 12 aprile 1615 indirizzata ad Antonio Foscarini, consiglia Galilei di attenersi alla tesi copernicana soltanto ex suppositione, da un punto di vista matematico. ***
Lettera del Cardinale Roberto Bellarmino al Molto Reverendo Priore Paolo Antonio Foscarini, Provinciale de' Carmelitani della Provincia di Calabria [in Roma].
Nacque a Montepulciano (Siena) nel 1542 e morì a Roma nel 1621.
Fu un sostenitore acceso della Controriforma e godette grande reputazione per la sua estesa cultura enciclopedica.
Entrato a far parte dei gesuiti dal 1560, nel 1569 fu mandato a predicare in latino nei Paesi Bassi contro i protestanti: quindi prese ad insegnare teologia a Lovanio.
Di nuovo a Roma nel 1576 fu incaricato da papa Gregorio XIII di tener lezioni sulle controversie in materia di fede nel Collegio romano: le seguitissime lezioni, che si protrassero al 1588, furono poi raccolte ed editate nei tre volumi delle Disputationes de controversiis christianae fidei adversus huius temporis haereticos (1586-1593: edizione definitiva del 1596).
L'opera, che suscitò vaste polemiche ma che fu giudicata imparziale dalle diverse prospettive, fu più volte ristampata sin a fine '600 quale Summa della controversistica antiprotestante.
Papa Sisto V nel 1589 lo aveva nominato coadiutore del cardinale Caetani in Francia: nel contempo collaberò alla revisione della Vulgata.
Fu elevato alla porpora cardinalizia da Clemente VIII nel 1599: successivamente divenne (1602) arcivescovo di Capua.
Il nuovo pontefice Paolo V volle quindi che ricoprisse l'incarico di bibliotecario della vaticana a partire dal 1607.
Mediamente oggi si ritiene che la figura del Bellarmino sia stata mediamente danneggiata dall'aver egli fatto parte dei consultori al processo avverso Giordano Bruno: secondo la maggior parte degli studi storici, suffragati da documenti, egli però si sarebbe comportato con coerenza e spirito conciliatorio decisamente superiori ai suoi "colleghi".
Lo stesso, stando alle ultime investigazioni critiche, sarebbe accaduto nei riguardi di Galileo Galilei di cui pure fu tra i primi esaminatori: egli soprattutto avrebbe dispiegato le sue energie per indurre l'astronomo (ed i suoi sostenitori) ad esporre, sino a prove inoppugnabili, la teoria eliocentrica quale ipotesi e non come dogma (e ciò si evince da una lettera del 12 aprile 1615 indirizzata ad Antonio Foscarini).
La rilevanza morale del personaggio che, in epoche di acceso anticlericalismo ottocentesco fu spesso attaccata, risulterebbe peraltro acclarata da altri fatti quali le calde accoglienze che fece a Galileo nel 1615, il fatto d'averne accettata la dedica in un suo scritto, l'esser stato il giudice più moderato durante il procedimento contro Galileo del 1616 e non ultimo, ai tempi degli scontri istituzionali tra Stato Pontificio e Repubblica di Venezia, per il fatto di essersi premurato di avvertire Paolo Sarpi dei rischi che correva (sino all'attentato perpetrato da un sicario) per parte degli oltranzisti della Curia Romana variamente legati a Paolo V [anche se occorre ribadirlo il Bellarmino assunse nella vicenda veneziana una posizione di intransigenza si che esplica attraverso la lettura di queste sue due non abbastanza conosciute opere].
Accanto alle sue postulazioni decisamente ortodosse in materia di fede è però da menzionare come gli aspetti più significativi del pensiero bellarminiano siano di tipo giuridico e politico.
Nelle Disputationes e nelle varie argomentazioni (come De membris Ecclesiae; De laicis, ac politissimum de magistratu politico; De Romano Pontifice; De potestate Pontificis temporali) Bellarmino partendo dal presupposto dell'autonomia dell'ordine naturale della creazione, retto da un proprio diritto o "legge naturale", giunge alla distinzione delle due sfere dei poteri, ecclesiastico e civile, atteso che tanto la Chiesa che lo Stato a suo dire sarebbero Società perfette all'interno delle reciproche funzioni: oltre a ciò egli afferma l'originalità dell'organizzazione civile nei confronti di quella ecclesiale..
Inibito ogni potere diretto al papa in campo civile, la giurisdizione ecclesiastica in ambito temporale risulta da lui circoscritta ad una sorta di potere indiretto di intervento in ordine e spiritualia, vale a dire nelle questioni strettamente connesse con la vita cristiana e con i mezzi che ne consentono la libera esplicazione.
Bellarmino dimostra quindi una sostanziale contrarietà formale alla concezione monistica del potere, tanto teocratica che curialistica per un verso, quanto cesaropapistica o propria della visione tipica dell'imperium medievale.
In merito all'ordinamento dello stato il Bellarmino mantiene l'idea tradizionale, divenuta salda dottrina, della derivazione d'ogni forma di potere civile da Dio ma, cosa abbastanza innovativa, fa del popolo il soggetto immediato e diretto di siffatto potere.
Il fatto poi che il popolo deleghi il potere ad un sovrano non toglie che esso lo conservi potenzialmente e possa quindi riprenderlo in atto, anche tramite il tirannicidio (comunque limitato estremamente da specifiche condizioni).
Tale dottrine prende nome di origine divine mediata dal potere politico e si fonda sul principio bellarminiano dell'autonomia dell'ordine naturale fondato sulla creazione, prescindendo dalla rivelazione.
Bellarmino affronta pure questioni connesse alla costituzione interna della Chiesa giungendo alla riaffermazione di una concezione sostanzialmente giuridico-formale per cui l'appartenenza alla chiesa e l'ortodossia risultano eccessivamente legate all'elemento visibile ed istituzionale della Chiesa.
Ciò non risulta in sinergia con le postulazioni della moderna teologia che, anche per effetto del riavvecinamento ai protestanti, risulta più sensibile alle istanze bibliche e quindi è indotta ad abbandonare le affermazioni statuali e giuridiche del bellarmino prediligendo l'aspetto "interiore" e "comunitario" della chiesa [fonte:Grande Dizionario Enciclopedico, UTET, Torino, volume XVII sotto voce "Roberto, santo", p. 610-611, colonna II e colonna I, a]
Sostenendo il sistema copernicano come verità delle cose si corre il pericolo di irritare i difensori della tradizione e di nuocere alla religione cristiana.
Se al contrario il sistema copernicano fosse dimostrato in modo convincente, soltanto allora si potrebbe ripensare alla interpretazione tradizionale delle Scritture.
Finché questa prova certa non esiste, non è conveniente abbandonare la tradizione.
Ciò in accordo con le disposizioni del Concilio tridentino.
"Molto Reverendo Padre mio,
ho letto volentieri l'epistola italiana e la scrittura latina che la P.V. m'ha mandato: la ringratio dell'una e dell'altra, e confesso che sono tutte piene d'ingegno e di dottrina. Ma perché lei dimanda il mio parere, lo farò con molta brevità, perché lei hora ha poco tempo di leggere et io ho poco tempo di scrivere.
1°. Dico che mi pare che P.V. et il signor Galileo facciano prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non assolutamente, come io ho sempre creduto che abbia parlato il Copernico. Perché il dire, che supposto che la Terra si muova e il Sole stia fermo si salvano tutte l'apparenze meglio che con porre gli eccentrici et epicicli è benissimo detto, e non ha pericolo nessuno; e questo basta al mathematico: ma volere affermare che realmente il Sole sia nel centro del mondo, e solo si rivolti in se stesso senza correre dall'oriente all'occidente, e che la Terra stia nel terzo cielo e giri con somma velocità intorno al Sole, è cosa molto pericolosa non solo d'irritare tutti i filosofi e theologi scholastici, ma anco di nuocere alla Santa Fede con rendere false le Scritture Sante; perché la P.V. ha bene dimostrato molti modi di esporre le Sante Scritture, ma non li ha applicati in particolare, che senza dubbio havria trovate grandissime difficultà se havesse voluto esporre tutti quei luoghi che lei stessa ha citati.
2°. Dico che, come lei sa, il Concilio prohibisce esporre le scritture contra il commune consenso de' Santi Padri; e se la P.V. vorrà leggere non dico solo li Santi Padri, ma li commentarii moderni sopra il Genesi, sopra li Salmi, sopra l'Ecclesiaste, sopra Giosuè trovarà che tutti convengono in esporre ad litteram ch'il Sole è nel cielo e gira intorno alla Terra con somma velocità e che la Terra è lontanissima dal cielo e sta nel centro del mondo, immobile. Consideri hora lei, con la sua prudenza, se la Chiesa possa sopportare che si dia alle Scritture un senso contrario alli Santi padri et a tutti li espositori greci e latini. Né si può rispondere che questa non sia materia di fede, perché se non è materia di fede ex parte obiecti, è materia di fede ex parte dicentis: e così sarebbe heretico chi dicesse che Abramo non abbia avuti due figliuoli et Iacob dodici, come chi dicesse che Christo non è nato di vergine, perché l'uno e l'altro lo dice lo Spirito Santo per bocca de' Profeti et Apostoli.
3°. Dico che quando ci fusse vera dimostrazione che il Sole stia nel centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, e che il Sole non circonda la Terra, ma la Terra circonda il Sole allhora bisogneria andar con molta considerazione in esplicare le scritture che paiono contrarie, e piuttosto dire che non l'intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostrazione, fin che non mi sia mostrata: né è l'istesso dimostrare che supposto che il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che in verità il Sole stia nel centro e la Terra nel cielo; perché la prima dimostrazione credo che ci possa essere, ma della seconda ho grandissimo dubbio, et in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura Santa esposta da' Santi Padri. Aggiungo che quello che scrisse: Oritur sol et occidit, et ad locum suum revertitur etc., fu Salomone il quale non solo parlò inspirato da Dio, ma fu huomo sopra tutti gli altri sapientissimo e dottissimo nelle scienze humane e nella cognitione delle cose create, e tutta questa sapienza l'hebbe da Dio; onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse contraria alla verità dimostrata o che si potesse dimostrare. E se mi dirà che Salomone parla secondo l'apparenza, parendo a noi ch'il Sole giri, mentre la Terra gira,e a chi si parte dal litto pare che il litto si parta dalla nave, risponderò che chi si parte dal litto, sebbene si pare che il litto si parte da lui, nondimeno conosce che questo è errore e lo corregge, vedendo chiaramente che la nave si muove e non il litto; ma quanto al Sole e la Terra, nessuno savio è che abbia bisogno di correggere l'errore, perché chiaramente esperimenta che la Terra sta ferma e che l'occhio non s'inganna quando giudica che il Sole si muove, come anco non s'inganna quando giudica che la Luna e le stelle si muovano. E questo basti per hora.
Conche saluto chiaramente P.V. e gli prego da Dio ogni contento.".
(Roberto BELLARMINO , in GALILEI , Opere , vol XII).