Alcuni storici hanno sollevata l'ipotesi che sin dall'epoca preistorica, per la LIGURIA, sarebbe passata una strada litoranea che avrebbe unita l'Italia alle Spagne, attraversando il territorio dei Celti.
La mitologia ne attribuì la realizzazione ad Ercole (donde il nome di VIA ERACLEA) nel contesto delle sue leggendarie fatiche ed in particolare nel corso dell'impresa che lo portò a porre quali confini al mondo conosciute le celebri sue colonne durante il suo viaggio verso l'isola d'Eritia: come è stato ricostruito (R.CAPACCIO-B.DURANTE pp.171-175) è storicamente supponibile che la via sia stata eretta dai Liguri per migliorare i loro commerci ed innestarsi su un percorso che correva per le Gallie sin all'Iberia, in posizione distaccata dall'area di costa perchè i commerci che su essa procedevano fossero protetti da eventuali predatori provenienti dal mare.
Di un PERCORSO ANTICHISSIMO dei Liguri avevano parlato parecchi storici greco-romani e Timeo, verso il 300 a. C., nelle sue "Storie" lo aveva giudicato sicuro e affidato, per la manutenzione agli abitanti dei villaggi, che ne sarebbero stati responsabili per la lunghezza di 12 stadi, cioè 2132,2 metri nel sistema attico o 2218,2 in quello alessandrino.
In seguito Diodoro Siculo (IV, 19,3) ne avrebbe ribadita l'importanza e la sicurezza pei commerci.
Nel "De provinciis consularibus" (XIII) Cicerone scrisse poi che la via ligure "Heraclea" era divenuta inagevole per i traffici a tutto vantaggio della nuova strada costiera romana la "Aemilia Scauria".
Dopo il 49 a.C. si concesse la cittadinanza romana alle città liguri e dal 13 a.C. risultò compiuta la grande via imperiale "Julia Augusta".
Secondo alcuni studiosi, nonostante il traffico commerciale fino alle devastazioni dei Goti (la Liguria riavrà una via litoranea solo con la STRADA DELLA CORNICE oggi Aurelia voluta da Napoleone ai primi del 1800) la supposta "ERACLEA" o comunque la VIA LITORANEA DI RETROTERRA O MEZZACOSTA non fu mai abbandonata lungo i millenni (anzi quel percorso sicuro venne ripreso decisamente nei tempi bui del Medio Evo) e venne in qualche modo adattata dagli ingegneri edili romani in modo da interagire colla strada principale di costa, divenendone un sottopercorso per lo smistamento dei commerci.
Nella carta geografica imperiale detta PEUTINGERIANA il "Castelum I" sarebbe infatti il ventimigliese Castel d'Appio, sul monte Magliocca (267 m.) in posizione identica rispetto a quello di Tirasso presso Albenga (N. LAMBOGLIA, Le vie romane dal Centa al Merula in "Collana Storica Archeologica della Liguria Occidentale", I, n. 5, p. 19 ).
Fra tali limiti stavano poi altri castellari (talora evolutisi in forti romani, bizantini e longobardi, disposti lungo una direttrice interna di dorsale verso le Gallie), di cui si conservano tracce archeologiche.
Punti cardine della "mitica via Eraclea" e sedi di insediamenti arcaici sarebbero stati i nodi di: CAMPOMARZIO - ROCCA DI S. GIORGIO in valle Argentina (N. LAMBOGLIA, Castelli Liguri e Romani in Valle Argentina in "Rivista Ingauna Intemelia", III, 1937, n. 3-4, p.108), MONTE CAGGIO (relazione Eremita in Corso di Aggiornamento, Storia Locale II, presso I.T. C. Fermi di Ventimiglia, anno scolastico 1991-2; sulla cima del monte si rinvenne un cumulo terroso di tipologia tronco - conica, alla cui base furono individuati i reperti di un castellaro = Albintimilium... cit., p. 27: nel 1992 A. Eremita, sulla base di un mappale conservato in "Archivio di Stato di Genova - Manoscritto n. 253", carte 37-8 - ha individuato una descrizione anonima seicentesca del castellaro, a 8 gradoni, cui fu allegata una carta del luogo ed una sua ricostruzione ipotetica).
A questi "limiti" sarebbe quindi da allegare l'importante AREA DEL SAPERGO, appena nel retroterra di Bordighera, con ritrovamenti vari di materiale edile della romanità (N. LAMBOGLIA, Castellari liguri sopra Bordighera in "Rivista Ingauna Intemelia", XXV, 1971, n. 1-4, p. 76 ), "castellaro di CIMA d' AURIN in Val Nervia".
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Girolamo Rossi suppose che verso il mille sul Capo di Bordighera si trovasse un villaggio nominato Seve o Sepe o Sepelegium (G. Rossi, Bordighera: Appunti storico-critici, in "Archivio Storico Italiano", XIII, 1884, pp. 54-62 e ID., Ms., Bordighera antica e il collegio dei canonici regolari della chiesa di S. Ampelio, in "Biblioteca Rossi, VI, 97 b e 103 presso Istituto Internazionale di Sudi Liguri di Bordighera = cat. in Rivista Ingauna Intemelia, N.S., XIX, n. 1-4).
L'atlante idrografico tardomedioevale del Luxoro tra Ventimiglia e Porto Maurizio poneva una località detta Sepe (pubbl. da C. DE SIMONI, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, V, 1867 tav. III, pp. 31 e 205).
Il testamento apocrifo del Conte Guido di Ventimiglia del 954, relativamente ai confini della donazione del castello di Seborga ai monaci Benedettini di Lerino porta scritto: " ... Curio Targanigra domino Sepelegi... " e poi "... ascenditur ad rocam scuram supra Sepelegium " (leggibile in S.V., p. 34, note 2 e in E. CAIS DE PIERLAS, I Conti di Ventimiglia, il priorato di S. Michele e il principato di Serborga, in "Miscellanea di Storia Italiana", N.S., II, t. VIII, 1884, doc. I, pp. 99-101).
Come si legge in un documento del 1064 Sepelegium o Sepelago è piu probabilmente da identificare col villaggio di Sapergo, i cui ruderi affiorano presso l'omonima Torre, tra la collina sovrastante Bordighera e Sasso (N. LAMBOGLIA, Toponomastica intemelia cit., s.v. Sapergo).
La Ceriolo-Verrando lascia però aperta l'ipotesi di un villaggio distinto sul Capo di Bordighera, cosa che sembrerebbe giustificata dai dati del di Amandolesio (Bordighera nella storia, in "Collana Storico-archeotogica della Liguria Occidentale", XIX, Bordighera, 1971, p. 27).
Il Fornara, che identificò Sepe col caput Sevarum (monte Colma), tra S. Lorenzo e Santo Stefano al Mare alludeva forse ad un omonimo sito, un villaggio contemporaneo dall'identica toponomastica (D. FORNARA, Vie liguri e romane tra Vado e Ventimiglia, Imperia, 1932, p. 129).
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