Dopo quello benedettino e francescano, un ulteriore evento, culturale e socio-politico oltre che fideistico, incise sul tessuto viario, agronomico, insediativo e quindi demografico della valle del Nervia. Esso si estrinsecò in modi diversi, ma sempre connessi con lo sforzo ecumenico ecclesiale di riprendere il controllo delle comunicazioni internazionali, sia per ragioni tipicamente evangeliche od apostoliche, come nel caso di Benedettini e dei Pauperes francescani, sia per garantire la sicurezza sui percorsi contro predoni e barbari (coll' istituzione di fenomeni religioso-cavallereschi) sia ancora onde espandere, anche sotto il profilo politico ed economico, l'influenza della Chiesa apostolica romana nelle terre d'Oltremare, ormai soggette alla forte presenza politica e culturale dell' Islam.
In questo ultimo caso, senza entrare nel merito etico e sociale delle Guerre Sante, è utile chiedersi quale valenza, semantica e culturale oltre che politico-economica, avesse assunto il concetto di Crociata verso il XIII secolo: accanto al valore primario, ufficiale e quindi storico di lotta contro gli Infedeli per la liberazione del Santo Sepolcro, il Papato, dopo l'ascetica De miseria humanae conditionis di Innocenzo III ed il Concilo Lateranense IV del 1215, era andato infatti elaborando il principio di "bandir Crociata", in difesa dell'ortodossia cattolica e dei suoi privilegi fiscali, in Oriente come in Europa, ovunque in definitiva si manifestassero tendenze autonomistiche od eretiche (a tal proposito fu tristemente famosa la Crociata del 1209-11 contro gli Albigesi e l'eresia catara, in Francia meridionale).
Un segno del rinnovato espansionismo cattolico era certamente stata la crescente fortuna pubblica dei Benedettini: l'impianto di questo robusto ordine monastico, in basi site su antichi tragitti verso il mare o che portavano a vie di costa o mezzacosta volte alle Spagne, esprimeva in crescente maniera la volontà cattolica di superare la dimensione curtense del Medioevo per riannodare i commerci ad un mercato internazionale ed aperto.
I disarmati Benedettini, benché abili nel rinvigorire la fede in Cristo fra le popolazioni alpestri ancora suggestionate da tradizioni pagane, presto non bastarono però più a proteggere i tanti Pellegrini che, in visita ai Luoghi Santi d'Europa e d'Oltremare, andavano percorrendo le direttrici storiche ridisegnate dai monaci.
Per queste finalità pratiche acquistarono allora incredibile potenza vari Ordini monastico-cavallereschi che s'erano sviluppati in Terrasanta, durante le Crociate.
L' ORDINE DEI CAVALIERI TEMPLARI, istituito in Terrasanta nel 1119 da Ugo di Payens ed altri otto Crociati, ottenne da Baldovino II un palazzo dove sorgeva il Tempio di Salomone: previo il riconoscimento della CHIESA ROMANA l'ORDINE ottenne successivamente la stesura di una propria REGOLA che ne informò tutto lo slancio religioso e militante.
L'ORDINE DEL TEMIPO (ORDINE DEI CAVALIERI TEMPLARI) creò poi, tra Francia e Piemonte, un vero potentato che istituì sui percorsi molte stazioni di ristoro ove, dietro versamento di un obolo, potessero riposare pellegrini, viaggiatori e commercianti.
Tra Piemonte, Francia e Liguria occidentale sopravvive il ricordo di un priorato templare a Sospeil, di una base a Tenda e poi di un Ospedale del Tempio sulla costa intemelia che, come si evince dai notai duecenteschi, era preposto al ricovero dei viandanti prima che si imbarcassero per la Palestina od i Santuari delle Spagne (non eran rade le occasioni in cui, dietro un compenso pattuito con un atto legale, uno o più monaci templari si impegnassero a scortare gruppetti di viaggiatori se non, addirittura, a condurli -sempre ben protetti- sulla flotta che allestirono nelle spedizioni in Terrsanta).
I Templari, oltre ad essere frati guerrieri, a combattere gli Arabi ed a proteggere seppur dietro compenso i "Pellegrini del Sacro", gestivano un pò ovunque, sia sui percorsi per le SPAGNE che per la TERRASANTA , dei ricoveri per viandanti , degli OSPEDALI in cui tuttavia oltre che il riposo ed il conforto del cibo ai viandanti, sempre dopo pagamento, mettevano a disposizione le loro conoscenze in campo medico .
Alcuni fra loro avevano rafforzato queste competenze soprattutto con la frequentazione di quei medici arabo-egiziani che avevano tratto la loro formazione dai testi greci.
Dalla medicina e dalla scienza degli Arabi i Cavalieri del Tempio avevano per esempio ricavato nozioni che li avevano avvicinati all'ALCHIMIA, facendoli ritenere anche praticanti di magia, ed alla MEDICINA divenendo in particolare i principali "commercianti" della MUMMIA la fondamentale sostanza ricavata dai resti delle mummie egizie e cui per secoli fu attribuita una notevole capacità terapeutica in varie patologie (la ricerca che condussero sulla misteriosa pianta officinale del SILFIO e l'introduzione in Europa come profilattico e strumento terapeutico del dscusso BAGNO TERMALE per un verso fecero riconoscere loro meriti non comuni ma contribuirono a diffondere la leggenda della loro pratica con forze spirituali di natura magica e pagana)
Questi frati guerrieri raggiunsero presto grande potenza per il loro ruolo di "guardiani delle vie di mare e terra"; anche se non mancarono casi in cui un esasperato giudizio di potere li indusse a far uso indiscriminato delle armi (così per esempio, poco dopo la metà del XIII secolo, un Templare di nome Raimondo Galliano, in un eccesso di violenza ferì a morte in Ventimiglia tale Guglielmo da Voltri = cart.56, not.di Amandolesio).
Nell'articolo sul giornale on line Ventimiglia.biz Sergio Pallanca (Pietre che parlano: i templari a Ventimiglia
19 - settembre - 20119 riporta in modo più completo la vicenda che -nel contesto proposto- assumerebbe una valenza politica seppur anche di eccessi comportamentali = scrive infatti l'autore "..Sempre dalla biblioteca Reale del Belgio un documento datato l’anno 1257, relaziona di un fatto di sangue accaduto in Ventimiglia per mano del Cavaliere Templare Raimondo Galliana, non è chiaro se appartenente alla Domus di Ventimiglia o alla Precettoria di Seborga.
Raimondo Galliana, nato in Castelvetro Piacentino, rientrato ferito dalla Terra Santa, divenne Maestro nel 1240 e fu Precettore di S. Margherita in Fiorenzuola d’Arda dal 1241 al 1244.
Nel 1251 lasciò Fiorenzuola e venne trasferito a Santo Stefano d’Aveto e da qui a Torriglia da cui dipendevano le Mansioni collocate nell’Alta Valle dello Scrivia, quelle della Val Trebbia e Gattorna, fondata dai Cistercensi.
Ecco quindi che il Maestro Galliana, inviato a Seborga nel 1256 per volere del Gran Maestro Tommaso Berard, aveva il compito di salvaguardare il territorio spettante al convento di San Michele, che Genova cercava di assoggettare, e di imporre il rispetto confinario al rappresentante della serenissima, Guglielmo Boccanegra, Capitano del Popolo in Ventimiglia, descritto quale uomo rude, ignorante e fanatico ghibellino.
Il Galliana si oppone con fermezza ai vari tentativi di usurpazione terriera del Capitano di Genova e, ligio al suo compito resta ben presto inviso ai genovesi della Rocca (il castello costruito dai Genovesi nel 1222 a dominare su Ventimiglia dall’alto di quello che oggi è chiamato Monte delle Monache).
Provocato da Gugliemo da Voltri, soldato presso la Rocca, nella primavera del 1257, con un fendente di spada il Galliana ferisce alla testa e alla mascella il soldato genovese che poco dopo muore.
Interviene il Capitano Boccanegra che a nome della Serenissima ordina l’arresto del Templare, ma il Galliana si oppone alla punizione dichiarandosi esente da ogni giurisdizione civile ( I Templari erano sotto la diretta giurisdizione del Papa).
Si ricorre allora al Vescovo di Ventimiglia, Azzo Visconti di Milano, fervido oppositore della politica ghibellina genovese che, con lettera al Capitano e al Senato di Genova, si dichiara offeso nella dignità pastorale: “non essere io né custode né guardiano di un templare o chicchessia”.
Il Galliana resta impunito e di tutto ne dà sentenza lo stesso Vescovo il 9 ottobre 1527.
Lo stesso giorno, richiamato in Seborga presso il Capitolo, il Maestro Templare subisce un processo dall’Ordine in cui viene privato degli onori della Maestranza e svestito della Mantella di Cavaliere.
Non dobbiamo dimenticare che se i Templari erano monaci armati erano autorizzati ad usare le armi solo contro gli Infedeli e contro gli animasli feroci ma solo a scopo di difesa.
Trasferito a Nizza Marittima, dopo una penitenza di tre anni in cui è semplice inserviente per avere agito contro la Regola, è riconsacrato Cavaliere.
Viene quindi inviato nella Precettoria ospitaliera di S. Maria, al Passo delle Finestre, a nord dell’attuale Parco francese del Mercantour.
Non si ha notizia se il Galliana fosse ancora là nell’Anno del Signore 1307, anno in cui i Legisti di Filippo il Bello, Re di Francia e Vescovo di Parigi, guidati dalla Curia di Nizza massacrarono tutti i Cavalieri presenti nella Precettoria di Santa Maria delle Finestre.."
Proteggendo i viandanti, facendosi pagare l'ospitalità o combattendo in Terrasanta i Templari erano soprattutto divenuti ricchissimi: nel 1244 questi cavalieri franco - provenzali di nobile origine, che indossavano una livrea bianca ed un candido mantello ornati da una croce vermiglia, si erano distinti a Gaza combattendo i musulmani: al loro servizio stavano scudieri non nobili, riconoscibili dalla dotazione militare (armamenti di cuoio e lancia) oltre per il caratteristico mantello bianco e gli stendardi da battaglia che ostentavano nelle parate militari.
Guglielmo Bonanato, sposo di Benvenuta, conservava nella sua casa di Dolceacqua tale strumentazione, il mantello, la lancia ed armi da taglio proprie degli scudieri (not. di Amandolesio, doc. 233, del 3-V-1260): potrebbe non significare alcunchè la "fiala d' olio" che era in casa sua ma il "lebète" dice qualcosa di più interessante. Si trattava infatti di un oggetto di tradizione greco-romana (piuttosto raro e pregiato nell'Occidente medievale) che poteva servire per lavori domestici come riscaldare l' acqua o cuocere vivande : era stato usato anche per abluzioni votive nei templi pagani ed in antico rientrava tra i premi pattuiti per i vincitori dei giochi olimpici, vista la preziosità artistica di alcuni esemplari. La tipologia dell'apparecchio e la poliedricità degli usi appartenevano dunque ad una tecnologia sofisticata di cui nell'Europa Occidentale si era già persa memoria ed infatti nella casa di Guglielmo e Benvenuta esisteva anche un comunissimo "paiolo", rozzo corrispondente occidentale di questo strumento ellenistico: l'evidenza che fu data dal notaio al "lebéte" sembrerebbe da connettersi proprio alla sua rarità, come avvenne, in parecchie altre documentazioni, per altri utensili orientali rapiti dai Templari e dai loro scudieri-servitori, in modo particolare durante il saccheggio di Gaza.
I Turchi del Kwaresmi , respinti dall'Asia centrale ad opera delle tribù mongoliche, eran passati al soldo del Sultano egizio e per lui eran riusciti a rioccupare Gerusalemme, già liberata dai Cristiani. Le truppe egiziane e coresmie avevano inflitto nei pressi della città di Gaza una bruciante sconfitta ad un esercito franco; solo i cavalieri del Tempio scamparono alla disfatta ed acquisirono gran meriti per aver salvato molti Crociati in rotta, così da tornare in Europa fra gli onori e sprattutto colle grandi ricchezze rapite all'Oriente proprio dopo il saccheggio di Gaza.
Col passar del tempo i CAVALIERI DEL TEMPIO acquistarono vieppiù forza e prestigio in Europa, specie in Spagna, Francia e Italia Nord-occidentale: le rovine della loro roccaforte a Ponferreda (Leòn, metà XII secolo, con varie ricostruzioni ed ampliamenti) restano l'attuale testimonianza di un enorme successo socio-economico.
L'influenza acquisita anche sulla Corte francese suscitò però i sospetti del Sovrano Filippo IV il Bello che fece arrestare tutti i Templari del suo tempo.
Con l'appoggio del Pontefice avignonese Clemente V (1305-14), cui aveva ispirato la
BOLLA DI SOPPRESSIONE DELL'ORDINE DEI TEMPLARI.
Nel CONCILIO (1311-12) [consulta qui il testo completo] tenuto a VIENNE (città che aveva conservato anche nell'età di mezzo la rilevanza che aveva avuto ai tempi di Roma e che tuttora attestano alcuni monumenti) si dettarono poi le norme di soppressione dei Templari e con 7 successive Bolle si stabilirono i dettami delle persecuzioni individuali, della soppressione dei Priorati ed in particolare dell'assimilazione dei beni dell'Ordine che, per quanto destinati ufficialmente ai Gioanniti, finirono in gran parte nel Tesoro dei Re. Il Concilio durò tuttavia oltre il preventivato per il fatto che fra il Clero avignonese, benché asservito alla corte, erano sorti in istruttoria aspri contrasti sulla liceità dell'operazione e sulla presunta falsità delle accuse mosse ai Templari: non è infatti casuale come, nonostante le pretese di Filippo IV, il Concilio abbia poi abolito l'Ordine solo con un atto amministrativo e non con una condanna ufficiale. Il rallentamento della pratica inquisitoriale fece sì che parecchi Templari riuscissero ad evadere dal territorio francese, rifugiandosi in Paesi confinanti: sarebbe interessante, in un lavoro specifico, recuperare la maggior quantità di notizie possibili sui movimenti di monaci Templari nel periodo compreso fra il 1310 ed il 1315 lungo i tragitti che dalla Provenza portavano alla Padania ed alla Savoia (si vedano comunque ALBERTI, Storia di Sospello..., cit.,p.599 e Saggio Storico intorno ai Templari del Piemonte in Ozi Letterari, Torino, Stamperia Reale, 1791, III, p.109, M.BRION, La Provence, pp.144 sgg. e H.FERRAND-P.GUITON, La Route des Alpes Françaises, passim in Les Beaux Pays, Paris-Grenoble, ed.Atrhaud, 1954).
Filippo IV comunque sulla scia delle conclusioni conciliari e della soppressione dell'ordine per infamia ed eresia ebbe facile gioco, nel suo regno, a perseguire i Templari che non avevano potuto o voluto fuggire: così contro tanti di questi monaci guerrieri, tra cui il loro maestro generale, accusati di empietà e peccati contro natura, furono intentati terribili processi, ispirati alle norme più severe del diritto intermedio in cui dopo una confessione estorta con la tortura inquisitoriale venivano pronunciate le condanne che, dopo aver ordinato l'alienazione di tutti i beni dei rei, condannavano quasi sempre questi sciagurati alla morte sul rogo.
BOLLA DI SOPPRESSIONE DELL'ORDINE DEI TEMPLARI: [INDICE:
Clemente vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetuo ricordo dell'avvenimento. Già dalla nostra elevazione al sommo pontificato, anche prima che ci recassimo a Lione dove abbiamo ricevuto la nostra incoronazione; e poi dopo, sia lì che altrove, qualche relazione fattaci in segreto ci informava che il maestro, i priori, ed altri frati dell' Ordine della milizia del Tempio di Gerusalemme, ed anche l'Ordine stesso - essi che erano stati posti nelle terre d'oltremare proprio a difesa del patrimonio di Nostro Signore Gesù Cristo, e come speciali e principali difensori della fede cattolica e della Terra Santa, sembravano curare più d'ogni altro tutto ciò che riguarda la stessa Terra Santa, per cui la sacrosanta chiesa Romana, trattando gli stessi frati e l'ordine con una particolare benevolenza, li ha armati col segno della croce
1-PROLUSIONE DELLA BOLLA PAPALE
2-LE VOCI SULL'INFAMIA DEI CAVALIERI TEMPLARI: L'INCREDULITA' DEL PONTEFICE
3-LE VOCI SUI PECCATI DEI TEMPLARI CONFERMATE DAL RE DI FRANCIA E DAI GRANDI DEL REGNO (LE DELAZIONI)
4-L'INDAGINE, L'INVESTIGAZIONE E L'INQUISIZIONE VOLUTE DAL PONTEFICE SULL'ONDA DELLO SDEGNO UNIVERSALE
5-INTERROGATORI - INQUISIZIONI: LA PRIMA FASE PROCEDURALE
6-DIRETTO INTERVENTO DEL PONTEFICE: SUO PERSONALE COINVOLGIMENTO NELL'INDAGINE
7-ULTERIORI INVESTIGAZIONI AFFIDATE AI CARDINALI BERENGARIO DEI SS. NEREO ED ACHILLEO, STEFANO DI S. CIRIACO ALLE TERME, TANDULFO DI SANT'ANGELO
8-CONFESSIONE DEI PECCATI AD OPERA DEL MAESTRO GENERALE DELL'ORDINE, DEL VISITATORE DI FRANCIA, DEI PRIORI MAGGIORI DELL'ORDINE DEI TEMPLARI
9-DATA LA GRAVITA' DEI PECCATI NECESSARIA ESTENSIONE DI INDAGINE A TUTTI I MEMBRI DELL'ORDINE
10-ESAME DELLE CONFESSIONI E DELLA DOCUMENTAZIONE RACCOLTA SULLA DEGENERAZIONE DELL'ORDINE
11-CONTROVERSIE TRA I PADRI CONCILIARI SULLE PENE DA COMMINARE
12-LA SENTENZA: LA SOPPRESSIONE DELL'ORDINE, LA DISPERSIONE DEI SUOI MEMBRI E DEI SUOI BENI, LA SUA PERENNE IMPROPONIBILITA'
13-AUTORIZZAZIONE PAPALE A PROCEDERE, PER SINGOLI E SPECIFICI CRIMINI, CONTRO LA PERSONA DEI SINGOLI TEMPLARI AD OPERA DI DIVERSI VESCOVI DIOCESANI E DEI PERTINENTI CONCILI PROVINCIALI]
Si è udita, nell'alto, una voce di lamento, di pianto e di lutto.
Poiché è venuto il tempo nel quale il Signore si lamenta per bocca del profeta: Questa casa si è trasformata per me in causa di furore e di indignazione, e sarà tolta via dal mio cospetto per la malvagità dei suoi figli, perché essi mi provocarono all'ira, rivolgendomi le spalle, non la faccia, e collocando i loro idoli nella mia casa, nella quale è stato invocato il mio nome, per contaminarla. Costruirono alture in nome di Baal, per iniziare e consacrare i loro figli agli idoli e ai demoni.
Hanno peccato gravemente come nei giorni di Gabaa.
All'udire questa voce orrenda, e per l'orrore di tanta ignominia, - chi intese mai, infatti, una tale cosa? chi vide mai una cosa simile ? - caddi nell'udirla, mi rattristai nel vederla, il mio cuore si amareggiò, e le tenebre mi fecero rimanere stupefatto . Infatti la voce del popolo (sale) dalla città, la voce (esce) dal tempio, (è) la voce del Signore che rende la mercede al suoi nemici.
E il profeta è costretto ad esclamare: Da' ad essi, Signore, un seno senza figli, e mammelle senza latte.
La loro malizia si è resa manifesta per la loro perdizione.
Scacciali dalla tua casa, e si secchi la loro radice; non portino frutto; non sia più, questa casa, casa di amarezza, e spina di dolore.
Non è poca, infatti, la sua infedeltà: essa che immola i suoi figli e li da e li consacra ai demoni e non a Dio, a dei che essi ignoravano.
Quindi questa casa sarà abbandonata e oggetto di vergogna, maledetta e deserta, sconvolta, ridotta in polvere, ultimo deserto, senza vie, arido per l'ira di Dio, che ha disprezzato.
Non sia abitata, ma venga ridotta in solitudine; tutti si meraviglino di essa e fischino con disprezzo sulle sue piaghe.
Dio, infatti, non ha scelto la gente per il luogo, ma il luogo per la gente.
Quindi il luogo stesso del tempio partecipa dei mali del popolo: cosa che il Signore disse chiaramente a Salomone, quando questi gli edificò il tempio, e fu riempito dalla sapienza come da un fiume: Se i vostri figli si allontaneranno da me, non seguendomi e non onorandomi, ma andando dietro e onorando gli dei degli altri, e adorandoli, li scaccerò dalla mia faccia, e li allontanero dalla terra che diedi loro, rigetterò dal mio cospetto il tempio che resi santo col mio nome, e sarà portato di bocca in bocca, e diventerà l'esempio e la favola dei popoli. Tutti i passanti, vedendolo, si meraviglierannoo, e fischieranno, e diranno: Perché il Signore ha trattato così questo tempio e questa casa?.
E risponderanno: Perché si sono allontanati dal Signore, loro Dio, che li ha comprati e riscattati, ed hanno seguito Baal ed altri dei e li hanno onorati e adorati. Per questo il Signore ha fatto sì che accadesse loro questa grande disgrazia.
E poiché non era verosimile e sembrava incredibile che uomini tanto religiosi, i quali avevano sparso spesso il loro sangue per il nome di Cristo, e che esponevano frequentemente le loro persone ai pericoli mortali e che mostravano grandi segni di devozione sia nei divini uffici, quanto nei digiuni e in altre pratiche di devozione, fossero poi così incuranti della propria salvezza, da perpetrare tali enormità - specie se si considera che quest'ordine ha avuto un inizio buono e santo e il favore dell'approvazione dalla sede apostolica, e che la sua regola, perché santa, degna e giusta, ha meritato di essere approvata dalla stessa sede - non volevamo prestare orecchio a queste insinuazioni e delazioni, ammaestrati dagli esempi del Signore stesso e dalle dottrine della sacra scrittura.
Ma poi il nostro carissimo figlio in Cristo Filippo, illustre re dei Francesi, cui erano stati rivelati gli stessi delitti, non per febbre di avarizia - non aveva, infatti, alcuna intenzione di rivendicare o di appropriarsi dei beni dei Templari; nel suo regno, anzi, li trascurò tenendosi del tutto lontano da questo affare - ma acceso dallo zelo della vera fede, seguendo le orme illustri dei suoi progenitori, volendo istruirci ed informarci a questo riguardo, ci ha fatto pervenire per mezzo di ambasciatori o di lettere, molte e gravi informazioni.
Le voci infamanti contro i Templari ed il loro ordine si facevano sempre più consistenti e persino un soldato dello stesso Ordine, appartenente all'alta nobiltà, che godeva nell ' ordine di non poca stima, depose dinanzi a noi, segretamente e sotto giuramento, che egli, quando fu ammesso nell'
Ordine, per suggerimento di chi lo ammetteva, e alla presenza di alcuni altri Templari, aveva negato Cristo ed aveva sputato sulla Croce che gli veniva mostrata da colui che lo riceveva nell'Ordine.
Egli disse anche di aver visto il maestro dei Templari (che ancora vive) ricevere nello stesso Ordine d'oltremare un soldato allo stesso modo, cioè col rinnegamento di Cristo e con lo sputare sulla Croce alla presenza di ben duecento frati dello stesso ordine, e di aver sentito che si diceva esser quello il modo normale osservato nell'ammettere i frati dello stesso Ordine: cioè che, dietro suggerimento di chi riceveva o di un suo delegato a questa cerimonia, colui che veniva ammesso doveva negare Gesù Cristo, e sputare sulla Croce che gli veniva mostrata, come segno di disprezzo a Cristo crocifisso; e che sia chi ammetteva, sia chi veniva ammesso compiva altre azioni illecite e sconvenienti all'onestà cristiana, come egli stesso allora confessò dinanzi a noi.
Poiché, dunque, il dovere ci spingeva a questo nostro ufficio, non abbiamo potuto fare a meno di porgere ascolto a tanti e così grandi clamori.
Finalmente, la voce pubblica e la clamorosa denunzia del suddetto re, di duchi, conti, baroni ed altri nobili, del clero e del popolo del regno francese, che vengono alla nostra presenza proprio a questo scopo, sia personalmente che per mezzo di procuratori o di rappresentanti, ha fatto giungere alle nostre orecchie - lo diciamo con dolore - che il maestro, i priori ed altri frati di quest'Ordine, e l'Ordine stesso, in sè erano coinvolti in questi ed in altri crimini, e che ciò è provato da molte confessioni, attestazioni e deposizioni dello stesso maestro, del visitatore di Francia e di molti priori e frati dell' Ordine davanti a molti prelati e all'inquisitore per l'eresia- deposizioni fatte e ricevute nel regno di Francia previo interessamento dell'autorità apostolica, redatte in pubblici documenti, e mostrate a noi e ai nostri fratelli.
Inoltre, questa fama e queste voci clamorose erano divenute così insistenti, ed avevano lasciato chiaramente capire, contro l' Ordine stesso e contro i singoli membri, che la cosa non poteva ormai esser più oltre trascurata senza grave scandalo e tollerata senza imminente pericolo per la fede, noi, seguendo le orme di colui, di cui, benché indegni, facciamo le veci, qui in terra, abbiamo creduto bene dover procedere ad una inchiesta.
Abbiamo, quindi, fatto venire alla nostra presenza molti priori, sacerdoti, soldati, ed altri frati di quest' Ordine di non poca fama; abbiamo fatto prestar loro giuramento, li abbiamo scongiurati pressantemente per il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, invocando il divino giudizio, che in virtù di santa obbedienza - dato che si trovavano ora in luogo sicuro ed adatto, dove non c' era assolutamente nulla da temere, nonostante le confessioni fatte da essi dinanzi ad altri, per le quali noi non volevamo che ne derivasse qualche danno a coloro che le avevano fatte - dicessero sulla questione accennata la pura e semplice verità.
Li abbiamo quindi interrogati su questo argomento e ne abbiamo esaminati settantadue.
Ci assistevano con attenzione molti dei nostri fratelli cardinali; abbiamo fatto redigere in documento autentico le loro confessioni per mano di un notaio alla presenza nostra e dei nostri fratelli, e poi, dopo qualche giorno, le abbiamo fatte leggere alla loro presenza in Concistoro, e le abbiamo fatte esporre nella lingua volgare, a ciascuno di essi, che confermandole espressamente e spontaneamente le approvarono così come erano state recitate.
Dopo ciò, volendo indagare personalmente su questa questione col maestro generale, con il visitatore di Francia e con i principali priori dell' Ordine, ordinammo allo stesso maestro generale e al visitatore d'oltremare, e ai priori maggiori di Normandia, d'Aquitania e della provincia di Poitiers di presentarsi a noi che eravamo a Poitiers.
Molti, però, erano infermi [!], in quel tempo, e non potevano cavalcare, né esser condotti agevolmente alla nostra presenza.
Noi, allora, volendo conoscere la verità su tutto quanto e se fossero vere le loro confessioni e deposizioni, rese all'inquisitore per l'eresia nel suddetto regno di Francia, alla presenza di alcuni pubblici notai e di molte altre oneste persone, e presentate
a noi e ai cardinali dallo stesso Inquisitore, demmo l'incarico e ordinammo ai nostri diletti figli Berengario, allora cardinale del titolo dei SS. Nereo ed Achilleo, ora vescovo di Frascati, Stefano, cardinale del titolo di S. Ciriaco alle Terme, e Tandulfo cardinale del titolo di Sant'Angelo, della cui prudenza, esperienza e fedeltà, abbiamo illimitata fiducia, perché essi col suddetto maestro generale, col visitatore e coi priori
sia contro di essi e le singole persone dell'Ordine, sia contro l'Ordine in quanto tale, cercassero di scoprire la verità e di farci sapere quanto avessero trovato a questo riguardo e ci
riferissero e presentassero le loro confessioni e deposizioni, messe per iscritto, per mezzo di pubblico notaio, pronti a concedere allo stesso maestro, al visitatore e ai priori il beneficio dell'assoluzione dalla sentenza di scomunica, in cui avrebbero dovuto incorrere per i suddetti delitti se fossero risultati veri, qualora l'avessero chiesta umilmente e devotamente, come avrebbero dovuro.
I cardinali, recandosi personalmente dal maestro generale, dal visitatore e dai priori, esposero il motivo della loro venuta.
E poiché le persone di questi e degli altri Templari che si trovavano nel regno di Francia ci erano state presentate come persone che liberamente e senza timore di nessuno avrebbero manifestato pienamente e sinceramente la verità agli stessi cardinali, questi ingiunsero loro di far ciò in nome dell'autorità apostolica.
Allora il maestro generale, il visitatore e i priori della Normandia, d'oltremare, d'Aquitania, della provincia di Poitiers, alla presenza dei tre cardinali, di quattro pubblici notai, e di molte altre persone degne di rispetto, prestato giuramento sui santi Evangeli, che, sull'argomento in questione avrebbero detto la pura e completa verità, alla loro presenza, uno per uno, liberamente, spontaneamente, senza alcuna costrizione o terrore, fecero la loro deposizione, e fra le altre cose confessarono di aver negato Cristo e di aver sputato sulla Croce, quando furono ricevati nell'ordine di Templari; e alcuni di essi confessarono anche di aver ricevuto molti frati nella stessa forma, esigendo, cioè, che si negasse Cristo e si sputasse sulla Croce.
Alcuni di essi hanno confessato anche altri fatti orribili e vergognosi, che al presente taciamo.
Dissero anche e confessarono che quanto era contenuto nelle confessioni e deposizioni da loro fatte dinanzi all 'inquisitore suddetto, era vero.
Queste confessioni e deposizioni del maestro generale, del visitatore e dei priori, redatte in pubblico documento da quattro notai pubblici, alla presenza dello stesso maestro, visitatore e priori e di altre persone degne di fede, e solo dopo aver lasciato trascorrere lo spazio di alcuni giorni, furono lette agli stessi, per ordine e alla presenza dei cardinali, ed inoltre tradotte a ciascuno di essi nella propria lingua.
Essi le riconobbero per proprie ed espressamente e spontaneamente le approvarono, così com'erano state recitate.
Da queste confessioni e deposizioni, essi in ginocchio e con le mani congiunte, umilmente, devotte effusione di lacrime, chiesero ai cardinali l'assoluzione dalla scomunica, nella quale erano incorsi per i delitti predetti.
I cardinali, poiché la Chiesa non chiude mai il suo grembo a chi ritorna, appena il maestro, il visitatore e i priori ebbero abiurato l'eresia, concessero ad essi per nostra autorità, e nella forma consueta della chiesa, il beneficio dell'assoluzione; quindi, tornando alla nostra presenza, ci presentarono le confessioni e le deposizioni del maestro, del visitatore e dei priori, redatte in pubblico documento, da persone pubbliche, com'è stato detto, e ci riferirono quello che avevano fatto coi suddetti maestro, visitatore e priori.
Da queste confessioni e deposizioni trovammo che spesso il maestro, il visitatore della Terra d'oltremare e questi priori della Normandia, dell 'Aquitania e della regione di Poitiers, anche se alcuni maggiormente ed altri meno, avevano mancato gravemente.
E considerando che delitti così orrendi non avrebbero potuto né dovuto esser lasciati impuniti, senza far ingiuria a Dio onnipotente e a tutti i cattolici , chiesto consiglio al nostri fratelli cardinali, pensammo che si dovesse fare un'inchiesta per mezzo degli ordinari locali e di altre persone fedeli e sagge, da deputarsi a ciò, sui singoli membri dello stesso ordine, e sull'ordine come tale, per mezzo di inquisitori appositamente deputati.
Dopo di ciò, sia gli ordinari che quelli da noi deputati contro i singoli membri dell'ordine e gli inquisitori per l'Ordine nel suo insieme hanno svolto indagini in ogni parte del mondo e le hanno infine rimesse al nostro esame.
Di esse parte furono lette con ogni diligenza ed esaminate con cura da noi in persona e dai nostri fratelli cardinali di Santa Romana Chiesa, le altre, da molti uomini coltissimi, prudenti fedeli, col santo timore di Dio nel cuore, zelanti della fede cattolica, e pratici, sia prelati che non prelati, presso Malaucene, nella diocesi di Vaison.
Dopo ciò, giunti a Vienne, essendo già presenti moltissimi patriarchi, arcivescovi, vescovi eletti, abati, esenti e non esenti, ed altri prelati, ed inoltre procuratori di prelati assenti e di capitoli, ivi radunati per il concilio da noi convocato, Noi, dopo la prima sessione tenuta con i predetti cardinali, prelati, procuratori, in cui credemmo bene esporre loro le cause della convocazione del concilio, poiché era difficile, anzi impossibile che i cardinali e tutti i prelati e procuratori, convenuti nel presente concilio, potessero raccogliersi alla nostra presenza per trattare sul modo di procedere riguardo al problema dei frati del predetto Ordine per nostro ordine dal numero complessivo dei prelati e dei procuratori presenti al concilio, furono scelti concordemente alcuni patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati, esenti e non esenti, ed altri prelati e procuratori di ogni parte della cristianità, di qualsiasi lingua, nazione, regione, tra i più esperti, discreti, adatti a dare un consiglio in tale e così importante questione e a trattare con noi e con i suddetti cardinali
un fatto così importante.
Quindi abbiamo fatto leggere attentamente, dinanzi ai prelati e ai procuratori, per più giorni, finché essi vollero ascoltare, le attestazioni raccolte di cui abbiamo parlato,
riguardanti l'inchiesta sull'Ordine predetto, nella sede del concilio, cioé nella chiesa cattedrale; e in seguito queste stesse attestazioni e i riassunti che ne sono stati fatti sono state viste, lette attentamente ed esaminate da molti venerabili cardinali, dal patriarca di Aquileia, da arcivescovi e vescovi presenti al concilio, scelti e destinati a ciò da quelli che erano stati eletti del concilio con grande diligenza e sollecitudine.
A questi cardinali, pertanto, patriarchi, arcivescovi, vescovi, abati, esenti e non esenti, agli altri prelati e procuratori, eletti proprio per questa questione, quando furono alla nostra presenza fu da noi rivolto il quesito in segreto, come si dovesse procedere in tale problema, tanto più che alcuni Templari si offrivano a difendere il loro Ordine.
Alla maggior parte dei cardinali e quasi a tutto il concilio, a quelli cioè che, come abbiamo detto, erano stati eletti dal concilio, e per questa questione rappresentano il concilio intero, insomma alla grande maggioranza, circa quattro quinti di quelli che si trovavano al concilio da ciascuna nazione, sembrò indubitato - e i prelati in questione e i procuratori diedero in tal senso il loro parere - che si dovesse concedere a quell' Ordine il diritto di difesa, e che esso, sulla base di ciò che era stato provato fino a quel momento, non potesse esser condannato per quelle eresie a proposito delle quali erano state fatte le indagini contro di esso, senza offesa di Dio e oltraggio del diritto.
Alcuni, invece, dicevano che quei frati non dovevano essere ammessi a difendere l'Ordine, e che noi non dovevamo concedere ad essi (tale) facoltà.
Se, infatti, dicevano, si permettesse e si concedesse la difesa dell' Ordine, ne seguirebbe un pericolo per la questione stessa e non poco danno per l'aiuto alla Terra Santa. E aggiungevano molte altre ragioni.
Ora, è vero che dai processi svolti contro quest' Ordine, esso non può canonicamente esser dichiarato eretico con sentenza definitiva; ma lo stesso Ordine, a causa di quelle eresie che gli vengono attribuite ha conseguito una pessima fama.
Moltissimi suoi membri, tra cui il maestro generale, il visitatore di Francia e i priori più in vista, attraverso le
loro confessioni spontanee fatte a riguardo di queste eresie sono state convinti di errori e delitti e, inoltre, le confessioni predette rendono questo Ordine molto sospetto, e questa infamia e questa diffidenza lo rendono addirittura abominevole e odioso alla chiesa santa di Dio, ai suoi prelati, ai suoi re, ai principi cristiani e agli altri cattolici.
Inoltre, si può verisimilmente credere che da ora in poi non si troverebbe persona disposta ad entrare in quest' Ordine, e che quindi esso diverrebbe inutile alla Chiesa di Dio e al proseguimento dell'impresa della Terra Santa, al cui servizio era stato destinato.
Poiché dal rinvio della decisione, cioè dalla sistemazione di questa faccenda - alla cui definizione e promulgazione era stato da noi assegnato per i frati di quest'ordine un termine nel presente concilio - seguirebbe la totale perdita, distruzione e dilapidazione dei beni del Tempio, che da tempo sono stati offerti, legati, concessi dai fedeli di Cristo in aiuto della Terra Santa e per combattere i nemici della fede cristiana; considerato che secondo alcuni si deve promulgare subito la sentenza di condanna contro l'ordine dei Templari per i loro delitti, e secondo altri invece non si potrebbe sulla base dei processi già fatti contro lo stesso ordine, emettere sentenza di condanna, noi, dopo lunga e matura riflessione, avendo dinanzi agli occhi unicamente Dio e guardando solo all'utilità della Terra Santa, senza inclinare né a destra né a sinistra, abbiamo pensato bene doversi scegliere la via della decisione e della sistemazione, attraverso la quale saranno tolti gli scandali, saranno evitati i pericoli, e saranno conservati i beni in sussidio della Terra Santa.
L'infamia, il sospetto, le clamorose relazioni e le altre cose già dette, tutte a sfavore dell' Ordine, ed inoltre l'ammissione nascosta e clandestina dei frati dello stesso Ordine, la differenza di molti di quei frati dal comune comportamento, dal modo di vivere e dai costumi degli altri cristiani, - specie poi per il fatto che ammettendo nuovi membri li obbligavano a non rivelare il modo della loro ammissione, e a non uscire dall' Ordine-, inducono a presumere contro di loro.
Riflettendo, inoltre, che da tutto ciò è nato contro
quest' Ordine un grave scandalo, che difficilmente potrebbe esser messo a tacere se l'Ordine continuasse ad esistere e considerando i pericoli per la fede e per le anime, e gli orribili numerosi misfatti della maggior parte dei frati dello stesso ordine e molte altre giuste ragioni e cause ci siamo dovuti risolvere alle decisioni che seguono.
La maggior parte dei cardinali, e almeno quattro quinti di quelli che sono stati eletti da tutto il concilio ha ritenuto più conveniente, vantaggioso e utile per l'onore di Dio, per la conservazione della fede cristiana, per l'aiuto alla Terra Santa e per molte altre giuste ragioni che si seguisse piuttosto la via di un provvedimento della sede apostolica, sopprimendo l'Ordine e assegnando i beni all'uso cui erano destinati, provvedendo anche salutarmente alle persone dello stesso Ordine, che non quella del rispetto del diritto alla difesa, e della proroga di questa questione.
Anche in altri casi, pur senza colpa dei frati, la Chiesa Romana qualche volta ha soppresso Ordini di importanza assai maggiore per motivi senza paragone più modesti di quelli accennati, pertanto con amarezza e dolore, non con sentenza definitiva, ma con provvedimento apostolico, noi, con l'approvazione del Santo Concilio, SOPPRIMIAMO L'ORDINE DEI TEMPLARI, LA SUA REGOLA, IL SUO ABITO E IL SUO NOME, con decreto assoluto, perenne, proibendolo per sempre, e vietando severamente che qualcuno, in seguito, entri in esso, ne assuma l'abito, lo porti, e intenda comportarsi da Templare.
Se poi qualcuno facesse diversamente, incorra la sentenza di scomunica ipso facto.
Quanto alle persone e agli stessi beni, li riserviamo a disposizione nostra e della sede apostolica.
E ne disporremo, con la grazia divina, ad onore di Dio, ad esaltazione della fede cristiana e per il prospero stato della Terra Santa, prima della fine di questo concilio.
E proibiamo assolutamente che chiunque, di qualsiasi condizione o stato esso sia, si intrometta in qualsiasi modo in ciò che riguarda tali persone o tali beni, faccia, innovi, tenti qualche cosa che porti pregiudizio, in ciò, a quanto noi, conforme a quanto abbiamo detto, ordineremo o disporremo, e stabiliamo fin da questo momento che sarà senza alcun valore e del tutto vano, se qualcuno diversamente - consapevolmente o senza saperlo tenterà qualche cosa.
Con ciò, tuttavia, non vogliamo che si deroghi ai processi fatti o da farsi circa le SINGOLE PERSONE DEGLI STESSI TEMPLARI dai vescovi diocesani o dai concili provinciali, conforme a quanto noi abbiamo con altre disposizioni ordinato [punto di grande importanza in quanto si pone giuridicamente alla base delle persecuzioni individuali, dei procedimenti dei tribunali laici e finalmente della condanna a morte (specificatamente al rogo) dei singoli cavalieri del Tempio volta per volta perseguiti, arrestati, investigati e quindi condannati dai tribunali dello Stato francese].
Vienne, 22 marzo (1312), anno settimo del nostro pontificato" (testo ripreso dalla traduzione di Alberigo, pp.321-332).
Parigi, maggio 1307
La definitiva conclusione della crociata e la fine degli stati latini d'Oriente crea enormi problemi per gli ordini militari che tanto hanno dato alla causa. I Templari hanno acquistato, nonostante tutto, prestigio politico e diplomatico riconosciuto da tutti, le ricchezze che avevano permesso la lunga permanenza in terrasanta ora sono a loro completa disposizione in Europa. Lo stesso maestro Jacques de Molay ha lasciato la sede di Cipro per recarsi a Parigi, nel nuovo quartiere generale e decidere il da farsi, ma il ritorno definitivo dei monaci-cavalieri in Europa crea anche parecchi malumori. Quasi tutti i re europei hanno fatto spesso ricorso alle finanze Templari per le insaziabili esigenze di bilancio, la Chiesa di Roma , anche se da poco trasferita in Francia, ha timore per la sua potenza politica, il popolo li guarda sempre piu' con diffidenza: i Templari incominciano a fare paura a tanti. In questi anni la situazione economica della Francia e' molto delicata, il re Filippo IV , dopo aver tentato inutilmente di entrare nell'ordine dei Templari, non appare in grado di risollevare le ormai vuote casse dello Stato. Il popolo francese, stanco dei continui aumenti di tasse, incomincia a dare segnali di turbolenza assai pericolosi. Voci di un prestito fatto del tesoriere del Tempio senza autorizzazione di Molay contribuiscono a creare una situazione di tensione tra il re francese e il maestro dell'ordine. I Templari sono diventati scomodi per l'avido Filippo IV e per il suo potere politico. Alla corte del re l''occasione per colpire i monaci non tarda ad arrivare, da due anni un ex-Templare della Francia del sud, tale Esquiu de Floryan, racconta cose a suo dire terribili sul rito d'iniziazione dei monaci-soldati, parlando di oscure pratiche eretiche, idolatria e sodomia. Pochi in verita' credono a queste affermazioni molto gravi ma per il re questa opportunita' puo' aprire un'ottima strada per risolvere i suoi problemi. Sotto la sapiente regia dei suoi scaltri e fidati consiglieri la questione assume grande importanza per tutta Europa creando l'inevitabile intervento di papa Clemente V e la protesta degli ordini gerarchici del tempio a partire proprio dal maestro de Molay.
Castello di Chinon Francia, agosto 1308
I frati dell'ordine della milizia del Tempio, lupi nascosti sotto un aspetto da agnello e sotto l'abito dell'ordine, insultando in modo sciagurato la religione della nostra fede, sono accusati di rinnegare il Cristo, di sputare sulla croce, di lasciarsi andare ad atti osceni al momento dell'ammissione all'ordine: essi si impegnano con il voto che proferiscono, e senza timore di contravvenire alla legge umana, a darsi l'uno all'altro, senza rifiutarsi, se vengono richiesti....
Con queste parole il re Filippo IV ha giustificato l'arresto in massa, all'insaputa del papa, dei Templari nelle commende francesi avvenuto all'alba di un tenebroso venerdi 13 ottobre 1307. Quasi tutti i monaci sono stati imprigionati compreso il maestro Jacques de Molay che si trovava nella commenda di Parigi, tutti i beni dell'ordine confiscati compreso il tesoro e tutti i documenti. Le accuse sono pesanti ma quello che preoccupa e' il sospetto che si nasconde dietro a questa manovra del re: il desiderio di sopprimere l'ordine del Tempio. Incatenati, isolati dalla vita conventuale, torturati ecco quello che accade ai poveri monaci-cavalieri rinchiusi.
Nel castello di Chinon, sono rinchiusi i dignitari dell'ordine compreso de Molay, le loro condizioni fisiche precarie [per effetto delle torture inquisitoriali volute dal re di Francia] ne hanno impedito il trasferimento per essere interrogati direttamente da papa Clemente V.
Accompagnati dai piu' vicini consiglieri del re, di buon mattino, sono appunto giunti i cardinali inviati per raccogliere le loro confessioni estorte in forza dell'applicazione dei tormenti.
Parigi 18 marzo 1314
Le eresie e i peccati che ci vengono attribuiti non sono veri. La regola del tempio e' santa , giusta e cattolica. Sono degno della morte e mi offro di sopportarla, perche' prima ho confessato, per la paura delle torture, per le moine del papa e del re di Francia...: sono queste le espressioni di resistenza che l'ultimo maestro dei Templari Jacques de Molay, ritrattando la propria abiura, pronuncia dopo la condanna al rogo ad opera del re di Francia. Il concilio di Vienne ha avuto un peso fondamentale nella giustificazione di siffatta distruzione: in particolare tutta l'operazione persecutoria è stata sostenuta dalla soppressione dell'Ordine in forza della bolla papale nominata vox in excelso che apre la strada alla successiva ad providam con cui risulta sancito che tutti i beni dei Templari diventino proprieta' degli Ospedalieri.
Si può leggere qui il testo completo, tratto dall'originale versione latina, della severissima REGOLA PRIMITIVA DELL'ORDINE dei Cavalieri del Tempio (Cavalieri Templari).
Per vari aspetti la Regola Primitiva riprendeva la Regola Benedettina pugno da San Bernardo di Chiaravalle, il quel riprese come traccia la regola benedettina, inasprendole i già duri contenuti.
La Regola risulta composta da 72 articoli, di cui l' 1 - 10 sono dedicati all'aspetto monacale guerriero dell'Ordine.
La Regola ha subito poi diverse integrazioni e modifiche, l'ultima delle quali apportata sotto il pontificato di Bonifacio VIII.
Questa stesura della Regola comincia con la descrizione della presentazione al Concilio di Troyes nel 1118, con tutti i nome dei padri conciliari presenti.
"CONCILIO
REGOLA DEI POVERI COMMILITONI DI CRISTO E DEL TEMPIO DI SALOMONE
Il nostro (discorso) si dirige innanzitutto con fermezza a tutti coloro, che intendono rinunciare a seguire le proprie volontà, e desiderano con purezza di spirito militare per il sommo e vero Re, perché assumano l'armatura insigne dell'obbedienza, adempiendola con particolarissima cura, e la portino a perfezione con la perseveranza. Esortiamo dunque voi che fino a questo momento avete abbracciato la milizia secolare, nella quale Cristo non fu la causa, ma per solo umano favore, perché facciate parte di coloro che Dio ha eletto dalla massa di perdizione e per gratuita pietà riunì per la difesa della santa Chiesa, vi affrettiate ad associarvi perennemente. Ma innanzitutto, chiunque sei, o soldato di Cristo, che hai scelto tale santa conversazione, è necessario che usi una pura diligenza verso la tua professione e una ferma perseveranza; questa, che è conosciuta essere da Dio, tanto degna santa e sublime, meriterai di ottenere forte, tra i militanti, che diedero le loro anime per Cristo se con purezza e perseveranza sarà osservata. In questo è rifiorito e tornato a splendere l'ordine militare, che, abbandonato lo zelo per la giustizia, mirava a non difendere, come suo dovere, i poveri e le chiese, ma a spogliare, rubare e uccidere. Si vive bene dunque con noi, ai quali il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo inviò i suoi amici dalla santa città nelle terre di Francia e Borgogna, e non cessano per la nostra salvezza diffusione della vera fede di offrire le loro anime quale ostia gradita a Dio. Noi dunque con infinita gratitudine e fraterna pietà, convenuti, per le preghiere del maestro Ugo, nel quale la sopraddetta milizia ebbe inizio, per ispirazione dello Spirito Santo, dalle diverse zone della provincia ultramontana nella solennità di sant'Ilario, anno 1128 dell'incarnazione del Figlio di Dio, nono dall'inizio della sopraddetta milizia presso Troyes, sotto la guida di Dio, meritammo di ascoltare dalla bocca dello stesso maestro Ugone il modo e l'osservanza dell'ordine equestre secondo i singoli capitoli, e secondo la comprensione della nostra esigua scienza, ciò che a noi sembrava assurdo, e tutto ciò che nel presente concilio a noi non poteva essere a emoria riferito ho detto, non per leggerezza ma per saggezza affidammo per approvazione del comune capitolo in modo unanime alla provvidenza e alla discrezione del venerabile padre nostro Onorio, e dell'inclito patriarca di Gerusalemme Stefano, per sapienza necessità non ignari della religione orientale e neppure dei poveri commilitoni di Cristo benchè il massimo numero di padri religiosi presenti in quel concilio per divina ispirazione raccomandi l'autorità del nostro dettato, tuttavia non dobbiamo passare sotto silenzio i loro pareri e le vere sentenze, io Giovanni Michele, per ordine del concilio e del venerabile abate di Chiaravalle, al quale questo era affidato e dovuto, ho meritato per grazia divina di essere umile scrivano di questa pagina.
Nomi di padri presenti al concilio di Troyes:
Presente come primo fu il vescovo di Albano Matteo, legato per grazia di Dio dalla santa Chiesa di Roma, poi Rainaldo arcivescovo di Reims, terzo Enrico Arcivescovo di Sens, quindi i loro corepiscopi, Ranchedo vescovo di Carnotensis, Golseno Vescovo Soissons, il Vescovo di Parigi, il Vescovo di Troyes, il Presule di Orleansm il Vescovo di Auxerre, il Vescovo di Meaux, il Vescovo di Chalons, il Vescovo di Laon, il Vescovo di Beauvais, l'Abate di Vezzelay che non molto tempo dopo fu fatto Arcivescovo di Lione e legato della Santa Romana Chiesa, l'Abate cirstercense, l'Abate di Pontigny, l'Abate della Trois Fontain, l'Abate di S. Denise di Reims, l'Abate di S.Etienne di Dijon, l'Abate di Molesmes….., non mancò il soprannominato Abate Bernardo di Chiaravalle il cui parere i soprascritti spontaneamente approvavano, erano presenti anche il Maestro Alberico di Reims, e il Maestro Fulcherio e molti altri che sarebbe lungo enumerare, inoltre riguardo ai non elencati sembra giusto che siano messi in mezzo come amanti della verità. Il compagno Teobaldo, il compagno di Neverre e Andrea di Baundemant, così assistevano al concilio, con attentissima cura esaminavano ciò che era ottimo, temperavano ciò che a loro appariva assurdo. Lo stesso Maestro Ugo con i suoi discepoli espose ai soprannominati padri, secondo quanto ricordava, il modo e l'osservanza della esigua origine del suo ordine militare il quale prese inizio da colui che dice: "Io, il Principio, che a voi parlo",. Piacque al concilio che, esaminato diligentemente ivi il regolamento con l'aiuto e la correzione delle Scritture, nonché con il suggerimento del Papa dei Romani e del Patriarca dei Gerosolimitani, avuto pure l'assenso del capito dei poveri Cavalieri del Tempio, che è in Gerusalemme, fosse consegnato allo scritto, perché non fosse dimenticato, e indelebilmente fosse conservato: questo perché con retta via meritassero di pervenire degnamente al loro creatore, la cui dolcezza supera talmente il miele che a lui comparato è più amaro dell'assenzio, per il quale militano, e riposino dalla Milizia per gli infiniti secoli dei secoli.
Amen.
INIZIA LA REGOLA DEI POVERI COMMILITONI
DELLA SANTA CITTA'
I
Quale divino ufficio debbano udire
Voi che rinunciate alla propria volontà, e tutti gli altri che per la salvezza della anime con coi militano per un certo tempo, con cavalli e armi per il sommo re, abbiate cura di udire con pio e puro desiderio nella sua totalità Matutini e l'Integro Servizio, secondo l'istituzione canonica e la consuetudine dei dottori regolari della Santa Città.
Soprattutto da voi, venerabili fratelli, è dovuto il sommo grado, poiché disprezzata la luce di questa vita, e superata la preoccupazione dei vostri corpi, avete promesso di disprezzare il mondo incalzante per amore di Dio per sempre: rifocillati e saziati dal divino cibo, istituiti e confermati dai precetti del Signore, dopo la consumazione del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia preparato alla corona.
II
Dicano le preghiere del Signore, se non hanno potuto udire il servizio di Dio
Inoltre se un fratello lontano per caso per un impegno della cristianità orientale (e questo più spesso non dubitiamo sia avvenuto) non potesse udire per tale assenza il servizio di Dio: per Matutini dica tredici orazioni del Signore e per le singole ore, sette; per i Vespri, riteniamo se ne debbano dire nove, e questo lo affermiamo unanimemente a libera voce: Questi infatti impegnati così in un lavoro di preservazione, non possono accorrere nell'ora opportuna al Divino Ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora stabilita non trascurino quanto dovuto per istituzione.
III
Che cosa fare per i fratelli defunti
Quando uno dei fratelli professi sacrifica ciò che è impossibile strappare alla morte, che non risparmia nessuno, ciò che è impossibile strappare: ai cappellani e ai sacerdoti che con voi caritatevolmente e temporaneamente servono al Sommo Sacerdote comandiamo con carità di offrire per la sua anima a Cristo con purezza di spirito l'ufficio e la Messa solenne. I fratelli ivi presenti, che pernottano pregando per la salvezza del fratello defunto, dicano cento orazioni del Signore fino al settimo giorno per il fratello defunto: dal giorno in cui fu annunciata la morte del fratello, fino al predetto giorno, il numero centenario venga rispettato con fraterna osservanza nella sua integrità con divina e misericordiosa carità scongiuriamo, e con pastorale autorità, comandiamo, che ogni giorno, come al fratello si dava e si doveva nelle necessità così si dia ad un povero fino al quarantesimo giorno ciò che è necessario al sostentamento di questa vita, per quanto riguarda cibo e bevanda. Del tutto proibiamo ogni altra offerta, che nella morte dei fratelli, e nella solennità di Pasqua, inoltre nelle altre solennità, la spontanea povertà dei poveri commilitoni di Cristo era solita in modo esagerato dare al Signore.
IV
I cappellani abbiano soltanto vitto e vestito
Comandiamo che per comune accordo del capitolo le altre offerte e tutte le altre specie di elemosine, in qualunque modo siano, vengano date con attenta cura ai cappellani o gli altri che restano temporaneamente. Perciò i servitori della Chiesa abbiano soltanto vitto e vestito secondo l'autorità, e non pretendano di avere nulla di più, tranne che i maestri spontaneamente e caritatevolmente abbiano dato.
V
I soldati temporanei defunti
Vi sono tra di noi dei soldati che temporaneamente e misericordiosamente rimangono della casa di Dio, e Tempio di Salomone. Perciò con ineffabile supplica vi preghiamo, scongiuriamo, e anche con insistenza comandiamo, che nel frattanto la tremenda potestà avesse condotto qualcuno all'ultimo giorno, per amore di Dio, fraterna pietà, un povero abbia sette giorni di sostentamento per la sua anima.
VI
Nessun fratello professo faccia un'offerta
Abbiamo decretato, come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli professi presuma di trattare un'altra offerta: ma giorno e notte con cuore puro rimanga nella sua professione, perché sia in grado di eguagliare il più santo dei profeti in questo: prenderò il calice della salvezza, e nella mia morte imiterò la morte del Signore: poiché come Cristo diede la sua anima per me, così anche io sono pronto a dare l'anima per i fratelli,, ecco l'offerta giusta: ecco l'ostia viva gradita a Dio.
VII
Non esagerare nello stare in piedi
Abbiamo sentito con le nostre orecchie un teste sincerissimo, che voi assistete al divino ufficio stando costantemente in piedi: questo non comandiamo anzi vituperiamo: comandiamo che finito il salmo, "Venite esultiamo al Signore" con l'invitatorio e l'inno, tutti siedano tanto i forti quanto ai deboli, per evitare scandalo. Voi che siete presenti, terminato ogni salmo, nel dire "Gloria al Padre", con atteggiamento supplice alzatevi dai vostri scanni verso gli altari, per riverenza alla Santa Trinità ivi nominata, e insegnammo ai deboli il modo di chinarsi. Così anche nella proclamazione del Vangelo, e al "Te Deum laudamus", e durante tutte le Lodi, finché finito "Benediciamo il Signore", cessiamo di stare in piedi, comandiamo anche che la stessa regola sia tenuta nei Matutini di S. Maria.
VIII
Il riunirsi per il pasto
In un palazzo, ma sarebbe meglio dire refettorio, comunitariamente riteniamo che voi assumiate il cibo, dove, quando ci fosse una necessità, a causa della non conoscenza dei segni, sottovoce e privatamente è opportuno chiedere. Così in ogni momento le cose che vi sono necessario con ogni umiltà e soggezione di reverenza chiedete durante la mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane in silenzio. E il Salmista vi deve animare, quando dice: Ho posto un freno alla mia bocca, cioè ho deciso dentro di me, perché non venissi meno nella lingua cioè custodivo la mia bocca perché non parlassi malamente.
IX
La lettura
Nel pranzo e nella cena sempre si faccia una santa lettura. Se amiamo il signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole salutifere e i suoi precetti. Il lettore vi intima il silenzio.
X
Uso della carne
Nella settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, o la Pasqua, o la festa di S. Maria, o di tutti i Santi, vi sia sufficiente mangiare tre volte la carne: l'abituale mangiare la carne va compresa quale grave corruzione del corpo. Se nel giorno di Marte cadesse il digiuno, per cui l'uso della carne è proibito, il giorno dopo sia dato a voi più abbondantemente. Nel giorno del Signore appare senza dubbio, opportuno dare due portate a tutti i soldati professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione. Gli altri invece, cioè gli armigeri e gli aggregati, rimangono contenti di uno, ringraziando.
XI
Come debbono mangiare i soldati
E' opportuno generalmente che mangino due per due, perché l'uno sollecitamente provveda all'altro, affinché la durezza della vita, o una furtiva astinenza non si mescoli in ogni pranzo. Questo giudichiamo giustamente, che ogni soldato o fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente misura di vino.
XII
Negli altri giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi
Negli altri giorni cioè nella seconda e quarta feria nonché il sabato, riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di altri cibi, o che si dica companatici cotti: e così comandiamo che ci si comporti, perché chi non possa mangiare dell'uno sia rifocillato dall'altro.
XIII
Con quale cibo è necessario cibarsi nella feria sesta
Nella feria sesta riteniamo lodevole accontentarsi di prendere solamente un unico cibo quaresimale per riverenza alla passione, tenuto conto però della debolezza dei malati, a partire dalla festa dei santi fino a Pasqua, tranne che capiti il Natale del Signore o la festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si rifocillino due volte.
XIV
Dopo il pranzo sempre rendano grazie
Dopo il pranzo e la cena sempre nella chiesa, se è vicina, o, se così non è, nello stesso luogo, come conviene, comandiamo che con cuore umiliato immediatamente rendano grazie al sommo procuratore nostro: che è Cristo: messi in disparte in pani interi, si comanda di distribuire come dovuto per fraterna carità ai servi o ai poveri i resti.
XV
Il decimo del pane sia sempre dato all'elemosiniere
Benché il premio della povertà che è il regno dei cieli senza dubbio spetti ai poveri: a voi tuttavia, che la fede cristiano vi confessa indubitabilmente parte di quelli, comandiamo che il decimo di tutto il pane quotidianamente consegniate al vostro elemosiniere.
XVI
La colazione sia secondo il parere del maestro
Quando il sole abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il segnale, come è consuetudine di quella regione, è necessario che tutti voi vi rechiate a Compieta, ma prima desideriamo che assumiate un convivio generale. Questo convivio poniamo nella disposizione e nella discrezione del maestro, perché quando voglia sia composto di acqua; quando con benevolenza comanderà, di vino opportunamente diluito. Questo non è necessario che conduca a grande sazietà o avvenga nel lusso, ma si parco; infatti vediamo apostatare anche i sapienti.
XVII
Terminata la Compieta si conservi il silenzio
Finita la Compieta è necessario recarsi al giaciglio. Ai fratelli che escono da Compieta non venga data licenza di parlare in pubblico, se non per una necessità impellente; quanto sta per dire al suo scudiero sia detto sommessamente. Forse può capitare che in tale intervallo per voi che uscite da Compieta, per grandissima necessità di un affare militare, o dello stato della nostra casa, perché il giorno non è stato sufficiente, sia necessario che lo stesso maestro parli con una parte dei fratelli, oppure colui al quale è dovuto il comando della casa come maestro. Così questo comandiamo che avvenga; poiché è scritto: Nel molto parlare non sfuggirai al peccato. E altrove: La morte e la vita nelle mani della lingua. In questo colloquio proibiamo la scurrilità, le parole inutili e ciò che porta al riso: e a voi che vi recate a letto, se qualcuno ha detto qualcosa di stolto, comandiamo di dire l'orazione del Signore con umiltà e devota purezza.
XVIII
Gli stanchi non si alzino per i Matutini
Non approviamo che i soldati stanchi si alzino per i Matutini, come è a voi evidente: ma con l'approvazione del maestro, o di colui al quale fu conferito dal maestro, riteniamo unanimemente che essi debbano riposare e cantare le tredici orazioni costituite, in modo che la loro mente concordi con la voce secondo quanto detto dal profeta: Salmeggiate al Signore con sapienza: e ancora: al cospetto degli angeli salmeggerò a te. Ma questo deve dipendere dal consiglio del maestro.
XIX
Sia conservata comunità di vitto tra i fratelli
Si legge nella pagina Divina: Si divideva ai singoli, come era necessario per ciascuno. Perciò non diciamo che vi sia accezione di persone ma vi deve essere considerazione delle malattie. Quando uno ha meno bisogno, ringrazi Dio, e non si rattristi: colui che ha bisogno si umili per l'infermità, non si innalzi per la misericordia, e così tutte le membra saranno in pace. Ma questo proibiamo ché a nessuno sia lecito abbracciare una astinenza fuori posto, ma conducano una vita comune costantemente.
XX
Qualità e stile del vestito
Comandiamo che i vestiti siano sempre di un unico colore, ad esempio bianchi, o neri, o, per così dire, bigi. A tutti i soldati professi in inverno e in estate, se è possibile, concediamo vesti bianche, cosicché coloro che avranno posposto una vita tenebrosa, riconoscano di doversi riconciliare con il loro Creatore, mediante una vita trasparente e bianca. Che cosa di bianco, se non l'integra castità? La castità è sicurezza della mente, e sanità del corpo. Infatti ogni militare, se non avrà preservato nella castità, non potrà raggiungere la pace perpetua e vedere Dio; come attesta l'apostolo San Paolo: Seguiamo la pace con tutti e la castità, senza cui nessuno vedrà il Signore. Ma perché una sia di questo stile deve essere privo della nota arroganza e del superfluo; comandiamo a tutti che abbiano tali cose affinché ciascuno da solo sia capace senza clamore di vestirsi e svestirsi, mettersi i calzari e levarseli. Il procuratore di questo ministero con vigile cura sia attento nell'evitare questo, coloro che ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i vecchi, da riporre in camera, o dove il fratello ci spetta il compito avesse deciso, perché possano servire agli scudieri o agli aggregati, oppure ai poveri.
XXI
I servi non portino vesti bianche, cioè pallii
Decisamente disapproviamo quanto era nella casa di Dio e del tempio dei suoi soldati, senza discrezione e decisione del comune capitolo, e comandiamo, che venga radicalmente eliminato quasi fosse un vizio proprio. I servi e gli scudieri portavano una volta vestiti bianchi, donde derivavano danni. Sorsero infatti in zone ultra montane alcuni falsi fratelli, sposati, ed altri, che dissero di appartenere al Tempio, mentre sono del mondo. Costoro procurarono tante ingiurie e tanti danni all'ordine militare, e gli aggregati presuntuosi come professi insuperbendo fecero nascere numerosi scandali. Portino quindi sempre vestiti neri: nel caso in cui questi non possano essere trovati, abbiano quelli che si possano trovare nella provincia in cui abitano, o quanto può essere avvicinato alla più semplice di un unico colore, cioè bigio.
XXII
I soldati professi portino solo vestiti bianchi
A nessuno è concesso portare tuniche candide, o avere pallii bianchi, se non ai nominati soldati.
XXIII
Si usino solo pelli di agnelli
Abbiamo deciso di comune accordo, che nessun fratello professo abbia pelli di lunga durata perenne o pelliccia o qualcosa di simile, e che serva al corpo, anche per coprirlo se non di agnelli o arieti.
XXIV
I vecchi vestiti siano dati agli scudieri
Il procuratore o datore dei vestiti con ogni attenzione dia i vecchi abiti sempre agli scudieri e agli aggregati, e talvolta ai poveri, agendo con fedeltà ed equità.
XXV
Chi brama le cose migliori abbia le peggiori
Se un fratello professo, o perché gli è dovuto o perché mosso da superbia volesse abiti belli o ottimi, meriterebbe per tale presunzione senza dubbio quelli più umili.
XXVI
Sia rispettata la qualità e la quantità dei vestiti
E' necessario osservare la quantità secondo la grandezza dei corpi e la larghezza dei vestiti: colui che consegna gli abiti sia in questo attento.
XXVII
Colui che consegna i vestiti conservi innanzitutto l'uguaglianza
Il procuratore con fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu detto, con la stessa attenzione, perché l'occhio dei sussurratori o dei calunniatori non presuma di notare alcunché: e in tutte queste cose, umilmente mediti la ricompensa di Dio.
XXVIII
L'inutilità dei capelli
Tutti i fratelli, soprattutto i professi, è bene che portino capelli in modo che possano essere considerati regolari davanti e dietro e ordinati; e nella barba e nei baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non si mostri o superficialità o il vizio della frivolezza.
XXIX
Circa gli speroni e le collane
Chiaramente gli speroni e le collane sono una questione gentilizia. E poiché questo è riconosciuto abominevole da tutti, proibiamo e rifiutiamo l'autorizzazione a possederli, anzi vogliamo che non ci siano. A coloro che prestano servizio a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane, né capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di vestiti, anzi del tutto proibiamo. A coloro che servono al sommo creatore è sommamente necessaria la mondezza interna ed esterna, come egli stesso attesta, dicendo: Siate mondi, perché Io sono mondo.
XXX
Numero dei cavalli e degli scudieri
A ciascun soldato è lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà della casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di aumentare oltre, se non per licenza del maestro.
XXXI
Nessuno ferisca uno scudiero che serve gratuitamente
Concediamo ai singoli militari per la stessa ragione un solo scudiero. Ma se gratuitamente e caritatevolmente quello scudiero appartiene a un soldato, a costui non è lecito flagellarlo, e neppure percuoterlo per qualsiasi colpa.
XXXII
In che modo siano ricevuti coloro che restano a tempo
Comandiamo a tutti i soldati che desiderano servire a tempo a Gesù Cristo con purezza d'animo nella stessa casa, di comprare fedelmente cavalli idonei in questo impegno quotidiano, e armi e quanto è necessario. Abbiamo anche giudicato, tutto considerato, che sia cosa buona e utile valutare i cavalli. Si conservi perciò il prezzo per iscritto perché non venga dimenticato: quanto sarà necessario al soldato, o ai suoi cavalli, o allo scudiero, aggiunti i ferri dei cavalli secondo la facoltà della casa, sia acquistato dalla stessa casa con fraterna carità. Se frattanto il soldato per qualche evento perdesse i suoi cavalli in questo servizio; il maestro per quanto può la casa, ne procurerà altri. Al giungere del momento di rimpatriare, lo stesso soldato conceda la metà del prezzo per amore divino, e se a lui piace, riceva l'altra dalla comunità dei fratelli.
XXXIII
Nessuno agisca secondo la propria volontà
E' conveniente a questi soldati, che stimano niente di più caro loro di Cristo, che per il servizio, secondo il quale sono professi, e per la gloria della somma beatitudine, o il timore della geenna, prestino continuamente obbedienza al maestro. Occorre quindi che immediatamente, se qualcosa sia stato comandato dal maestro, o da colui al quale è stato dato mandato dal maestro, senza indugio, come fosse divinamente comandato, nel fare non conoscano indugio. Di questi tali la stessa verità dice: Per l'ascolto dell'orecchio mi ha obbedito.
XXXIV
Se è lecito andare senza comando del maestro in un luogo isolato
Scongiuriamo, e fermamente loro comandiamo, che i generosi soldati che hanno rinunciato alla propria volontà, e quanti sono aggregati, senza la licenza del maestro, o di colui cui fu conferito, di non permettersi di andare in un luogo isolato, eccetto di notte al sepolcro, in armi, e sorvegliare, poiché l'astuto nemico colpisce di giorno e di notte, o a quei luoghi che sono inclusi nelle mura della santa città.
XXXV
Se è lecito camminare da soli
Coloro che viaggiano, non ardiscano iniziare un viaggio né di giorno né di notte, senza un custode, cioè un soldato o un fratello professo. Infatti dopo che furono ospitati nella milizia, nessun militare, o scudiero o altro, si permetta di andare per vedere negli atri degli altri militari, o per parlare con qualcuno, senza permesso, come fu detto sopra. Perciò affermiamo saggiamente, che in tale casa ordinata da Dio, nessuno secondo il suo possesso svolga il proprio servizio o riposi; ma secondo il comando del maestro ciascuno agisca così che imiti la sentenza del Signore, con cui ha detto: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma di Colui che mi ha mandato.
XXXVI
Nessuno chieda singolarmente ciò che è a lui necessario
Comandiamo, che sia scritta tra le altre come propria questa consuetudine e posta ogni attenzione confermiamo perché si eviti di cercare il vizio. Nessun fratello professo, deve chiedere che gli sia assegnato personalmente un cavallo o una cavalcatura o delle armi. In che modo? Se la sua malattia, o la debolezza dei sui cavalli, o la scarsezza delle sue armi, fosse riconosciuta tale, che avanzare così sia un danno comune: si rechi dal maestro, o da colui chi è dovuto il ministero dopo il maestro, e gli esponga la causa con sincerità e purezza: infatti la cosa va risolta nella decisione del maestro, o del suo procuratore.
XXXVII
I morsi e gli speroni
Non vogliamo che mai oro o argento che sono ricchezze particolari appaiano nei morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun fratello professo acquistarli. Se per caso tali vecchi strumenti fossero stati dati in dono, l'oro o l'argento siano colorati in modo che il colore o il decoro non appaia arroganza in mezzo agli altri. Se fossero stati dati nuovi, il maestro faccia ciò che vuole di queste cose.
XXXVIII
Sulle aste e sugli scudi non venga posta una copertura
Non si abbia una copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi questo non è proficuo, anzi dannoso.
XXXIX
L'autorizzazione del maestro
Al maestro è lecito dare cavalli o armi a chiunque, o a chi ritiene opportuno qualunque altra cosa.
XL
Sacco e baule
Non sono permessi sacco e baule con il lucchetto: così siano presentati, perché non si posseggano senza il permesso del maestro, o di colui a cui furono affidati i compiti della casa e i compiti in sua vece. Da questa norma sono esclusi i procuratori e coloro che abitano in provincie diverse, e neppure è inteso lo stesso maestro.
XLI
L'autorizzazione scritta
In nessun modo a un fratello sia lecito ricevere, o dare, dai propri parenti, né qualsiasi uomo, né dall'uno all'altro, senza il permesso del maestro o del procuratore. Dopo che un fratello avrà avuto licenza, alla presenza del maestro, se così a lui piace, siano registrati. Nel caso che dai parenti sia indirizzato a lui qualcosa, non si permetta riceverla, se prima non è stato segnalato al maestro. In questa norma non sono inclusi il maestro e i procuratori della casa.
XLII
La confessione delle proprie colpe
Poiché ogni parola oziosa si sa che genera il peccato, che cosa essi diranno ostentatamente riguardo alle proprie colpe davanti al severo giudice. Dice bene il profeta che se occorre astenersi dai buoni discorsi per il silenzio, quanto più occorre astenersi dalle cattive parole per la penda del peccato. Vietiamo quindi che un fratello professo osi ricordare con un suo fratello, o con qualcun altro, per meglio dire, le stoltezze, che nel secolo nel servizio militare compì in modo enorme, e i piaceri della carne con sciaguratissime donne, o qualsiasi altra cosa: e se per caso avesse sentito qualcuno che riferisce tali cose, lo faccia tacere, o appena può si allontani per obbedienza, e al venditore d'olio non offra il cuore.
XLIII
Questua e accettazione
Se a un fratello fosse stata data qualcosa senza averla chiesta, la consegni al maestro o all'economo: se un altro suo amico o parente non volesse che fosse usata se non da lui, questa non riceva fino a quando abbia il permesso del maestro. Colui al quale sarà stata data la cosa, non dispiaccia che venga data ad un altro: sappia per certo, che se si arrabbiasse per questo, agisce contro Dio. Nella sopraddetta regola non sono contenuti gli amministratori ai quali in modo speciale è affidato e concesso il ministero riguardo al sacco e al baule.
XLIV
I sacchi per il cibo sui cavalli
E' utile a tutti che questo ordine da noi stabilito sia rispettato senza eccezioni. Nessun fratello presuma di confezionare sacchi per il cibo di lino o di lana, preparati con troppa cura: non ne abbia se non di panno grezzo.
XLV
Nessuno osi cambiare o domandare
Nessuno presuma di cambiare le sue cose, fratello con il fratello, senza l'autorizzazione del maestro, e chiedere qualcosa, se non fratello al fratello, purché la cosa sia piccola, vile, non grande.
XLVI
Nessuno catturi un uccello con un uccello, neppure proceda con il richiamo
Noi giudichiamo con sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con un uccello. Non conviene infatti aderire alla religione conservando i piaceri mondani, ma ascoltare volentieri i comandamenti del Signore, frequentemente applicarsi alle preghiere, confessare a Dio i propri peccati con lacrime e gemito quotidianamente nella preghiera. Nessun fratello professo per questa causa principale presuma di accompagnarsi con un uomo che opera con il falco o con qualche altro uccello.
XLVII
Nessuno colpisca una fiera con l'arco o la balestra
E' conveniente camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza ridere, umilmente, non pronunciando molte parole, ma ragionando, e non con voce troppo elevata. Specialmente imponiamo e comandiamo ad ogni fratello professo di non osare entrare in un bosco con arco o balestra o lanciare dardi: non vada con colui che fece tali cose se non per poterlo salvare da uno sciagurato pagano: né osi gridare con un cane né garrire; né spinga il suo cavallo per la bramosia di catturare la fiera.
XLVIII
Il leone sia sempre colpito
Infatti è certo, che a voi fu specialmente affidato il compito di offrire la vita per i vostri fratelli, e eliminare dalla terra gli increduli, che sempre minacciano il Figlio della Vergine. Del leone questo leggiamo, perché egli circuisce cercando chi divorare, e le sue mani contro tutti, e le mani di tutti contro lui.
XLIX
Ascoltate il giudizio riguardo a quanto è chiesto su di voi
Sappiamo che i persecutori della Santa Chiesa sono senza numero, e si affrettano incessantemente e sempre più crudelmente ad inquietare coloro che non amano le contese. In questo si tenga la sentenza del Concilio fatta con serena considerazione, che se qualcuno nelle parti della regione orientale, o in qualunque altro luogo chiedesse qualcosa su di voi, a voi comandiamo di ascoltare il giudizio emesso da giudici fedeli e amanti del vero; e ciò che sarà giusto, comandiamo che voi compiate senza esitazione.
L
In ogni cosa sia tenuta questa regola
Questa stessa regola comandiamo che venga tenuta per sempre in tutte le cose che immeritatamente sono state a voi tolte.
LI
Quando è lecito a tutti i militari professi avere una terra e degli uomini
Crediamo che per divina provvidenza nei santi luoghi prese inizio da voi questo genere nuovo di religione che cioè alla religione sia unita la milizia e così per la religione proceda armata mediante la milizia, o senza colpa colpisca il nemico. Giustamente quindi giudichiamo, poiché siamo chiamati soldati del Tempio che voi stessi per l'insigne e speciale merito di probità abbiate casa, terra, uomini, contadini e giustamente li governate: e a voi è dovuto in modo particolare quanto stabilito.
LII
Ai malati sia dedicata un'attenzione particolare
Ai fratelli che stanno male occorre prestare una cura attentissima, come si servisse a Cristo in loro: il detto evangelico, sono stato infermo e mi visitaste sia attentamente ricordato. Costoro vanno sopportati pazientemente, perché mediante loro senza dubbio si acquista una retribuzione superiore.
LIII
Agli infermi sia sempre dato ciò che è necessario
Agli assistenti degli infermi comandiamo con ogni osservanza e attenta cura, che quanto è necessario per le diverse malattie, fedelmente e diligentemente, secondo le possibilità della casa sia loro amministrato, ad esempio, carne e volatili ed altro, fino quando siano restituiti alla sanità.
LIV
Nessuno provochi l'altro all'ira
Massima attenzione va posta perché qualcuno non presuma di provocare l'altro all'ira: infatti la somma clemenza della vicina divina fraternità congiunse tanto i poveri quanto i potenti.
LV
In che modo siano accolti i fratelli sposati
Permettiamo a voi di accogliere i fratelli sposati in questo modo, se chiedono il beneficio e la partecipazione della vostra fraternità, entrambi concedano una parte della loro sostanza e quanto avessero ad acquistare lo diano all'unità del comune capitolo dopo la loro morte, e frattanto conducano una vita onesta, e si studino di agire bene verso i fratelli, ma non portino la veste candida e il mantello bianco. Se il marito fosse morto prima, lasci la sua parte ai fratelli: la moglie ricavi il sostegno della vita dall'altra parte. Consideriamo infatti questo ingiusto che fratelli di questo tipo risiedano nella stessa casa dei fratelli che hanno promesso la castità a Dio.
LVI
Non si abbiano più sorelle
Riunire ancora sorelle è pericoloso: l'antico nemico a causa della compagnia femminile cacciò molti dalla retta via del paradiso. Perciò, fratelli carissimi, perché sempre tra voi sia visibile il fiore dell'integrità, non è lecito mantenere ancora questa consuetudine.
LVII
I fratelli del Tempio non abbiano parte con gli scomunicati
Questo, fratelli è da evitare e da temere, che qualcuno dei soldati di Cristo in qualche modo si unisca ad una persona scomunicata singolarmente e pubblicamente, o presuma di ricevere le sue cose, perché la scomunica non sia simile al marantha (vieni Signore). Ma se fosse soltanto interdetto, non sarà fuori posto avere parte con lui, e ricevere caritatevolmente le sue cose.
LVIII
In che modo vanno ricevuti i soldati secolari
Se un soldato dalla massa della perdizione, o un altro secolare, volendo rinunziare al mondo, volesse scegliere la nostra comunione e vita, non si dia a lui subito l'assenso, ma secondo la parola di Paolo, provate gli spiriti se sono da Dio così a lui sia concesso l'ingresso. Si legga dunque la Regola in sua presenza: e se costui ottempererà diligentemente ai comandi di questa esimia Regola, allora se al maestro e ai fratelli sarà piaciuto riceverlo, convocati i fratelli esponga con purezza d'animo a tutti il suo desiderio e la sua richiesta. In seguito il termine della prova dipenda in tutto dalla considerazione e dalla decisione del maestro, secondo l'onestà di vita del richiedente.
LIX
Non siano chiamati tutti i fratelli al consiglio privato
Comandiamo che non sempre siano convocati al consiglio tutti i fratelli, ma solo quelli che il maestro avrà ritenuto idonei e provvidenziali per il consiglio. Quando volesse trattare le questioni maggiori, quale dare la terra comune, o discutere dell'Ordine stesso, o ricevere un fratello: allora è opportuno convocare tutta la congregazione, se così ritiene il maestro; udito il parere di tutto il capitolo, quanto di meglio e di più utile il maestro avrà ritenuto opportuno, questo si faccia.
LX
Devono pregare in silenzio
Comandiamo con parere concorde che, come avrà richiesto la propensione dell'anima e del corpo, i fratelli preghino in piedi o seduti: tuttavia con massima riverenza con semplicità, senza chiasso, perché uno non disturbi l'altro.
XI
Ricevere la fede dei serventi
Abbiamo saputo che molti da diverse province, tanto aggregati, quanto scudieri desiderano vincolarsi nella nostra casa a tempo con animo fervoroso per la salvezza delle anime. E' utile che riceviate la fede loro, affinché per caso l'antico nemico non intimi loro nel servizio di Dio alcunché furtivamente o indecentemente, o li distolga improvvisamente dal buon proposito.
LXII
I fanciulli, fin quando sono piccoli, non siano ricevuti tra i fratelli del Tempio
Quantunque la Regola dei Santi Padri permetta di avere dei fanciulli in una congregazione, noi non riteniamo di dover caricare voi di tale peso. Chi volesse dare in perpetuo suo figlio, o un suo congiunto, nella religione militare: lo nutra fino agli anni, in cui virilmente con mano armata possa eliminare dalla Terra Santa i nemici di Cristo: in seguito secondo la Regola il padre o i genitori lo pongano in mezzo ai fratelli, e rendano nota la sua richiesta. E' meglio nella fanciullezza non giurare, piuttosto che diventato uomo ritirarsi in modo clamoroso.
LXIII
Sempre i vecchi siano venerati
E' bene che i vecchi con pia considerazione, secondo la debolezza delle forze siano sopportati e diligentemente onorati: i nessun modo si usi severità in quanto la tolleranza è necessaria per il corpo, salva tuttavia l'autorità della Regola.
LXIV
I fratelli che partono per diverse province
I fratelli che si incamminano per diverse province, per quanto lo permettano le forze, si impegnino a osservare la Regola nel cibo e nella bevanda e nelle altre cose, e vivano in modo irreprensibile, perché abbiano buona testimonianza da coloro che stanno fuori: non macchino il proposito di religione né con parola né con atto, ma soprattutto a coloro, con i quali si sono incontrati, offrano esempio e sostanza di sapienza e di buone opere. Colui presso il quale avranno deciso di alloggiare, abbia buona fama: e, se è possibile, la casa dell'ospite in quella notte non manchi della candela, affinché il nemico tenebroso non procuri la morte, Dio non voglia. Quando avranno sentito di riunire soldati non scomunicati, diciamo che colà devono andare non preoccupandosi di una utilità temporale, quanto piuttosto della salvezza eterna delle loro anime. Ai fratelli diretti nelle zone aldilà del mare con la speranza di essere trasportati, raccomandiamo di ricevere con questa convenzione coloro che avessero voluto unirsi in perpetuo all'Ordine militare: entrambi si presentino al Vescovo di quella provincia e il presule ascolti la volontà di colui che chiede. Ascoltata la richiesta, il fratello lo invii al maestro e ai fratelli che si trovano nel Tempio che è in Gerusalemme: e se la sua vita è onesta e degna di tale appartenenza, misericordiosamente sia accolto, se questo sembra bene al maestro e ai fratelli. Se nel frattempo morisse, a causa del lavoro e della fatica, come a un fratello, a lui sia riconosciuto tutto il beneficio e la fraternità dei poveri e dei commilitoni di Cristo.
LXV
A tutti sia distribuito in modo uguale il vitto
Riteniamo anche che questo in modo congruo e ragionevole sia rispettato, che a tutti i fratelli professi sia dato cibo in eguale misura secondo la possibilità del luogo: non è infatti utile l'accezione delle persone, ma è necessario considerare le indisposizioni.
LXVI
I soldati abbiano le decime del Tempio
Crediamo che avendo abbandonato le ricchezze a voi donate abbiate ad essere soggetti alla spontanea povertà, per cui in questo modo abbiamo dimostrato in quale modo spettino a voi che vivete in vita comune le decime. Se il Vescovo della chiesa, al quale è dovuta giustamente la decima, avrà voluto darla a voi caritatevolmente: deve dare a voi le decime che allora la Chiesa sembra possedere con il consenso del capitolo comune. Se un laico dovesse impossessarsi di essa (decima) o sottrarla dal suo patrimonio in modo condannabile, e confessando la propria colpa avrà voluto lasciare a voi la stessa: secondo la discrezione di colui che presiede questo può essere fatto, senza il consenso del capitolo.
LXVII
Le colpe leggere e gravi
Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o altrimenti, egli stesso confessi al maestro il suo peccato con l'impegno della soddisfazione. Per le cose lievi, se non esiste una consuetudine, ci sia una lieve penitenza. Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta attraverso un altro, sia sottoposto a una disciplina e ad una riparazione maggiore e più evidente.
Se la colpa sarà grave, si allontani dalla familiarità dei fratelli, né mangi con loro alla stessa mensa, ma da solo assuma il pasto. Il tutto dipenda dalla decisione e dall'indicazione del maestro, affinché sia salvo nel giorno del giudizio.
LXVIII
Per quale colpa il fratello non sia più accolto
Soprattutto occorre provvedere che, nessun fratello, sia potente o impotente, forte o debole, voglia esaltarsi e poco a poco insuperbire, difendere la propria colpa, possa rimanere indisciplinato: ma, se non avrà voluto correggersi, a lui venga data una correzione più severa. Che se non avrà voluto correggersi con pie ammonizioni e per le preghiere a lui innalzate, ma si sarà innalzato sempre più nella superbia: allora secondo l'apostolo, sia sradicato dal pio gregge: togliete il male da voi: è necessario che la pecora malata sia allontanata dalla società dei fratelli fedeli. Inoltre il maestro che deve tenere in mano il bastone e la verga (cioè il bastone, con cui sostenga le debolezze delle altre forze, la verga con cui colpisca con lo zelo della rettitudine i vizi di coloro che vengono meno) con il consiglio del Patriarca e con una considerazione spirituale sul da farsi affinché, come dice il beato Massimo, la più libera clemenza non approvi l'arroganza del peccatore, né l'esagerata severità non richiami dall'errore chi sbaglia.
LXIX
Dalla solennità di Pasqua fino a Tutti i Santi si possa soltanto portare una camicia di lino
Per il grande caldo della regione orientale, consideriamo compassionevolmente, che dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Tutti i Santi, si dia a ciascuno una unica camicia di lino, non per il dovuto, ma per sola grazia, e questo dico per chi vorrà usufruire di essa. Negli altri tempi generalmente tutti portino camicie di lana.
LXX
Quanti e quali panni siano necessari nel letto
Per coloro che dormono nei singoli letti riteniamo di comune consiglio, se non sopravviene qualche grave causa o necessità: ciascuno abbia biancheria secondo la discreta assegnazione del maestro: crediamo infatti che a ciascuno sia sufficiente un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui che manca di uno di questi, prenda una stuoia, e in ogni tempo sarà lecito usufruire di una coperta di lino, cioè un panno: dormano vestiti con la camicia, e sempre dormano indossando gli stivali. Mentre i fratelli dormono, fino al mattino non manchi la lucerna.
LXXI
Va evitata la mormorazione
Comandiamo a voi, per divino ammonimento di evitare, quasi peste da fuggire, le emulazioni, il livore, le mormorazioni, il sussurrare, le detrazioni. Si impegni ciascuno con animo vigile, a non incolpare o riprendere il suo fratello ma ricordi tra se la parola dell'apostolo: non essere un accusatore, né diffamatore del popolo. Quando qualcuno avrà conosciuto che un fratello ha peccato in qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il precetto del Signore, lo corregga tra sé e lui solo: e se non lo avrà ascoltato prenda un altro fratello: ma se avrà disprezzato entrambi, in riunione davanti al capitolo tutto sia rimproverato. Soffrono di grave cecità, coloro che calunniano gli altri; sono di grande infelicità coloro che non si guardano dal livore: da qui sono immersi nell'antica iniquità dell'astuto nemico.
LXXII
Si evitino i baci di tutte le donne
Riteniamo pericoloso per ogni religioso fissare lungamente il volto delle donne: perciò un fratello non osi baciare né una vedova, né una nubile, né la madre, né la sorella, né un'amica, né nessuna altra donna. Fugga dunque la milizia di Cristo i baci femminili, attraverso i quali gli uomini spesso sono in pericolo: così con coscienza pura e vita libera può perennemente conversare al cospetto del Signore".
L'attivita' in una Commanderie Templare (come quella di cui qui si disquisisce e cioè la Commanderies di Montsaunes nell’ Alta Garonna, Francia del sud , 1195 ) iniziava sul far del dì.
Le commanderies, erano una sorta di centri economico-rurali e culturali, dove l'operositàsi fonde sapientemente con la spiritualita'.
Vi si trovano la CASA cioè il CONVENTO e l’annessa CHIESA ma vi compaiono, conformemente alla tradizione monastica benedettina, stalle, mulini, forni, orti, scuderie, magazzini per la conservazione dei prodotti.
Nel caso, per esempio, di Montsaunes, non lungi dai Pirenei e in prossimità della via per Santiago de Compostela, i Cavalieri del Tempio risultavano dislocati in un’area assolutamente strategica.
La produzione del complesso monastico (nella cui gestione delle commanderie interagivano i monaci, impiegati secondo le loro attitudini e alla loro esperienza, e coloni esterni) espletava sia le funzioni di autosufficiente mantenimento dei residenti quanto la realizzazione di eccedenze da assegnare per i cavalieri di Terrasanta.
Le colture erano tradizionalmente di legumi e vite ma un ruolo significativo nel progresso economico era dato dall'allevamento del bestiame e dalla sua commercializzazione.
A siffatto genere di introiti si accompagnavano le riscossioni di decime (che al contrario i Templari non dovevano versare), altre forme di tasse ed ancora gli affitti di terreni lontani dati in gestione a coloni conductores che pagavano in denaro ed in prodotti della terra.
Dopo la fine della esperienza in Terrasanta con la caduta di San Giovanni d'Acri la città di Parigi finì per costituire il centro principale dell’Ordine Templare e soprattutto la sede del Maestro dell'Ordine del Tempio. L'attivita' finanziaria continua anche Fallita la missione d'Oltremare al pari di altri ordini monastici, che amministravano grandi fortune patrimoniali, anche i Templari concentrarono grandi energie nel dispiegamento di una consistente attività finanziaria.
Principale espressione di questo attivismo economico fu a Parigi il prestigioso Banco del Tempio (Domus templi) nei cui locali i Templari, soppesando rischi e servizi ad essi rapportati, curavano gli interessi di mercanti e borghesi di varia estrazione. L’ambiente del Banco era contraddistinto dalla presenza di sportelli dietro cui operavano una sorta di Templari-cassieri, che entro un un registro di cassa trascrivevano le varie operazioni effettuate. Queste erano caratterizzate da una accolta di fondi da gestire ma anche erogazioni di prestiti dietro garanzie date in pegno sotto forma da preziosi ma anche di bestiame, prodotti agricoli, schiavi.
I personaggi eminenti potevano usufruire presso i Templari di una sorta di prodotto finanziario d’avanguardia, equiparabile al moderno conto corrente sì che in qualsiasi momento il cliente era in grado di disporre dei propri averi con semplici lettere inviate al tesoriere del Banco del Tempio.
Il Banco tre volte all'anno indirizzava a questo genere di utenti privilegiati una sorta di estratto conto con il riepilogo delle operazioni: peraltro, con lo sviluppo di questa attività, si istituirono sedi bancarie decentrate e periferiche cui ci si poteva reacare per ottenere pure dei finanziamenti specializzati soprattutto per le categorie di artigiani e contadini che possono avere bisogno di anticipi. Adesso veniamo ai costi di questi servizi.
Attesa la varietà tipologica di monetazioni e valute il Templare-cassiere nel rendiconto di fine giornata doveva occuparsi della conversione di tutte le diverse monete entrate in quella locale cioè la lira parisis.
Occorre tuttavia sottolineare come l'attivita' finanziaria dei Templari fosse ramificata ben oltre la struttura del Banco: essa risultò, nel periodo di massimo splendore, caratterizzata pure da mansioni di esattoria, dal servizio di deposito del tesoro reale, dalla gestione dei fondi e patrimoni, da riscossioni di contratti privati, da molteplici forme di mediazioni, da finanziamenti di varie attività.
Come noto la permanenza degli stati europei in Terrasanta non significò solo costosa missione militare ma assume anche risvolti politici ed economici.
In particolare le Repubbliche Marinare italiane istituirono importanti basi sia basi per il commercio che per il trasporto di pellegrini verso l'Oriente
Contestualmente anche i Templari finirono con l’armare una propria flotta autonoma di cui restano alcuni nomi di nave:La buona ventura, La rosa del tempio, Il falco del tempio tanto per fare citazioni recuperate dai documenti superstiti.
Le navi dei Templari salpavano dai porti del Mediterraneo occidentale con i prodotti necessari, dal legname ai cavalli, dalle armi ai cereali necessari per la permanenza nelle Terre d’Oltremare.
Assieme a tutte queste merci viaggiavano però anche tanti pellegrini impazienti di visitare i Luoghi Santi.
I Cavalieri del tempio garantivano maggior sicurezza nel servizio di trasporto, essendo scortati per tutta la durata del viaggio ma godevano (giustamente) di una fama di efficienza e serietà che li rendeva particolarmente graditi ai viandanti imbarcatisi, sempre timorosi di qualche piratesco assalto e di un loro possibile commercio come schiavi al porto di sbarco.
I Cavalieri non erano peraltro esosi nell’offrire questi viaggi e ciò, gradualmente, fu alla radice di ripetuti contenziosi con armatori meno scrupolosi per cui la rotta verso Gerusalemme costituiva principalmente una facile fonte di guadagno.
Nel volume Le dossier de l'affaire des Templiers, pubblicato dalla edizioni G. Lizerand (Parigi, 1964, pp.26 - 29) sono riportate alcune testimonianze (chiaramente esorcizzate dalle terribili inquisizioni del re Filippo IV il Bello e quindi riprese nel contesto della Bolla papale di soppressione dell'Ordine dei Cavalieri del Tempio) sui presunti peccati mortali dei Templari e tra l'altro vi si legge:
"Numerosi testimoni forniscono argomenti intorno all ' errore dei Templari.
Quelli che sono ricevuti chiedono prima il pane e l'acqua dell'ordine, poi i1 comandante o il maestro che li riceve li guida in segreto dietro l'altare o in sacrestia o altrove e gli mostra la croce e l'immagine di nostro Signore Gesù Cristo e gli fa rinnegare per tre volte il profeta, cioè nostro Signor Gesù Cristo, e per tre volte sputare sulla croce; poi lo fa spogliare della sua veste e lo bacia all'estremità della schiena, sotto la cintura, poi all'ombelico, poi sulla bocca e gli dice che, se un fratello dell'ordine vuol giacere con lui carnalmente, deve sopportarlo perché lo deve e vi è tenuto, secondo la regola dell' ordine e che per questo molti fra di loro, sodomiticamente, giacciono l'uno con l'altro e ciascuno è cinto sotto la camicia da una cordicella che il fratello deve sempre portare su di sè per tutta la vita; e si sente dire che queste cordicelle sono state poste e avvolte al collo di un idolo che ha la forma di una testa d'uomo con una gran barba e che essi baciano e adorano questa testa nei loro capitoli provinciali; ma ciò non è noto a tutti i fratelli, eccezion fatta per il gran maestro e per gli anziani.
Inoltre, i preti del loro ordine non consacrano il corpo di Nostro Signore; e su ciò sara fatta un' inchiesta speciale concernente i preti dell 'ordine.
E i commissari devono inviare al re sotto il loro sigillo e sotto i sigilli dei commissari dell'inquisitore, al più presto possibile, le copie della deposizione di coloro che confesseranno i sopraddetti errori e soprattutto l'aver rinnegato Nostro Signor Gesù Cristo".