cultura barocca
Informatizzazione di B. E. Durante

Francesco Angeloni nacque a Terni nel 1587 da Giovan Pietro Angeloni e Prantilla Pontani (moglie illegittima di Giovan Pietro): svolse gli studi a Perugia per poi recarsi a Roma al fmettersi al servizio allo scopo di servire quale segretario il cardinal Ippolito Aldobrandini destinato a diverire Papa con il nome di Clemente VIII : pontefice come qui si vede particolarmente attento alla valorizzazione del Clero e alla disciplina degli Studi Dopo la pubblicazione della "Relatione" fatta in omaggio al nuovo papa Paolo V, Angeloni fu fatto protonotario apostolico sì da assumere una funzione di rilievo presso la Curia Romana: in forza di simile titolatura venne infatti ascritto al collegio di undici notai destinati a registrare gli atti della sede apostolica.
A conclusione di una vita ulturalmente coperosa si spense nel 1652 e benché avesse lasciato disposizioni testamentarie onde venir inumato presso la chiesa di San Francesco di Paola (Roma) ai Monti nella cappella dedicata a Santa Caterina d'Alessandria e San Francesco d'Assisi (avendo ottenuto la concessione dei frati dell'Ordine dei Minimi, titolari della chiesa) ottenne l'estrema dimora nella chiesa romana di Sant'Andrea delle Fratte,
Fu soprattutgto un grande collezionista di materiale antico pur dilettandosi anche di storia locale: nel settore come detto del collezionismo antiquario contribuì decisamente alla formazione di Pietro Bellori destinato parimenti a divenir celebre antiquario e archeologio, ed il cardinale Camillo Massimo = intrattenne relazioni con vari illustri collezionisti e nella fattispecie mise a disposizione di Giovanni Battista Casali, storico e antiquario, parecchio materiale di cui lo stesso Casali parlò addirittura facendo riprodurre gli oggetti fattigli conoscere dall'Angeloni all'interno di un suo celebre volume su Roma Antica = in dettaglio il Casali studiava i vasi lustrali romani come questo che apparteneva al suo Museo ma in funzione di un controverso e annoso dibattito sulla reale tipologia dei vasi di cui ci si serviva specifiatamente nei sacrifici ebbe la buona sorte di esser soccorso dalla competenza dell'Angeloni che gli mostrò questo illuminante reperto appunto custodito nel di lui Museo.
Allorché redasse la Historia Augusta nel 1641 Angeloni fruì senza dubbio dei contributi culturali insiti nell'opera del francese e storico del suo tempo Tristan di Saint-Amant che aveva redatto opera analoga sotto titolo dei Commentaires historiques contenant l'histoire generale des empereurs, imperatrices, céesars, et tyrans de l'emprè romain, lavoro vasto che vide la luce per i torchi parigini nel 1635.
Nell' Historia Augusta Angeloni non mancò di fare appunti sia alla metododologia che ai contenuti dell'opera del del Saint-Amant che, morso da evidente risentimento ed innescata una polemica caratterizzata da diverse ed alternanti pubblicazioni di critica reciproca, gli scrisse in maschera, sotto pseudonimo di Pothe-Humont una lettera in cui, commentando un ritratto dell'Angeloni eseguito da Giovanni Angelo Canini dove l'Angeloni fu effigiato innanzi ad un tavolo apparecchiato, annotò sarcasticamente: Si è fatto ritrarre seduto per nascondere la mostruosa grossezza della pancia enfiata, come se avesse mangiato una bufala o un enorme bovino nutrito delle piante di Terni.
In effetti la tovaglia sul tavolo, secondo Pompeo De Angelis lo storico che meglio ha approfondita la figura dell'Angeloni [vedi Pompeo De Angelis, Francesco Angeloni ternano ed europeo, Terni 1997, prefazione di Gian Franco Ciaurro ed ancora Pompeo De Angelis, Francesco Angeloni nella cultura del Seicento - La vita e le opere di Francesco Angeloni ternano ed europeo, Terni, dal sito delle Edizioni Thyrus] ], sarebbe servita a nascondere una gotta alle gambe, indizio di golosità = era del resto cosa comune all'epoca ricorrere nel contesto di una disputa cresciuta d'intensità ricorrere, dietro l'apparente schermo dell'arguzia, e così nella disputa di Angelico Aprosio con Arcangela Tarabotti mentre la suora veneziana rimproverava al frate di esser predicatore delle glorie del vino, confessore dei bugiardi e mecenate degli ubriachi , questo come usò una figurazione decisamente volgare per definire quello che per lui era il vano parlare della Suora veneziana scrivendo [testo poi registrato nella sua "Biblioteca Aprosiana - Parte I" (repertorio del 1673) a p. 168, metà] = "...venne voglia ad Angelica Tarabotti di mettere in opera quello si vede delineato ... nell'Ode XII del Nebulo Nebulonum di Giovanni Flitnero... (cliccare sulle voci attive evidenziate con linea rossa per intendere) .
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