Nell'IMMAGINE si vede una CELLA di un CARCERE DELL'INQUISIZIONE sulla cui parete un dimenticato prigioniero scrisse in un'epoca ormai lontanissima SEMPRE TACUI vale a dire "HO SEMPRE TACIUTO".
Indirettamente il carcerato voleva infermare i prigionieri del futuro sia sulla sua resistenza sia sul fatto che da lì doveva per forza di cose esser stato condotto nella CAMERA DELLE TORTURE dove gli si applicavano i tormenti onde raggiungere l'essenza giuridica del processo anche ecclesiastico del diritto intermedio, cioè la CONFESSIONE (Palermo, "cella", f. e riproduzione informatica Durante).
Già ai primi del XIV secolo, con il CONCILIO DI VIENNE, la CHIESA CATTOLICA era intervenuta -seppur con relativo successo- per REGOLAMENTARE CONTRO OGNI ABUSO LA VITA NELLE CARCERI E L'OPERA DEI CUSTODI e contestualmente fissare la GERARCHIA DELL'INQUISIZIONE indicando sino ai FAMIGLI (i componenti ed ufficiali di minor livello) tutte le relative COMPETENZE e gli specifici OBBLIGHI come qui di seguito sie legge nella traduzione dell'ALBERIGO:
"E' giunto alla SEDE APOSTOLICA [la SEDE APOSTOLICA strutturalmente si identifica con ROMA anche se il CONCILIO DI VIENNE fu tenuto ai tempi della CATTIVITA' FRANCESE DEI PONTEFICI AD AVIGNONE] il lamento di molti, che alcuni INQUISITORI (coadiuvati quindi su scala locale e diocesana da "VICARI DELL'INQUISIZIONE COME FU PER APROSIO CHE TRASSE DALL'INCARICO OCCASIONE PER LEGGERE LIBRI PROIBITI") incaricati da essa di vigilare contro la malvagità dell'ERESIA, passando i limiti loro consentiti, estendono talmente i loro poteri, che ciò che è stato salutarmente destinato all'accrescimento della fede attraverso una prudente vigilanza, si risolve, invece, a danno dei fedeli, dato che sotto la scusa della pietà vengono MOLESTATI GLI INNOCENTI.
Perciò, a gloria di Dio e ad aumento della fede, perché l'ATTIVITA' DELL'INQUISIZIONE giovi quanto più l'INDAGINE è condotta con diligenza e cautela, vogliamo che questo UFFICIO sia esercitato dai VESCOVI DIOCESANI e dagli INQUISITORI incaricati dalla SEDE APOSTOLICA, senza alcun affetto carnale, odio, timore o attaccamento a umana utilità.
Ognuno di essi potrà senza l'altro citare, arrestare, prendere e trattenere in sorveglianza e mettere in ceppi, se lo crederà opportuno - di ciò rendiamo responsabile la sua coscienza - e potrà anche fare indagini contro chi riterrà necessario.
Invece la condanna al carcere duro e ngoroso, adatto piuttosto a far scontare la pena, che a custodire o la decisione di sottoporre a tormenti, o l'emissione della sentenza, il vescovo e l'inquisitore potranno deciderle solo di comune accordo.
Il vescovo può delegare un suo officiale, e - durante la vacanza della sede vescovile - fungerà un delegato del capitolo.
Ma se il vescovo o il delegato del capitolo, durante la vacanza, non può o non vuole incontrarsi personalmente con l'inquisitore, viceversa ciò potrà avvenire per interposte persone o per iscritto.
Sappiamo anche che nella CUSTODIA DELLE CARCERI per gli eretici, si sono perpetrate a lungo molte frodi, stabiliamo che ogni carcere del genere, - che del resto intendiamo che debba esser comune al vescovo e all ' inquisitore , - abbia DUE CUSTODI PRINCIPALI, discreti, attivi, fedeli, uno scelto dal vescovo, e a cui questi dovrà anche provvedere, l'altro dall'inquisitore,
a cui provvedera l'inquisitore, l'uno e l'aitro potrà, poi, avere sotto di sè un altro buono e fedele aiutante.
Per ogni ambiente dello stesso carcere vi saranno due chiavi diverse, di cui ciascuno ne terrà una.
Questi CUSTODI, inoltre, prima di prender possesso del loro ufficio giureranno sui sacri Evangeli dinanzi al vescovo
o al capitoio - durante la sede vacante - e all'inquisitore o
ai loro sostituti, di usare nel CUSTODIRE I CARCERATI affidati alla loro sorveglianza, ogni diligenza e sollecitudine.
E che l'uno non dirà nulla a nessun CARCERATO, senza che l'altro CUSTODE lo senta anche lui.
E che essi passeranno senza sottrarre nulla le RAZIONI che i CARCERATI ricevono dall'amministrazione e ciò che viene loro offerto da parenti, amici, o altre persone, a meno che l'ordine del vescovo e dell'inquisitore sia diverso, e che in queste cose non commetteranno alcuna frode.
Lo stesso giuramento presteranno dinanzi alle stesse persone anche gli AIUTANTI DEI CUSTODI, prima di iniziare il loro ufficio.
E poiché spesso i VESCOVI hanno CARCERI PROPRIE, non COMUNI cioè a loro e agli inquisitori, vogliamo e comandiamo severamente che i CUSTODI destinati dal vescovo o - durante la vacanza della sede - dal capitolo alla CUSTODIA DEI CARCERATI per eresia e anche i loro subalterni prestino lo stesso giuramento dinanzi all'inquisitore o ai loro sostituti.
Anche i NOTAI DELL'INQUISIZIONE giureranno dinanzi al vescovo e all'inquisitore o ai loro sostituti di adempiere fedelmente il loro ufficio.
La stessa cosa faranno le altre persone (FAMIGLIO - FAMIGLI DELL' INQUISIZIONE) necessarie ad eseguire questo ufficio.
E poiché è altrettanto grave non fare, per sterminare tale malvagità, ciò che la sua gravitaà richiede, quanto accollare maliziosamente tale iniquità agli INNOCENTI, comandiamo al vescovo, all' inquisitore e a quegli altri che essi sceglieranno per tale ufficio, in virtù di santa obbedienza e sotto minaccia di eterna maledizione, di procedere contro i SOSPETTI o gli ACCUSATI tanto discretamente e con tanta prontezza da non addossare ad alcuno, falsamente, con frode e malizia una macchia così grande.
Se, mossi dall'odio, dal favore o dall'amore, dal guadagno o dall'utilità temporale, omettessero, contro la giustizia e la loro coscienza, di procedere contro qualcuno, quando invece si dovrebbe agire; o se, con gli stessi intenti, addossassero a qualcuno questa colpa, oltre ad altre pene proporzionate alla qualità della loro responsabilità, il vescovo o chi è a lui superiore incorra senz'altro nella sospensione dall'ufficio per tre anni, gli altri nella scomunica.
Chi fosse incorso in questa scomunica non potrà essere assolto se non dal ROMANO PONTEFICE salvo che in pericolo di morte - e anche allora solo dopo previa soddisfazione senza che in cioò possa essere invocato qualsiasi privilegio.
Quanto alle altre norme stabilite dai nostri predecessori circa l'INQUISIZIONE, in quanto non contrastano col presente DECRETO, con l'approvazione del SANTO CONCILIO vogliamo che continuino a conservare tutta la loro forza"