inf. D. Gnech Vedi "ambulacro e giardino abbaziale"

"Il primo documento storico che ci parla della CERTOSA DI PESIO" -stando a quanto scrive il Giorgis nel volume La Certosa in Valle Pesio (1952)- "è l'ATTO DI DONAZIONE, che ne segna la nascita ufficiale (anno 1173)".
Vi si legge 'Tutti questi Signori di Morozzo, con tutto il popolo di Chiusa, fecero donazione in mano di Ulderico, PRIORE dell'ORDINE CERTOSINO, delle terre che giacciono nella parte montuosa del villaggio detto Chiusa site nel luogo denominato Ardua, dai rivi Alma e Crovera fino alle cime dei monti, e dall'una e l'altra parte del fiume Pesio, terreno colto, incolto e boschivo... Allo scopo di edificarvi un chiostro e una chiesa in onorem Dei Sanctaeque Virginis Mariae et Sancti Joannis Babtistae a vantaggio e sostentamento di tutti coloro che ivi avrebbero servito, e (aggiungono i Signori) per farsi merito innanzi a Dio e per la remissione dei propri peccati e di quelli dei loro antecessori' (Bibl. del Re, Torino).
In questo documento sono chiaramente indicati i donatori, i destinatari e lo scopo, o gli scopi, della donazione.
Il Padre Ulderico di cui si parla nel documento, oriundo di Casale Monferrato, veniva dalla CERTOSA MADRE DI GRENOBLE ed era stato designato dal Capitolo Generale dell'Ordine a ricevere e ratificare l'atto di donazione per la erigenda CERTOSA DI PESIO, di cui fu anche il primo PRIORE, dall'anno di fondazione 1173, fino al 1199, lasciando larga traccia del suo priorato come organizzatore della CORRERIA, prima provvisoria sede sulla sinistra del Pesio, come iniziatore del fabbricato definitivo sulla sponda destra di esso, e per aver creato altresì le grangie di San Michele e di Rumiana.
La scelta del luogo e la donazione dei terreni da parte dei Signori di Morozzo e del Comune di Chiusa, si spiega per varie contingenze.
Oltre che presentare condizioni assai favorevoli alla vita certosina, la Valle Pesio si trovava sulla via ideale di comunicazione fra la Certosa di Grenoble e la Certosa di Calabria, la prima in Italia, fondata dallo stesso san Brunone (1091).
Inoltre, il momento della DONAZIONE (sec. XI) corrispondeva dopo la lunga e dura dominazione saracena - ad un rifiorire di fede e slancio di pietà religiosa, per cui erano spontanee le offerte di terre e di mezzi agli Istituti monastici, che erano in quei tempi i Cenacoli della fede e della vita religiosa e, insieme, baluardi di sicurezza.
Anche il fatto della vicina CERTOSA DI CASOTTO, anteriore appena di due anni dalla fondazione di quella di PESIO, e cresciuta nel numero dei Monaci oltre quello permesso dalla primitiva consuetudine dell'Ordine (non più di 12), aveva costretto il Priore di Casotto a pensare ad un'altra sede non troppo lontana, per uno smembramento.
E così, la vicina alta Valle Pesio, con le altre favorevoli circostanze accennate, si prestava per la soluzione ideale, con una sede più ampia e conveniente, e nel silenzio di pace e solitudine che erano sempre state nel pensiero del Fondatore dell'Ordine.
Così erano gettate le basi di una Istituzione che per oltre 6 secoli riassunse e concentrò in sé il destino e le vicende della Valle, e diffuse larga luce di civiltà e di Fede nelle regioni circostanti come scrisse il De Maria.
La Certosa di Grenoble, tosto diventata la Grande Certosa, quanto quella di Pesio, ci dicono che anche l'Ordine Certosino come già quello Benedettino - aveva individuata la sua funzione sociale, in piena armonia con le condizioni economiche e con lo spirito e le necessità di quell'epoca remota; funzione che doveva pure comprendere la bonifica di selvagge ed impervie terre ancora del tutto trascurate e pressoché disabitate, con l'irradiamento della cultura e della civiltà in zone che parevano condannate dalla stessa natura ad un'eterna selvatichezza.
La CERTOSA DI PESIO, dunque, nata in pieno feudalesimo, sin dalla sua fondazione si trovò titolare di un suo feudo, senza strade, senza abitanti, quasi senza terreni coltivati, comprendente l'alta montagna della Val Pesio, gli ardua loca, che nell'atto di donazione danno alla regione il nome generico di Ardua, riservato in seguito alla montagnola in cui è attualmente la chiesetta della Madonna.
Si trattava di un compito non facile: organizzare la vita stabile in una specie di deserto verde l'estate, e deserto polare l'inverno, in un isolamento che ancor oggi, ai nuovi ospiti della Certosa, presenta una singolare asprezza e non è privo di preoccupazioni... annotò ancora il De Giorgis.
La CERTOSA DI PESIO, in forza di donazioni connesse alla sua crescente fama, ampliò i suoi possedimenti ed in particolare finì per aprirsi una VIA AL MARE LIGURE ottenendo il controllo del PRIORATO di AIROLE.
Complesse e a volte tormentate furono quindi le varie fasi della costruzione della CERTOSA DI PESIO, dagli umili inizi della Correria alla definitiva attuale grande Certosa sulla destra del Pesio, con le sue bellezze artistiche e progressivi arricchimenti, che raggiunsero l'apogeo tra i secoli XVII e XVIII, legato a nomi di artisti di fama.
La chiesa superiore specialmente, consacrata nel 1599, fu resa un vero gioiello, che per gli scanni intagliati con arte, gli stucchi e le pitture, la preziosità delle pietre meschie, ecc., non tiene invidia di qualunque altra di tutto il Piemonte come annotò Mons. della Chiesa.
Ma le vicende storiche - scrive ancora il De il Giorgis - ancor prima della soppressione francese, non furono sempre né fortunate né liete. Il tenore stesso del primitivo atto di donazione, piuttosto vago e privo di esatte configurazioni, sembra aver dato luogo a continui litigi fra la Certosa e gli abitanti di Briga Marittima da un lato, e quelli di Chiusa Pesio dall'altro. I documenti d'archivio del Comune di Chiusa ne parlano ad ogni pié sospinto... Le molte concessioni e le servitù tollerate a favore dei Chiusaschi, in misura veramente notevole e proporzionata ai bisogni dell’ aumentata popolazione, non valsero però a soddisfare questi ultimi, che con le loro scorrerie, invasioni, incendi..., provocarono a più riprese la parziale distruzione della Certosa e dei tesori storico-artistici che vi si andavano accumulando. Tanto che, nel 1350 l'Ordine Certosino ne deliberò l'abbandono, e fin quasi all'inizio del XV secolo la Certosa rimase deserta. Nondimeno la massiccia costruzione resistette alle ingiurie degli elementi e degli uomini. Ed il secolo XV vede risorgere la fama e la gloria della CERTOSA DI PESIO, illustrata da monaci di singolari virtù tra cui merita di essere ricordato il PRIORE FRA SAMUELE che tra non poche difficoltà curò la liquidazione del decaduto PRIORATO DI AIROLE fissandone la VENDITA AL COMUNE DI VENTIMIGLIA.
Le molestie non cessarono tuttavia. La località di san Bartolomeo, allora ancora deserta, trovandosi sui confini fra la proprietà della Certosa e quella del Comune della Chiusa, era stata oggetto di continue interminabili dispute..., e, riaccesesi le ostilità dei chiusaschi, l'anno 1509 si giunse a tal segno da invadere a mano armata la Certosa. Dopo aver devastate le proprietà del monastero incontrate per via, i chiusaschi manomisero ogni cosa ed appiccarono il fuoco alla Certosa. I monaci furono maltrattati, minacciati di morte, qualcuno anche ferito. Padre Simondino, Vicario, schivò per miracolo un colpo di pugnale; e Padre Alberto da Ceva venne ucciso il giorno di san Pietro e Paolo. Gli uomini e la comunità della Chiusa furono condannati, e il Duca di Savoia mandò commissari e soldati a far eseguire le sentenze e a rimettere i monaci in possesso dei loro beni. L'anno 1655 poi, è rimasto famoso nelle cronache della Certosa per le sacrileghe e plateali bravate commesse contro il monastero dalla cosi detta BANDA DEL CARNEVALE DELLA CHIUSA, congrega di buontemponi e, all'occorrenza, di mascalzoni e criminali, che capeggiati da due pessimi soggetti, per rancori personali e odio contro i monaci, strinsero d'assedio la Certosa e vi celebrarono il carnevale...
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Dopo la SOPPRESSIONE DELLA CERTOSA PER EFFETTO DELLE LEGGI NAPOLEONICHE (1802) un certo recupero del COMPLESSO si ebbe con il suo adattamento a stabilimento idroterapico, che, a metà XIX secolo, le ridonò un effimero periodo di notorietà in Italia e all'estero, anche per gli illustri personaggi che vi fecero sosta.
Col cessare dello stabilimento, all'inizio della prima guerra mondiale, la Certosa di Pesio tornò a chiudersi nel suo isolamento montano, sepolta nel verde delle sue foreste di faggi e castagni o sotto la coltre di neve delle sue abbondanti e prolungate precipitazioni invernali, destinata ad un progressivo irreparabile decadimento.
Finalmente l'arrivo dei Missionari della Consolata alla Certosa (1934) ed i restauri da essi effettuati per la piena funzionalità del decadente edificio, il notevole incremento, edilizio e viabile, della zona e soprattutto lo sviluppo enorme del turismo, villeggiatura, sport invernali, ecc., di questi ultimi anni, hanno assai favorito l'interesse e l'accorrere di numerosi visitatori (oltre i villeggianti in soste periodiche) all'insigne monumento, ben meritevole - del resto - e per l'imponenza del suo complesso edilizio e per l'importanza storica.