BORDIGHERA
(GLI ENIGMI DEL NOME)


Il toponimo, per quanto alterato, "BORDIGHERA" compare nel '200 in atti di notai.
Prima si trova Burdigheta, dalla pronuncia in dialetto Burdigea con esito gutturale.
Con tal nome, che ha alla base il termine burdiga, si indicava un "recinto di canne o giunchi in un canale o lacuna per la pesca" (significato simile del provenzale bordiga e del francese bordigue).
I fenomeni di impaludamento divennero una costante edievale con tutte le conseguenze negative implicite ed esplicite: in particolare molti di questi fenomeni erano causati dalla mancanza di un'organizzazione pubblica come quella romana che continuasse a provvedere tanto al ripascimento delle spiagge quanto alla costruzione di argini idonei per fiumi e corsi d'acqua.
Il peso della storica preoccupazione romana, di indubbia modernità, di salvaguardare campi e città da vari rischi, comprese le esondazioni di corsi d'acqua in epoche piovose od alluvionali, si nota con evidenza nel DIGESTO GIUSTINIANEO in particolare entro il LIBRO XLIII sotto il TITOLO (Dig. 43.15.0) De ripa munienda.
Fra i tanti TITOLI riservati a questo tipo di pubblica previdenza piace qui segnalare in traduzione quanto scrisse, poco oltre il punto prima segnato, il giurista Ulpiano (Dig.43.15.1.):"E' estremamente utile ristrutturare e fortificare periodicamente gli argini delle rive dei fiumi pubblici: e così al modo che un'ordinanza pretoria comandò la manutenzione delle pubbliche strade si dovette provvedere, con simile atto, ad imporre la manutenzione degli argini fluviali".
Con la caduta della romanità oltre alla perdita di adeguati sistemi stradali il Ponente ligustico, come quasi tutte le altre aree dell'ecumene cristiano, conobbero un evidente degrado per l'abbandono di queste pratiche di custodia ambientale: la stessa cosa avvenne per esempio nella vasta area intemelia detta dei PASCHEI ed ancora nella zona vallecrosina ove si pose rimedio solo tra XVIII e XIX secolo alle TRACIMAZIONI del TORRENTE NERVIA ed ai malarici impaludamenti che si formavano non lontano dal SITO dell'odierna CHIESA VALLECROSINA DI SAN ROCCO.
Il percorso che conduceva da BORDIGHERA a VENTIMIGLIA era peraltro spesso soggetto ai danni del mal tempo e risentiva, specie nei periodi piovosi, di tali forme di impaludamento da rendere impossibili i contatti tra zone tanto vicine: al punto che si dovettero revisionare, in merito anche al fondamentale CAPITOLO PRIMO, i regolamenti insiti nei CAPITOLI DEL MAGAZZINO DELL'ABBONDANZA ove gli abitanti di BORDIGHERA, come di altre ville, dovevano andare a rifornirsi per ragioni alimentari ma ove spesso non riuscivano ad arrivare per gli effetti del CATTIVO TEMPO che inibiva ogni contatto, anche a dorso di mulo.
E del resto la faticosa erezione del PONTE SUL ROIA, attraverso i secoli unico accesso visario per Ventimiglia, costituisce la prova eclatante delle difficoltà ambientali e dei capricci reitarati di un fiume ROIA sempre mal arginato.

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Tornando all'area bordigotta occorre dire che nel medioevo, senza escludere l'esistenza di un microvillaggio nell'interno, con tal nome si indicava non un borgo ma un'area specifica (quella pianeggiante ove sorge la moderna Bordighera) in cui operavano pescatori e traghettatori.
Nel '500, edificata la Bordighera medievale come ottava "villa" di Ventimiglia, gli scrivani elaborarono Burdighetta.
Dal '600 comparve poi la forma definitiva "Bordighera" .











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