MANOSCRITTO WENZEL

INDICE

ALITOSI (CURA DELL'ALITOSI)
ANGINA (CASO MORTALE DI ANGINA O "CROUP ACUTO": DESCRIZIONE)
AMENORREA (DISTURBI GINECOLOGICI - DISTURBI DELLA SFERA SESSUALE DELLA DONNA)
API - VESPE (RIMEDI CONTRO PUNTURE E VELENI DELL'APE E DELLA VESPA)
AVVELENAMENTO - AVVELENAMENTI (RIMEDI CONTRO VELENO / VELENI)
AVVELENAMENTO DA RAME - TERAPIA/ CURA
CANTARIDINA (FARMACO VESCICANTE)
CAPELLI - CADUTA DI C. (PROPOSTA TERAPEUTICA)
CARBONCHIO (RIMEDIO CONTRO IL CARBONCHIO)
CAUTERIZZAZIONE (NUOVA TECNICA DI C.)
CIMITERI (PROGETTAZIONE DI NUOVI CIMITERI PER L'IGIENE E LA TUTELA DELL'AMBIENTE/ FINE '700 - PRIMI '800)
COLERA - LA "MORTE AZZURRA" - LA "MORTE ALGIDA"
DENTI - PROFILASSI DELLA DENTIZIONE
DOLORE DELL'APPARATO ORALE (STOMATITI, ECC.)
DOLORE DI DENTI
DOLORE DI DENTI NON SOSTENUTO DA INFIAMMAZIONE ACUTA (ANESTETICO)
EMORRAGIA (STASI DELL'EMORRAGIA TERAPEUTICA PRODOTTA DALLE SANGUISUGHE]
EPILESSIA (GRANDE MALE - MALE SACRO - MAL CADUCO)
FARMACO SPECIFICO - FARMACI SPECIFICI: GLI SPECIFICI
FARMACI VESCICANTI
FARMACO VESCICANTE (CANTARIDINA)
FEBBRI INTERMITTENTI
FEGATO (DISTURBI DI FEGATO - UTILITA' DEI PEDILUVI NITRO-MURIATICI IN ALCUNE MALATTIE DI F.)
GELONI PRIMARI E SECONDARI (TERAPIE)
GOTTA (RIMEDIO CONTRO LA GOTTA)
IDROFOBIA (CURA DELLA RABBIA SECONDO LA SCUOLA UFFICIALE MEDICA)
IDROFOBIA (CURA DELLA RABBIA COL SOPRA ACETATO DI PIOMBO)
IDROFOBIA (CURA DELLA RABBIA SECONDO L'INTERPRETAZIONE EMPIRICA DI MEDICO NAPOLETANO)
LEVATRICE (OSTETRICA - RIFORMA DELLA FORMAZIONE - 1834)
MACCHIE (MACCHIE ROSSE DEL VOLTO - TERAPIA)
MEDICINA [RIFORMA DELLA PREPARAZIONE DEI MEDICI, 1834]
MORTI APPARENTI
NASO (EPISTASSI/ EMORRAGIE NASALI ECC.)
OCCHI (TERAPIE PER MALATTIE OFTALMICHE)
OPPIO (OPPIACEI): INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI DELL'USO TERAPEUTICO DELL'OPPIO E DERIVATI
OSTETRICO (MEDICO OSTETRICO - RIFORMA DELLA FORMAZIONE - 1834)
RACAHOUT DEGLI ARABI (RICOSTITUENTE)
RICETTA PER FARE LA GAZEUSE
RICETTA PER FARE IL VINO
SCROFOLOSI (RIMEDIO)
SIFILIDE - MALATTIE VENEREE: PROPOSTA TERAPEUTICA 1
SIFILIDE - MALATTIE VENEREE: PROPOSTA TERAPEUTICA 2
SIFILIDE - MALATTIE VENEREE: PROPOSTA TERAPEUTICA 3
SINAPISMO (SENAPISMO)
TENIA (VERME SOLITARIO): SUA CURA CON ACIDO IDROCIANICO
TENIA (VERME SOLITARIO): SUA CURA IN CASO DI DONNA GRAVIDA
TETANO TRAUMATICO (TECNICA DI GUARIGIONE COL TABACCO)
"TISI POLMONARE CAGIONATA DA ROGNA RIPERCOSSA" (STORIA DI MALATTIA E TERAPIA)
TOSSE CRONICA (RIMEDIO CONTRO LA TOSSE CRONICA)
TOSSI OSTINATE (RIMEDIO CONTRO LE)
UBRIACHEZZA (RIMEDIO CONTRO)
ULCERA - ULCERE - ULCERAZIONI (DELLE GAMBE)
ULCERA - ULCERE - ULCERAZIONI GRANDI E PROFONDE
VESCICANTI (FARMACI - TECNICHE)
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[MS. WENZEL - FOGLIO 1 ]Polvere pel male dei denti del Sig. Jambon di Parigi e per altri mali della bocca [bibliog. citata: "Propagatore compilato dal medico Giovanni Finozzi, fascicolo di settembre/ottobre 1825"]

Questa polvere, detta polvere di Mar Rosso è composta come segue:
Allum. Moman. once 2
Sacchar. alb. once 1
Gumm. arab....once 1
Lacc. off. once 1
Si mescoli il tutto, e riducasi in polvere finissima la quale fa in pochi minuti diminuire i dolori dei denti, e pure buona contro i cancri della bocca, dice il Sig. Jambon, contro le infiammazioni; di più ferma i denti barcollanti, vale nelle emorragie, nelle piaghe di diverse specie, nei gonfiamenti degli delle palpebre, degli occhi, toglie le macchie rosse dalla faccia, sana i bittorzoletti ed altre ruzioni della pelle, fa cessare i formicolamenti, e le pruriti senza produrre inconveniente alcuno. Si usa come segue. Quando si ha il male dei denti si prenda un forte pizzico di detta polvere, legata in un cantuccio di un pannilino, si mette nell'acqua fresca, quando il pannilino sarà alquanto rosso, si mette in bocca dal lato dolente, si mastica un pochetto, e si sputa, allora fra due minuti sparisce ilm dolore.
Per guarire gli altri mali della bocca si farà sciogliere la polvere nell'acqua e si gargarizza.
Per l'emorragia del naso si scioglie in un mezzo bicchiere d'acqua fresca, e si tira su per il naso, si bagnano anche dei ritagli di pannilino coi quali si turano le narici.
Per usarla nelle emorragie delle ferite si bagnano nella soluzione delle filacce, che si applicano alle ferite, umettandole di tempo in tempo senza levarle.
Finalmente per gli altri mali si impiega facendo la soluzione indicata, e bagnando di tratto in tratto la parte malata.


[MS. WENZEL - FOGLIO 1 ]Nuovo metodo per curare le [febbri] intermittenti [bibliografia citata "Propagatore fascicolo di settembre ed ottobre 1825, estratto dalla Gazzetta universale di Lione 1825]
E' noto che il celebre Clare tratta la sifilide colle frizioni mercuriali fatte alle gengive; ora il Dott. Pointe ha applicato questo metodo alla cura delle febbri intermittenti, usando del solfato di chinina.
Adoperato in tal modo riesce più attivo, e due o tre frizioni bastano per fermare gli eccessi; oltre questo vantaggio ha quello che la chinina può esercitare la sua virtù anche nel caso in cui non si potesse dallo stomaco ricevere, e che non convenisse darla per bocca...:
Sulphat. Chinin. gr. XV
Unguento Rosat. once 3
...unguentum ad usun ut dictum


[MS. WENZEL - FOGLIO 2 ]Nuove pastiglie per togliere il fetore dell'alito di Chevallier [bibliog. citata: "Propagatore..., fascicolo di agoosto e settembre 1828]
Prendete la ciccolata...once 3.
Carbone vegetale lavato, e polverisato...once 1.
Vaniglia...once 1.
Mucillagine di Gomma Dragante quanto basta...
e fate delle pastiglie di grani 18 ciascuna. Le suddette pastiglie possono esser prese alla dose di 6 a 8 al giorno.


[MS. WENZEL - FOGLIO 5 ]Rimedio contro i Geloni del dottor Delisle[bibliog: "Journal des Connaisienees usuelles et pratiques, n. 69, Dicembre 1830]
Questa malattia si divide in due periodi, nel primo vi è gonfiezza dolorosa con prurito incomodo, calore, color livido, bleù, nel secondo ve ne risultan delle piaghe, che di semplici, e superficiali possono divenir profonde, gangrenose e mettere a scoperto le ossa, delle quali possono suscitar la carie.
Per il primo periodo = Sapone risolutivo
Camph. ras. once 1
Sol. in Tinctur. Stijrac. Benzo. once 3
add. FFijdriat. Potass. once 2
Amijgd. Dulc. once 4
Lissivia de Saponai once 2
Questo miscuglio si fa a caldo
Si lascia questo sapone per qualche ora in un mortaio di marmo mescolandolo di tanto in tanto. Quando ha acquistato una certa consistenza si versa in una forma per farne poi delle piccole tavolette. Si lavan le mani nell'acqua con questo sapone, e dopo averle asciugate si fregano i geloni con questo sapone che è ancora umido, affine di lasciarvi sopra una vernice. Si porteranno [poi] i guanti.
Per il secondo Periodo
Amigd. dulc. once 2
acq. calc. once 2
Laud. liquid. sijdenh. once 2
Linimento [quanto basta]
Si medican sera e mattina con pezze imbevute da questo linimento


[MS. WENZEL - FOGLIO 4 ]Rimedio contro l'ubbriachezza del Signor Masuayer [bibliog. Propagatore..., marzo 1826]
Acetat. ammon (spirit. minderer.) XXV
Solu. in aq. com. cijath.
Add. Sacchar. alb. quantum sufficit ad gratificandum sapr.
Questa dose basta per far cessare in pochi minuti i sintomi dell'ubbriachezza, giova del pari nell'emicrania. Qualora si rigetta per vomito, si ripete la dose. Si usa con più vantaggio dell'ammoniaca liquida ossia dello Spirito volatile di sale ammoniaco, che ha una azione caustica. Alcuni faccean bevere l'orina umana, che seda l'ubbriachezza.

[MS. WENZEL - FOGLIO 4 ]Rimedio nell'Amenorrea coll'Ammoniaca del dott. Lavagna usato da Fenoglio G. B. Dottore[bibliog. Propagatore..., marzo 1826]
Consiste nelle iniezioni dentro l'utero di tre, quattro, o cinque goccie d'ammoniaca liquida sciolte in tre oncie d'acqua stilata di malva. Alle volte però eccitano dolore sì fiero, come risulta dalle storie riportate, che dispongpno alla metritide ed è forza sospenderle ed applicare delle mignatte [sanguisughe] alla vulva. Devon esser continuate per più giorni e praticate due o tre volte al giorno, sospendendole quando per il vivo dolore non si possono più sopportare. Conchiude poi che deve esser usata con riguardo, e che sia, che l'ammoniaca venga usata per stimolare la rilasciata fibra di verginella clorotica, o solamente per imprimere al torpido utero una maniera peregrina di sentire uno stimolo ben dissimile da tutti gli altri emenagoghi, sarà un medicamento che usato da esperto medico può riuscir giovevole. Riporta poi varie storie di amenorrea ove si tentò suddetto rimedio ed in alcune produsse il desiderato effetto, quantunque eccitasse dei dolori nell'iniezione, in altre poi a causa dei forti dolori si dovette tralasciare, poichè disponeva alla metritide, da cui una donna ne rimase vittima. Quando non si può sopportare si usano le iniezioni di vino tepido.
Sintomi prodromi della mestruazione sono dolore renale, peso all'utero.

[MS. WENZEL - FOGLIO 7 ]Rimedio contro l'idrofobia [bibliog. "Gazzetta Piemontese", n. 91 del 1831)
Si pretende a Napoli aver trovato un rimedio contro l'idrofobia, il quale consiste nel tuffar nell'acqua finché sia praticamente asfissiato l'individuo stato morso da cane arrabbiato. Si dice che il medico Carlone abbia già, più volte, adoprato questo rimedio con felice successo

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Rimedio contro l'idrofobia [bibliog.; Journal des Connaisances utiles, 1832]
L'idrofobia non si dichiara in 24 ore dopo l'apparizione delle pustule alle glandole sottolinguali..
Tali pustule sono della grandezza di un grano di miglio a quella di una lenticchia e se il virus idrofobico non è prontamente distrutto nelle 24 ore che seguitan la comparsa delle pustule, viene riassorbito in parte al cerebro, attacca il sistema nervoso, e si sviluppa la malattia.
Bisogna dunque cauterizzare le ferite prodotte dall'animale rabbioso e visitar per 6 settimane due o tre volte al giorno sotto la lingua per veder se compariscano le pustule suddette. Se in tal tempo non compariscono, il veleno sarà stato distrutto e la malattia non avrà luogo. Se poi compariscono bisogna cauterizzarle subito e la guarigione sarà quasi assicurata.
Li Inglesi cauterizzano le piaghe causate dall'animale colla polvere a cannone [polvere da sparo] che conviene nei casi ove non vi è altra risorsa.
Per la cauterizzazione delle pustule sottolinguali il Dottor Marchetti si serve di un gargarismo fatto fatto con decotto di Genet o una tisana fatta colle foglie di detta pianta, la quale può anche somministrarsi in polvere.

[MS. WENZEL - FOGLIO 5 ]Rimedio contro la tosse cronica in quelli principalmente che hanno il petto delicato [bibliog: "Journal des Connaisienees usuelles et pratiques, n. 69, Dicembre 1830]
Piede di vitello n.1
Cipolle n.4
Rape lunghe bianche n.6
teste di Papavero tritate n. 2
Acqua litri 2
Le cipolle si fanno leggiermente cuocere sotto le ceneri, e mondate si fanno bollire col restante quando il piede di Vitello è cotto si ritira il brodo, si cola, e vi si aggiunge un quarto di succhero candito. Se ne prende una tazza mattina e sera con parte uguale di latte, e calma prontamente le irritazioni del petto.

[MS. WENZEL - FOGLIO 7 ]Nuovo modo di cauterizzare [bibliog.: "Propagatore" di gennaio e febbraio, 1825]
Per le fistole e sinuosità piccole ove non può giungere la pietra infernale il dottor Pelletau immerge l'estremità d'un filo o specillo d'argento nell'acido nitrico; si forma sul momento uno strato di nitrato d'argento che contorna il filo o specillo, che è proporzionato allo spazio nel quale si vuole operare. Questo nuovo cilindro si può introdurre e lasciare nel picciol seno

[MS. WENZEL - FOGLIO 7 ]Cura generale degli avvelenamenti [bibliog.: "Propagatore", dicembre 1828]
Fin qui la cura consisteva nel togliere il veleno dalla superficie in cui era stato depositato; ora dal prof. Haase dietro varie esperienze si è pensato di far una legatura tra la parte e piuttosto alla stessa, in cui è stato depositato il veleno, ed il cuore, quindi in detta parte legata incidere una qualche vena, ed uscendo il sangue uscirà anche il veleno assorbito nelle vene; per esempio se è stato morsicato od avvelenato il piede si lega sopra i maleoli e si apre la safena al luogo solito della flebotomia

[MS. WENZEL - FOGLIO 7 ]Controveleno del Rame [biblio.; "Propagatore", maggio - giugno 1827]
Si è l'uso del Zuccaro, come lo ha provato Duval...sopra quelli che per accidente hanno ingoiato del verderame

[MS. WENZEL - FOGLIO 7 ]Rimedio contro l'Epilessi[bibliog.: "Propagatore" di gennaio 1826]
Da un medico di Norimberga dottor Weitz si usava la fava di Ignazio la quale fu adoperata con successo in cinque casi dal Professor Haase alla dose di due o tre grani, due o tre volte al giorno e si crede che questo rimedio giovi solo nelle epilessie prodotte da impressioni generali sul sistema nervoso, che sono effetto per esempio di passioni violente, di isterismo, di mania, onanismo [masturbazione - autoerotismo], vermi, ecc.
Miltrijchn. S. Ignatii pulv. gr. XII
dividendam est in XII partes aequales
addendum est in qualibus partibus saccharosium album quantum sufficit
Da prenderne due parti nelle 24 ore ed accrescere la dose sino a tre o quattro grani secondo l'effetto

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Storia di tisi pulmonare cagionata da rogna ripercossa del dottor Fobare [bibliog. Journal de' Medicine, vol. 20, p. 269]
La Giovane Guidot di Autun d'anni 9 di temperamento flemmatico, di piccola statura, di debole complessione, prese la rogna al cominciar della primavera del 1810.
Un Empirico le fece far uso di una pomata; le glittene psoriache sparvero in tre giorni ma tosto l'inferma fu presa da mal essere ora parziale ora generale, da prurito succutaneo, inapettenza, da sintomi chorotici con tosse frequente, leggiera e leggiera soffocazione.
Trascurati tali sintomi dopo un mese era nella condizione seguente: macelenza, lingua succida, decubito latterale difficile, dolore fisso allo sterno, ventre costipato, senza segni di ingorgo ghiandolare, sussulti continui nei membri toracici, addominali, principalmente al torace, al collo, calore dei piedi e delle mani, escreati purulenti e precipitanti nell'acqua, orine alle volte pallide, ora nuvolose e formanti sedimento, continuazione della soppression menstrua, sonno modesto e quasi nullo, anoressia, polso piccolo, frequente e contratto.
Quattro epispastici furono successivamente applicati a due giorni di intervallo sulle gambe e braccia. Prescrissi di più una pozione pettorale calmante, delle infusioni bechiche, il latte di capra ora solo ora alterato con le suddette decozioni ed un vitto nutritivo, facendola astenere dal vino.
In pochi giorni vi era sensibile miglioramento, diminuizione dei sussulti, espettorazione più libera, calma dei dolori del petto e leggiero sonno. Allora mi occupai dei mezzi valevoli a richiamar al sistema dermeade la scabia retrocessa.
Per più giorni una giovane attaccata dalla rogna fregò l'inferma in varie articolazioni, la quale si mise una una camicia di quella. Si prescrisse una tisana di Pazienza [?] e di Maidana [?], si continuò il latte e tutte le mattine a digiuno prendeva un piccolo cucchiaio di caffè di Zolfo sublimato in una decozione di detta pianta od altra qualunque. Sostituii alla bevanda pettorale le pillole balsamiche di Morton. Tutto andò a seconda dei miei desiderj. Apparvero tosto delle bolle e prurito alla cute e si rimise alquanto in forze.
Le due cure andavano di fronte per adempiere alle due indicazioni proposte. Si fece quindi uso di una pomata con zolfo adoprandone un ottavo ogni unzione che si faceva successivamente sulle principali articolazioni, lavandole la mattina seguente, ed a poco a poco l'inferma andò migliorando in guisa che al principio di settembre fu restituita al primaio stato d'intemerata salute meno una leggiera debolezza seguito ordinario delle lunghe e gravi malattie.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]"Croup acuto" o angina membranosa terminata colla morte in 36 ore del dottor Poussin [bibliog.: "Journal de Medicine", vol. 20, p. 342]
Un ragazzo di circa 3 anni era da tre giorni senza voce, non se ne fece però gran caso poiché la sua salute in generale era buona. Ai 6 di settembre 1810 dopo aver passata tutta la giornata assai bene fu preso sulla sera da una tosse violenta con minaccia di soffocazione e vomito delle materie mucose. La stessa crisi si ripetè nella notte. Due sinapsimi furon applicati alle gambe. L'indomani a 7 ore ebbe un accesso di tosse acuta, stridula, seguita da difficoltà di respiro e da rovesciamento della testa indietro. Il polso era frequente, duro, il volto colorito ed un poco tumido, la deglutizione libera. La faringe non presentava ne gonfiezza ne flogosi. Si applicano due vescicanti alle gambe e si fece prendere una soluzione di due grani di laudano aromatico in una infusione di violette, che prese in tre volte; vomitò l'acqua bevuta e molto muco. Gli accessi di tosse si ripetevano frequentemente. A tre ore ingruisce nuova febbre, il volto si fa acceso e gonfio, pulsano fortemente le parotidi, il polso è assai sviluppato, un sudor abbondante cuopre gli arti superiori. Gli accessi di tosse succedono più frequentemente, la respirazione è rantolata con strepito, e l'infermo assai alterato. A sei ore si applicaron le mignatte alla località: si durò fatica a frenar il sangue. La respirazione era breve, strepitava, la tosse quasi continua, la voce avea preso un suono acuto caratterizzante il croup.
Di tanto in tanto vi era vomito di leggiero muco, e sulla sera in più volte rese tre pezzi di membrana della larghezza di un'unghia. Si sostennero i sforzi del vomito con i mezzi convenevoli, ma tutto indarno. Le forze a poco a poco vennero meno e l'infermo spirò a 8 di sera dopo 36 ore dall'invasione del male.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]"Storia d'Idrofobia curata col sopra acetato di piombo [nessuna nota bibliog.: data Perinaldo li 30 novembre 1830]
Fu chiamato il Dottor Tayermann di Norwick a visitare un uomo attaccato da Idrofobia confermata e che era stato morsicato tre mesi prima da cane arrabbiato. Dopo aver tentato inutilmente tutti i mezzi raccomandati in tal malattia si determinò a provare l'acetato di piombo. A ore 9 trovandosi il malato in una discreta calma gli fece prendere trentacinque goccie di soluzione di sopra-acetato di piombo sopra un pezzetto di zucchero. A quest'epoca il polso era tremulo, irregolare e dava 105 pulsazioni, le convulsioni della faringe rendevano difficilissima la deglutizione talché appena in 15 minuti potè l'ammalato prendere quello zucchero. A ore 10 ne furono somministrate 40 goccie nella stessa maniera, il polso dava 98 pulsazioni. Il malato dormì dalle dieci e mezzo sino alle undici, fu svegliato da un forte dolore alla regione del cuore, con sete ardente, gran calore alla gola, ma senza quelle contrazioni spasmodiche che sembravano minacciarlo di soffocazione. A un'ora (13 agpsto 1824) gli furon levate 8 oncie di sangue ed amministrate 45 goccie del sudetto rimedio con poco di miele. A ore tre si rinnovò la dose, la difficoltà di deglutizione era diminuita, il dolore dello stomaco era mitigato, e le funzioni intellettuali erano meno perturbate. A 5 ore chiese da bere, gli si porse dell'acquavute allungata con acqua, a cucchiaiate da caffè ma nell'atto che il liquido toccava le labbra nacque una convulsione violenta, il malato addentò furiosamente il vaso. 25 minuti dopo passato il parossismo gli furono date 50 goccie di estratto di saturno. Dopo 8 ore il malato si lagnò di freddo lungo la colonna vertebrale e di senso particolare di formicolio alle estremità inferiori; poco dopo i movimenti divennero impossibili. In questo periodo i polsi davano 84 pulsazioni. Le estremità inferiori erano affatto paralizzate. Dopo ciò i segni di idrofobia andarono gradatamente a diminuire. A ore 10 gli si potè far prendere tre cucchiaiate d'oglio di ricino. L'autore moderò la dose limitandola a 20 goccie ogni 3 ore, a mezzo giorno ebbe una scarrica di ventre. Dopo due ore si tentò di fargli prendere un poco d'acquavite allungata con acqua e potè inghiottire una buona quantità sebben con avversione, si andò gradatamente scemando il rimedio fino a 10 goccie e nello spazio di 48 ore dalla prima dose tutti i sintomi più gravi eran diminuiti. In capo a 4 giorni tutti i segni idrofobicierano svaniti. Il malato sembrava una persona affogata e molto indebolita ed il 26 settembre era totalmente guarito

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]"Storie comprovanti l'utilità dei pediluvij nitro-muriatici in alcune malattie di fegato del dottor Lavagna giuniore
1 - Maria Acquerone d'anni 46 fu sorpresa dal principio di novembre 1823 da sintomi caratterizzanti l'infiammazione acuta del fegato con febbre vivissima ed itterizia. E ripetuti salassi e le mignatte, le medicine deprimenti ostarono bastantemente il male così che nel 20° giorno l'ammalata sembrava in convalescenza. Dopo però qualche tempo fu tormentata da un senso gravativo e da lievi e frequenti dolori all'ipocondrio destro. Dal complesso de' sintomi fu gudicata una epatitide cronica e si usaron spesse volte le varie potenze irritative ma il male aumentava e dopo tre mesi finalmente si prescrissero i "Pediluvii nitro-muriatici" e si purgava ogni 4 o 5 giorni con cremortartaro. Il successo non potè essere più fortunato, poichè all'undecima operazione già l'ammalata era sollevatissima, aveva acquistato colore, appetito, forze muscolari, sonno tranquillo e quasi affatto scomparsa la gravezza ed il dolore all'epicondrio. Ella ancora perseverò nella pratica dei pediluvii e dopo la 24° operazione si trovò ristabilita nella più perfetta salute
2 - Rosa Magliani, d'anni 25, nubile, già da 3 anni tormentata dagli incommodi narrati nell'antecedente caso. Tentò quanto la medicina sa suggerire di più efficace in tali circostanze ma non ne ottenne che effimeri vantaggi. Praticò i "Pediluvii nitro-muriatici" e dopo 35 operazioni che vennero seguite alcune volte con breve intervallo, l'ammalata si vide ridotta a lodevole stato di salute.
3 - Annunciata Vassalli, nubile, d'anni 26, da 18 anni si querelava di una infinità di disordini originati da lenta epatitide. Usò talvolta delle più vantate medicine, ma invano, che la serie dei malanni si fece vieppiù minacciante e comparve l'itterizia, con movimenti febbrili, dolori all'ipocondrio destro ed amenorrea. Usò de' pediluvii ed alla ventesima operazione comparve il periodico scolo e si mantenne per tre giorni regolare, pel qual tempo li sospese, ma dopo li ripetè sino al numero di 38 e tutti i sovrannunciati disordini scomparvero.
4 - Barbara Acquarone, già da molti anni malaticcia, nella di lei età più che sessagenaria fu ridotta in quello stato morboso che dimostra evidentemente l'idrotorace; a tal disordine si fece compagna l'epatite leggiera che curò colle mignatte, col vescicatorio, col cremortartaro e coll'unguento idragiro, i quali mezzi non fecero che mitigare la forza dell'epatitide. Questa ammalata dopo alcuni "pediluvii" sentì un'ingratissima sensazione di acidezza sulla lingua, accompagnata da secrezione abbondante di saliva; si ricorse alle pillole di magnesia, ma quel senso di agrezza non cessò che dopo alcuni giorni, dacché ebbe abbandonati i pediluvii.
Vi sono ancora riportate altre storie ma fa da tutte finalmente osservare quanto segue:
1 - che l'acido nitro - muriatico penetra nel torrente della circolazione, irrita il cuore e agisce specificatamente sopra il fegato e su le glandole salivali, ove si separa forse indecomposto colla saliva.
2 - che dietro la pratica de' "pediluvii" intanto qualche volta nascono dei gravi disordini negli ammalati che sono in stato di ipostenia, per la ragione forse che si trova esaltata oltre l'usato la loro sensibiltà o perchè l'acido s'introduce più liberamente nell'apparato della circolazione sanguigna.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Storia di tetano traumatico guarito col Tabacco estratta dal "Propagatore", fascicolo di marzo 1826
G. Flood (?) d'anni 13 si lacerò un piede per essersi troppo avvicinato ad una macchina. Fu condotto all'infermeria, furono applicate delle poltiglie mollitive e fu amministrato un purgante di solfato di soda. In capo a pochi giorni la ferita offriva un aspetto flogedemico e il malato quietamente delirava. Dopo 11 giorni si manifestò rigidità e dolore al collo, quando l'ammalato voleva voltar la testa; la rigidità si fece sempre più sensibile, comparve il trismo perfetto, opistotono leggiero con istitichezza di ventre. Tutti i sintomi aggravandosi, fu iniettato un clistere di tabacco, preparato con una dramma di foglie in mezza pinta d'acqua, e la sera fu ripetuto. Ogni cristere veniva ritenuto circa due minuti, ed era seguito da nausea e sensazione di gran calore lungo il tubo intestinale. Dopo alcuni giorni in cui fu continuato l'uso di tali clisteri, gli spasimi si fecero meno frequenti, ed il collo meno rigido. Continuando una tal pratica, a poco a poco, l'ammalato si ristabilì perfettamente.
NOTA
Quasi tutti i pratici dei nostri giorni, Tomasini, Basori, Brera, Bergamaschi ecc. sono d'opinione che anche il tetano traumatico sia mantenuto da uno stato infiammatorio encefalico spinale, il quale si vince con vantaggio coi torpenti e debilitanti, cioè cogli estratti di Lattuca virosa, di atropa belladonna, di aconito napello, nonchè del tabacco coll'uso del quale rendendosi fiacca e stupida l'azione nervosa si vincono le affezioni tetaniche, piuttosto che col mezzo degli incendiarij, farmaci di Brown, che sovente sono cagione di effetti gravi e restii quindi a qualsivoglia razionale metodo di cura.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Storia di verme solitario guarito nella gravidanza colla scorza di melograno del dottor Savestre [senza referenze bibliog.]
Una signora, travagliata da parecchi anni da una tenia, onde non si era ancor riuascito a liberarla ad onta dei varii rimedii a tal fine adeguati, trovavasi gravida dai cinque ai sei mesi. La presenza del verme nelle prime vie della digestione, cagionavale i più gravi accidenti spasmodici. Il dottor Sevestre le ordinò l'uso di un'oncia di scorza di melograna, bollite in due pinte d'acqua ridotte ad una, e presa a bicchieri il mattino a digiuno.
Prese ella il primo bicchiere alle otto della mattina, al secondo ebbe luogo il vomito; ma da ciò prevenuta l'ammalata non si ristette dal prendere gli altri, e a due ore doppo mezzogiorno evacuò con abbondante materia una tenia intiera, d'una lunghezza considerevole, che verso la metà della sua estensione offriva un gruppo complicato di nodi inestricabili, che si può credere l'effetto dell'azione del medicamento sul verme, e la cagione immediata della morte del medesimo. Da quel momento cessarono tutti gli accidenti nervosi e la Signora non ebbe a provarne alcuno che avesse rapporto col suo stato di gravidanza.
[GLOSSA DEL DOTT. GIBELLI]
Il medico Biréa in S. Remo usò in sei casi di verme solitario la corteccia della radice di melograno seguendo le norme indicate dal Signor Baili con felice successo poiché evacuarono tosto l'ospite così molesto ossia la tenia.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]PROGETTO SULLA COSTRUZIONE DEI CIMITERII DI GIUSEPPE GAUTIERI MEDICO DELEGATO DEL DIPARTIMENTO DELL'AGOGNA [bibliog.: "Memorie di Medicina", n. 13 febbraio 1802]
Tutto ciò che promuove la nostra formazione e quella degli altri corpi affretta pure il nostro disfacimento, perchè desso ci rende sottoposti all'azione di più corpi e di più forze. Ma il nostro disfacimento e quello degli altri corpi gli è per se stesso occasione e cagione della produzione di altri corpi, li quali possono essere anche più durevoli di noi stessi. Unica consolazione dell'uomo che si dilegua, il quale nella sua stessa estinzione comunica e tramanda ad altri la sua esistenza e la sua vita. L'idea del nostro disfacimento non deve dunque esservi ributtante siccome lo è all'ignorante superbo; avviciniamoci perciò ad essa e famigliarizzandoci coll'immagine del futuro, fissiamo arditamente lo sguardo su quale luogo, il quale deve per lunga età raccorre e conservare lo stromento della nostra cadevole vita.
Per quanto io mi sia sforzato di rintracciare nell'esecuzione delle opere della natura, non mi fia fatto mai di rinvenirvel; onde giunsi a stabilire che tutto ciò che succede è ottimo. E non è caso ciò che dirige tutti gli agenti della natura ed accompagna tutti i fenomeni di essa , gli è mera necessità, e tutto quanto compare sulla faccia dell'universo è l'effetto delle varie concause che tutte assieme riconoscono un motore unico, irrefragabile, necessario. La morte adunque non è solo necessità del vivente, ma deve essere, ed è realmente, utile agli altri corpi che la circondano, atteso l'organismo universale il quale attira e costringe ciascuna particella ad unirsi ad altre ed a formare con esse degli altri corpi. Ed ecco come la morte ed il letargo che sopraggiunge a tutte le piante ogni anno è non solo necessario, ma utile a tutti gli altri corpi non meno che ad essa. La natura però non ricercò per essa una tomba, ma lasciolla alla superficie della terra acciocchè per la loro putrefazione non solo il terreno divenisse più atto a produrre alle piante ma anche affinchè dei diversi gas irrespirabili che si producono e che promuovono la vegetazione ne godessero le piante che avrebbero a sorgere in primavera. Sì, anche l'aria cattiva è talora, e massime in alcuni tempi, di sommo utile all'umanità stessa e quei che la sfuggono vanno di soventi soggetti a malattie gravi. Oltre di che non può negarsi che le mortalità stesse fra gli uomini siano di vantaggio per l'universo.
Ciò che la natura eseguì nel regno dei vegetabili le estese pure al regno minerale ed animale. Volgiamo soltanto uno sguardo sulla superficie della terra e la vedremo quasi sempre seminata di cadaveri, al cui lato o germoglia più viva la vegetazione o sbuccia lieto l'animale o vanno formandosi delle combinazioni di terre, di sali, e d'altri minerali. Sepolcro e cuna toccandosi l'un l'altro, e l'istessa salma che vivendo consunse o vegetabili od animali o minerali porge disfatta reciprocamente vita, a promuovere la formazione ad altri di loro. La sepoltura è dunque un rapimento che l'uomo fa ad altri vegetabili, ad altri animali ed a' minerali istessi i quali tutti hanno diritto sul corpo di quello che a tanti dei loro compagni tolse la vita o l'organizzazione.
Ma giacché l'orgoglio giunse a tanto da credersi la più eccellente opera della creazione e di ravvisare tutto quanto lo circonda per schiavo di sè, così nulla ei curando gl'insegnamenti della natura sviò dalle di lei leggi e facendo abuso di quella scintilla che il regge costrinse tutto l'estrinseco a sé, a servir da pompa per la sua comparsa e ad accompagnarlo persino nell'atto della sua decadenza. Il filosofo che legge Picard, Muret, Meissner e tant'altri li quali ci descrissero sì bene l'apparato funebre dei vaij popoli, appena sa riconoscere in questi il figlio della natura e richiamandosi non forma esso che un un anello della catena degli esseri, disdegna codesto tema baldanzoso e compiange codesta vana superfluità. Stolti! Credereste voi di rapirvi per sosì fatta guisa ai diritti del tempo? Ov'è il sepolcro di Mausolo?...
Ma già è di legge l'inumazione dei cadaveri e questa tanto più ferma quanto convalidata dalla Comune dei Popolie da forse tutti i secoli dell'umanità socievole, e tantopiù invariabile, quantoché creduta sagra.
Taccia dunque l'interprete della natura e parli il cittadino.
L'uomo che è trapassato, avanti essere dichiarato per tale, dee star sopra la terra ventiquattr'ore almeno e ciò nella stanza dove morì. Questa dee rimaner un tal tempo nello stato come prima con chiuse le finestre, avvertendo che il cadavere non deve essere totalmente abbandonato, siccome poco più succede, atteso che hanvi degli esempi in cui gli asfittici ed apparentemente morti si sono riavuti, ma per mancanza di ajuto ricaddero di nuovo e morirono oltreché il freddo stesso può loro impedire di riaversi.
Dopo ciò si dovrà porre il cadavere in una cassa di legno ben ben combaciante. coll'avvertenza però di mettervi della raschiatura di legno e della cenere sufficiente, affinché gli umori...gli escrementi che quasi sempre ne sortono dal cadavere, massime dopo un giorno intiero dalla sua morte, possano essere assorbiti.
Io tengo questa avvertenza per un obbligo preciso da beccamorti tanto maggiormente quantoché ad ognuno è noto potersi comunicare varie mallattie a chi ne venisse lordato. Io non dubito di fatto a credere che molte malattie epidemiche facciansi largo fra la comune del popolo anche per questo mezzo, quando anche i beccamorti stessi (dacché io osservai nel peste del 1796 in Schiavonia) non ne vengano sovente volte assaliti.
Racchiuso il cadavere del trapassato entro la cassa si farà luogo a quella cerimonia, a quei suffragi che i costumi e la religione introdussero. Dal luogo adunque della morte verrà il defunto condotto verso sera alla chiesa; qua rimarrà per quel dato tempo che basta a compiere le esequie, dopo di che deve essere il cadavere trasportato dai beccamorti di nottetempo nel cimitero ed ivi sepolto.
Il cimitero deve essere comune a tutti. Natura diede a tutti l'egual cura; è bene di dovere che il figlio della natura la segua nei di lei cammini, fissando a tutti un sepolcro uguale. Nè i delitti stessi deggiono o possono diversificare il sepolcro mentre questo sarebbe vendetta e non giustizia locché deve essere ignoto alla legge. Anche i pazzi, fra i quali devono assolutamente annoverarsi i suicidi, debbono anch'essi godere di un sepolcro comune. Se a tutti indistintamente deve essere estesa questa legge: in quei casi persino in cui il ravvedimento del peccatore non paja al rigido Ministro della Chiesa dimostrato non si può né si deve negare la sepoltura al defunto. Se inesausti sono i tesori della bontà divina e se un pentimento solo è quello che può ridonare il sepolcro al Cielo, come oserà mai il corto veggente e spesse volte misantropo mortale di negarlo ad altri e di deciderlo per un successo? Un sospirò bastò, non è egli vero al buon ladrone, per aprirgli le porte al Paradiso...
Ma non più, l'umanità, il dovere e la legge devono volere e comandare un ugual sepolcro per tutti.
Dal fin qui detto ne segue che né ricchezza né rango politico devono diversificare il sepolcro, e che perciò non deve essere nemmeno lecito di far erigere nel cimitero monumenti di qualunque sorta. Agli ingegni dei nostri scultori non mancano soggetti degni di Fidia o Prassitele e non sarebbe nemmeno giusto che la scienza dovesse servire all'ambizione, al danaro, e non al merito e che la memoria di taluni venisse per lungo tempo a vivere mentre avrebbe meritato di morire col suono delle campane. Virtù patriotiche singolari, le quali possono meritarsi una riconoscenza pubblica non devono, egli è vero, restare nell'obblivione e possono pur anche volersi un monumento: ma questo non deve perciò rappresentare una semplice tomba coll'indiviso Genio piangente accanto e molto meno deve quella rinchiudere come fra gli Egizi ed i Romani le ceneri ed il cadavere del trapassato o restarsene muto nel cimitero ma sebbene deve esso pompeggiare in pubblico onde eccitare gli altri all'emulazione. Cotai monumenti non resterebbero mai inutili per l'amico della patria, ma a guisa del tamburo fatto colla pelle di Zischka atterriranno ogni nemico del pubblico bene.
I cimiteri devono lando essere chiusi a ciascuno ed allorquando la nudità umana ed i delitti commessi o l'amore eccitassero a maggior segno la compassione degli altri, a questi sia lecito di far eseguire per mezzo dei ministri della Chiesa (non però presente il cadavere) maggiori maggiori o migliori suffragi anche nella chiesuola annessa al cimitero, giacché certi non hansi a sospettare presenti dei Persiani, presso cui l'idea della Divinità era tanto ampio regnante e sublime, che disdegnavano un recinto per supplicarvi l'Ente Supremo.
E giacché si fa menzione di chiesa non credo io fuori di proposito di farne parola. Gli antichi Cristiani seppellivano i loro morti non in chiesa ma in un cimitero presso la chiesa; le catacombe romane ne sono una prova sufficiente. La pluralità dei fedeli seppelliva però i cadaveri nella corte della chiesa stessa. Io non adduco già questo acciò li dobbiamo in simil caso seguire, ma invero affinché ci affrettiamo ad ogni modo a torre ed estirpare l'abuso di seppellire in chiesa, giacché esso non era stato nemmeno dagli antichi Tedeschi ed altre Nazioni e per sino nei primi saggi della civilizzazione loro ricevuto ed abbracciato.
La grandezza del cimitero deve essere proporzionata al numero dei morti della Comune. Per essere accertati di ciò deve ciascun Parroco fare il novero dei morti da 10 anni in qua e far quindi il calcolo della mortalità annua del comune.
Onde essere messi al sicuro della estensione del cimitero, abbisogna fissare la dimensione della superficie che ciascun cadavere può occupare. Stabiliamola ad ogni caso di 3 braccia in lunghezza e di uno in larghezza. Supponendo ora che in una Comune ne muojano cinquanta all'anno e che questi debbano essere sepolti l'uno a lato dell'altro, in simil caso verrebbero essi ad occupare una superficie di 50 braccia in larghezza (quale dovrebbe essere la larghezza del cimitero) e di tre in lunghezza continuato ciò per 20 volte, vale a dire per vent'anni di tempo, ne darebbe una lunghezza di sessanta braccia.
Ma non sarebbe da consigliarsi di fare l'anno seguente un falso col perdervi una quantità considerevole di terreno, attesa la sua mobilità e vicinanza col fosso ove furono sepolti i cadaveri dell'anno scorso né sarebbe s'altronde decente e sano che questi venissero scoperti nel tempo della loro putrefazione: donde ne è che preso tutto ciò a scrutinio, son di parere che vengano da un perito fissati tanti pali e pietre per ogni tre braccia e mezzo, essendo questa la dimensione del fosso alla sua superficie e che per il primo anno serva il primo fosso, per il secondo il fosso n.3, per il terzo il fosso n. 5 e così di seguito; negli anni susseguenti giunti al n. 19 si ricomincia a scavare al n. 2, poi al n. 4 e così in vent'anni di tempo verrebbe ad essere il cimitero riempito di cadaveri senza che vi sia stato bisogno alcuno di ritoccare alcun cadavere e ciò massime in vista del mezzo braccio che vi resta fra l'uno cadavere e l'altro a motivo della doppia scarpa intermedia a ciascuno di loro, e portante cadauna al fondo del fosso la latitudine di un quarto di braccia.
Il fosso deve essere alto almeno due braccia e mezzo, un'altezza un'altezza molto maggiore di questa potrebbe impedire l'infiltramento dell'acqua e la comunicazione dell'aria esterna e quindi arrestare od almeno prolungare la putrefazione; una però molto minore potrebbe promuoverla di troppo e quindi occasionare una intollerabile puzza al vicinato.
Da tutto ciò si può conchiudere che una Comune presso cui la mortalità ascenda a 50 in ogni anno abbisogna un cimitero della larghezza di 50 e della lunghezza di 70 braccia e per questo mezzo avrebbe la Comune un cimitero che servirebbe per parecchi secoli avvenire. Né d'altronde potrebbesi sminuire l'intervallo addottato di 20 anni, onde impicciolire lo spazio del cimitero, avvegnaché gli è fin troppo noto che in minor tempo arriva rare volte un cadavere a consumarsi totalmente. Leggasi le varie osservazioni di Fuoreray, Chaptal, Berthollet e di molti altri chimici e politici e si giudichi con meco.
Non sono da consigliarsi né introdursi i pozzi comeché questi occupino minor spazio di terra, poiché essi sono, siccome è noto, pericolosi al beccamorto allorquando gli apre, aperti tramandano una puzza insoffribile, cimentano troppo da vicino l'orgoglio, le opinioni e la religione dell'uomo e non promuovono la putrefazione, quand'anche giusta la vacillante teorica dei popoli sulla putrefazione, vi si dovesse sovrapporre della calce viva, la cui azione in realtà è nulla o ben poca in mancanza d'acqua.
Il cimitero deve essere chiuso da ogni parte con un muro la di cui altezza non deve essere minima di braccia tre, non contatone il tetto. In simil guisa non si rinoverà la ributante scena che ci rapporta Boccaccio nella sua prima Novella dei cani che sbranavano i cadaveri umani e che putroppo so essersi a grave scandalo dell'umanità ed a grave smacco della Polizia medica ripetuta in alcuni dei nostri cimiteri.
Ora si parli della qualità del terreno che ha da servire al cimitero. La terra che nello stesso tempo e favorisce l'ingresso dell'acqua ed è capace di conservarla più a lungo si è l'argilla. Una terra troppo profonda, siccome lo è la silicea o sabbionacea, assorbirebbe tutto l'umido de' cadaveri e li cangierebbe in tante mummie. I deserti dell'Arabia ce lo attestano con fatti incontrastabili. Il terreno che deve servire di cimitero deve adunque essere argilloso, anche a riguardo che per i pori di essa potranno in tempo caldo insensibilmente farsi strada ed uscire li diversi gas, che si svolgono dalla putrefazione dei cadaveri e perdersi nell'atmosfera, per il che sarà bene di piantarvi degli alberi i quali tramandano ossigeno ed assorbono aria impura irrespirabile.
Le mutazioni delle stagioni influiranno non poco a promuovere la putrefazione e massime l'acqua la quale ajuta anche a portar via seco parte delle materie animali decomposte ed i diversi gas con cui meccanicamente si unisce perlocché gioverà assai se il sito sarà alquanto declive.
La fermetazione putrida dipende in gran parte dalla decomposizione dell'acqua. Verità già conosciuta da quei Popoli li quali affidavano ai fiumi li cadaveri dei loro trapassati. L'idrogeno dell'acqua deve dissiparsi sotto la forma d'aria infiammabile ossia gas idrogeno e il suo ossigeno deve unirsi con altri corpi. E' perciò necessario che la terra non si sprofondi di troppo e non si impedisca con ciò la volatilizzazione del gas idrogeno mentre in simil caso la putrefazione ha bisogno di maggior temposiccome si sa essere realmente successo in alcuni cimiteri ove ritrovaronsi dei cadaveri totalmente incorrotti, quantunque fosservi stati da più lustri interrati.
Gli è vero che nella putrefazione delle materie animali di svolge minor quantità di idrogeno che nella putrefazione dei vegetabili perchè questo si unisce all'azoto delle materie animali e vi forma con esso l'ammoniaca. Ma oltre di che desso realmente si svolge, siccome ce lo attesta l'esperienza di Boerhaaven, Berthollet, Lavoisier ed altri e i fuochi fatui i quali non nascono dall'unione dell'idrogeno col fosforo, che spesse fiate veggonsi errare nei cimiteri, e la puzza che vi si sente, che è propria del gas idrogeno, sembrami che una quantità grande dell'idrogeno, la quale si svolge principalmente dall'oglio animale che si decompone e dall'acqua istessa non possa venire in gran parte e molto meno totalmente assorbita e neutralizzata dall'azoto delle carni e ciò in vista massime che queste in varie malattie sembrano andar soggette a una decomposizione di cui la chimica non può finora dar plausibile ragione.
Bisogna adunque che diasi luogo all'acqua di entrarvi ed al gas idrogeno che vi si forma di uscirvi, tanto più che egli nel processo della putrefazione si unisce al carbonio, al zolfo ed al fosforo e forma con essi il gas idrogeno carbonoso, fosforoso o zolforoso. Ecco perchè le fosse non devono esser troppo profonde, affinchè cioè la putrefazione non succeda troppo lentamente, essendo al chimico noto che dessa viene promossa dal calore, dall'umidità e dall'inserzia delle masse.
Per ciò che spetta alla distanza del cimitero dall'abitato questo non si può assolutamente stabilire, dovendo essa dipendere pure dalla qualità del terreno. Sarà sempre lodevole cosa l'erigere il cimitero alla distanza di più di 300 passi almeno dall'abitato. Quanto più grande deve essere il cimitero, tsnto più distante deve egli essere dalla Comune.
La situazione del cimitero è essa pure incerta. E' però da consigliarsi che questo sia collocato più basso dell'abitato acciò non avvengano caso mai infestate le acque del Comune.
Per il nostro dipartimento, siccome pure per la maggior parte della Cisalpina, sarà bene di far costruire il cimitero a mezzogiorno dell'abitato, atteso che le acque hanno il loro corso dal Nord al Sud. Quelle Comuni però che sono volte a tramontana o che ricevono, giusta il loro pendio al Nord, le acque del Sud faranno assai bene ad erigere il loro cimitero al Nord mentrech si eviterebbe con ciò il summenzionato inconveniente e gli aliti che potrebbe il vento portar seco dal cimitero verrebbero ad essere migliorati e resi totalmente innocui a cagione del termossigeno che seco porta il vento del Nord.
Degni abitatori di un Paese felice! su via prestatevi di buona voglia all'esecuzione di un'opera la quale testificherà allo storico i vostri avvanzamenti nella civilizzazione e vi metterà al livello di quelli altri popoli presso cui l'evidenza del bene che apporta uno stabilimento siffatto ha già da lunghi anni vestito il carattere di azione.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Esperienze ed osservazioni per determinare l'azione, gli effetti, e l'uso dell'Oppio nell'umano sistema di Francesco Lavagna Giuniore Dottore in Medicina, Genova 1842 [senza nota bibliografica]
Il Dottore Lavagna deduce da varie esperienze fatte sugli animali e sull'uomo infermo che che l'oppio è rimedio controstimolante. Egli lo somministra alla dose di grammi 8...in pillole ogni due ore unitamente ai salassi se son necessari, nelle malattie teoriche come diabete mellito, tetano, mania, delirio tremante, gastrite, enterite, colica infiammatoria, diarrea, dissenteria, peritonite, cistite, blennoraggia, polmonite, pleurite, arachnite, otite, oftalmite, angina tonsilare, reumatismo acuto, febbre traumatica, metrite, leucorrea, blenorragia sifilitica, gengivite.
Esternamente lo usa alla dose di 1 dramma infusa in once 6 d'acqua distillata, da farne bagni negli occhij, colluttorj etc. e dice che col conciliare il sonno procura la calma e lo scioglimento delle infiammazioni. i corollarj che fa risultare dai suoi esperimenti sono i seguenti:
1 - Che la forza dell'oppio si lascia mitigare o distruggere da tutte le potenze conosciute per la loro facoltà concitante come il vino, l'ammoniaca, gli eteri, la canfora.
2 - Che aumentano per opposto la potenza di lui tutti quanti gli agenti dotati di proprietà controstimolante come il giusquiamo, il lauroccraso, il nitro ed il tabacco.
3 - Che l'oppio conviene e può essere tollerato a forti dosi nell'esaltamento vitale delle vie digestive e del cervello.
4 - Che in principio e sul fine ed in mezzo alla forza delle flogosi che attaccano i differenti sistemi e principalmente nelle polmoniti libere da qualunque imbrattamento delle vie digestive, sia che venga prescritto solo nei casi leggieri o associato alla cavata di sangue nei casi più gravi produce sempre risultamenti felici.
5 - Che nelle flogosi gagliarde amministrando l'oppio ad alte dosi non si ha il bisogno di moltiplicare il salasso, siccome sarebbe d'upo volendo far senza dell'accennata medicina. Da qui il vantaggio importante della convalescenza brevissima.
6 - Che la tolleranza alla forza dell'oppio è in ragion diretta della forza eccitamentale.
7 - Che in mezzo a siffatto eccitamento non si ottengono ben spesso dei risultati decisivi sin che forti dosi d'oppio non siano giunte a produrre la sonnolenza, segnale il più certo di allentamento nei moti del cuore e di depressa vitalità.
8 - Che l'oppio per contrario non conviene per veruno modo nelle malattie caratterizzate dalla diatesi di controstimolo, come nello scorbuto, nei gastricismi, nelle febbri maligne, negli avvelenamenti dal morso della vipera, dat tabacco, dal giusquiamo.
9- Che laddove è sommamente abbattuta la vitalità produce in parca dose dei fenomeni gravissimi e bene spesso mortali come in seguito alla diarrea colliquativa ed alla perdita di sangue grandissima ed in mezzo alla imperfetta ematosi.
10 - Che agisce controstimolando potentemente e di preferenza la fibra dello stomaco sulla quale non lascia mai alcuna traccia di vera flogosi.
11 - Che rallenta i movimenti del cuore e ne diminuisce la forza, che abbassa la temperatura di tutto il sistema e rende il sangue più fluido e scolorato, che produce tutti cotesti effetti senza oltrepassare la cavità dello stomaco.
12 - Che la sonnolenza, il sonno profondo, il letargo, l'apoplessia, l'amaurasi sono fenomeni egualmente propagati dallo stomaco gravemente controstimolato.
13 - Che l'oppio somministrato ad alta dose, in dose velenosa, deprime siffattamente le forze vitali sicchè avviene talvolta la reazione vascolare, si aumenta il calore, si accende la febbre come in seguito alla lipotimia, alla grave perdita di sangue..., al veleno della vipera ed a tutte le potenze gagliardamente controstimolanti.
14 - Che gli ingorghi cerebrali, trovati alcune volte dopo l'uso dell'oppio a smodata dose, sono dovuti alla forza di siffatta reazione od alla stasi del sangue per rilassamento vascolare od alla varietà dei sintomi onde vanno accompagnati gli ultimi istanti della vita in qualunque siasi caso.
15 - Che v'ha analogia marcatissima di fenomeni tra l'oppio e le febbri putride, gastriche, nervose, tra l'oppio e lo scorbuto, malattie che risultano evidentemente da tutte le cause che operano controstimolando principalmente le fibre dello stomaco.
16 - Che lo stato morboso di siffatte malattie si dissipa bene spesso, si ammansa per lo meno colle stesse medicine concitanti, che furono avvelenati coll'oppio.
Risulta adunque che l'oppio fra i tanti controstimolanti è forse il pù potente ed il più utile che si conosca in medicina.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]"Ricetta per la Gazeuse" [senza bibliografia]
Acqua amole 12
Zuccaro puro lib. 2 e mezzo
Crema di tantaro oncia1
Lievito Oncie 2
Limoni n.12
Quali spremuti nelle dosi suddette
Si lascia il tutto a fermentare per ore 24 e più nel tempo freddo. Si filtra a doppia pezza, poi si mette in bottiglie ben forti, si turano a forza, si legano bene i turaccioli. Si mettono le bottiglie abbattute sul terreno, visitandole di tanto in tanto per veder se conservansi ben chiuse, turandole meglio se occorre. Si può bevere dopo sette od otto giorni; è assai migliore della comune, sebbene non tanto limpida. Invece dei limoni si possono usare gli ossi di persico, o l'arancio, se si desidera che abbi altro gusto.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Ricetta per fare il vino [senza bibliografia]
Vino litri 4
Zucchero libbre 1
Spirito di vino buono litri 1
Aceto litri 1
Acqua litri 21
Si mettono le dette sostanze in vaso di vetro, quale si chiuda bene, e si agita due in tre volte al giorno, dopo otto o dieci giorni è bevibile. Si chiarisce e viene assai migliore a proporzione che invecchia

[MS. WENZEL - FOGLIO n.5 ]Cura della pustola maligna o Carbonchio del dottor Schivan [bibliog: "Repertorio di Agricoltura del dott. Ragazzoni", fasc. 46]
Si applica sulla parte ammalata, sia sulle bestie, come negli uomini, un forte decotto di scorza di quercie, applicazione che dee frequentemente rinnovarsi. Quando la pustola è passata allo stato di piaga non è più temibile e si tratta col metodo comune delle piaghe.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.5] Mezzo per dissipare le macchie rosse della faccia[bibliog: "Repertorio di Agricoltura del dott. Ragazzoni", fasc. 3]
Si prende il sugo fresco del cocomero selvatico ossia asinino (momordica elaterium) e si mescola con una metà di liquore spiritoso di rose e di lavanda e si lava con esso frequentemente il viso. Si dee star guardati dalla forte luce e dal sole sinché si usa.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.14]Polvere per la conservazione dei denti [biblliog.: "Journal des Conossances utiles", IX, 1832]
Carbone in polvere passato al setaccio: oncia 1
Zucchero candito polverissato: oncia 1
China - China polverizzata dramma 3
Crema di tartaro oncia 1
Bisogna servirsi di questa polvere tutti i giorni se i denti son assai guasti e due volte la settimana se son buoni con una piccola spazzetta bagnata pria nell'acqua tepida con qualche goccia d'acquavite se è d'inverno o con acqua frasca se è d'estate.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.5]Odontalgico del Dottor Black[bibliog: "Repertorio di Agricoltura del dott. Ragazzoni", fasc. 3]
Si è l'applicazione di un miscuglio di due parti di allume sottilmente polverizzato e di sette parti di etere nitrico sul dente ammalato: fa in poco tempo calmare i più violenti dolori, a meno che non esistesse un violento stato infiammatorio.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.14][senza titolo e bibliografia: ma "sifilide e malattie veneree"]
Nelle malattie veneree in seguito alla cura mercuriale quando vi rimane ancora qualche resto di Lue per purgare il sangue si usa il Roob [?] seguente il quale costa franchi 7 e 25 centesimi la bottiglia prendendone 3 cucchiai ogni mattina in sei cucchiaj d'acqua: due o tre bottiglie sono sufficienti. Si vende a Monaco "Roob Regenarateur du Sang du Docteur Giraudeau de St. Gervais Nice Rue Aubry le Boucher n. 5 a Paris...

[MS. WENZEL - FOGLIO n.15][senza titolo e bibliografia: ma "sifilide e malattie veneree"]
Nelle malattie veneree è ottimo il Roob del D. Boiveau Laffecteur di cui premesso pria un purgante se ne prende un cucchiaio per giorno e si può aumentare sino a 7 prendendo un decotto carico di salsapariglia tutti i giorni e stando ad una dieta rigorosissima.
Costa la bottiglia 1 Luigi caduna e bisogna prenderne almeno tre, cioè dura la cura 60 circa giorni

[MS. WENZEL - FOGLIO n.15]Cura della sifilide col metodo del dottor Templeer di Grassa[senza bibliografia]
1 - Un cucchiaio della sua polvere (che vende a franchi 5 la scatola ed è di colore bianco aromatizzata) in un bicchier d'acqua fresca tutte le mattine a stomaco digiuno.
2 - 5 o 6 pastiglie (bonbons origenes che vende a franchi 5 la scatola) ogni volta che avrà mangiato soprabevendovi un bicchier d'acqua zuccherata.
3 - 12 bicchieri d'acqua fresca ben zuccherata
4 - Nei pasti, che saranno di buone minestre, lesso...beverà dell'acqua con vino bianco e metterà nel bicchiere ogni volta che beverà una presa di nitro.
5 - Le piaghe si medicheranno con filaccie imbevute una volta di vino e zucchero e l'altra d'acqua fresca ben zuccherata. Vi vogliono almeno 4 scattole di polvere e 4 di pastiglie per una cura che si pretende finita in una trentina di giorni.
Tutte le mattine si mette in mano una moneta d'oro e si tiene per cinque minuti, se diventa rossa o bianca, si metta colla cenere calda e serve sin tanto che non cambij più colore

[MS. WENZEL - FOGLIO n.14] Composizione di pomata per impedire la caduta dei capelli [bibliog.: "Propagatore" 1833]
Midollo di bue preparato sei grossi
Olio di mandorle dolci due grossi
China rossa polverizzata un grosso
Si stempera la polvere di China in una piccola quantità d'olio di mandorle, indi si aggiunge il resto dell'olio; fatta la mescolanza si liquefa a lento calore il midollo di Bue il quale a poco a poco si incorpora al miscuglio, servendosi di un mortaio od agitando sino a perfetto raffreddamento. Si può aromatizzare con alcune goccie di essenza di bergamotto, di vaniglia o come più piace

[MS. WENZEL - FOGLIO n. 15 ]Vero Racahout degli Arabi
Questa sostanza giova come alimento medicamentoso nelle irritazioni di petto e di stomaco a convalescenti di lunghe malattie, ai ragazzi estenuati da difficile dentizione, insomma a tutti quelli delicati e cagionevoli di salute ai quali ai quali in breve procura un sorprendente ben essere.
Ha il privilegio esclusivo per la fabbricazione il Signor farmacista Luigi Robaudi di Nizza e si vende in Genova presso li fratelli Lagorio strada Porta Reale ed a centesimi 30 la tazza nel Caffè della Posta strada carlo Felice.

[MS. WENZEL - FOGLIO n. 10 ]Rimedio contro le ulcere fagedeniche delle gambe del signor Schultze [bibliog.: "Propagatore" ottobre 1824]
Egli lava una volta al giorno la piaga con un pennello intinto nell'acido pirolegnoso e la ricuopre in seguito con filaccie spalmate d'unguento digestivo. Con ciò fra poco si perde il cattivo odore, l' [infezione] perde la sua forza corrosiva, si forma buona marcia, la superficie diviene unita, i bordi si ammorbidiscono, cessano i dolori e si cicatrizza

[MS. WENZEL - FOGLIO n. numerato ma ]Nuovo metodo per la cura delle ulcere grandi e profonde dell'inglese Straffort [nessuna bibliografia]
Questo metodo consiste nel versare sulla piaga un miscuglio formato da quattro parti di cera ed una di trementina di Venezia, prendendolo nel punto che esso sta per fissarsi, a buon conto che sia scorrevole ma non scottante. In questo modo tutta la superficie posteriore della cera si trova in contatto col fondo dell'ulcera, della quale riempie tutta la cavità.
Consolidata che si è la cera, per impediare che essa esca vi viene contenuta con qualche striscia di impiastro adesivo. Le cose resteranno così per tre giorni, al quarto si rimuove la cera e si farà una nuova medicazione e così continuando per un tempo più o meno lungo si vedranno sorgere delle granulazioni di buona natura alle quali sussegue finalmente la cicatrice.
Un tal metodo è applicabile: 1 - contro le ulcere delle gambe; 2 - le profonde piaghe dei buboni; 3 - L'escavazioni scrofolose; 4 - Le ulceri situate sul camino delle grandi arterie; 5 - i tronchi e le fistole aperte; 6 - Le piaghe risultanti da profonde scottature; 7 - quelle dei geloni; 8 - le ulceri depascenti o fagedeniche, o "noli me tangere" della quale ultima se non vale a ottenere la guarigione ne arresta almeno i progressi specialmente se il cancro ha sede su parti provvedute di molte arterie. In una parola, in tutte quelle piaghe che sono il risultamento di una gran perdita di sostanza, ovunque sita.
Secondo il Signor Straffort l'utilità di questo metodo non è dovuto alla pressione uniforme che esercita la cera sulla piaga, la quale la garantisce altresì dal contatto dell'aria, ma sibbene in conseguenza dei principj di quella legge che regola l'espulsione dei corpi estranei dalla macchina, figurando come tale la cera: cioè che mentre i più esterni tessuti soprapposti all'estraneo corpo vengono distrutti, e forse assorbiti, un accrescimento di sostanza ha luogo in quelli al medesimo sottoposti, dai quali parte un perenne movimento di spingimento
Seguono molti casi fra i quali:
In febbrajo 1818 entrò nell'ospedale un uomo di circa 10 lustri, il quale da 25 anni portava nella gamba sinistra una piaga che abbracciava quasi tutta la circonferenza dell'arto, tra i gemelli ed i malleoli, avente la media profondità di quattro linee. Disperando che una tal piaga, che solo dieci anni addietro si tenne chiusa per qualche tempo, potesse cangiar natura e venire a cicatrice, si propose l'amputazione ma non avendo voluto l'infermo acconsentire, ai 13 dopo aver ben nettata la piaga, vi si versò nel modo di sopra descritto il mezionato mescuglio, e quando fu raffreddato vi venne soffermato con strisce di impiastro adesivo, e l'infermo tosto provò un gran sollievo. Ritirata al quarto giorno la cera con gran sorpresa di tutti si trovò la piaga coperta da una bella granulazione che ne diminuiva la profondità. Fatta una nuova applicazione ai 17 e ritirata ai 21 l'escavazione della piaga si trovò per due terzi ripiena. Dopo la terza medicazione l'estensione della piaga diminuì di un terzo di pollice; a capo della settima o ottava si trovò del tutto guarita ed ai 15 o 20 di marzo l'infermo abbandonò l'ospedale.
seguono altri casi di piaghe di diversa natura e situazione tutte guarite felicemente.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Manifesto del Magistrato della Riforma sopra gli Studij col quale si fanno noti al pubblico i sovrani provvedimenti intorno allo studio pratico della Ostetricia ed all'esercizio della professione di Chirurgo ostetricante e di quella di levatrice, 5 febbraio 1634 [senza bibliografia]
Le sollecite cure di S.S.R.M. per promuovere la più compiuta istruzione in tutti i rami della scienza medico - chirurgica l'hanno indotta a dare le disposizioni apposite per lo studio pratico dell'ostetricia ed aprescrivere che d'ora innanzi non possa ottenere l'ammissione all'esercizio della Professione di Chirurgo ostetrizzante nè della Professione di Levatrice chi non abbia fatto prima una conveniente pratica dell'Ostetricia e ne abbia preso successivamente l'esame, ordinando nel tempo stesso le norme onde rendere questa pratica agevole alle persone che aspirano alla anzidetta professione.
Articolo 1
Il Dottore Chirurgo che dopo il conseguimento della Laurea aspira all'approvazione per esercitare quelle altre parti dell'arte chirurgica anche l'ostetrica dovrà d'ora innanzi essere munito d'una speciale patente del magistrato della Riforma.
Articolo 2
Onde ottenere questa patente sarà necessaria la pratica di Ostetricia fatta per lo spazio di tempo stabilito qui appresso ed il successivo esame di pratica.
Articolo 3
La pratica potrà farsi in quei Pubblici Spedali di Partorienti, nei quali risulterà al Magistrato della Riforma che pel numero delle donne che vi si ricoverano e per gli altri riguardi possa riuscire fruttuoso. Nei casi anzidetti la pratica la pratica dovrà farsi durante sei mesi almeno onde poi il Magistrato riconoscesse che pel numero ristretto delle Partorienti in qualche l'ospedale fosse insufficiente la durata di 6 mesi di pratica, dovrà il Magistrato estendere a 12 mesi.
Articolo 4
Il Magistrato potrà concedere ai Dottori in Chirurgia la facoltà di fare la pratica sotto un dottore chirurgo per ciò specialmente approvato dal Magistrato stesso. La pratica fatta in questa guisa dovrà durare 12 mesi.
Articolo 5
La scelta dei Dottori che intraprendono la pratica in qualunque spedale di Partorienti spetta esclusivamente ai direttori del medesimo e da danti devono dipendere tanto i chirurghi che dirigono la pratica quanto coloro che vi attendono.
Articolo 6
Devono peraltro i Dottori Chirurghi ottenere l'assenso del Magistrato prima di intraprendere la pratica di Ostetricia e l'assenso sarà dipendente dalla buona condotta avuta dai medesimi durante il precedente corso di studi per la laurea. La stessa condizione è imposta per le concessioni della pratica a farsi sotto dottori in Chirurgia.
Articolo 7
L'esame di pratica d'Ostetricia si darà nell'Università e sarà diviso in due sedute. Prima di esporsi al medesimo il Dottore Chirurgo dovrà presentare la storia di due parti difficili col successivo puerperio osservati nel decorso della pratica sottoscritta dal Chirurgo che lo diresse.
Nella prima seduta poi scioglierà in iscritto due casi o quesiti di Ostetricia da proporsi dal Professore di Operazioni e di Ostetricia dell'Università. Nella seconda seduta interverranno il preside della facoltà, i Professori di Operazioni e di Ostetricia, di notomia, di chirurgia teorico-pratica e di chimica esterna. Il candidato sarà esaminato verbalmente dai Professori per un'ora e mezzo sul lavoro dell'esame in iscritto e in quanto riguarda all'Ostetricia in generale. In caso di approvazione gli sarà spedita dal Magistrato della Riforma la Patente di approvazione per l'esercizio della dett'arte; onde poi non venga approvato, dovrà fare nuova pratica almeno per la metà del tempo prefisso per la prima.
Articolo 8
I Dottori di Chirurgia che non sono prescritti della detta Patente per l'esercizio di quell'arte potranno non di meno assistere la Partoriente nei casi urgenti nei quali non possa aversi tempo o mezzo di chiamare un Chirurgo approvato per l'Ostetrica.
Articolo 9
Dal 1 Gennaio 1836 in poi nessuna donna potrà esercitare la Professione di levatrice anche per le terre senza aver fatto la pratica di 6 mesi almeno in uno Spedale di Partorienti, ovvero 12 mesi sotto la direzione di un Chirurgo patentato per la Ostetricia, o di una levatrice approvata e avere poi passato con successo l'esame.
Articolo 10
L'esame delle levatrici durerà un'ora e saranno esaminatori nel medesimo all'Università i Professori di Operazioni e di Ostetricia, di notomia, di chirugia teorico-pratica e di chimica esterna sotto la direzione del Preside della facoltà
Potrà peraltro il Magistrato commettere questo esame nelle scuole universitarie secondarie: in tale caso saranno 3 li Esaminatori, cioè i Professori di Chirurgia e quelli altri Dottori Chirughi che saranno per ciò scelti dal Riformatore della provincia. Il Professore anziano presiederà l'Esame.
Articolo 11
I Dottori che prima d'ora sono stati legittimamente autorizzati ad esercitare l'Ostetricia potranno continuare l'Esercizio senza ulteriore pratica od esame.
Le levatrici che fra il corrente anno saranno risultate di avere lodevolmente atteso nelle terre o nei borghi durante un triennio a questo esercizio potranno ottenere dal Magistrato della Riforma l'ammissione all'Esame con dispensa della prescritta pratica. Segue il decreto di pubblicazione.

GELONI PRIMARI E SECONDARI (TERAPIE)
[MS. WENZEL - FOGLIO n. 6 ]Rimedio contro la gotta del dottor Gendrin [bibliog.: "Propagatore", fascicolo ottobre-novembre 1828]
Questo consiste nell'uso esterno ed interno dell'iodio ed ha observato che detti ammalati sono compiutamente guariti coll'uso interno dell'iodio, i quali erano attaccati da gotta acuta e violenta e coll'iodio continuato due o tre mesi si prevengon quasi in tutti li accessi. Quattro ammalati attaccati da gotta acuta con ingorgo cronico alle articolazioni, due sono compitamente guariti da più di quattro anni, impiegando l'iodio solo all'esterno, ma per un tempo alquanto lungo. In tutti vuol esser secondato da un regime conveniente, corroborante per la gotta cronica, dolcificante per l'artritide acuta. Agisce sulla causa primitiva del male

[MS. WENZEL - FOGLIO n. 6 ]Rimedio contro la puntura delle api e vespe [bibliog.: "Propagatore", gennaio 1825]
Quando pungono internamente si fa inghiottire più volte del sal comune diluto nella minor quantità d'acqua potabile in modo da formar un brodo denso e si calman immediatamente i dolori. Le punture esterne si possono anche guarire bagnandole coll'istessa acqua assai salata

[MS. WENZEL - FOGLIO n. 6 ]Modo per fermar l'emorragia delle sanguisughe del chirurgo Mathias di Losanna ["Journal des Connisances utiles" - Novembre - 1832]
Consiste nell'uso topico del carbonio polverizzato o dell'allume polverizzato o nell'applicazione del spugna, della filaccia bagnata in qualche liquore spiritoso. Si ferma anche con una ventosa, colla pietra infernale, con un ago rovente o col cucir la pelle sulla ferita con un punto di cucitura.

[MS. WENZEL - FOGLIO n. 11 ]Rimedio per le malattie degli occhij [bibliog: "Propagatore", novembre-dicembre 1824]
Si è la tintura del Galbano che si usa prendendo una pezzetta ripiegata varie volte; si bagna solo dalla parte interna e si applica sull'occhio malato. Dopo un'ora si leva la pezza, si lascia l'occhio per alcune ore tranquillo, poi si riaplica. Si usa nell'oftalmia passiva, specialmente scrofolosa, nell'infiammazione, nella convulsione delle palpebre, quando vi son macchie nella cornea e poco rossore fuori. Quando vi è debolezza, atonia, gonfiezza edematosa delle palpebre, quando quando il condotto lacrimale è inattivo

[MS. WENZEL - FOGLIO n. 11 ]Gelatina pettorale contro le tossi ostinate ["Gazzetta ftancese" - gennaio - 1832]
Gramigna pulita e tagliata a piccoli pezzetti L. 3
Radici di Altea once mezza
Radici di Consolida maggiore (Sijmphitum officinale) L. mezza
Radici di poligola virginiana (Polijgola Senega) once 10
Pomi così detti Reinette n. 10
Teste di Papavero (Capsulae Papaveris somniferi) n. 15
Si fanno cuocere dette sostanza in tre e mezzo chilogrammi d'acqua: alla riduzione di 4 e mezzo d'acqua si ritira dal fuoco e si filtra con premitura e si aggiunge:
Zucchero bianco L. 4 e mezzo
Si chiarifica colla chiara d'uovo e si lascia poi cuocere sino alla consistenza di siroppo denso, tolto poscia dal fuoco, quando è raffreddato vi si aggiunge:
Acqua di fiori d'arancio once 2
e si mette in conserva nei vasi prendendone poscia un cucchiaijo più volte al giorno: è ottimo rimedio per le persone che hanno gli organi della respirazione assai deboli e che sono debilitate dalle tossi ostinate

[MS. WENZEL - FOGLIO n. 11 ]Rimedio contro la Scrofola del dottor G. Poggi [bibliog.: "Propagatore", marzo 1826]
Clorur. Calci (muriat. calci) gr. VIII
Solv. in aq. f. q. b.
Divid. in VIII p. coq. cap. IV in die omni
Questa dose serve per due giorni e vorrà essere aumentata o diminuita secondo l'età, le circostanze ecc. Il rimedio deve essere recentemente preparato, conservato in vaso ben chiuso ed in luogo oscuro. fatta la soluzione nell'acqua dovrà lasciarsi depositare un poco di calce che vi è sempre un eccesso ed amministrare il liquido chiaro: se ne continuerà l'uso per più settimane.

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]TAVOLA DELLE MORTI APPARENTI [nessuna bibliografia citata: L'autore del MANOSCRITTO WENZEL, era un razionalista ma aveva a che fare coi timori popolari di certe superstizioni sui "morti-non morti" peraltro alimentate anche in ambito pseudoscientifico: per questa ragione stese una carta delle MORTI APPARENTI e registrò ampia documentazione [forse non senza essersi anche documentato su testi antichi] sulla necessità di riforma dei CIMITERI, naturale palestra e fucina dell'insorgere di credenze paurose; così redasse questa ampia CARTA DELLE MORTE APPARENTI:]

LA MORTE APPARENTE SI MANIFESTA PIU' PARTICOLARMENTE NEGLI INDIVIDUI:

ANNEGATI
PRIMI SOCCORSI
1 - Far cercare prontamente un medico
2 - Trasportar il corpo con precauzione tenendolo colla testa e le spalle sollevate
3 - Spogliarlo, asciugarlo ed invilupparlo in drappi caldi
4 - Asciugar e nettar la bocca e le mani
CONTINUAZIONE [DEI SOCCORSI]
A - RISTABILIR IL CALOR NATURALE METTENDO IL CORPO IN BAGNO CALDO OD IN DIFETTO:
1 - Far passare un scaldaletto caldo sul dorso o lungo la spina
2 - Mettervi dei mattoni caldi sullo scrobicolo del cuore, sotto le ascelle, fra le coscie, sotto la pianta dei piedi
3 - Fregarlo con flanella calda
4 - Fregar tutto il corpo colle mani senza cessar d'impiegar altri mezzi
RISTABILIR LA RESPIRAZIONE
1 - Fregar le mani con alcoli volatili
2 - Introdur un canello d'un soffietto in una narice, chiuder l'altra e la bocca, e soffiarvi dolcemente
3 - Soffiar anche nella bocca, premendo dolcemente il petto colle mani e continuar questa maniera per qualche tempo
4 - L'uso dell'elettricità
5 - Introdur nello stomaco mezza pinta d'acquavite ed acqua calda o vino ed acqua calda: si servirà della canna di gomma elastica

SORPRESI DAL FREDDO
PRIMI SOCCORSI
A - Fregar il corpo:
1 - Colla neve o col ghiaccio liquefatto
2 - Non richiamar il calore che lentamente
B - CONTINUAZIONE
1 - Dopo qualche tempo, se è necessario, impiegar i mezzi per gli annegati

STRANGOLATI
PRIMI SOCCORSI
1 - Far uso dei mezzi raccomandati per gli annegati
B - CONTINUAZIONE
1 - Far cavar sangue

ASFISSIATI PER VAPORI GASSOZI
PRIMI SOCCORSI
1 -Portar il corpo all'aria pura e fresca
2 - Fare delle aspersioni d'acqua fredda sulla faccia, sul petto
CONTINUAZIONE
1 - Usar l'elettricità, particolarmente negli accidenti causati dal fulmine
2 - Ristabilire il calore e la respirazione coi mezzi indicati per gli annegati

UBBRIACHI
PRIMI SOCCORSI
1 - Metter il corpo sul letto colla testa alta
2 - Scioglier le vesti
3 - Chiamar il Medico perchè la cura si regola secondo lo stato dell'infermo
B - CONTINUAZIONE
1 - Applicar sul capo delle pezze bagnate nell'acqua fredda
2 - Metter ai piedi dei mattoni caldi

APOPLETICI
PRIMI SOCCORSI
1 - Espor l'infermo alla corrente dell'aria
2 - Scioglier le vesti e particolarmente quelle del collo e del petto
B - CONTINUAZIONE
1 - Chiamar il medico
2 - Salassar prontamente
3 - Rader i capelli e metter sulla testa delle pezze bagnate di acqua fredda ed aceto

[VENUTI MENO] PER INSOLAZIONE
PRIMI SOCCORSI
1 - I colpi di sole si trattan come l'apoplessia

OSSERVAZIONI GENERALI
A - PRECAZIONI E CURA:
DURANTE I PRIMI SOCCORSI:
1 - Non perder tempo
2 - Evitar di maltrattar l'infermo muovendolo
3 - Non sollevarlo mai pei piedi
4 - Non fregarlo con sale o liquori spiritosi
QUANDO LA VITA E' RICHIAMATA:
1 - Far prender un cucchiajo d'acqua calda o un poco di vino caldo si se ne può inghiottirne
2 - Far stare a letto
3 - Favorir il sonno eccetto i casi: dell'apoplessia - d'ubbriachezza - dei colpi di sole
4 - Sostener le azioni vitali ristabilite
5 - Prevenir le sensazioni troppo vive
B - DURATA DELLA CURA E DISPOSIZIONI:
Il trattamento dovrà continuarsi per tre o quattr'ore. E' un'assurdità supporre che non si possa trasportar il corpo senza permesso del Giudice. Quanti son stati vittime di questa ridicola credulità!

[MS. WENZEL - FOGLIO n.n. ma ]Storia di tenia curato coll'ajuto dell'acido idrocianico del Dottor Gelneke [senza referenze bibliog.]
Un giovinetto di tre anni e mezzo era attaccato dalla tenia lata. Il medico impiegò il seguente trattamento. Per due giorni fece mangiare al fanciullo quante fragole desiderava, il che cominciò a far evacuare qualche pezzo del verme. Tre giorni dopo aver preso le fragole, l'autore prescrisse un'oncia d'oglio di ricino la mattina alle ore sei; a sei ore e mezza, a sett'ore, e a sett'ore e mezzo 15 grani per volta di radice di felce maschio polverizzata, e finalmente a otto ore un'altra oncia del suddetto oglio. A quest'ora evacuò molta materia liquida, e con essa un pezzo di tenia lungo 12 pollici. Fu allora esposto il bambino sull'acqua tiepida per cui il verme uscì di più. Impadronitosene il dottor Geineke applicò dell'acido idrocianico sulla tenia stessa uscita dall'ano. Appena ciò fatto il verme cercò di rientrare, ma non potendo per esser trattenuto restò come assopito. In capo a mezz'ora il bambino ebbe una nuova evacuazione e con essa la tenia fu totalmente espulsa e trovata morta.







La PIETRA INFERNALE era il nome volgarmente attribuito in medicina e chirurgia al nitrato d'argento, a lungo usato nell'antichità per cauterizzare ("BATTAGLIA", V, sotto voce infernale, n.10).







La FAVA DI S. IGNAZIO era il nome volgarmente attribuito ai semi della Strycnos Ignatii o Ignatia amara, pianta loganiacea originaria delle Filippine ma coltivata in India. Questi semi hanno forma ovoide, irregolarmente deformati per la mutua compressione del frutto, durissimi, di colore brunastro, amarissimi, contengono gli alcaloidi stricnina e brucina. Trova impegno quale noce vomica (="che cioè produce il vomito"), quale amaro eupeptico e serve soprattutto per l'estrazione della stricnina in farmacologia ("BATTAGLIA", V, sotto voce "fava" ).







-FARMACI REVULSIVI (VESCICANTI): "Chiamiamo Revulsivi quei farmaci che applicati sulla cute o sulle mucose determinano tutti o alcuni dei sintomi dell'infiammazione, con intensità e durata diversa a seconda della natura e della concentrazione del farmaco, della durata di applicazione e sensibilità della cute.
L'azione revulsiva è tanto più rapida quanto più facilmente la sostanza irritante penetra nella cute: infatti si tratta in genere di farmaci ben liposolubili o volatili; di solito ha inizio con arrossamento accompagnato da senso di calore e di bruciore.
La vasodilatazione, dapprima limitata ai capillari più superficiali, guadagna terreno in profondità, interessando i tessuti sottocutanei.
Se la revulsione non oltrepassa questo stadio di vasodilatazione, questo tipo azione si dice rubefacente.
Se invece il farmaco continua ad agire, i fenomeni infiammatori si accentuano e alla semplice vasodilatazione fa seguito un forte aumento della permeabilità dei vasi attraverso i quali fuoriesce del plasma che si accumula tra lo strato papillare e l'epidermide; questo tipo di azione si dice VESCICATORIA [da cui la terminologia di TERAPIA VESCICATORIA e di FARMACI VESCICANTI].
Il meccanismo dell'azione rivulsiva sembra in rapporto con fenomeni umorali: è noto che buona parte dei Revulsivi provoca in seno alla cute, nel punto di applicazione, la liberazione di istamina di cui è nota l'azione capillaro dilatatrice; in questo modo si comportano l'essenza di senape, cantaridina , il capsico , l' olio di crotontiglio , la trementina, l'ammoniaca.
L'effetto revulsivo, interessando zone cutanee riccamente fornite di terminazioni sensitive, può esercitare azioni a distanza di tipo riflesso, influenzando a volte il circolo, il respiro, il ricambio per lo più nel senso di un acceleramento.
Importanza di gran lunga maggiore ha peroò l'azione che i Revulsivi cutanei esercitano localmente in profondità, specialmente nell'affrettare la risoluzione dei processi infiammatori.
Il meccanismo di questa azione periferica consiste nell'aumentato circolo locale per effetto dell'iperemia.
Perciò le indicazioni terapeutiche dei Revulsivi cutanei sono date soprattutto dagli stati infiammatori cronici che si manifestano in profondità, specialmente nelle sierose, per facilitare il riassorbimento di essudati e diminuire il dolore.
Usi analoghi hanno nelle malattie polmonari, soprattutto bronchite, ed impiego larghissimo in tutte le forme di nevralgie (specie intercostali e sciatiche), nelle mialgie, artralgie e in genere in tutte le forme dolorose che si sogliono chiamare reumatiche.
I Revulsivi più di frequente utilizzati sono i rubefacenti tra i quali citiamo: la senape nera che agisce in maniera molto rapida provocando un acuto senso di bruciore con forte iperemia tanto che puo essere applicata solo in zone circoscritte e per breve tempo; l'ortica e il peperone (o capsico) in particolare nelle varietà piccanti, il cui estratto, ricco in capsicina, si impiega per uso interno nell'atonia gastrica ed intestinale ma soprattutto come rubefacente cutaneo.
Tra i vescicatori, che costituiscono ancora un rimedio popolare apprezzato ma sono attualmente molto meno usati di un tempo, si ricorda la cantaridina" [ANNA MARIA FUNDARO' in "GDE", U.T.E.T. sotto voce: Revulsivi]



La CANTARIDINA è uno dei numerosi FARMACI VESCICANTI / REVULSIVI utilizzati con frequenza nella medicina dell'età intermedia.
In particolare la CANTARIDINA si estrae dalla CANTARIDE nome dato agli insetti Coleotteri Meloidi del genere Lytta e specificatamente Lytta vesicatoria. Comuni in Italia come in tutta Europa (in Spagna prendono nome di "mosca spagnola") questi insetti vivono in vere colonie su piante di sambuco, acero, pioppo ed altre piante delle cui foglie si nutrono. Un tempo erano ricercatissimi per uso farmacologico: fatta la raccolta e lasciati seccare si presentano della misura di 2 - 3 cm., di color verde-azzurro con riflessi dorati ed odore assai irritante e sgradevole. Se ne estrae appunto la CANTARIDINA o anidride interna dell'acido cantaridinico, poco solubile in acqua ma molto negli oli e nei grassi. Costituisce un irritante violento delle mucose, soprattutto del rene, in caso di assorbimento: è un formidabile revulsivo e vescicante a suo tempo già usato come afrodisiaco ma temuto per la tossicità causa spesso di nefriti e nefrosi





Alla fine del XIX secolo al I posto fra le cause di morte esisteva la TUBERCOLOSI di cui la forma più diffusa e letale era la TISI o TUBERCOLOSI POLMONARE.
Il male, particolarmente incidente nei complessi demici del settentrione italiano, attirò l'interesse degli studiosi sulle sue caratteristiche di MALE SOCIALE in seguito alle scoperte di KOCH che riuscì nel 1882 ad isolarne l'agente eziologico, provando che non si trattava affatto di MALATTIA EREDITARIA ma di MORBO CONTAGIOSO.
Si finì quindi col prestare attenzione alle CAUSE PREDISPONENTI (per esempio le carenze nutritive e lo stato igienico delle residenze) e furono evidenziate le responsabilità del lavoro femminile, tanto quello svolto nelle industrie tessili (irritazione polmonare derivante dal pulviscolo del cotone e di altre materie prime) sia quello svolto in casa, entro locali che l'uso promiscuo di abitazione e luogo di lavoro poneva spesso al di sotto della soglia richiesta dalle basilari norme igieniche da rispettare (vedi AA.VV., Storia d'Italia. Annali 7. Malattia e medicina, a cura di F. Della Paruta, Einaudi, Torino, 1984).










Con il termine di SINAPISMO (SENAPISMO) si indica un impasto curativo di farina di senape mescolata con acqua ed aceto applicata sulla cute dell'infermo, soprattutto nella medicina passata, per ottenere un efficace e pronto EFFETTO FARMACOLOGICO REVULSIVO