Nella storia della musica, furono detti castrati i cantanti maschi adulti che avevano subito la castrazione prima della pubertà, allo scopo di mantenere la voce acuta (BIBLIOGRAFIA = Patrick Barbier, Gli evirati cantori, Milano, Rizzoli, 1991. ISBN 88-17-84098-X
- Manfred F. Bukofzer, La musica barocca, ed. it. a cura di Paolo Isotta, Milano, Rusconi, 1982. ISBN 88-18-21605-8
- Sandro Cappelletto, La voce perduta. Vita di Farinelli evirato cantore, Torino, EDT, 1995. ISBN 88-7063-223-7
- Rodolfo Celletti, Storia del belcanto, Firenze, La Nuova Italia, 1986. ISBN 88-221-0269-X
- Franz Haböck, Die Kastraten und Ihre Gesangskunst, Stuttgart, Deutsche-Anstalt Verlag, 1927
- Angus Heriot, I castrati nel teatro d'opera, Milano, Rizzoli, 1962.
- Reinhard Strohm, L'Opera italiana nel Settecento, Venezia, Marsilio, 1991. ISBN 88-317-6586-8 = per il testo vedi anche "Wikipedia, l'Enciclopedia Libera on line"
). Con la maturità sessuale infatti, sia gli uomini che le donne mutano la voce, ma nei primi la modificazione è molto più evidente e comporta un cambiamento notevole del timbro e dell'estensione.
Il termine castrato, per il significato spregevole che poteva assumere, fu spesso sostituito da altre locuzioni, come 'cantori evirati', 'musici', 'soprani naturali' etc.
I cantori evirati divennero in alcuni casi veri e propri fenomeni e furono impiegati da molti operisti e compositori soprattutto nel XVII e XVIII secolo, sino al XIX secolo. La castrazione in seguito cadde in disuso e nel Novecento fu vietata dalla Chiesa, unica isola superstite dove tale pratica sopravviveva.
Tra i più celebri cantori eunuchi del periodo aureo si ricorda Carlo Broschi, in arte Farinelli, a cui è stata dedicata anche in tempi moderni una copiosa letteratura e alcuni film.
La castrazione, che in passato avveniva con modalità e tecniche differenti, non era esente da rischi, sia per le scarse condizioni igieniche, sia per le limitate conoscenze medico-chirurgiche; non mancarono casi di ragazzi che rimasero perennemente invalidi o morirono.
Eseguita prima della pubertà, la castrazione non consentiva di raggiungere una normale maturità sessuale; di conseguenza, la laringe e l'estensione vocale della preadolescenza erano in gran parte mantenute e il timbro si sviluppava con caratteristiche sui generis.
L'allenamento intenso a cui erano sottoposti i giovani destinati al canto, permetteva di conseguire prestazioni virtuosistiche eccezionali; la proliferazione dei castrati avvenne infatti parallelamente allo sviluppo della vocalità del periodo barocco, il cui repertorio richiedeva notevole abilità.
Molte prerogative vocali degli eunuchi potevano appartenere anche ai cantanti 'integri' di sesso maschile, che cantavano parti acute in falsetto, conservando la normale voce virile nel registro di petto. I castrati furono perciò detti 'soprani naturali', ossia uomini in cui la voce acuta era la condizione 'normale', mentre si parlava di soprani 'artificiali' nel caso di uomini che cantassero con la voce 'artificiale' di falsetto.
Oggi gli uomini che cantano parti di soprano o contralto sono detti sopranisti e contraltisti, per differenziarli dalle colleghe di sesso femminile.
La castrazione, dal latino castrare "castrare", parola imparentata anche con il sanscrito çastrám, "coltello", ha una lunga tradizione che risale agli antichi Sumeri. La castrazione era in uso nel periodo Neolitico per addomesticare gli animali, ma sin dalla remota antichità fu imposta anche agli esseri umani come mezzo di soggiogazione, schiavitù o come punizione.
Nella storia della musica l'esistenza di cantanti eunuchi è testimoniata sin dal primo periodo dell'Impero bizantino; nel 400 circa, l'imperatrice Elia Eudossia aveva un maestro eunuco, Brisone, forse egli stesso cantore, che presumibilmente istituì l'uso dei castrati nei cori bizantini. Nel IX secolo i cantanti eunuchi erano ancora utilizzati, come ad esempio nel coro della Basilica di Santa Sofia, e continuarono ad esistere fino alla presa di Costantinopoli, nel corso della quarta crociata del 1204. Apparentemente scomparsi per circa tre secoli, ricomparvero in Italia in circostanze ancora non chiare, forse importati dalla Spagna, che fino alla fine del XV secolo era rimasta in gran parte sotto il dominio degli Arabi, dove gli eunuchi, in genere appartenenti a etnie conquistate e impiegati in vari ruoli, come ad esempio custodi dell'harem, erano diffusi. Infatti i primi castrati di cui si ha notizia in Italia intorno alla metà del XVI secolo erano spagnoli.
Il duca di Ferrara Alfonso II d'Este fu uno dei primi estimatori entusiasti di questi cantanti. Heinrich Schütz, maestro di cappella di corte a Monaco nel 1574, disponeva di castrati nel coro.
Nel 1589, con la bolla Cum pro nostri temporali munere, papa Sisto V riorganizzò il coro di S. Pietro allo scopo di ammettere castrati nelle sue fila, e nel 1599 Pietro Paolo Folignato e Girolamo Rosini vennero ammessi nel Collegio dei Cantori Pontifici, la cappella privata del papa; sembra tuttavia che uno dei primi cantori evirati ammessi nel coro pontificio fosse lo spagnolo Francisco Soto de Langa nel 1562.
Pietro Della Valle elogiava i castrati, già numerosi nella prima metà del Seicento:
ma lasciando delle altre voci, per dire un poco de' soprani, che sono il maggiore ornamento della musica, V. S. vuol paragonare i falsetti di quei tempi co' i soprani naturali de' castrati che ora abbiamo in tanta abbondanza (
Pietro Della Valle, Della musica dell'età nostra che non è punto inferiore, anzi è migliore di quella dell'età passata [1640], in Solerti, L'origine del melodramma, Bocca, Torino, 1903.)
L'impiego dei cantori evirati fu per molto tempo preferito a quello delle voci puerili, il cui utilizzo era limitato necessariamente a pochi anni.
Una situazione particolare era quella delle chiese, dove le donne non erano ammesse nelle cantorie; il cantore infatti officiava la liturgia e come tale doveva essere esclusivamente di sesso maschile (e nei secoli passati, anche castrato). Nella Chiesa Cattolica solo i preti, uomini, dicono messa; questa norma fu chiaramente ribadita anche nel famoso motu proprio di Pio X, Tra le sollecitudini, del 1903, in particolare al §13.
Il successo dei castrati fu parallelo allo sviluppo del melodramma e dell'opera. Alla prima rappresentazione dell'Orfeo di Monteverdi del 1607 presero parte almeno due castrati. Dalla fine del XVII secolo, i castrati divennero protagonisti delle scene e mantennero la loro egemonia per circa un secolo, soppiantando i colleghi di sesso maschile nel ruolo di 'primo uomo'. Nel corso del XVIII secolo, con la diffusione dell'opera italiana a livello europeo (con la particolare eccezione della Francia), cantanti come Baldassarre Ferri, Matteo Sassano, Nicolò Grimaldi, Senesino, Farinelli, Gaspare Pacchierotti, Giovanni Battista Velluti divennero autentici divi internazionali, originando finanche fenomeni di adorazione isterica, e i più fortunati guadagnarono ricchezze considerevoli.
La concezione drammaturgica dell'epoca era improntata all'irrealtà e all'idealizzazione, pertanto sempre più spesso nei protagonisti (personaggi della mitologia o della storia romana) non vi era alcun rapporto fra sesso e ruolo; i castrati dunque potevano interpretare indifferentemente parti maschili o femminili. L'organizzazione rigida e strettamente gerarchica dell'opera seria favoriva le voci acute per la rappresentazione delle virtù eroiche (sebbene i castrati venissero anche spesso derisi per il loro aspetto o per la recitazione ridicola), mentre le voci maschili tradizionali del basso e del tenore baritonale (il tenore acuto dalla voce chiara nascerà solo nel XIX secolo, con la fine dei castrati) erano considerate troppo realistiche e perciò volgari, poco portate al virtuosismo e adatte solo a ruoli secondari o comici.
La castrazione per fini musicali era una pratica quasi esclusivamente italiana per quanto svolta mediamente e in assenza di specifiche licenze in tutta segretezza = infatti secondo il diritto dello Stato come si vede nel testo criminologico di questo illustre giurista e precisamente nella parte III si trattava di un crimine uguale a quello perpetrato da Sicari e Assassini (benché non si citino espressamente barbitonsori cioè infermieri di bassa chirurgia, chirurghi veri e propri e medici pare questa glossa una giunta integrativa a questo capitolo criminale riguardante appunto i possibili reati degli operatori sanitari): resta quindi da dire che , pur con interpretazioni che talora proponevano delle eccezioni nella interpretazione esegeti e giuristi occorre far rimarcare che anche secondo il diritto canonico era illecita: si trattava infatti di una mutilazione e in quanto tale punibile con la scomunica.
Non è strano (come ha scritto P. Scholes nel lavoro Dr Burney's Musical Tours in Europe, Londra, 1959, vol. I, p. 247)
che il musicografo Charles Burney cercò senza successo i luoghi dove si praticava l'intervento di 'miglioramento': Indagai attraverso l'Italia in quale posto prevalentemente i ragazzi erano scelti per cantare tramite castrazione, ma non ne potei avere un'informazione sicura. Mi venne detto a Milano che era a Venezia; a Venezia che era a Bologna; ma a Bologna negarono, e venni indirizzato a Firenze; da Firenze a Roma, e da Roma venni mandato a Napoli... Si dice che vi siano botteghe a Napoli con questa insegna: QUI SI CASTRANO RAGAZZI; ma io non fui in grado di vedere o di sentir parlare di alcuna di queste botteghe durante la mia permanenza in quella città
.
L'addestramento dei ragazzi era molto severo; la celebre descrizione di Angelini Bontempi delle scuole di canto di Roma del XVII secolo, illustra la giornata tipica dei giovani apprendisti, consistente in un'ora di canto di pezzi difficili, un'ora di pratica nel trillo, un'ora di studio nell'esecuzione di passaggi, un'ora di esercizi di canto alla presenza dei maestri e di fronte a uno specchio per imparare a cantare mantenendo un atteggiamento composto della figura, e un'ora di studio di lettere. A questo, che era lo studio svolto la mattina, si aggiungeva quello pomeridiano, che prevedeva mezz'ora di teoria musicale, un'altra di composizione contrappuntistica, un'ora di copiatura su un'apposita tavoletta (chiamata 'cartella') e di nuovo un'altra ora di studio delle lettere. Gli allievi dovevano inoltre esercitarsi al clavicembalo e comporre musica. Questo programma così intenso faceva sì che i giovani più dotati raggiungessero molto presto un'eccellente tecnica e un'ottima preparazione musicale, con brillanti prospettive di carriera.
Negli anni venti e trenta del XVIII secolo, al culmine della mania collettiva per queste voci, si stima che circa 4000 ragazzi venissero castrati ogni anno per servire l'arte. Molti di essi erano orfanelli, o provenivano da famiglie povere ed erano venduti dai loro genitori a una istituzione ecclesiastica o a un maestro di canto, nella speranza che potessero raggiungere il successo e progredire nella scala sociale (questo fu il caso, ad esempio, di Senesino). Tuttavia ci sono anche casi documentati di giovani che chiesero spontaneamente di essere sottoposti all'intervento per preservare le loro voci, come ad esempio Caffarelli, figlio di un contadino. Caffarelli era inoltre famoso per le sue eccentricità, per il carattere fortemente irascibile e per le presunte relazioni amorose con varie nobildonne; altri eunuchi, secondo Giacomo Casanova, preferivano i gentiluomini di sesso maschile, nobili o meno. I moderni endocrinologi ipotizzano però che le vantate prodezze sessuali dei castrati fossero più leggenda che realtà.
Non tutti i giovani castrati riscuotevano eguale successo, e non tutti si dedicavano all'opera: alcuni cantavano nelle cappelle ecclesiastiche, altri, dopo una carriera più o meno onorevole, si dedicavano all'insegnamento; altri, infine, fallivano completamente ed erano a volte relegati a occupazioni umili o indecorose.
Al termine del XVIII secolo, i cambiamenti nel gusto musicale e operistico e l'evoluzione dei costumi segnarono la fine dei castrati. Tuttavia perdurarono anche dopo l'ancien régime e due di essi, Gasparo Pacchierotti e Girolamo Crescentini, passarono alla storia anche per l'ammirazione che suscitarono da parte di Napoleone Bonaparte. L'ultimo famoso castrato fu Giovanni Battista Velluti (1781-1861), che interpretò anche l'ultimo ruolo operistico scritto appositamente per questi cantori, Armando ne Il crociato in Egitto di Meyerbeer (Venezia, 1824). Poco dopo i cantanti evirati furono rimpiazzati come 'primi uomini' dal nuovo tipo di tenore eroico incarnato dal francese Gilbert-Louis Duprez.
Nella prima metà dell'Ottocento, il Collegio Pontificio faceva istruire nella Pia Casa degli Orfani giovani evirati per servire la cappella papale.
Con l'unità d'Italia nel 1861, la castrazione fu dichiarata ufficialmente illegale (il neonato Stato italiano aveva adottato un codice di leggi francesi che vietava espressamente tale mutilazione).
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Nel 1878, papa Leone XIII proibì l'ingaggio di castrati da parte della Chiesa; solo nella Cappella Sistina e in altre basiliche papali il loro impiego sopravvisse ancora per qualche anno: una foto di gruppo del coro della Sistina del 1898 mostra che all'epoca ne rimanevano sei (più il 'direttore perpetuo', il soprano Domenico Mustafà) e nel 1902 Leone XIII ribadì il suo divieto. La fine ufficiale per i castrati venne il 22 novembre 1903, quando il nuovo papa, Pio X, promulgò un motu proprio sulla musica sacra, Tra le sollecitudini, in cui si legge: se dunque si vogliono adoperare le voci acute dei soprani e contralti, queste dovranno essere sostenute dai fanciulli, secondo l'uso antichissimo della Chiesa.
I castrati non furono subito licenziati, ma continuarono a prestare servizio sino alla giubilazione, senza procedere all'assunzione di nuove leve che li rimpiazzassero. L'ultimo castrato della Sistina fu Alessandro Moreschi.
Il coinvolgimento della Chiesa cattolica nel fenomeno dei castrati è stato a lungo fonte di polemiche. In effetti, già nel 1748 papa Benedetto XIV aveva tentato di bandire i castrati dalle chiese, ma la loro popolarità all'epoca era tale che un provvedimento simile avrebbe avuto come risultato un drastico calo nella frequentazione delle chiese.
Ci sono state anche voci e leggende su un altro castrato tenuto sequestrato in Vaticano per il piacere personale del pontefice almeno fino al 1959, ma si sono dimostrate totalmente false.Si trattava in realtà di un allievo di Moreschi, Domenico Mancini, un imitatore talmente abile della voce del maestro che persino Lorenzo Perosi, direttore perpetuo del coro della Cappella Sistina dal 1898 al 1956 e strenuo avversatore dell'uso dei castrati, pensava che fosse evirato. Mancini invece era un ottimo falsettista e contrabbassista di professione.
In epoca moderna la castrazione è severamente proibita; tuttavia, spesso nell'intento di suscitare attenzione, alcuni cantanti affermano più o meno apertamente di essere autentici castrati, sia pure per cause patologiche.
I cantanti nati nel XX secolo, anche eccellenti, non si possono assimilare ai castrati del passato, sia per le caratteristiche fisiologiche, che per la formazione tecnica e musicale; si tratta in realtà di falsettisti e la loro vocalità è prettamente moderna. Alcuni di questi cantanti contemporanei sono Aris Christofellis, Philippe Jaroussky, Radu Marian, Jörg Waschinski, Ghio Nannini.
La differenza di estensione e colore tra un falsettista e un cantore evirato si coglie con chiarezza ascoltando la voce di petto: un falsettista, infatti, in questo registro ha una normale voce maschile; il castrato, invece, manifesta il tipico timbro sui generis. Sempre sul registro di petto, l'estensione è più ampia verso il basso nel falsettista, mentre i castrati, proprio per il diverso e ridotto sviluppo della laringe, non possedevano la stessa profondità.
L'unico autentico cantore evirato di cui siano rimaste registrazioni, effettuate all'inizio del Novecento, è Alessandro Moreschi. Sebbene il suo gusto interpretativo rifletta chiaramente la moda del suo tempo, è interessante ascoltarne la voce, che è l'ultima vera prova che questi storici cantori hanno dato di sé.
Oggi, i ruoli originariamente concepiti per i castrati vengono in genere affidati a contralti o soprani donne che cantano en travesti.