Nell'immagine l'incisione rappresenta due esemplari di ABBIGLIAMENTO ROMANO, MASCHILE E FEMMINILE, riprodotti VOLUME scritto dal celebre antiquario seicentesco GIOVANNI BATTISTA CASALI.
Il reggiseno risulta attestato già in ambiente greco quando nasce il "nascondipetto" che, abbinato a un perizoma, costituiva una tenuta esclusivamente riservata alle attività sportive.
Meno artistiche RICOSTRUZIONI MODERNE possono comunque contribuire a meglio intendere le forme di ABBIGLIAMENTO a ROMA successivamente esportate nelle altre città dell'IMPERO per quella sorta di dinamismo socio-economico che, in epoche di progresso, incentivano la diffusione capillare della MODA
Ma veniamo al primo capo intimo di tale genere, che furono delle fascette di stoffa avvolte sotto i seni con l'intento di contenerli e comprimerli.
L'apodesmo non serviva quindi a sottolineare l'estetica di un petto femminile ma a smorzarne l'evidenza e a impedire che ballonzolasse nella camminata o durante i movimenti bruschi.
Tali fascette si ridussero presto ad un sottile nastro rosso, il mastodeton, che fasciava il busto dall'attaccatura delle mammelle alla vita.
Si trattava di un modello che, secondo il poeta Anacreonte, piaceva tantissimo alle ragazze.
In eta' ellenistica, quando la donna esperimentò le prime vere funzioni sociali e le prime autonome esperienze erotiche, le fascette si allargano sin a raggiungere le dimensioni di una sciarpa, non di rado trasparente.
Nell'antica Roma ricompare l'apodesmo detto però taenia.
Senza dubbio è gradito al poeta erotico Ovidio che scrive: "Lungi da me, squallide fascette, proclamatrici di virtù".
Le fanciulle invece, con l'intento di smorzare lo sviluppo, indossano delle larghe fasce.
Ma la natura ha sempre il sopravvento... e così a seno sbocciato, passano al mamillare un liscia-petto in cuoio rigido.
Diversamente, sulle rive del Mediterraneo, le donne ebree fanno uso dell'ephod un corsetto a bretelle.
Un secolo dopo, sempre a Roma, mentre la sposa virtuosa considera il reggipetto solo un indumento utile per salvaguardare il pudore e garantire qualche comodità, la cortigiana scopre lo strophium ritenuto un vero e proprio oggetto di seduzione.
Marziale giudica gli strophia alla stregua di "trappole" cui nessun uomo puo' sfuggire, esche che riaccendono di continuo l'amorosa fiamma.
Per le finanze delle popolane è necessario accontentarsi di indumenti meno seducenti ma anche meno costosi quali il "capitium", uno "strophium" piu' largo e molle.
Il "duepezzi", raffigurato in alcuni mosaici romani della stupenda Villa Armerina in Sicilia, chiamato subligaculum, che risale a 1700 anni fa e che ha fatto gridare al miracolo i libertari e allo scandalo i conservatori, veniva usato solamente dalle atlete durante le gare dei giochi nautici oltre che per l'esercizio del nuoto, ai tempi di Roma comune anche per le donne.
Il reggiseno, per molti secoli, non ha grandi evoluzioni o cambiamenti.
L'abbigliamento femminile si occupa infatti d'altro.
Viene, ad esempio, perfezionata l'arte tintoria e nuove sostanze sconosciute entrano di prepotenza nel mondo della moda.
Basta citare l'estratto dal "coccus iticis", insetto parassita delle querce, gia' usato nell'antica Roma per le vesti rosse delle "coccinelle".
Per ritrovare le tracce di un indumento sofisticiato come il "reggiseno", dopo i secoli di ferro del medioevo, occorre attendere la fine del 1200 col "dublet", un corpino che riprende la tradizione del reggipetto della popolana romana, portato pero' tra la veste a pelle e quella esteriore.
Spesso imbottito di pelliccia, "pelicon", quale forma di malizioso richiamo amoroso.
Coll'andar dei tempi, come sempre, le donne non vollero e non seppero mai fermarsi nell'esibizione dei loro attributi, tanto da far gridare a Dante con sdegno : "Le sfacciate donne fiorentine che van mostrando con le poppe il petto" e da convincere, nel 1342, i legislatori perugini a proibire fermamente la scollatura "dalla forcella de la gola en giu'".
La guerra tra la donna, il potere religioso e lo stato per un centimetro in piu' di seno, continuo' sempre piu' feroce.
Persino il Sacchetti ebbe a lamentare che le femmine della sua citta' natale "van in giro con capezzale tanto aperto da mostrar piu' giu' che le ditelle (le ascelle)".
Sempre a proposito di scollature anche a Milano, nel 1498, viene severamente vietato che scendano "non oltre un dito della mano sotto la fontanella della gola".
Ben rimarcato che il dito, ovviamente, onde evitare la malizia femminea, s'intende solo per traverso.
Nel 1500 e nel 1600, sempre per aggraziare la persona, le donne utilizzano quale reggiseno una fascetta: e peraltro in quest'epoca cresce sempre più la vecchia discussione moralistica, ora rafforzata dalla violenta reazione controriformista sul problema, affrontato da Angelico ancora Aprosio a metà '600, delle poppe scoperte delle donne.
Le donne del XVIII secolo, per apparire sempre piu' belle e dal portamento sempre piu' regale, arrivano persino a indossare delle vere e proprie "corazze".
Corpetti rinforzati da stecche di balena e ferro che, portando il seno in alto, fanno risaltare l'"ansimante cor".
E sicuramente un tentativo inconscio di imitare la grande Caterina di Russia che si vantava spesso: "Non vi e' amante, che dopo aver posato la sua testa sul palpitante cuscino del mio seno, non dica poi estasiato ch'io son la miglior femmina del mondo".
Nel 1814 compaiono figurini di moda italiana: il progetto di una moda italiana del REGGISENO e' da collegabile a Carolina Lattanzi, direttrice del "Corriere delle Dame", che nel 1819 annuncia l'affermazione di una "Moda di Milano" che, nelle sue intenzioni comunque frustrate, dovrebbe competere con quelle "storiche" di Vienna e Londra, nate insieme alla parigina.
Le discussioni ottocentesche sulla MODA e sull'uso del REGGISENO si coniugano comunque con evidenza alla necessità ormai assodata di sottolineare la femminilità ed evidenziarne gli attributi fisici: il fatto non sfugge né a censori né a moralisti né agli uffici ecclesiastici visto che, soprattutto per gli abiti delle dame, le "scollature" sono nuovamente generose e si torna a parlare del problema morale delle "poppe scoperte".
Il clima postilluministico che influenza un XIX secolo, per quanto inizialmente permeato di revisionismo, induce a trascurare le obsolete dissertazioni di stampo controriformista e le postulazioni contro la CURA ESTETICA DEL SENO vengono spostate da una CULTURA MEDICA UFFICIALE COMUNQUE PERMEATA DI GESUITISMO entro il campo delle osservazioni naturalistiche laddove la MODA può risultare spesso in urto con POSTULAZIONI SANITARIE DI TIPO ETICO.
Ne deriva una sorta di CAMPAGNA CENSORIA avverso le donne che, in nome di una CURA DEL PROPRIO CORPO e quindi del SENO, abdicano al loro RUOLO STORICO, oltre che RELIGIOSO, di MADRI affidando LA CURA DELLA PROLE a BALIE PREZZOLATE E MERCENARIE: sulla QUESTIONE le contrapposizioni si amplificano sin ai limiti di aperte POLEMICHE e per intendere appieno la rilevanza, socio-medica e morale della questione, vale la pena di analizzare un significativo LIBELLO UNIVERSITARIO pubblicato in merito poco prima di metà '800.
Ma la novita' "fin de siecle" e' la biancheria di colore.
Il rosa, il celeste e il paglierino, con pizzi in greggio, e persino il nero, che per contrasto da' spicco al candore della pelle, si aggiungono al bianco fino allora di prammatica per l'intimo.
Ora il busto, indumento che primeggia in ogni "tirorl" _ con stecche arcuate a ventaglio verso i fianchi e il petto, sorreggono a coppa, lasciandolo poi in alto libero e bene in vista _ non puo' assolutamente essere mai omesso.
Oltretutto, "questa armatura di ossi di balena scricchiola durante gli abbracci e il suo secco e sottile rumore ha un certo fascino erotico", come sostiene il poeta Olindo Guerrini.
Ma eccoci alla Belle Epoque quando le signore della "buona societa'", secondo la moda francese, non mancano di adottare lunghe vesti aderenti, a collo alto, che valorizzano il petto prominente.
Alla liberazione del busto, seppure votata all'insuccesso, segue, nel 1912, l'invenzione del reggiseno.
Infatti, la progressiva semplificazione della biancheria intima femminile provoca, intorno agli anni Trenta, una passione erotica per quella vittoriana anche se destinata a una clientela nostalgica e piuttosto particolare.
Tant'e' che la ditta Diana-Slip fa ricorso ai vecchi maestri bustai: la guaina, tessuta a telaio senza filo di gomma, contiene il reggipetto in cotone ripreso ad uncinetto.
La Francia, col modello "Pregermain" mette invece sul mercato reggiseni elasticizzati senza spalline. I colori in voga sono il salmone, il corallo chiaro e il rosa pastello.
Il nero, che fino alla guerra veniva tranquillamente portato dalle "signore perbene", diviene ora il colore del vizio.
Comunque, il reggiseno, cosi' come lo conosciamo oggi, cioe' con le spalline e le coppe, venne inventato da Mary Jacobs, una ricca e annoiata statunitense, piu' di settant'anni fa.
Proprio mentre le donne stavano per ottenere il voto e lottavano per i diritti come persone.
Forse quella ragazza di New York, senza neanche accorgersene, aiuto' le donne ad emanciparsi e il suo reggiseno ha comunque conquistato il mondo.