cultura barocca
<A HREF="VALLEC3.HTM#BERNARDO">LA PARROCCHIALE DI VALLECROSIA MEDIEVALE</A>

LA PARROCCHIALE DI VALLECROSIA MEDIEVALE

LA PARROCCHIALE OGGI

INTERNO DELLA PARROCCHIALE

ALTARE DELLA MADONNA: STATUA DEL XVIII SEC. ATTRIBUITA AL MARAGLIANO

ALTARE MAGGIORE: CROCIFISSO ATTRIBUITO AL MARAGLIANO (XVIII SEC.)












L'antica primigenia chiesa parrocchiale di Vallecrosia (naturalmente medioevale) si giudicò a lungo il piccolo tempio di S. Bernardo poi intitolato anche a Nostra Signora delle Grazie che sorge in un'area sopraelevata, fuori borgo, dove poi venne istituito il vecchio cimitero vallecrosino.
Nell'impianto generale la chiesa, a una sola navata con due cappelle laterali, si rivela di una certa vetustà e può per vaghe convergenze tipologiche far riandare col giudizio ad un tardo-romanico molto influenzato dall'avvento di altre espressivita artistiche e molto condizionato da rivisitazioni posteriori.
Già il Lamboglia, in un suo fuggevole esame rimasto inedito, notò che sotto una rudimentale copertura, forse sei-settecentesca, si individuavano i residui, le tracce di più antichi affreschi o comunque di un'anteriore, più fine intonacatura.
Questa impressione di antichità e l'intitolatura a S. Bernardo fece giudicare questa come la primitiva chiesa parrocchiale poi surrogata con quella di S. Antonio nel 1737, date le esigenze di un'aumentata popolazione: ed a confortare tale ipotesi rimasero due iscrizioni a S. Bernardo e il fatto che proprio nel XVIII secolo il vescovo intemelio Bacigallupi avesse consacrato la nuova chiesa parrocchiale.
A prescindere da questi dati giungevano però anche notazioni che stonavano con tale ipotesi.
La chiesa di S. Bernardo fu edificata in un'area piuttosto scomoda ed eccentrica rispetto all'impianto urbano murato più antico e ancora nel XVIII secolo come risulta dal cartografo Vinzoni era alquanto isolata rispetto all'abitato (A.S.G., Fondo cartografico, Bordighera 2 = 1730 circa) sul tracciato del percorso che prolungava fuori da Vallecrosia verso S. Biagio della Cima e quindi tutto l'entroterra, la via del mare.
Inoltre nel 1670 (A.S.G., Magistrato delle Comunità, 26-VIII-1670) gli Officiali di Vallecrosia, in una petizione per restauri ad una via, parlarono di "... una Chiesa di S. Bernardo...", in modo troppo generico (avrebbero altrimenti detto come soliti la Parrocchiale), quale un luogo di culto dove, di tanto in tanto, ci si recava in processione.
A questo punto bisogna riflettere sulla parrocchiale del 1737, quella chiesa di S. Antonio però dall'impianto ad una sola navata, certamente del XVIII secolo con quel suo carattere stilistico proprio di un arioso barocco ligure.
Locata nell'interno del borgo inglobata in un insieme urbano fatto con la tecnica di case addossate a fortilizio, la chiesa conserva qualche singolarità.

Paolo Stringa (cit. p. 60, n. 139) suppose qualche cosa: "La chiesa parrocchiale di S. Antonio rifatta nel 1737 trae forse le origini da un precedente edificio medioevale, come sembrerebbe confermare la COLONNA CON CAPITELLO CUBICO che sul fianco destro regge la sporta di una nicchia di altare barocco" (c'era anche sul fronte della chiesa un gemello poi riutilizzato in un edificio privato!).
E aveva ragione: fu incuriosito da quel capitello, come chi scrive, fu incuriosito dalla lapide secentesca riutilizzata nel muro, a destra dell'uscita, di una chiesa teoricamente completata ex novo nel 1784 (ORENGO cit., p. 128).
Ma in effetti una parrocchiale a S. Antonio esisteva da molto tempo prima (XIII secolo?).
Fu poi dedicata forse anche a S. Bernardo e S. Sebastiano come si ricava da un quasi indecifrabile scritto di contabilità (Archivio Parrocchiale di Vallecrosia = senza ordine tecnico) riguardante "Valle Croza ville vintimilij" per gli anni 1576-7 (sottoscritto Jacobus Martinus) e più specificatamente da un appunto del 20-VII-1614 da cui risulta un prestito di L. 20 degli "Offisiari del Santissimo Rosario" agli "Offissiari" della "Parrochiale del Santo Antonio et Santo Bernardo et Santo Sebastiano" come dire i curatori non ecclesiastici = Ibidem, sciolto).
Qualche informazione (oltre a scritti concernenti gli "Offissiari" qui superflui per l'evidenza di questi soli dati) la producono gli scritti relativi alle visite pastorali: il 29-III-1621 il Vescovo intemelio Nicolaus Spinulas cresimò 26 fanciulli vallecrosini "in Ecclesia Parrochiali Valicrosie", l'11-V-1704 il vescovo intemelio Ambrosius Spinula cresimò (in vesperis in Ecclesia Parochiali loci Vallicrosiae in actu Visitationis) 71 Puellae (fanciulle) e 70 Pueri (fanciulli) di Vallecrosia e contestualmente 11 ragazzi di Perinaldo (Podij Rainaldi), 3 di Vallebona ( Vallisbone ) e 2 di Borghetto S. Nicolò ( Burghetti ).
Il numero non inganni, i cresimandi venivano radunati, a diversi livelli d'età, nell'epoca mai annuale delle visite pastorali per ricevere quel sacramento: ma, e questo è importante, come avrebbe potuto reggere tale affluenza la piccolissima chiesa di S. Bernardo?
Il 21-X-1711 il vescovo intemelio "Carolus Maria Mascardus... contulit sacramentum Confirmationis", a 28 tra fanciulli e puellae, "... in Ecclesia Parochiali S. Antonij Abbatis Loci Valliscrosiae..." (in Archivio Parrocchiale cit. = in ordine).
Dunque la parrocchiale di S. Antonio esisteva, consacrata, ben prima del 1737!
Erà solo più piccola dell'attuale (ma sempre più grande di S. Bernardo!), era forse intestata a tre Santi ed era in pessimo stato.
Per ampliarla e ristrutturarla i vallecrosini pensarono di inviare una petizione al Senato genovese per stornare una consistente somma dal deposito presso il banco di S. Giorgio fatto da un ricchissimo Giovanni Aprosio a beneficio dei compaesani e per utilizzarla all'uopo: grazie ai soldi del previdente (per i vallecrosini) Aprosio si sarebbe così avuta una buona chiesa!
Si elessero un procurator ad exigendum in Gio.Battista Lamberti il 2-VII-1719 (Sezione Archivio di Stato di Ventimiglia, notaio Gio.Francesco Guglielmi, rogito del 2-VII-1719, n. 305: ne avevano scelto uno prima nel genovese Antonio Maccario di cui però più nulla si seppe>Ibidem, 2-VI-1717, n. 84) e poi le autorità dettero notizia al popolo riunito in Parlamento dei dettagli dell'iniziativa.
La comunicazione (Ratificatio ad Populum) avvenne sempre il 2-VII- 1719: il rettore (Bartolomeo Cassini) e i due Consoli Gio.Francesco e Gio.Bartolomeo Aprosio informarono i 75 capi di famiglia, convenuti al suono della campana, che era necessario valersi di quella iniziativa e di quel procuratore per risistemare la chiesa parrocchiale (S.A S V, notaio G. Francesco Guglielmi, rogito del 2-VII-1719, n. 303).
Contemporaneamente venne steso un ulteriore atto, da valersi per la Comunità e per il Senato genovese, con cui alcuni periti tecnici avrebbero garantito la necessità di quei lavori per la RISTRUTTURAZIONE e l'AMPLIAMENTO di S. ANTONIO.
Gio.Bartolomeo Biamonti architetto di Ventimiglia testimoniò: " ... Io posso con giusta verità attestare che la Chiesa parrocchiale di St.Antonio Abbate di Vallecrosia per la grande humidita, et acqua piovana che le viene dal tetto ha molto bisogno di esser reparata, e per conservatione della medema giudico necessario rifarle il tetto di materia, come pure per esser assai moltiplicato di persone il presente luogo stimo necessario l'accrescimento della medema Chiesa verso i monti e per ciò fare giudico che ci vorrà la spesa di lire ottomila circa non ostante che il Popolo si facci buona parte delle fatiche...".
Il vallecrosino Giacomo Aprosio fu Gio.Angelo testimoniò subito dopo: "... Io in compagnia del Capo mastro Gio.Batta Biamonte di XXmiglia son stato più volte a visitare, e considerare il tetto, e muraglie della nostra Chiesa parrocchiale di S. Antonio, et habbiamo giudicato che è necessario per conservare detta Chiesa farle il tetto di materia perchè, quando piove, in molti luoghi convien che le persone si ritirino per l'acqua che le viene dal tetto, e muraglie, et io anche conosco necessario e bisognevole l'aggrandinamento di detta nostra Chiesa, perchè spesse volte in giorno di festa quando si ufficia le persone non vi possono capir tutte, per essere cresciuto il nostro Popolo et habbiamo giudicato che adanche noi le travagliamo li giorni di festa, e le facciamo la buona parte delle fatiche, vi sarà la spesa di lire ottomila circa..." (S.A.S V., not. G. Francesco Guglielmi, rogito del 2-VII-1719, n. 304 = nella Ratificatio si incaricò il procuratore di chiedere però al Senato genovese la derogatio di solo 6.000 lire).

La perizia è utile perche ci testimonia dati essenziali: S. Antonio esisteva da molto tempo, era piccola, danneggiata ed umida e forse aveva il tetto in legno!

Non si sono trovate, oltre a QUESTE PERIZIE TECNICHE ulteriori notizie ma l'impresa andò in porto; come si è notato dall'analisi dell'attuale parrocchiale il piccolo campanile della precedente vecchia costruzione venne fasciato col nuovo e più grande ma del vecchio si riconoscono ampie porzioni, come l'intonacatura e l'affresco (e pur con una saltuaria visitazione se ne è riconosciuta la vetusta!).
La più grande chiesa nuova avvolse quella vecchia: intorno a questa si costruì un terrapieno su cui poggiò il nuovo edificio.

La porzione della vecchia venne diruta per quanto eccedeva il terrapieno ma conservata quale cripta per inumazioni nella porzione inferiore al pavimento della nuova chiesa ed a cui si poteva accedere per il tramite di una botola sita presso l'altar maggiore del moderno edificio.
Questa è stata chiusa da tempo ma nelle testimonianze di chi potè accedervi, anche per quei lavori di sistemazione, risulta sotto l'attuale chiesa la presenza di un vano molto ampio con ai lati (riferiti e supponibili) altari o tombe utilizzate nel 1700 e soprattutto la continuazione dei due pilastri terminali dell'edificio, oggi visibile e frequentato, in due gemelli sui quali i precedenti si reggerebbero.
A questo punto potrebbe anche avere una sua giustificazione la faccenda delle lapidi murate nella chiesetta di S. Bernardo: tempio con il quale, nell'economia di chi le volle, non ebbero a che fare!
Le due iscrizioni dovettero riguardare la chiesa di S. Antonio: infatti una ribadiva la venuta a Vallecrosia, per predicare in questa chiesa, di S. Bernardo di Chiaravalle (XII secolo) e l'altra del XIII secolo, denunciava come la stessa chiesa fosse poi stata consacrata anche al grande monaco.
Ma allora perchè sono ora sistemate in S. Bernardo?
Se le due lapidi, come visto del XVII-XVIII secolo, sono ricopiature da antiche incisioni è presumibile che siano state riprese da iscrizioni andate distrutte nel corso dei lavori per la ristrutturazione di S. Antonio (XVIII secolo) e che poi, senza valutarne giustamente il significato che le voleva legate a quest'ultima chiesa, siano finite in quella di S. Bernardo, lentamente fiorita per il culto di un Santo che aveva poco spazio in S. Antonio e la cui chiesa la gente volle nell'edificio sacro fuori borgo.
Come potrebbe anche essere che quelle due iscrizioni siano state fatte del tutto ex novo, all'epoca di qualche lontana celebrazione per S. Bernardo, e senza molta considerazione del luogo e delle circostanze siano state locate nella chiesa ormai ritenuta esclusiva di S. Bernardo (nella Parrocchiale, stando alle lapidi e a dati diversi, pur dedicata anche a S. Bernardo la "presenza" di S. Antonio era troppo soffocante e infatti questa fu quasi sempre nominata quale chiesa parrocchiale di S. Antonio).
In definitiva la parrocchiale di S. Antonio, pur di dimensioni ridotte rispetto all'attuale, esisteva da molto tempo prima di quanto il vescovo intemelio Bacigallupi la consacrò o meglio la riconsacrò singolarmente a S. Antonio Abate come si legge in un'iscrizione sul muro perimetrale destro all'interno: "Ant.M.a Bacigallupi / Episcopato Intem. consecravit / Ecclesiam hanc dicatam / D.Antonio abati / anno 1737 die XXIII Januarii / eiusq. celebritatis memoriam / dominica III octobris / recolendam statuit" (che poi, per i latinisti, è già un programma: la chiesa, dall'iscrizione, risulta consacrata ma già dedicata a S. Antonio, esistente da tempo, e il Bacigallupi ribadì nell'occasione la necessità di celebrare il Santo in un tempo preciso: la terza domenica di Ottobre).

Tenendo conto di questo evento è anche pensabile che l'edificio religioso di S. Antonio abbia avuto un periodo di non fruibilità (dai lavori iniziati poco dopo il 1720 sino alla loro sostanziale conclusione nel 1737 quando la struttura base e sacralmente importante risultò compiuta) ma che sia stata riaperta ai fedeli, per cui era insufficiente qualsiasi altro tempio vallecrosino, prima della totale sistemazione (la facciata infatti risultò com piuta molto dopo, nel 1784 = ORENGO cit., p. 128).