A piedi dell'immagine in traduzione dal latino leggesi Fuori Porta Capena, oggi detta di San Sebastiano, al secondo miliario sulla Via Appia da Antonino Caracalla fu fatto innalzare un Circo. di cui restano grandi rovine e tra queste, non lungi dal Tempio dedicato a Sebastiano, ancora si vedono l'Obelisco e resti delle Mete = il documento è costituito da un'illustrazione facente parte di una serie di altre illustrazioni costituenti l'insieme di disegni intolato "Degli edifici illustri superstiti dellì antica Roma" realizzato a metà del XVI secolo dal fiorentino Giovanni Antonio Dosio, disegni di poi incisi da Giovan Battista Cavalieri che ditò il tutto nel 1569 dedicandolo a Cosimo I di Tosana: agli Uffizi di Firenze si custodiscono gli originali del Dosio mentre dell'opera pubblicata dal Cavalieri è stata realizzata una ristampa a Roma nel XX secolo per i tipi dell'editore Colombo ed accompagnata da una prefazione di Franco Borsi
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G. B. Casali nella sua preziosa opera seicentesca su Roma Antica dopo il gigantesco Circo Massimo (capace di ospitare 250.000 spettaori) [vedine qui una ricostruzione] e alla fine della stessa pagina il Circo Flaminio nomina proprio quello riportato nell'immagine antiquaria cioè il Circo Antonino o di Caracalla detto anche Pretoriano cui fa seguire la menzione di altri Circhi = Vaticano, Sallustiano, "Altro Circo fuori porte Lavicana e Prenestina" precisando l'esistenza di altre consimili complessi a Roma, in Italia e nell'Impero. alle lettere C e D parla poi dei vari spettacoli dati nei Circhi, le occasioni per gli stessi, gli Dei cui i Circhi erano consacrati per iniziare poi a parlare delle Carceres, sempre sontuose, donde prendevano il via le corse.
Continuando questo ultimo argomento il Casali cita poi le barriere (repagula) per trattenere i cavalli prima del via, soffermandosi anche a dissertare della postazione di partenza assegnata ai corridori (B) per poi soffermarsi sul momento più atteso dal popolo l'ordine del via dato (con la mappa) dall'editor od organizzatore delle gare se non dallo stesso Imperatore. Precisa che il segno della partenza poteva darsi non solo con il lancio della Mappa ma anche con il suono della Tuba spesso reiterato nella corsa per eccitare cavalli e aurighi (A); l'autore parla quindi De Ovis et Delphinis utilizzati per indicare i giri volta per volta fatti (7 era la media ma poi furono ridotti a 5) e degli Obelischi disposti nel mezzo della linea tra le Metae intorno a cui dovevano girare i carri da corsa: parla inoltre dell'Euripus nome dato ad un fossato che poteva esser riempito d'acqua per bloccare l'accesso dal e verso il pubblico: il Casali riprende specificatamente poi il discorso delle Metae (A - B) per parlare poi delle Spinae (C), strutture riccamente decorate, al centro della pista del Circo destinate a complicare l'opera dei corridori e servendo ad essi per indirizzarvi contro gli avversari . Sucessivamente ai punti C-D l'autore si sofferma sull'ordine delle gare = prima di Quadrighe, poi di Bighe, poi di Cocchi ad un singolo cavallo: per citare quindi l'introduzione delle Trigae [in merito alle Trigae raramente usate vedine comunque qui una raffigurazione su una moneta repubblicana del I sec. a. C.]; praticamente di seguito il Casali si sofferma quindi a trattare le necessarie qualità del buon auriga capace di non tormentare vanamente i cavalli con la frusta ma di dispensarne utilmente le forze: egli passa quindi ad analizzare i sette giri attorno alle Mete e alla capacità degli Aurighi di regolare i cavalli facendoli girare in modo d consumare meno energie percorrendo minor spazio per la rotazione. Il Casali non manca di menzionare l'attesa degli spettatori per il pericoloso naufragium con cui si indicava la caduta di cavallo, carro ed auriga; passa quindi a vagliare l' Editor, cioè l'organizzatore che poteva esser un privato quanto un uomo pubblico sinanco all'Imperatore e successivamente dedica la sua dissertazione alle Factiones che oggi diremmo Squadre (B) caratterizzate da nomi di Colori come anche di Velocità o di Popoli (D) (la stessa Fazione gareggiava con più carri e i professionisti della stessa Squadra miravano ad aiutare i compagni nella competizione danneggiando i rivali: il "tifo" per gli atleti, i combattenti, gli aurighi e le relative squadre nelle corse legato all'abitudine di scommettere, era così alto che non
mancarono scontri fra singoli e soprattutto fra opposte tifoserie sì da rendere necessario come in questo caso l'intervento della forza pubblica seguito da provvedimenti restrittivi in maniera non dissimile da come può accadere tuttora seppur per altre forme di competizioni: forza pubblica spesso necessaria anche solo per organizzare e dirigere il traffico e lo spostamento di enormi masse di tifosi e spettatori specie in relazione agli spettacoli degli Anfiteatri e dei Circhi). Quasi in conclusione del suo lavoro il Casali si sofferma quindi a parlare dei premi aggiudicati agli aurighi ma anche ai cavalli sfiniti sotto forma di cure e vettovaglie (B).
Allo scopo di integrare utilmente e con le nuove assimilazioni documentarie quanto scrisse, già con estrema precisione e notizie tuttora poco note, il Casali vale la pena di proporre in lingua italiana una sorta di storia dell'evoluzione di queste gare facendo succedere alla loro genesi o CORSE DEI CARRI NELL'EPOCA GRECA l'acme della vicenda con una dissertazione sulle CORSE DEI CARRI NELL'EPOCA ROMANA concludendo il discorso e la gloriosa parabola di questo epocale fenomeno con le CORSE DEI CARRI DURANTE L'IMPERO ROMANO D'ORIENTE O IMPERO DI BISANZIO .