La Chiesa del primo settecento avverso superstizione e credenze popolari: il magistero di Padre Domenico Serio
Un'opera fondamentale per intendere la POSIZIONE DELLA CHIESA SETTECENTESCA avverso la SUPERSTIZIONE
e le varie MANIFESTAZIONI DI SACRILEGIO
L'OPERA scritta e pubblicata nel 1722 dal Padre Domenico Serio e di cui, qui di seguito, in merito ai CONTENUTI DELLA SEZIONE IV DELLA PARTE II si riproduce un'ampia sarcina, cui si fa premette per comodità il seguente:
[INDICE DEI TEMI TRATTATI]
______________________________
"Contro l'adorazione, oltre della SUPERSTIZIONE vi è il SACRILEGIO (parliamo di questo adesso, che della SUPERSTIZIONE ne favelleremo appresso trattando della seconda parte del precetto, di non adorare i falsi Dii).
Il SACRILEGIO è appo i teologi l'irriverenza, che si fa alle cose Sagre, che per essere cose di Dio, come a Lui consagrate, meriterebbono onore e riverenza.Sacrilegium est violatio rei sacrae.
Di tre maniere si può commettere il SACRILEGIO.
PRIMO quando si disonora Persona Sagra, comunque egli accada.
SECONDO quando si profana il luogo sagro.
TERZO quando si profanano le cose sagre.
Della PRIMA MANIERA si commette, percuotendo Persona Ecclesiastica, come Cherico, Monaco ecc., avendo copula, desiderio o cogitazione morosa con persona sagrata a Dio o per voto semplice o solenne.
Della SECONDA MANIERA aprendo violentemente Chiese o rovinando le muraglie, incendiandole, sfabbricando Altari, commettendovi omicidio, cagionandovi effusione di sangue o atto dissonesto, sepellendovi scommunicato notorio, violando l'immunità, rubandovi cosa sagra e profana, vendendovi o comperandovi, passeggiandovi, confabulandovi e spezialmente di cose oscene, con trastulli, con giuochi, con litigi e simili che si possono vedere nel Decreto di Gregorio X emanato nel Concilio di Lione capite Decet., de immunitate, in sexto oltre del Canone si quis causa XVII Canone Ecclesia quest. prima de Consecratione cap. proposuisti, ext. de consecr. Eccles. vel Altaris.
Della TERZA MANIERA si commette abusandosi di qualunque sorta di Sagramenti, amministrandoli o ricevendoli indegnamente; profanando i sagri, Calici, Pissidi, Patene, Corporali ecc., servendosi di quegli a uso profano, come bevendovi ecc. su di che vi è pena di degradazione per i Vescovi e Clerici e per i Secolari e Regolari Laici, pena di scomunica nel Can. LXXIII della settima Sinodo generale, azione VII e nel Can. secondo del Concilio Bracarense, toccando i medesimi Vasi sagri, prima di essere in sacris, senza licenza. Profanando, disprezzando reliquie di santi, di cristo, loro Immagini, e libri sagri, come si osserva nella Sinodo settima generale, della condanna fatta agl'Iconoclasti e Petrobusiani. Così ancora diciamo dei paramenti, vesti e altre suppellettili sagre, riducendogli a uso profano come ha stabilito la S. Sede nel Can. Aktaris, Nemo distint. prima de Consecr., nel Concilio Arvenense an. primo e Can. settimo ad nuptiarum, nell'Antisiodorense Can. duodecimo, nel Bituriense, Canone tredicesimo. Il medesimo diciamo degli altri segni sagri come Rosarii, Corone, Scapolari, Vesti di Religiosi, veli di Vergini sagre, acque benedette ecc., se si darà mangiar pane benedetto a cani, senza legittima cagione, se si serviranno di abiti sagri nelle maschere e Teatri, se si dispreggiano, sporcano, lacerano ecc. son tutti sagrilegj appo S. Tommaso. E quanto sien di abborrimento a Dio, lo possiam ricavare dai gastighi che ha egli tuttodì fulminati contro i Sagrileghi: contro i figli di Aronne, nadad, e Abiud nel Levitico, figli Eli, Offi e Finees, contro i Betsamiti, contro Oza, contro Baltasar e in S. Giovanni contro i Venditori e Compratori, com'aco appo S. Paolo nella prima de' Corinti e molti altri.
Si pecca poi contro il Sagrifizio e il voto, ogni volta che non si adempiscono, essendovi l'obbligazione, o se adempiendoli si fa con imperfezione; e sovra di tutto ciò si dee essaminar posatamente e con esattezza la Coscienza. Ho detto essendovi l'obbligazione perché si può dar caso che questa cessi o perché il voto è nullo o perché la Persona si è resa inabile. Ma in questo secondo caso si deve far quanto si può. Sarà nullo il voto o perché non vi fu piena deliberazione, proveniente o dall'età, se non si giunse all'uso della ragione perfettamente, o da timore cadente in persona costante, o perché farà di cosa indiscreta o di non migliore bene. Non cesserà però l'obbligazione, se si dubiterà se si fè o no il voto, poiché in tal caso il voto tiene: è sentenza di S. Tommaso. In ordine poi al Sagrifizio, può cessar l'obbligo in quanto all'esterno, poiché in quanto all'interno, in ogni stato si può offerire a Dio la sua opera e il suo essere. Si essamini in ciò bene la Coscienza.
Passiamo ora al rimanente precetto di NON ADORARE I DII ALTRUI.
DEL NON ADORARE I DII ALTRUI NE' DIO CON CULTO SUPERSTIZIOSO
Essaminata già la Coscienza sul culto che dobbiamo a Dio, è d'uopo essaminarla su'l CULTO CHE NON DEE DARSEGLI PERCHè SUPERSTIZIOSO e sul CULTO CHE DEE ANCHE NEGARSI AGLI DII ALIENI, chiamato da' Dottori SUPERSTIZIONE perché si esibisce il Culto a chi non devesi o di maniera non dovuta; il primo è in ordine agli DII FALSI, il secondo a DIO VERO.
Favelliam ora di questo e riserbianci per l'altro in appresso.
Non basta esibire solamente a Dio il Culto se gli dee prestare Religioso altresì: dobbiamo riverire Dio, ma di quel Culto che il medesimo Dio c'ha nella sagra Scrittura insinuato e che ci viene approvato dalla Santa Chiesa ancora.
Quindi è che benché i Giudei adorino il VERO DIO non sono però esenti da SUPERSTIZIONE, imperocché adorandolo nol fanno come si debbe, giusta la prescrizion dell'Evangelio ma più tosto secondo il loro proprio capriccio.
Deus, dice Socrate riferito da S. agostino, sic coli oportere, quomodo se ipse colendum esse praeceperit.
E' adunque SUPERSTIZIONE riverire Dio con CULTO DIFFERENTE da quel c'insinua la legge, ed è SUPERSTIZIONE riverirlo con CULTO che esce de quello dell'Evangelio.
Quindi si adora con CULTO INDEBITO qualora, dice S. Tommaso, dal Culto esteriore si viene a significar cosa indebita a Dio, come di esser corpo o simile, o quando si adora come non trino, non incarnato, non immenso, in qual guisa il credea il Regolo di Cafarnao, in S. Giovanni, al quinto; e s'adora con CULTO SUPERFLUO quando fuor del prescritto della Chiesa s'aggiungono altri Riti, altre Cerimonie, altre Orazioni.
E a questa ADORAZIONE SUPERSTIZIOSA si riduce l'adorazione dei Santi o falsi o non propostici dalla Chiesa, come si legge nella vita di S. Martino, scritta da Sulpizio Severo, che in luogo della sua Diocesi s'adorava per Santo un ladrone, di cui fe' sfabbricare il S. Vescovo l'Altare; e nel tempo di Alessandro terzo, di altri, che adoravano un'Ubbriaco ucciso, riferito nel capitolo Audivimus ext. de reliquiis, e di altri che invocavano un tal Abbate, anche ebbro, sotto nome di S. Pirone, riferito a Guiberto Novigentino e altri, Uriele Demonio, come faceano Clemente e Asdalberto, già condannati nel Concilio Romano da Zaccaria Papa l'anno 745.
Così è ancora SUPERSTIZIOSO cantare Litanie, Orazioni, altre Divozioni non approvate o adorare Immagini false e nuove o predicare Indulgenze false o falsi miracoli e rivelazioni, adorar Martiri o le lor Reliquie dalla Chiesa non proposte, come facea una tal Lucilla, consigliata dai Donatisti, a baciar prima della Comunione la bocca d'un'uomo morto, benché Martire ma non riconosciuto dalla Chiesa, rapportato da Ottato Milevitano, e l'istesso diciamo di chi le propone per adorarsi, come leggiamo di alcuni falsi Monachi, appo Emolone Vescovo di Lione, in una Lettera a Theobaldo Vescovo Ligoniense e altri che esponevano all'adorazione un Dente del Salvatore, il suo ombelico e il latte della Vergine, appo il mentovato Guiberto.
L'adorano poi con SUPERFLUO CULTO coloro che, fuor del costume, prefiggono determinato numero alle candele, un certo sito, un determinato colore; o che mutando le Rubriche accrescono ai Divini Uffizi altro Rito, altre Orazioni, nella Messa altre benedizioni, altre cerimonie o che consagrano più di un'Ostia, tolgono il simbolo o l'aggiungono e ite voi discorrendo. Di tutto ciò si dee essaminar la Coscienza e accusarne perché son peccati gravi, giusta la dottrina di S. Tommaso. E il Concilio Mehliniense l'anno 1570 proibisce che non si dia credito a quei libri che promettono Indulgenze esorbitanti o effetti certi di salute, di liberazion dal Purgatorio o pericoli, da incerte rivelazioni e che non si dia fede a certo numero di orazioni o di Messe per ricevere grazie, poiché son tutte SUPERSTIZIONI e su di ciò si de' ben avvertire, e molto più alle Donne, quali più d'ogni altro fidano in sì fatte Divozioni. Peroché il Concilio di Trento proibisce le orazioni nuove e speciali e i Riti non stabiliti dalla Chiesa.
Veniam ora alle SUPERSTIZIONI che s'incorrono nell'ADORAZIONE DEGLI DII ALIENI.
La SECONDA SPEZIE DELLA SUPERSTIZIONE, quale abbiam prima accennato, ella si era quella con cui si dà ai FALSI DII, quel medesimo culto che si deve a Dio, il che come notano i Sagri Dottori, in TRE MANIERE occorre: coll'IDOLATRIA, colla DIVINAZIONE e colla VANA OSSERVANZA. Con tutte queste sorte di SUPERSTIZIONI si offende Dio, contro il precetto, di cui favelliamo, ed è d'upo spiegarle a minuto, perché su di esse si possa formar l'essame che andiamo rintracciando in questo esercizio.
E' l'IDOLATRIA, come dicemmo della SUPERSTIZIONE, un Culto qual dovendosi a Dio si presta a cose che son fuori di Dio, come a IDOLI e altre Creature di qualunque specie esse sieno, quali s'adorano o con sagrifij o con giuochi o con qualunque altra sensibile invenzione. E' questo vizio sì orrendo agli occhi di Dio, che per il spiegar la sua gravità non han saputo come chiamarlo i Dottori.
Onde Tertulliano lo dimandò DELITTO fra gli altri principale, sommo reato del Secolo; total cagione del Giudicio Lattanzio SCELLERAGINE INESPLICABILE, Nazianzieno ULTIMO E PRIMO DE' MALI.
COLPA CAPITALE la chiamò anche il Concilio Illiberitano nel canone primo, e la ragione si è perché coll'IDOLATRIA si offende a drittura Idio e si tocca nel più vivo della sua Divinità, poiché per lei non resta di spoglianelo, e investirne una vil sua Creatura.
Di due maniere può accadere di commettere l'IDOLATRIA, la prima adorando li FALSI DII senza fabricarne simulacro o formarne figure ma confusamente concepiti nell'immaginazione e di questa guisa adoravano gli Ateniesi il falso Dio senza ne meno conoscerlo e questa razza di DII proibì DIO allora che disse: Non habebis Deos alienos coram me.
La SECONDA MANIERA di adorarli si è formandogli d'oro, d'argento, di pietre, d'ogni altra maniera, nella guisa che nel diserto adorarono gl'Israeliti un vitello e Salomone sul Monte Oliveto gli DII delle sue Meretrici e questa sorta d'IDOLI fu proibite con quell'altre parole: Non facias tibi sculptile.
Comunque di queste maniere si faccia, ella è IDOLATRIA, perocché l'ADORAZION DI LATRIA che debbesi a DIO si da a sì fatto IDOLI quali hanno appo gli IDOLATRI figura di Dio e perché falsamente vengono detti OMBRA e SOGNO appo i Greci cioè OMBRA DI DIO e DII SOGNATI!
Or come dalla parte degli IDOLI si è divisa in DUE MANIERE l'IDOLATRIA, come abbiamo spiegato, così può considerarsi di TRE, per parte degli ATTI, con i quali può l'IDOLATRIA commetterla.
Quindi è che può esser l'IDOLATRIA puramente interna, puramente esterna o tutt'insieme dell'una e dell'altra maniera.
La prima accade qualora coll'atto della mente si persuade esservi fuor di DIO degli ALTRI senza però ch'l manifesti all'esterno; la seconda quando tenendo fermamente non esservi altri DEI fuor del VERO DIO, per timor tuttavia de' tormenti o per altra intrinseca ragione si riduce contra a ciò ch'egli intende a adorar qualche IDOLO come essere occorso, l'afferma più d'una volta l'Istora, e'l consigliavano gli amici ad Eleazzaro, nel secondo de' Maccabei; l'ultima quando, credendo esservi DII, il manifesta con atti esterni, o pure, anche se nonl creda coll'intelletto, inclina tuttavia colla volontà a adorargli. Di questa seconda maniera dee dirsi IDOLATRIA insiemamente interna ed esterna come vuol Alberghini, Gesualdo e altri.
Comunque però ella si sia si contraviene a questo precetto perché non solo vuole DIO esiger da noi l'atto interno della fede ma l'esterno dell'adorazione e confessione altresì.
Con questo però che non egualmente si incorre la censura fulminata contro gl'IDOLATRI imperciocché non giudicando la Chiesa dell'interno chi sol tanto nell'interno sarà tale, non incorre la censura, perché intendono i Canoni scomunicare i perfettamente IDOLATRI ne meno l'incorre nel foro interno chi è nel sol esterno IDOLATRA. Così Lessio, Silvestro, Navarro ed altri.
Per guardarci tuttavia da sì fatta enormità stimo a bisogno notar di essa gli atti con i quali si contraddice e gli oggeti verso cui si commette.
Gli atti sogliono essere d'intelletto credendo altri DII A VOLONTA', volendo adorargli con inchini, con genuflessioni, con riverenze, con preci, con sacrificj e simiglianti.
Gli oggetti poi sono IMMAGINI DI DIO come il SIMULACRO di Giove in cui s'adora il mondo, d'Apollo che rappresenta il Sole, di Diana che significa Venere, di Vulcano Dio del fuoco, di Nettuno Dio dell'acque, Urano e Cibele genitori de' Dei, Saturno Dio de' Poveri, Mercurio dell'eloquenza, Volturno Dio de' Giardini, Pane Dio de' Pastori, Volupia Dea de' piaceri e simili.
Son IDOLI ancora le IMMAGINI DEGLI UOMINI MORTI come di Ercole, d'Ulisse, di Confusio ecc. e quelle delle CREATURE SPIRITALI E CELESTI, quali sono l'ANIME DE' CIELI E DE' PIANETI fantasticate da Platone de' quali fa motto S. Agostino nel sesto della Città di Dio, Eusebio ecc.
Ogni atto dunque che si faccia di quegli e ogni oggetto, che si adori di questo, ci producono una malignissima IDOLATRIA.
La DIVINAZIONE è il voler conoscere le cose occulte, passate o avvenire e non per via naturale ma per arte del Demonio invocato o tacitamente o con patto espresso: così la definisce San Tommaso, e perciò si appartiene alla SUPERSTIZIONE da noi sopra divisata.
DIVINAZIONE adunque si è voler conoscere che cosa si faccia or nella Francia, cosa si conchiuse ieri nel Consiglio di Spagna, che sortirà nella Fiandra? Se quello è prescito, se è predistinato quell'altro? Se sortirà quel matrimonio, se avrà quel negozio favorevol evento.
Cose che per naturale virtù senza la rivelazion Divina non è che si possan conoscere.
Per TRE VIE sogliono gli uomini perversi, far CONOSCERE L'OCCULTO: invocando espressamente l'ajuto del Demonio, perché lo dia a conoscere; senza quella invocazione s' fattamente espressa, andandolo rintracciando da' segni e moti di alcune cose, che più innanzi noteremo; e da alcune operazioni quali nulla han che che fare con quel che intendono conoscere, come sono le cose che occorrono a sorte, quali sarebbero le figure della cera liquefatta e gittata in acqua, l'uscita de' punti ne' dadi, buttati alla rinfusa, o le sentenze de' libri aperti a caso e simili.
Nella prima maniera può di molte guise occorrere, o per via di prestigio, vedendo o udendo qualche cosa, per virtù diabolica, nel restrignere o premere l'orecchio o gli occhi, per via di sogni, per via di Negromanzia, che vuol dire apparizione di morti, che rivelano cose occulte, per cagion di Pitoni, Pytones in latino, come quando il demonio forma nel ventre degli Uomini o Donne voci che pronunziano il futuro e l'occulto e de' quali si fa menzione nel Levitico al ventesimo, nel diciottesimo del Deutoronomio e ne' Parelipomeni a capi venti.
Con la Geomanzia, cioè da' segni che si vedono nel legno, ferro, pietre lucenti o specchio, per i quali si dan a credere di avere scoverto il futuro.
Coll'Idromanzia, dalle figure dell'Acqua, coll'Areomanzia, dalle figure dell'aria, e Piromanzia dai segni del fuco, Aruspicio dalle figure e segni che si trovano nelle viscere degli animali uccisi e consegrati agl'IDOLI.
Onicomanzia da' segni che compariscono sull'olio asperso su degl'innocenti fanciulli, posti a risguardo del sole per risplendere e dette alcune superstiziose parole.
Nella seconda maniera divinano coll'Astrologia giudiziaria quando da i moti e dal sito delle sfere Celesti ricavan le notizie delle cose occulte.
Coll'Augurio: dalle voci degli animali, canti di uccelli, di galline, sternuti di uomini, parole de' medesimi dette per altro fine, interpretate ad augurio proprio, qual domandavano anticamente Omen.
Con la Dattilomanzia, per via di anelli incantati e fatti muovere e posti in determinato sito dirimpetto al Cielo.
Colla Coschinomanzia quando dal moto del crivello pronunziati i nomi de' ladri pretesi, intendono scovrire chi furò la sua roba.
Colla Chiromanzia cioè dalle linee della mano onde ricavano la sorte futura.
Nella terza s'indrizzano poi a far molte cose colla MAGIA e MALEFIZIO quali far non potrebbero per virtù naturale; ed è d'uopo sapere che non favelliamo qui della MAGIA NATURALE e ARTIFIZIALE che per umana industria e cagioni naturali producon gli effetti, agli occhi di chi non è di tal professione, d'assai maravigliosi; non parliamo di queste imperciocché, essendo lecita e l'una e l'altra non è che dovessimo sovra di esse essaminar la Coscienza.
Favelliamo sol della MAGIA DIABOLICA qual produce i suoi effetti per diabolica virtù, della istessa maniera, che per virtù diabolica scuovre la DIVINAZIONE l'occulto come notò S. Tommaso.
S'ha dunque a sapere che non ogni effetto per maraviglioso che sia ha la sua dipendenza dall'ARTE DELLA MAGIA DIABOLICA: sene possono cagionare alcuni da naturale virtù di antipatia o simpatia che han fra loro le cose o da arte naturale, come notò Galeno del fiele del pesce Callionimo col quale guarì la cecità di Tobia l'Angiolo, stimato preter o sovranaturale di chi non n'ha la notizia, quando egli è naturalissimo com'anche la sfera naturale che fè di vetro Archimede, la Colomba di legno di Archita che volava, l'uccello d'oro di Lione Imperadore, l'uccello di bronzo di Boezio che cantava, il capo di legno qual dicono aver fabricato Alberto Magno che favellava, quando che fusse così, le statue di Dedalo che camminavano, alcune macchine che appo Seneca crescevan da sè, che quello s'ingoi una spada appo Plutarco, quell'altro scriva mentre che velocemente si gira sovra una ruota presso Simposio e Senofonte e cento e mill'altre destrezze delle quali favella S. Cipriano, Giustino Martire, il Grisostomo, Pietro bellonio, Svetonio, Quintiliano ed altri: quali opere non son tali che eccedano le forze umane ma senza gran controllo si fan da chi n'ha l'arte come infinit'altri giuochi che da CIRCOLATORI e BAGATELLIERI si fanno per pura destrezza.
Si deggiono tuttavia evitare per lo scandalo che allo spesso ne prendono gl'Ignoranti o per altra mala conseguenza, qual potrebbe nascer da quegli.
"La MAGIA PROIBITA adunque si è quella che non per virtù naturale "[scrive ancora il Serio che invece tollera, se organizzate con misura, la MAGIA NATURALE e quella ARTIFICIALE] "o per umana industria produce i suoi effetti ma per mera opera diabolica.
E di cotal sorte son quegli effetti che si veggion produrre da alcuni anelli incantati, da caratteri, da sigilli, da immagini e simili, quali considerati giusta la lor natura niuna virtù avrebbero di produrgli.
Molte sono le SPEZIE di detta MAGIA, secondo la varietà degli effetti, che per virtù dei Demoni si producono e alcune si domandano soporifere e accade ciò qualora con alcune bevande e incanti addormentano, affin di rapir qualche cosa, d'avvelenare il paziente o di commettervi alcuna impurità, altre si chiamano amatorie perché per via diabolica accendono ad amore come spesse fiate soglion far le mogli non amate dai lor Mariti a misura del loro desiderio, di alcune delle quali favella Baruc, altre si addimandano Maleficj ostili e sono quando il Mago accagiona o ne' beni o nelle menmbra alcun danno per opera del Demonio e questo è di più spezie.
Una è l'AFFASCINO col qual si cagiona male alla persona cogli Occhi guardandola, altra è il veneficio, qual si adopera in alcune immagini o altr'instrumenti per cagionare infermità insolite, aborti, difficoltà di partorire, mancanza di latte, così alle Donne, come anche agli animali, operando ciò con pungere quella figura o che sia, con liquefarla al fuoco, oltraggiandola e che so io, quali son tutti segni che si dan al demonio perché cagion quella infermità che lor bramano.
Vi è poi il maleficio votivo nel quale cagionano i maghi ai Sposi o dissamore fralloro o odio o impotenza, distinzioni, sospetti, liti e simili che loro cagionano abborrimento.
"E in ultimo vi son MALEFICI cagionati nell'aria, come tempeste, venti, grandine e tuoni" [scrive ancora il SERIO dimostrando che ancora nel XVIII secolo la CHIESA UFFICIALE ed i suoi interpreti più rigorosi credevano alla MAGIA TEMPESTARIA (STREGONERIA TEMPESTARIA)] "che distruggono vigne, biade, giardini ecc.
Si distinguono poi tutti cotesti maleficj avendo mira solo al modo con cui si compongono in INCANTO e puro MALEFICIO.
Quel che si compone di parole si chiama INCANTO e quel che si compone di cose si chiama MALEFICIO benché in quanto all'EFFETTO tutti tornino in una cosa medesima.
"Ma facciam qui fine per la DIVINAZIONE e passiamo" [annota ancora il SERIO] "alla TERZA SPEZIE della DIVINAZIONE qual'abbiamo dimandata VANA OSSERVANZA.
E' la VANA OSSERVANZA una spezie di SUPERSTIZIONE tutta ordinata o ad acquistar qualche cosa o a torsela, come l'arte notoria, l'osservanza di sanità, l'osservanza de' sagri.
La PRIMA s'indirizza da SUPERSTIZIOSI a ottener le scienze per virtù d'un Demonio e la dimandano alcuni ARTE ANGELICA o ARTE DE' SPIRITI, SIGILLO DI SALOMONE e SCIENZA PAOLINA perché fingono falsamente essere stata infusa a S. Paolo e a Salomone da' quali è poi passata a posteri, e intendono acquistare con tal'arte le scienze che vogliono, con solo divisar alcune figure e recitar alcune parole con digiuni, orazioni e simili.
"L'OSSERVANZA DI SANITA'" [scrive il SERIO una volta ancora parlando di un aspetto della superstizione così detta e rientrante nel campo della VANA OSSERVANZA] "è quella che sogliono esercitare alcune DONNE dette perciò dal volgo SAVIE e alcuni RIMEDIANTI per guarir morbi, per saldar piaghe, per tor i dolori, ristagnar sangue e ite voi discorrendo.
Servendosi in ciò di caratteri, figure, di alcuni nomi adoperati coi Riti particolari, con azioni determinate, come di passeggiare, di muoversi, di lambire, di contorcersi e simili, senza che sì fatte cose nè dalla natura nè da Dio abbiano cotale virtù [il PADRE SERIO allude ad una serie di ESORCISIMI SUPERSTIZIOSI (CURE MAGICO-MEDICHE POPOLARI) molto radicati nel folklore panitaliano]
Sogliono [le DONNE SAVIE] anche applicare Corone di tante erbe sul capo, cingolo di tal colore, di tanti nodi negli reni: erbe raccolte nel tal tempo e alcune orazioni sì straordinarie e sconnesse che in ascoltarle ti vien voglia di prendere que' malvagi a schiaffi benché in sì fatte iniquità e inezzie montino in tanta vanità che per poco vogliono esser stimati come Sibille od oracoli.
Qui si riducono l'altre vane osservanze di buon o mal augurio, di avere per male cantar la gallina, uratre nei cardini della porta, sognarsi cosa insausta, esser il primo con cui s'incontra la mattina un cane, un cadavere e simiglianti.
L'osservanza poi de' sagrj e, quando per conseguir qualche cosa, si adoperano cose sacre come Reliquie, Croci, Evangelj, parole sagre: come fan le Donne qualora voglion guarire gli affascinati, ranole, dolori di denti, di ventre ecc, con tanta fede de' semplici che pare esser quelle un S. Gregorio Taumaturgo o S. Francesco da paola.
Queste son dunque tutte le SUPERSTIZIONI con le quali si trasgredisce il precetto di adorar solamente Dio: e Dio sa, quanti vene saran di coloro,Uomini e Donne che si ritrovan tocchi da questa pece?
Dio sa quanti sene saran fatti di quest'INCANTESIMI e MALEFICI e quante vane osservanze si ritrovano aver dato loro credenza e quante DIVINAZIONI han curato di tentare?
Or io l'ho tutte spiegate acciocché ogn'uno avesse conosciuto il suo e esaminando più a minuto la Coscienza sappiano ben confessarsene.
senza però trascurare l'essamina su degli atti con i quali s'ha potuto violare il presente precetto, come sono l'empietà, la tentazion di Dio, le mancanze ne i voti e ne i sagrificj, l'indebito o superfluo culto, son tutti di genere suo colpe mortali, perché contro un importantissimo comandamento.
Esaminatevi bene la vostra coscienza poiche molto vi de' pesare, oppressa da colpe sì diaboliche: aprite bene gli occhi perché grande è il pericolo di chi si ritrova ingombrato da sì fatte iniquità.
Ma restiamo qui che non più ci si permette di favellare.
"[LEZIONE V]
Benché non manchino di coloro che conosciuto qual grand'enormità sia commettere i peccati dell'IDOLATRIA, di DIVINAZIONE, di VANA OSSERVANZA nella passata Lezione spiegate, a occhi aperti le commettono per giugnere a qualche lor privato interesse, come per RITROVAR TESORI, per CONSEGUIR POSTI, per VINCERE NE' GIUOCHI, soddisfare il loro FORSENNATO GENIO NEGLI ATTI DI VENERE o nelle VENDETTE, vi son tattavia di quei meschini che non conoscendo l'orribilità di simili eccessi gli commettono alla cieca e senza nemmen confessarsene gli lascian pur correre.
Son cose di Dio Padre, dicono, sono orazioni, si compongono di cose sante, vi si adoperano delle Croci, vi si recitano Ave Marie.
Povera gentarella ingannata! Queste cose sante che vi framischiano son quelle che maggiormente aggravano l'eccesso, queste che a voi sembran fiori son que' che nascondono il veleno più fiero, pajon divozioni e son sacrilegij, han ciera di Religione e sono empietà.
Quegl'INCANTI che ci fanno addosso le STREGHE per torvi di capo il dolore, quelle Croci che vi forman sovra, quelle orazioni che vi recitano, quelle, quelle sono appunto i peccati che abbiamo poco fa riprovati nella passata Lezione, quelle sono gli INCANTESIMI, quelle i MALEFICI, quelle, ove le PALME BENEDETTE e le RELIQUIE e gli INCENSI vi fan lor parte.
Aprite gli ochi e non più vi fate ingannare, coteste Donne che voi riverite per SAGGE, quegli Uomini che voi avete per RIMEDIANTI essi son Diavoli, essi son Ministri d'Inferno: son SACRILEGHI e superstiziosi, fuggitegli come basilischi che v'avvelenano e per tutto l'oro del Mondo, per la medesima vita, non vi accadrà più di avvalervene.
Non vi è Dio? non vi sono i Sacerdoti? perché dunque ricorrere all'aiuto del Demonio invocato o con esplicitezza o tacitamente da quegli?
O pure potranno più dei Sacerdoti colle lor preci cotesti ingannatori, colle lor superstizioni? o sarà di minor virtù Iddio colla sua Onnipotenza che non con i loro inganni i Demoni? Numquid non est Deus in Israel, ut consulatis Belzebub, Deum Accaron sene lagna Dio nel IV dei Rè, al primo.
"Ma qual'è Padre questo PATTO"
[si domanda ancora il SERIO -che successivamente, peraltro riprendendo i CONTENUTI dell'antico MALLEUS MALEFICARUM, integrerà il discorso sul PATTO SCRITTO COL SANGUE- nella sua lunga dissertazione sulla MAGIA NERA] "che fanno i SUPERSTIZIOSI col Demonio qualora formano i loro INCANTESIMI o compongono le lor FATTURE?
Perché noi a confessar la nostra sciocchezza cene troviamo affatto ignoranti: ché se Dio n'avesse fatti prima più degni di tanto lume, al certo, che più tosto ci sarebbimo risoluti a morire che chiamare in nostro ajuto il Demonio.
Udite" [aggiunge PADRE SERIO]": che concorra in tutte le Superstizioni INVOCAZION DEL DEMONIO è cosa chiarissima nella Sagra Scrittura, quindi in Isaia al Cap. XXVIII in persona di simili IDOLATRI e MAGHI si dice aver pattuito colla morte e con l'inferno: Percussimus foedus cum morte atque cum inferno pactum fecimus e in tal senso l'intende S. Tommaso e lo spiega Giovanni XX nella Costituzione che comincia: Super specula e Sisto V nell'altra contro l'ASTROLOGIA GIUDIZIARIA.
Qual sia poi tal PATTO? ora il dirò.
Di DUE MANIERE è il PATTO che si fa con il Demonio da STREGONI, l'uno si chiama ESPRESSO, l'altro TACITO.
Il primo è quando esplicitamente si viene con esso a convenzione di concorrere al suo intento, sempre che negli dà i segni, di guarir quell'infermità, per esempio, sempre ch'egli lo strigone reciterà quell'incanto e di far danno a quella persona quand'egli per cagion d'esempio circonda quelliIMMAGINE di spille e questo lo soglio fare di TRE MANIERE: PRIMA con solennità da faccia a faccia e con presenza di testimonj o per via di cedole o libello supplice e fermato di propria mano.
SECONDO senza testimonj.
TERZO per via di procuratore facendolo fare a suo nome da altro MAGO perché forse ha timor di vederlo o favellarvi.
In TUTTI E TRE QUESTI MODI è solito tutta fiata camminarvi la RINUNZIA DELLA FEDE CRISTIANA e l'obbligo di mai più avvalersi del nome di Giesù e di Maria, della sua santa Croce e suoi Sagramenti come attesta nel suo Trattato de delictis atque poenis il Padre Ameno Natale ab Alexandro nella Teologia Dommatica e altri.
Il TACITO poi si è quando non a drittura si PATTUISCE COL DEMONIO del modo sovra spiegato ma si serve del medesimo INCANTO o MALEFICIO o VANA OSSERVANZA che sia che han inventato i maghi e intendono adoprarlo all'istessa maniera che i medesimi ferono, confermando l'istesso lor PATTO e la medesima lor INVOCAZIONE.
Può su di ciò farsi un dubbio, se non sapendosi esser quell'INCANTO opera di Stregoni, col PATTO e INVOCAZION DIABOLICA, se adoperandosi con tal'ignoranz venga egli a esser SUPERSTIZIOSO?
Io dico di sì se l'ignoranza è divenuta crassa, come di fatti la credo, dovendosi saper da ogn'uno che in sì fatti INCANTESIMI o MAGIE vi concorre la VIRTU' DIABOLICA: dacché non cessano da su gli Altari i Parrochi e i Predicatori da Pulpiti di dichiarar quali sieno le SUPERSTIZIONI, oltre all'Editto che per ogni prima Domenica dell'Avvento e di Quaresima si pubblica da per tutto, emanato su di ciò dal Santo Ufizio.
Quando poi sarai certo, il che è molto difficile, che in simiglianti operazioni vi concorse ignoranza invincibile e molto più se prima di farle vi fu la protesta di non intender di farla come cosa contro Dio: in tal caso non ho dubbio che non vi fu il PATTO e l'INVOCAZION DEL DEMONIO.
E se per avventura avrà taluno consigliato o pregato o di altra maniera condisceso a farsi tali INCANTI o MAGIE incorre anche egli nella medesima colpa?
Oltre delle tante Scritture, chel dichiarano incorso, come il Levitico al nono, il Deutoron. al diciottesimo, Isaia a capi quarantaquattro, l'Ecclesiastico al trentottesimo, vi è il Concilio Ancirano nel Canone Qui divinationes, causa XXVI, l'Agatense, Canone XXIX, il Trullano Canone sessantadue, la quarta Sinodo Romana Can. dodicesimo, il Conc. Parisiense, Trevirense, Augustense, Medionalense e altri con S. Tommaso.
Nè vi sarà mai scusa per qualunque gran fine ch'egli si faccia e ne anche per gran zelo come nei tempi d'Alessandro III se un Prete per rinvenire alcune cose furate dalla chiesa, perché per qualunque cagione che si faccia la SUPERSTIZIONE non cessa mai d'esser pessima.
Così stabilisce il mentovato Alessandro, Cap. ex tuarum, extra. de sortilegis.
"E l'istesso diciamo dell'ASTROLOGIA GIUDIZIARIA" [scrive il SERIO] "cioè che incorra il peccato non solo chi l'esercita ma chi fa sì che si esserciti e per qualunque ragione, essendo essa proibita non solo in Geremia ma dai sagri Concilj altresì, dall'Ancirano nel can. ventiquattro, dal secondo Bracarense, nell'ottavo, Agatense Can.XLII, Narbonense Can. XIV, Antisiodorense Can IV e infiniti altri con tutti i santi padri.
Perché non è da render certi giudizi dagl'incerti segni delle stelle e formarne norma e regola.
SOGNI, AUGURII...
Padre e tanto scrupolo si dee far nelle DIVINAZIONI che sempre che si dà credito a qualche AUGURIO, SOGNO o altro AVVENIMENTO si ha da dir che s'incorse in PECCATO MORTALE?
E' regola certissima appo tutti i SS. Padri, Dottori e Concilj che quando si dà credito alle cose più di quel che si meritano secondo lor natura sia sempre DIVINAZIONE e in conseguenza COLPA MORTALE.
Così si ricava dal Deutoronomio ove si proibiscon gli AUGURI e simiglianti DIVINAZIONI, e lo stabilisce San Tommaso, S. Agostino, S. Basilio sopra Isaia, Grisostomo e altri, il Concilio Cartaginense IV, il Mediolanense I, lo Burdigalense nell'anno 1783.
"E in quanto ai SOGNI" [annota il SERIO ben consapevole dell'importanza attribuita dalla MAGIA ad ogni discorso riguardante SONNO E SOGNI] "è d'uopo avvertire che da TRE CAGIONI possono questi aver l'ORIGINE: da Dio, dal Demonio e dalla natura, spirituale o animale, cioè dalla fantasia o intelletto o dalla corporale cioè dagli umori.
E' da Dio quando la cosa che ci si scuovre ci par confacevole alla salute dell'anima o pure quando il SOGNO si può rifondere a grazia fattaci lui.
E' dalla natura, quando può avere qualche connessione conessa, e dal Demonio quando né a Dio si può rifondere né alla natura.
Quindi da Dio mi pajono i due SOGNI narrati da S. Agostino nel libro de cura pro mortuis e da Girolamo Fracastoro nel secondo libro de intellectione.
Quello di S. Agostino si era che essendo richiesto a un Giovine da un Creditor di suo Padre morto un debito, coll'esibizion della Polizza mentre che ritrovavasi nelle più forti angustie si sognò che il Padre l'additava il luogo ove posta avea la ricevuta di quello e destatosi ivi la ritrovò.
E quel di Girolamo che avendo un tal Marc'Antonio Flaminio smarrito un libro si sognò una notte che la sua serva prendeva quel libro e, cadutole dalle mani, si rompè la coverta di essa, qual era di tavole e che quella, per timor di qualche rimprovero, andò a nasconderlo e destato dal sonno andò a vedere in quel luogo e così ve lo rinvenne riposto come se l'avea sognato.
Furon questi SOGNI certamente da Dio, per esimersi forse da qualche colpa che avrebbero potuto commettere in quel travaglio, non essendo ciò nuovo, avendolo fatto sovente con molti altri come si vede nella Sagra Scrittura in Giacobbe, in Abimelec, in Labano, in Giuseppe, in faraone, in Salomone, in Nabucco, in Giuda Maccabeo, ne' Magi, nello Sposo di maria ed in altri.
Molte volte poi hanno i SOGNI origine dalla medesima fantasia o dal medesimo intelletto quale per trovarsi agitato fa alcune speculazioni quali non farebbe in veglia.
Quindi è che ritrovandosi un discepolo di S. Agostino per nome Eulogio molto inquietato per non intendere un Testo di Tullio, dormendo fra tali agitazioni, si sognò che S. Agostino gli spiegava tal passodormendo fra tali agitazioni, si sognò che S.Agostino gli spiegava tal passo tuttoché egli stesse in cartagine e Agostino in Milano come narra il medesimo S. Agostino nel luogo sovra addotto e così giunse a capire quel passo.
Di un altro so io che non avendo potuto far un proemio in una sua Predica, qual dovea recitare la mattina seguente, la notte dormendo si sognò di farlo e il fè così bene accordato che non fu poi più astretto a mutarlo.
Si devono sì fatti SOGNI attribuire all'intelletto che per la forte agitazione vien molto più nella quiete del sonno a raffinarsi.
Quando poi nè a Dio nè all'intelletto si possono attribuire i SOGNI per esser all'ora o dall'agitazione, che cagionano nella fantasia gli umori, o dal Demonio, come cose o casuali o superstiziose, si debbono ributtare o irridere: per l'avviso che ce ne dà lo Spirito Santo nel Levitico Non augurabimini, nec observatibis somnia e nel Deutoronomio: Nec inveniatur in te, qui observes somnia e gli due Concilj Parisiense VI e Mediolanense II e Gregorio II nel Capitolare a capi VIII.
E' ancor peccato mortale volere aspettar consiglio per risolvere qualche negozio dalla sorte o per aver notizia di cose future come si legge in Ezzechiele aver fatto il Re di Babilonia e in Osea il popolo di Israele. Ci vien proibito, oltre de' luoghi communi, dal Canone Sertes causa XXVI e dal Decreto di Lione IV ancora.
Sarà altresì grave colpa dipendere dall'osservanza dei giorni per fare i negozi o risolvere l'operazioni.
Se pur non iscusi l'ignoranza invincibile.
Sono sì fatte OSSERVAZIONI DIABOLICHE dice S. Giangrisostomo nell'Omelia contro coloro che osservano i Noviluni: Non solum amentiae sed diabolicae cuiusdam efficentiae iudicium est e ne riprende S. Paolo i Galati Dies observatis -dice- et mentes et tempora et annos: timeo vos ne forte sine causa laboraverim vobis, e le dichiarano anco SUPERSTIZIOSE i Concili come il Rotomagense Can. XIII, il Mediol. I nella prima Parte tit. decimo, il Burdigalense tit. settimo onde pecca gravemente chi nel far dei viaggi si ASTIENE DI PORVISI IN ALCUNI GIORNI PARTICOLARI, come il Venerdì perché è stimato infausto, chi non vuol contraher Matrimonij di Mercoledì, di Mese di maggio e di Agosto, chi in tempo di Venerdì non vuol pettinarsi il capo e recidere l'ugne, chi non vuol far la colata ne' giorni de' Quattro tempi, fra l'Epifania e Natale, dal Giovedì Santo a Pasqua, fra l'Ottava del Corpus Domini ecc.
Coloro che sogliono in dì di S. Giovambattista o di principio di maggio cogliere alcune erbe, e prima di nascere il Sole e quei che nel dì dell'Annunziazion della Vergine piuttosto ch'in un altro dì, innestano gli alberi.
Cuocere il pane alla Vigilia di Nostro Signore e credere che duri per diece anni incorrotto e che mangiato da buoi gli riserbi da infermità.
Slattare i fanciulli nel dì di Parasceve, non lavare i Giumenti di stalla nel dì di S. Eligio, credere che aperta in dì di Domenica la sepoltura molti ne debban morire in quella settimana dell'istessa Parocchia, toccare don alcune scope le fioglie de' Giardini in determinati Giorni, perché non nascano campi, che l'Uomo nato nel dì della Parasceve vaglia a estinguere l'incendio, che dalla qualità del giorno della Conversion di S. Paolo, S. Vincenzo e Urbano siegua buona o mal'annata, piovosa o secca, quieta o ventosa, che piova per tutta quella settimana in cui si recita il vangelio di S. Marco, che il sale posto ne' quattro angoli della mandra nel primo di' d'Aprile riserbi da maleficj gli armenti è ancor peccato gravissimo, perché niuna connessione hanno con sì fatte cose i giorni osservato ma il tutto è inganno diabolico per così rapire all'inferno le misere anime onde Niocolò I nella risposta alle consulte de' Bolgari, cap. XXXV, dice così Diei atque borae observationes atque auguria operatuiones Diaboli sunt.
Osservar poi in alcuni giorni gli influssi del Cielo per regolarvisi nelle medicine o nell'agricoltura, questo sì che non è osservanza vana ma necessaria e di profitto perché si va rintracciando con ciò la cagion naturale.
"E' peccato ancora" [continua il SERIO] "guarire i morbi degli Uomini o animali con mezzi vani, inutili, inefficaci come anelli, con numeri, con parole, con figure, con caratteri, ligati nella fronte o appiccati al collo o in altra determinata maniera: contro chi si avvale di simiglianti SUPERSTIZIONI sgridano a gara i Sagri Concilj: il Laudiceno nel Can. XXV, l'Agatense nel LXVIII, il Romano sotto Gelasio I e sotto Gregorio nel can. XII, il Trullano nel LXI, il Rotomagense a tempo di Clodoveo juniore, i due Turonensi nel Can. XLII, il Burdigalense, il Narbonense e altri.
"E'" [scrive il SERIO] "similmente iniquità traher sovra quelle ORAZIONI STRANE con istorie incerte di Santi o di Nostro Signore o false con caratteri insoliti e con nomi incogniti come Enostro, Noxio, Bay. Gloy, Apon e simili com'anche recar sovra le misure della piaga del Costato di cristo qual fingono essere stata portata a Carlo Magno con credere che chi la porta non sarà nociuto da fuoco, da acqua, da vento, da tuoni, da Nimici, da Demonj e che nel giorno in cui la leggerà non potrà morir d'iimproviso riferito nel libro MANUALE PRECAUTIONUM già dannato. O pure portar l'orazione attribuita falsamente a S. Lione Papa che comincia Crux Christi quam sempre adoro perché già vien reputata falsa e superstiziosa appo Natale ab Alexandro".
"Ma diteci Padre" [domanda il SERIO] "possiamo almeno guastare i SEGNI del Maleficio senza scrupolo o andargli trovando per guastarli o fargli ritrovare dallo stesso MALEFICO o altro?
Rispondo che lecitamente si possono disfare i SEGNI DELO MALEFICIO.
Quindi è che avendone la santa Madre Teresa scoverto uno in un povero Sacerdote glielo fa bruggiare.
Si possono anche andar ritrovando che che dica in contrario Silvio ed Esellio: è meco Bellarmino, Soto, Natale e anche il Rituale Romano che ne prescrive la formola.
Ed è chiara la storia di un tal Predicator Domenicano appo Martino Del Rio
che perduta la voce per arte magica andò ritrovando i SEGNI e rinvenuti alcuni capegli coll'intercessione della Beata Agnese da Montepulciano, cui s'era raccomandato, essendo occorso il caso nella medesima Città, gli fè bruciare e recuperò la voce.
Si può anche pregar il MALEFICO perché gli guastasse, col prestarvisi però che nol faccia con nuova SUPESRTIZIONE come rapporta il Surio della B. Godolena, qual trovandosi abborrita da bertulfo suo marito per arte magica non permise che se le guastasse la magia con altre magie.
Dir poi che sia lecito farlo a drittura per VIA SUPERSTIZIOSA è errore condannato apertamente nel Levitico: Non declinetis ad magos nec Airolis aliquid sciscitemini ut pulluamini per eos.
Non so come si possano giustificar coloro che vogliono esser lecito sforzare il mago a guastare la magia, perché dicono che in ciò il maleficiato si serve del suo giusto in pretendere la sanità imbolatagli senza voler sapere come si faccia il che non può aver cammino per esser cosa intrinsecamente mala.
AFFASCINI
E che diciamo poi degli AFFASCINI?
Di molte maniere vogliono i Dottori che accadano gli AFFASCINI o sien malie.
Dice Plutarco che alcuni han cagionato il FASCINO col solo fiato: Tibiorum spiritu atque sermone adactos contabuisse atque aegrotasse.
Orazio vuole che si cagioni solo con la volontà: Odio obscuro, morsuque venenato.
Plinio scrive che accade l'AFFASCINO anche colla sola vista: Esse in Tribullis et illiris qui visu quoque affascinent, malum facilius sentire impuberes e aggiunge Plutarco nel luogo sopr'addotto che anche le MADRI son giunte a FASCINARE i loro bambini e alcuni anche se stessi nel mirarsi allo specchio.
E in Virgilio si lagnava colui che non sapea chi gli FASCINASSE gli agnelli: Nescio qui teneros oculus mihi fascinat Agnos.
Altri vogliono che si imprima anche con il lodare e dar vanto onde le Donne di Milano qualor accarezzano un qualche Bambino interpongono fralle parole questi due detti: De faldec e per no fasnal che vogliono significare: Dio fa che non è per FASCINARLO e ne' nostri dì vediamo che in ogni opera gelosa cercano allontanarsi da chi la veda ed è detto comune: fuori mal'occhi.
Ciò posto è d'uopo vedere in qual maniera d'AFFASCINARE meriti chi AFFASCINA titolo di STREGONE.
Dietro a che, dico che solo incorre il peccato di SUPERSTIZIONE colui che AFFASCINA coll'INVOCAZIONE DEL DEMONIO E COL SUO AIUTO.
Chi poi il fa per mera NATURALEZZA o col fiato o cogli occhi non è che si possa tacciar per Stregone e in conseguenza non si commette peccato.
Salvo che sapendo il suo NATURALE sene serve a bello studio poi che incorre in tal caso il peccato, non però contro a questo precetto.
In quanto poi a un'altro dubbio che potrebbe nascere se sempre che si disfà l'AFFASCINO si pecchi: mi rimetto a ciò che prima abbiamo spiegato, cioè che si pecca se si servirà di NUOVE SUPERSTIZIONI non però se d'altri rimedj.
Ma per maggiormente regolar le povere Donne non parlerò più a minuto.
"I MEZZI SAGRI" [scrive il SERIO] sono l'acqua benedetta, la benedizione dei Sacerdoti, l'Evangelio e spezialmente di S. Giovannicioèl'Inprincipio quale perché contiene il gran Mistero della SS. Trinità e Incarnazione par che più d'ogni altro abbia efficacia e altri.
"I NATURALI" [continua il SERIO] sogliono esser la RUTA come scrive Aristotele ne' Problemi -Rutam dicunt effascinationis farmacum esse-, l'erba che si domanda NARDO RUSTICO o asaro o Bavar in latino di cui Virgilio: Aut si ultra placitum laudarit, bavare frontem congite ne vati noceat mala lingua futuro e altre cose quali non ignorano i medici.
"I MEZZI SUPERSTIZIOSI in ultimo" [annota il SERIO] "son le PAROLE che soglion dire per evitarlo come nel contare i moggi del frumento o i vasi del vino sogliono alcuni dir nel principio invece di Uno, Molti come notò Varrone -Prima urna addita dicunt etiam num: Multa- e favella di coloro che buttano il vino nella botte.
Superstiziosi sono alle volte anche i fatti come sputare in seno di lodano per non AFFASCINARLO, appo Teocrito: ne vero laedatur fascino ter ipse in gremium meum inspui.
Por poi fango in faccia a fanciulli, cenere, fuligine parmi ancor SUPERSTIZIOSO poiché a niuna virtù naturale han su di sì fatte cose notata i Medici come si potrebbe dire del sale, aceto, salvi e simili di che gli sogliono anche corredare, per il medesimo fine di allontanargli dalle malie.
Non ho poi dubbio di dichiarar SUPERSTIZIONE il ricorrere apertamente alle STREGHE che voi chiamate FAVIE, che con recitar Ave Marie e segnar Croci, interrotte con una gran sequela di sbadigliamenti, da onde dicono conoscere la malia e guarire l'AFFASCINO.
Sembrano le loro operazioni sante per le orazioni che recitano e per le Croci che segnano ma quello sbadiglaire sì continovo, e conoscer da esso la malia, che cosa vuol'essere?
Io per me nollo distinguo dal rimedio che soleano applicarvi gli antichi appo Plinio, qual'era adorare un Dio qual chiamavano FASCINOda chi già credeano discendere le malie.
Qual dunque dichiariomo peccaminoso de' recitati rimedi?
Non il SAGRO nè il NATURALE ma soltanto il SUPERSTIZIOSO, perché in questo vi concorre l'INVOCAZION DEL DEMONIO qual'è veleno che corrompe tutte quell'opere cui s'insinua onde San Giangrisostomo nell'omelia VIII sovra il capo III de' Colossesi così sgrida: Quid vero et ridicula commemorem? Cinerem, fuliginem atque salem, et rursus Vetulam in medio productam, revera ridiculum atque dedecus, at oculus quisquam, inquis, fascinavit puerum. Quousque satannica istat' quo modo non ridebunt nos Graeci? quomodo non subsannabunt? quando aliis dicimus magnam esse Crucis virtutem, quomodo credent cum viedeant nos agere quae ipsi derident?.
Gran vergogna è veder la Donna Cristiana incastrar la faccia del suo bambino con saliva, fuligine e loto per rimedio della magia quando la fede ci predica esser grande la virtù della S. Croce!
E se così è perché di grazia non avvalersene e cambiarla per un poco di loto?
E se ci sono i Sacerdoti perché chiamar la VECCHIA che disciolga loro l'AFFASCINO co mille spropositi e altrettante iniquità ch'ella opera?
Che direbbono se la vedessero gli ERETICI?
E dov'è la virtù che voi predicate della Croce se in nulla stima dimostrate averla in sì frivole infermità?
Questi sono sono gli enfasi del Santo pastore e di ogni Cattolico qualora sia realmente tale.
Ricorrete di grazia alle vere medicine quando avete i vostri figliuoli in malia, accorrete alle cose di vera devozione, che v'ha a che fare la VECCHIA, STREGA, INFAME?
Che v'ha a che fare? ha [la Chiesa] quanto vi fa d'uopo per discior le MALIE, la benedizione de' Sacerdoti, l'acque benedette, ha quanto vi basti.
Che se i più forti INCANTESIMI non possono resistere alla virtù della BENEDIZIONE come non cederanno ancor le MALIE de' vostri bambini? grande è la virtù della S. Croce e dell'acqua benedetta.
Riferisce fra gli altri Gio. Stefano Menochio nell Sagre Stuere di un tale per nome Italico che, impegnato a combattere nei Giuochi Circensi, si fè prima d'entrarvi benedire da S. Ilarione: avendolo il Santo asperso d'acqua benedetta e segnato colla Santa Croce, contro l'aspettativa degli emuli, ne rimase vincitore e con gran decoro della nostra Santa Fede, di maniera che tutti gridarono, al dir di S. Girolamo nella vita di questo Santo, che Marna era rimasto vinto da Cristo.
MARNA qual era l'IDOLO che s'adorava in Gaza di Palestina dagli Emuli di Italico.
Ma per finirla, ditemi Donne per qual virtù fu ammaliato il vostro Bambino?
Può esser più che per la diabolica? e non vale più del Demonio Giesù Cristo e la sua santa Croce con cui hanno i Cattolici sconfitto gli Eserciti de' Barbari?
Quanto operò con essa Ludovico Re di Francia? quanto Guglielmo di Normandi? quanto Costantino Magno? quanto Giovan d'Austria?
La Croce uditori, la Croce è il Coltello che recide il laccio dei Demoni, la Croce è quel Santo Coltello che donò al Maccabeo, in visione Geremia, onde sconfisse Nicanore persecutore di Gierusalemme: alla Croce, alla Croce correte, alla Benedizione e con fede, che avrete l'intento.
E alla fine poi miglior partito sarà non offendere Dio e restare infermo che offenderlo e guarirsi come dice S. Agostino: Ibi eligat dilecto Deo emori, quam offenso vivere.
"Basta quanto s'è detto" [scrive ancora PADRE SERIO trattando di SUPERSTIZIONE e MAGIA] "per fare l'ESAME DI COSCIENZA su di questa materia, né più mi fa d'uopo parlarne, rimettendomi del rimanente ai Confessori quando verranno loro per le mani sì fatte materie.
Ma in che son tenuti all'ora quando occorre loro d'ascoltar le CONFESSIONI di questi SUPERSTIZIOSI?
Debbono in prima dimandare il MALEFICO se ha fatto col Demonio PATTO ESPRESSO.
Secondo se ha creduto potersi adorare per Dio.
Terzo si vi è CARTA o sia OBBLIGO scritta con il SANGUE o semplicemente, e ritrovando esservi debbe obbligarlo aGUASTARE IL MALEFICIO e a restituire i danni, di roba e di stima arrecati per esso e in ultimo non dee ASSOLVERLO se prima non s'è accertato dell'EMENDA con imprgli buona PENIETNZA e tor via tutte l'occasioni di ricadere, come a BRUCIARE I LIBRI o CARTE che contengono sì fatte SUPERSTIZIONI in sua presenza come costumava S. Paolo e S. Teodoro Archimandrita e Vescovo Ftastaziopoletano appo il Bollando né si dimentichino di OBBLIGARE ALLA DENUNZIA di chi ha d'uopo giusta i Decreti del SANTO UFFIZIO
Una particolare medicina -di cui oggi quasi nulla più si ricorda- fu la MUMMIA.
Si trattava di una miscela di bitume, MIRRA, ALOE, zafferano, balsamo e altri aromi, di consistenza cerosa, colore bruno o nero, odore sgradevole che era usata nell'antichità per conservare i cadaveri e che dal Medioevo sin al secolo XVII fu estratta dalle tombe egizie essendo oggetto di un attivo commercio dato che la credenza popolare -ma anche il parere di svariati medici- le attribuiva delle PROPRIETA' MEDICINALI E MAGICHE: vedi qui cosa ne scrive il SENNERTIUS in merito alla sua UTILIZZAZIONE nel facimento dell' UNGUENTO ARMARIO.
Talvolta le veniva aggiunto dell'asfalto ed era prodotta artificialmente con l'essiccamento di corpi morti.
Molti testi di medicina antica riconoscevano reale valore terapeutico alla MUMMIA: per esempio in "PETRO ISPANO VOLGAR." (2-22) si legge "Ardi insieme mummia, sangue di dragone, incenso, mastice, classe, e nella aurora danne a bere con siropo rosato o vero con zuchero rosato"
E parimenti nel FASCICULO DI MEDICINA VOLGARE (18) si trova altra medicina: "Unguento da crepati. Togli pece navale, mastice, pegola, terra sigillata, sangue di drago, scornice di carta rasa, chalidomo arsi ana on. IJ, bolo armenico, mumia armoniaco, colla di pesce ana drag. IJ e fa unguento".
Nel RICETTARIO FIORENTINO (I-C-II) era addirittura proposta una selezione fra le qualità del prodottotto commercializzato: "La mumia buona suole essere di colore nera, lucida, puzzolente, soda e facile a polverizzare, di sapore orribile": e peraltro non era impossibile rinvenire MUMMIE anche in area italiana attesa l'abitudine, pur non frequente e durante il fulcro dell'Impero di Roma, di mummificare alcuni corpi come attestano importanti RINVENIMENTI tanto del passsato che della contemporaneità.
Gli stessi concetti riprese e divulgò con notevole successo il Mattioli nel suo volgarizzamento del medico classico Pedanio Dioscoride: si dovette giungere a MEDICI DEL XVI SECOLO per mettere in discussione la validità di questo medicamento che comunque continuò a trovarsi nelle farmacie sino al XVIII secolo, quando contestualmente iniziarono altre investigazioni scientifiche e antiquarie sul loro segreto iniziando raccolte museali e soprattutto procedendo ad una ordinata apertura dei SARCOFAGI e ad una attenta sfasciatura delle MUMMIE in essi custodite: in merito ad una interpretazione nuova della MUMMIA non si può tuttavia far a meno di menzionare AMATUS LUSITANUS laddove nel XVI secolo, in un suo commento a Dioscoride, dissertò in modo innovativo della MUMMIA sotto le voci BITUME e PISSASFALTO (e proprio AMATUS LUSITANUS, accostandosi per certi aspetti al GOCLENIUS denunziò aspramente gli abusi dei MANGONES, mercanti adulteratori, che criminalmente elaboravano nei loro laboratori le MUMMIE EFFIMERE allo scopo di lucrare su un TRAFFICO ESTREMAMENTE REDDITIZIO.
La lunghissima tradizone della MUMMIA come medicamento -cosa non molto nota- prese corpo nel Medioevo dall'opera dei mercanti italiani che se ne approvvigionarono nei mercati medio-orientali per commerciarla, ad un prezzo superiore addirittura a quello delle Spezie, nella Cristianità.
Un ruolo importante nel traffico di MUMMIA ebbero poi i CAVALIERI TEMPLARI che proprio con essa, oltre che con altri commerci e servizi, si arricchirono in Oriente: la loro fama di MAGHI (fama che fu alla base della loro rovina e che rientrò tra le principali accuse loro mosse al CONCILIO DI VIENNE del XIV sec. che ne segnò la fine) fu alimentata proprio dalla loro riconosciuta dimestichezza con l'ALCHIMIA e la conoscenza di nuove ed ancora misteriose medicine -non completamente giustificate dalla Chiesa- spesso recuperate dal patrimonio culturale del MEDIO ORIENTE e specificatamente dell'EGITTO tradizionalmente venerato e temuto come terra di maghi e di segreti insondabili.
La MUMMIFICAZIONE fu importata dai Romani nel modo occidentale e pur non divenendo pratica comune di seppellimento gli scavi archeologici hanno lasciato tracce di un certo significato con ritrovamenti avvenuti nel RINASCIMENTO come in tempi recenti.
Una scoperta eccezionale che confuse Roma tutta e fece vacillare alcune coscienze fu fatta alla fine del XVI secolo nel corso di lavori casuali di sterro e recupero materiale edilizio sulla via Appia.
Nell'aprile del 1485 alcuni operai scoprirono non lungi da Roma durante uno scavo presso la "via Appia" scoprirono un SARCOFAGO dal contenuto straordinario: in esso stava il "corpo mummificato" di una ragazza romana di notevole bellezza: il sarcofago, per volere dei "Conservatori della città" venne esposto per due giorni al "Palazzo dei Conservatori" di modo che una folla enorme (oltre 20.000 persone si recò a visitarlo) spinta dalla convinzione di un fatto miracoloso ed anche dalla superstizione, ritenendosi che presso il corpo fosse stata rinvenuta una lucerna ancora accesa dopo oltre mille anni di inumazione).
Per evitare il crescere della superstizione "Papa Innocenzo VIII" ordinò che il corpo di notte fosse di nuovo portato in luogo segreto e disperso nei dintorni di "Porta Pinciana".
Il DISEGNO DEL CORPO MUMMIFICATO ("disegno a penna colorato all'acquarello, in lettera di B.Fonte a F.Sassetti, Coll. Prof. B.Ashmole, Oxford") è opera di un testimone oculare dello straordinario evento, l'umanista Da Fonte che ne scrisse all'amico fiorentino "Sassetti" che a sua volta fece resoconto del fatto al dottissimo amico "Lorenzo il Magnifico de' Medici".
Così annotò il "Da Fonte": "Bartolomeo Fonte al suo amico Francesco Sassetti salute...
Mi hai pregato di dirti qualcosa sul corpo di donna trovato di recente presso la Via Appia. Spero soltanto che la mia penna sia in grado di descrivere la bellezza e il fascino di quel corpo. Se non ci fosse la testimonianza di tutta Roma il fatto sembrerebbe incredibile...Nei pressi della sesta pietra miliare dell'Appia, alcuni operai, in cerca d'una cava di marmo, avevano appena estratto un gran blocco quando improvvisamente sprofondarono in una volta a tegole profonda dodici piedi. Rinvennero colà un sarcofago di marmo. Apertolo, vi trovarono un corpo disposto bocconi, coperto d'una sostanza alta due dita, grassa e profumata. Rimossa la crosta odorosa a cominciare dalla testa, apparve loro un volto di così limpido pallore da far sembrare che la fanciulla fosse stata sepolta quel giorno. I lunghi capelli neri aderivano ancora al cranio, erano spartiti e annodati come si conviene a una giovane, e raccolti in una reticella di seta e oro.
Orecchie minuscole, fronte bassa, sopraccigli neri, infine occhi di forma singolare sotto le cui palpebre si scorgeva ancora la cornea. Persino le narici erano ancora intatte e sì morbide da vibrare al semplice contatto di un dito. Le labbra rosse, socchiuse, i denti piccoli e bianchi, la lingua scarlatta sin vicino al palato. Guance, mento, nuca e collo sembravano palpitare. Le braccia scendevano intatte dalle spalle, sì che,volendo, avresti, potuto muoverle. Le unghie aderivano ancora saldamente alle splendide, lunghe dita delle mani distese; anche se avessi tentato non saresti riuscito a staccarle. Petto, ventre e grembo, erano invece compressi da un lato, e dopo l'asportazione della crosta aromatica si decomposero. Il dorso, i fianchi e il deretano avevano invece conservato i loro contorni e le forme meravigliose, così come le cosce e le gambe che in vita avevano sicuramente presentato pregi anche maggiori del viso.
In breve, deve essersi trattato della fanciulla più bella, di nobile schiatta, del periodo in cui Roma era al massimo splendore.
Purtroppo il maestoso monumento sopra la cripta è andato distrutto molti secoli or sono senza che sia rimasta neanche un'iscrizione. Anche il sarcofago non porta alcun segno: non conosciamo né il nome della fanciulla, né la sua origine, né la sua età." (trad. dal latino dell'originale in "Collezione Prof. B.Ashmole, Oxford").
Uno dei più recenti ritrovamenti in Italia è stato il corpo abbastanza ben conservato di una GIOVINETTA MUMMIFICATA ritrovata in un sepolcro lungo la via Cassia, sempre presso Roma in loc. Grottarossa: la datazione scientifica riporta la mummia a circa 1800 anni or sono, quindi al fiorire di Roma imperiale: il processo di mummificazione era spesso fatto praticare da funzionari imperiali che avevano operato in Egitto ed avevano potuto ammirare la straordinaria tecnica di inumazio nel, tanto da volerne trasferire esperimentazioni anche in Italia.
A tal proposito, per quanto possa far fede l'entusiastica lettera dell'umanista "Da Fonte", in merito al più celebre ritrovamento di MUMMIA in Italia è da registrare il passo in cui egli analizzava il "taglio strano degli occhi" quasi che quella che per lui fu una fanciulla d'alto rango poteva benissimo essere la giovane congiunta orientale, siriana od egiziana magari di nobile schiatta, di qualche funzionario che ne volle portare la salma con sè: ma tutte queste restano comunque ipotesi, salvo la constatazione del rilievo che in certi ambienti culturali e di elevata condizione sociale la pratica della mummificazione fu in uso anche nella romanità prescindendo dal caso celebre delle mummie dipinte di "Fayum".
In'opera di medicina, l'Hortus Sanitatis del 1557 furono ribaditi vari concetti sulla potenzialità terapeutica della MUMMIA: la prima ILLUSTRAZIONE nota del modo abituale di procurarla (saccheggiando i depositi di mummie che affioravano o che erano stati individuati dai profanatori, esistenti sin dalla notte dei tempi) è invece contenuta nell'ultima pagina dell'opera di Joachim Struppe dal titolo Testimonianze dei più famosi dottori, storici e filosofi sui medicamenti esotici più segreti e preziosi, in special modo sulla mummia e su tutto quanto la riguardo; e come essa fu universalmente impiegata nei tempi antichi in Giudea, Egitto, Arabia e altrove.
Nella "Storia generale delle droghe" del 1694 (trad. dal francese), il commerciante e farmacista parigino "Pierre Pomet" sperava di distogliere i suoi lettori dall'uso di medicamenti a base di mummie con la spaventevole raffigurazione in primo piano d'un CADAVERE SBUDELLATO. Espresse il proprio orrore nella parola "gabbaras" riportata in alto a sinistra fra le due mummie, che sopravvive nell'inglese "garbage" il cui significato è "sterco" o "rifiuto".
Nel libro si svela che questa particolare mummia, piuttosto malandata, avrebbe fatto parte del bottino della vittoriosa battaglia navale di tardo '500 dei Cristiani contro i Turchi a Lepanto e che era stata portata nel confliitto navali dai musulmani come una sorta di talismano.
In un'opera famosa, Civiltà al Sole, "C.W.Ceram" scrisse:"Mumiya" è una parola araba che denomina propriamente un asfalto naturale al quale già in epoche precedenti si attribuivano virtù medicamentose. Quest'asfalto fu una delle sostanze con cui, dopo tentativi di ogni genere, le mummie egiziane furono finalmente imbalsamate.
Dalle tombe l'asfalto passò alle farmacie " [ed anche ai laboratori di salute delle infermerie dei patrizi, come i Signori di Dolceacqua]" d'Europa e vi rimase sin verso il XIX secolo quando la distinzione tra "mummia" e "mumija" andò perduta ed ai malati ricchi furono prescritti medicamenti costosi ricavati dalle salme polverizzate dei sovrani e delle sovrane egiziane.