inform. Durante In questa miniatura (custodita a Parigi nella Biblioteca Nazionale, Ms. Lat. Nouv. Acq. 1673, c. 100r) è rappresentata (sorprendentemente data l'epoca dell'età intermedia e tutti i condizionamenti religiosi in materia) uno dei temi più riservati e intimi della condizione umana cioè il COITO (cioè l'UNIONE SESSUALE fra un uomo ed una donna) la cui finalità, conformemente ai dettami biblici, avrebbe dovuto esser stata connessa sempre alla PROCREAZIONE O CONCEPIMENTO DI UNA NUOVA VITA. In una sua pubblicazione, di rinomato e fondamentale rilievo, GIOVANNI MARINELLO (Le medicine partenenti alle infermità delle donne, in Venetia, appresso Francesco de Franceschi, 1563, libro II, capitolo VIII, cc. 79 -80), affrontando il delicato argomento del rapporto sessuale (de coitu) scrisse, sorprendentemente in italiano per un testo di medicina, :"Vogliamo dunque che, prima che il marito e la moglie che non fa figliuoli dormano insieme, stiano tanto che all'uno e all'altro ne venga sommo desiderio, e guardinsi di non conoscere carnalmente altri. Dipoi il marito di profumi con alcuno dei suffumigi che spirano soave odore et unga il membro suo con zibetto, muschio o altra cosa tale. E questo faccia egli quando va a letto per spazio di un'ora prima che abbia a usare con lei. Aprresso, come egli è entrato in letto, cominci a toccare le mammelle amorosamente e basciarle, et massimamente i capi di quelle, ragionando con la donna di materia che inciti il coito, nel quale essendo la donna stringa le cosce, ma non si mova il marito accioché l'aere non corrompa lo sperma....".

Siamo nell'epoca postridentina e quindi in un clima di notevoli restrizioni sessuali e di gravi penalizzazione per ogni eventuale DEVIANZA SESSUALE e la DONNA, nel contesto di un generico antifemminismo, era mediamente vista come la SUPREMA TENTATRICE PER ECCESSO NATURALE DI LUSSURIA: sì che ancora il MARINELLO (nella sua stessa opera, libro I, cap. II, c. 3) si premunisce in maniera abbastanza colorita di avvertire gli uomini dalle pratiche di abusi sessuali del tutto imprevidenti (anche nella circostanza che si pratichino eccessi sessuali con le proprie legittime consorti):" ... pochi uomini veggiamo che, continuando in simili atti, non si infermino overo non divengano vecchi di dieci anni più avanti che non farebbero. Appresso questo fanno la vita breve e ne menano vecchiezza, indeboliscono e corrompono l'intelletto, i sensi e generalmente ne togliono tutte le forze. Similmente offendono lo spirito, estingono il suo calore naturale e risolvono i nervi motivi; diminuiscono la forza delle gionture e massimamente delle anche e di tutti li membri, come e de' piedi, de gl'occhi, del cervello, della nuca e sopra ogni altra cosa del stomaco. Rendono il corpo pessimamente disposto, generano suono nelle orecchie, fanno febbri acute, sono cagione di tremore, di debolezza di nervi, di continue vigilie. Nuocono piu ch'altri alla vista, fanno divenire calvo, muovono il male caduco, incitano dolore di schiena, di reni e della vesica, destano dolori colici, fanno puzzare tutto 'l corpo e specialmente il fiato e le gengive. Attristano e stancano il corpo, e allora più che l'uomo sente maggior diletto del solito, percioché n'esce gran copia di sperma...".

Come con la riconosciuta acutezza precisa Maria Luisa Altieri Biagi (p.31) "la donna diventerà protagonista del trattato, destinataria delle cure, solo quando sarà gestante e partoriente. Del resto era proprio questo che l'autore si era impegnato a fare con le sue interlocutrici, fin dalla dedica: scrivere tre libri in cui si contene tutta la vita della giovane donna, cominciando dal suo MARITARSI [rifacendosi così all'ICONA DELLA VERGINE MARIA] fino che sia uscita del parto. Il Marinello non ha alcuna intenzione offensiva o riduttiva, nel far coincidere tutta la vita della donna con il periodo che va dal suo maritarsi al suo uscire di parto. Non è polemico, nel considerare la donna unicamente sotto l'aspetto della sua funzione riproduttiva, per la semplicissima ragione che a lui - medico - la donna appare solo in quella prospettiva, che è poi la stessa da duemila anni, a partire da Ippocrate per scendere a Galeno, a Sorano e ai loro epigoni. Se nel primo capitolo del primo libro de Le medicine partenenti alle infermita' delle donne la futura gravida e partoriente compare fuggevolmente come damigella, è solo per determinare quale sia il tempo perfetto al generare figliuoli e quindi l' età giusta (fra i 18 e i 25 anni) per contrarre matrimonio. Se nel secondo capitolo dello stesso libro figura altrettanto fuggevolmente come moglie, è solo per individuare quali siano le stagioni dell'anno (primavera e inverno) e le due ore della giornata più propizie al coito. Non che l'indicazione di queste ore rifletta qualche esigenza della donna: l'ora serale (quando la digestione del cibo non è anche compiuta, e avanti il dormire) è raccomandata in funzione del concepimento, perché ottima a generare; l'altra ora pomeridiana, fra i due pasti principali, è consigliata al maschio come misura igienica: non per generare, ma per conservare se medesimo sano, quando il seme è cresciuto in troppa abondanza, visto che lo sperma ritenuto è mortifero veleno nel nostro corpo".