Informatizzazione a c. di B. Durante

NELL'IMMAGINE UN RITRATTO DI GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA (DA ARCHIVIO FOTOGRAFICO "MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA"









Nel XVI secolo ovunque in Italia la musica ed il canto vengono venerate, tanto presso le corti quanto nelle cappelle delle chiese, ad opera di ogni classe sociale.
Fra le città paria di grandi esperienze musicali sono da citare soprattutto Roma e Venezia.
In Roma esercita il suo magistero quello che può giudicarsi il più illustre polifonista vocale di tutti i tempi,
Giovanni Pierluigi nato a Palestrina fra il 1525 e il 1526, scomparso a Roma nel 1594, ed il cui cognome Pierluigi venne spessissimo surrogato dall'epiteto encomiasta tratto dal toponimo del suo paese d'origine, cioè il da Palestrina.
Egli fu condotto fanciullo a Roma onde studiare la musica. Talentuoso, non aveva ancora vent'anni che era organista e maestro di canto nel luogo natio, donde venne definitivamente a Roma ove ebbe incarichi di notevole importanza.
Tra altre cose fu maestro della Cappella Giulia in San Pietro, direttore di quella Cappella di San Giovanni in Laterano e d ancora della basilica di Santa Maria Maggiore.
Successivamente tornò ad espletare il suo magistero presso la Cappella Giulia, incarico questo che mai più abbandonò .
All'epoca, per una tradizione quei conservatasi dai tempi di papa Gregorio , le chiese principali mantenevano un'autonoma Schola cantorum di cui si cercava, non senza gravami economici, di farne rettori i maestri di maggior celebrità.
Del Palestrina si conserva una complessa produzione, in cui predomina la musica sacra. In particolare compose messe da quattro a otto voci, mottetti da quattro a dodici voci ed altre opere ancora sempre di carattere sacro, mentre, per quanto concerne il genere profano, estrinsecò il suo genio nella produzione di madrigali da tre a cinque voci
. Il madrigale si era affermato ai tempi dell' ars nova italiana ma verso il XV secolo siffatto prodotto musicale venne meno per poi ricomparire, fiorendo ma con evidenti mutazioni, nel Cinquccento.
In tale epoca il madrigale acquisì infatti la tipologia di una composizione a quattro o cinque voci, altalenante fra lo stile polifonico imitato e l'omoritmia su testo squisitamente letterario.
Inoltre mentre nel madrigale del XIV secolo alle voci potevano unirsi gli strumenti, nel Cinquecento esso risulta un prodotto esclusivamente musicale. Sulla scia del Palestrina (fra i cui predecessori spiccò per importanza Costanzo Festa morto nel 1545) si affermò celermente la così detta scuola romana in cui si segnalarono artisti quali Giovanni Animuccia (scomparso nel 1571), i fratelli Giovanni Maria (1544-1607) e Giovanni Bernardino Nanino (1560 circa-1623), Felice Anerio (1560-1614).
Lo stile palestriniano finalizzò, nel contesto della polifonica sacra, le indicazioni dalla Chiesa romana posttridentina della seconda metà del '500.
Atteso che i precedenti canti polifonici sacri erano alquanto complicati strutturalmente e soprattutto risultavano scarsamente intelleggibili mentre, nel contempo, i cantori eseguendoli finivano per renderli ancora più complessi in forza di molteplici loro fantasiosi interventi virtuosistici, la Chiesa controriformista sanzionò l'esigenza, moralizzatrice e pragmatica, in senso fideistico di far eseguire negli edifici cultuali soltanto in reale sintonia con le necessità delle pratiche religiose.
La musica del Palestrina fu ispirata con spontaneità e senza forzature a questa normativa.
L'altra città che nel XVI secolo capeggiò idealmente i fermenti musicali italiani fu Venezia, al culmine di potenza e splendore.
Nella basilica di San Marco dal Cinquuecento presero a venire rappresentate, oltre alle musiche del Willaert, i grandi prodotti musicali di due artisti come Andrea Gahrieli (1510-1586) e Giovanni Gabrieli (1557-1612).
Siffatti compositori resero possibile l'evoluzione delle sacre polifonie in dialoghi e sovrapposizioni di due, tre e perfino quattro cori: alle voci si fondevano gli strumenti (San Marco fruiva peraltro di due organi cui s'aggiungevano violini, tromboni, cornetti e strumenti a fiato tipici dell'epoca).
V'è inoltre d'aggiungere che a Venezia, nel Cinquecento acclamata capitale dell'attività della stampa, giungevano da ogni luogo autori desiderosi di far pubblicare le loro opere: infatti la Serenissima era contestualmente centro idi stampa celeberrimo anche per le edizioni di carattere musicale.
Particolarmente, in tale specifico settore, si affermarono per l'eccellenza dei loro prodotti tipografici stampatori quali gli Scotto e i Gardano, che tramandarono l'arte della stampa di generazione in generazione.
In questa città, fervida di una temperie intellettuale altisonante, il citato Willaert si circondò di allievi destinati a gran fama tra cui il fiammingo Cipriano di Rore ( 15 16- 1565), il mentovato Andrea Gabrieli, Niccolò Vicentino (1511-1572) e finalmente Gioseffo Zerlino vissuto tra il 1517 ed il 1590.