RANZO

Parlando di RANZO (in VALLE ARROSCIA) sotto voce relativa, nel "Dizionario di Toponomastica" della casa editrice U.T.E.T. di Torino, A.M. Petracco Sicardi scrive:"Comune sparso nella media valle Arroscia è attestato dal XIII secolo come Rancio ma la dizione locale ransu dimostra che la i è sorda. E' un toponimo prediale (cioè proprio di un'azienda rustica ed agricola) senza suffisso, dal gentilizio romano Rantius".
Stando alle considerazioni dell'illustre glottologa si potrebbe quindi congetturare che l'insediamento si sia evoluto da uno di quegli insediamenti romani, peraltro diffusi nell'immediato entroterra del ponente ligure, preposti allo sfruttamento di una zona agricola: non si deve però pensare che qui esistesse una qualche complessa struttura architettonica di quelle che, al modo che si può supporre per la villa romana alla Foce di Sanremo, si evolsero in VILLE PSEUDOURBANE-, vale a dire complessi sofisticati in cui inhteragivano le residenze per i padroni con quelle per la servitù ed i lavoranti, dove si trovavano stalle e magazzini, officine e magari sofisticati complessi idrici sia per l'irrigazione che per il rifornimento della casa ed ancora (come di nuovo nel caso di Sanremo) di qualche struttura termale (le ville destinate ad accogliere il ceto padronale, anche se rispondevano alla struttura di aziende non mancavano infatti di quello comodità, come le terme e sofisticati servizi igienici e sanitari di cui i ricchi, durante il buon impero di Roma, non potevano più far a meno.
L'assenza di reperti archeologici, al momento attuale, nulla può dire sulle caratteristiche insediative nel territorio di RANZO nel lunghissimo periodo della civiltà romana: dando credito alla valenza di quel toponimo prediale si può solo dire che la zona era connotata sì da un'azienda agricola ma di quelle estremamente utilitaristiche che erano governate dal vilicus, un servo amministratore e fiduciario dei padroni residenti altrove e che per questi si prendeva cura della familia cioè del complesso degli altri servi e schiavi preposti ai lavori agricoli e zootecnici.

Dati certi su RANZO (son anche leggendarie le considerazioni per cui il castello dei nobili Clavesana su petizione popolare sarebbe stato eretto nel IX secolo per contrastare le offensive dei Saraceni) si hanno solo alcuni secoli dopo allorché il borgo restò coinvolto nelle guerre tra il forte comune libero di Albenga, in piena espansione, ed il vecchio ceto feudale di cui i Clavesana costituivano, in questa zona, una famiglia di spicco.
I Clavesana rimasti isolati e soprattutto attaccati da Albenga e da Genova (che in grande espansione aveva acquisito nel 1385 il forte borgo autonomo di Pieve di Teco)finirono per perdere il oro possedimento che entrò poi a far parte, sin alla fine del XVIII secolo, del DOMINIO DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA.
In effetti i cambiamenti non furono così veloci anche se quanto detto è la sostanza dell'evoluzione giurisdizionale di RANZO: v'é peraltro da dire che Genova nella conquista di quel mosaico di possessi che sarebbero andati a formare il suo Dominio di Terraferma procedeva in modo differenziato ora prendendo possesso diretto delle terre sconfitte (specie quando si trattava come nel caso di Ventimiglia di centri che avevano opposto una forte e sanguinosa resistenza) ora, anche per farseli alleati, infeudando gli antichi signori dei territori che aveva loro sottratto con la guerra (i nobili vinti divenivano di fatto vassalli della Repubblica cui prestavano un giuramento di assoluta fedeltà) ora pure procedendo a diversificati trattamenti delle distinti parti del territorio del nemico vinto e assoggettato.
Fu questo il caso di RANZO: il territorio del borgo restò sotto i Clavesana fino al 1355, poi metà di esso giunse in potestà di La Repubblica era però in continuo progresso: poste le basi per la sua espansione e cratosi un certo rapporto coi Clavesana non tardò a sferrare il definitivo "attacco" per assumere il controllo totale di RANZO.
Il primo passo fu offerto dalla pubblicazione di un lodo nel 1386: sulla base di questa sentenza arbitrale addirittura i trequarti della metà di Ranzo che era giunta in potere dei del Carretto passò sotto controllo di Genova (anche se per non inimicarsi subito i delusi del Carretto la Repubblica, come aveva fatto per i Clavesana, li infeudò del territorio loro sottratto): comunque l'azione definitiva di Genova non tardò e nel 1393 il governo della grande città acquistò con tutto Ranzo anche i centri di Cosio, Mendatica e Pornassio.
Verso il XVI secolo -stando al corografo genovese Giustiniani- Ranzo (e l'importantissima sua frazione di BACELEGA dal lato demografico contavano 180 fuochi (per fuoco si intendeva una unità di famiglia) giungendo complessivamente a circa 500 abitanti.
L'attività agricola, soprattutto nelle zone più basse di questo comune ad andamento topografico lineare. doveva produrre un poco di grando, legumi, castagne, olive e parecchia frutta di cario genere. In altura l'opera umana era invece prevalentemente svolta allo sfruttamento dei grandi boschi, caratterizzati dalla presenza di querceti -governati a ceduo- e di castagneti: stando alle fonti ottocentesche si ricava poi che quanto avanzava dall'autoconsumo era venduto sulla piazza mercantile di Pieve di Teco mentre la compravendita del bestiame avveniva il 16 agosto di ogni anno nel corso di una fiera che si teneva a Bacélega.
Sotto il profilo artistico il paese è caratterizzato da due monumenti.
Il più significativo monumento di Ranzo, fuor di dubbio, è la CHIESA DI S.PANTALEO eratta quasi in riva all'Arroscia a poco più di 2 Km. da Borgo di Ranzo.
E' frutto di vari interventi architettonici e di rifacimenti anche discutibili.
Tuttavia è ancora leggibile l'ABSIDE dell'originario edificio protoromanico datato all'XI secolo.
Si individua quindi una seconda abside del Tardo Medioevo.
La chiesa fu edificata quasi integralmente nel XV secolo e di questo massiccio intervento architettonico sopravvivono il portico (con diversi affreschi) da cui si accede a due portali in ardesia lavorati da lapicidi di CENOVA e datati del 1491 e del 1493.
La chiesa ebbe quindi in epoca barocca una nuova rivisitazione architettonica e fu ridotta ad una sola navata.
N.Lamboglia che studiò l'edificio lo ritenne il più esemplare ed interessante della valle Arroscia e particolarmente fissò la sua ammirazione sulla superstite colonna della chiesa del '400 che attualmente -a guisa di miliario- si trova eretta sul piazzale esterno dell'edificio sacro.
La CHIESA di Bacélega Parrocchia è soprattutto interessante per il bel protiro cinquecentesco verisimilmente decorato da Pietro Guidi, pittore d'opere sacre su cui si hanno alcuni dati per il periodo che va dal 1499 al 1542.








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