SCHIAVO/-A (S.-o/-a di guerra - S.-o/-a di natura vedi anche schiavo nel genovesato)>: contro gli scritti di missionari come BARTOLOMEO DE LAS CASAS ("Apologética historia" del 1551) l'idea di FENOMENI DIABOLICI e la realtà religiosa di sacrifici umani in onore di un QUALCHE DIO PAGANO per fini propiziatori in occasione di qualche RITUALE DI GUERRA giustificava il genocidio e le razzie fra i villaggi onde far prigionieri, che i Conquistatori spagnoli e portoghesi portavano avanti, da un lato, invece, per conquistarsi possedimenti amplissimi nelle AMERICHE e dall'altro per ottenere manodopera a costo quasi azzerato, per un verso di CEPPI DI ROBUSTI NEGRI AFRICANI DA IMPORTARE COME SCHIAVI LAVORATORI NEL MONDO NUOVO, e per altro verso dei deboli "eredi" delle progredite CIVILTA' PRECOLOMBIANE, gradualmente rivelatisi troppo fragili fisicamente per le malattie introdotte dagli Europei in America (il morbillo, ad es., tra loro ignoto -e contro cui il loro organismo non aveva prodotto anticorpi- fece presto migliaia di vittime) e nel contempo non abbastanza forti per caratteristiche fisiche per sopportare a lungo il durissimo lavoro nelle aziende impiantate dai Conquistatori.
Inoltre, da paura ignoranza e malafede -sin dai tempi delle prime spedizioni geografiche in Asia, molte popolazioni esotiche e lontane venivano descritte, sulla base di fantasiosi resoconti, come CREATURE SELVAGGE E PRIMITIVE, SE NON SEMIANIMALESCHE E MOSTRUOSE, per cui ne era, a seconda della sfruttabilità e delle convenienze, giustificabile, con adeguato supporto ideologico e filosofico, la distruzione o quantomeno lo sfruttamento quali SCHIAVI DI NATURA (individui selvaggi non equiparabili a persone civili e quindi, naturalmente, di condizione inferiore: fatto anche giuridicamente, oltre che filosoficamente, diverso da quello degli SCHIAVI DI GUERRA come gli infedeli Turchi, commerciati, quando catturati, nei Mercati degli schiavi, tra cui famoso quello di Livorno: Schiavi non per natura e minor diritto soggetti ai Cristiani ma quali prede di "giusta guerra").
Nel GENOVESATO il fenomeno della SCHIAVITU' (peraltro anche attestato iconograficamente e soprattutto alimentato soprattutto dai commerci coi portoghesi ma anche dalla cattura -specie a metà XVI sec.- dei miliziani della FLOTTA TURCHESCA che infestava il mar Tirreno) si confuse spesso e volentieri, dal lato giuridico, con quello della SERVITU': resta tuttavia interessante notare la valenza economica, ed il notevole pregio, riconosciuto agli SCHIAVI ORIENTALI più ambiti e sempre più costosi di quelli AFRICANI come si ricava dalla RUBRICA 93 del libro II degli Statuti Criminali della Repubblica del 1556 (mentre dalla RUBRICA 65 in poi si analizza la condizione giuridica da tenere avverso coloro che "ingravidino" una schiava altrui) = in particolare grande valore era conferito alle SCHIAVE ORIENTALI (Orientali eran considerate anche le DONNE CIRCASSE che costituivano nei "mercati" o "bazar" le "gemme più preziose"
ambite tanto per gli harem ottomani quanto in contesto europeo = e sull'argomento -anche per intendere la "vita nei mercati degli schiavi finalmente al loro tramonto"- son assai utili le pagine ottocentesche qui leggibili del Visconte di Marcellus in visita al "Bazar degli Schiavi di Costantinopoli" anche se l'autore menzionando una "tratta illegale meno nota di quella praticata a danno delle popolazioni africane che nonostante i deliberati viennesi del 1815 e i diversi provvedimenti statali proseguì anche lecitamente per alcune nazioni ancora per vari decenni" lamenti come oltre il "Ponto Eusino" molti criminali commercianti di carne umana ancora si avventurassero al suo tempo -nonostante la protezione offerta dalla Russia alle Donne di Georgia e della Circassia- onde procurarsi queste innocenti vittime da vendere poi a prezzo elevatissimo).
A tale estremismo (non esente però da CONTESTAZIONI E POLEMICHE), in senso generale e populistico "rapito" da una diffusa subcultura religiosa e predicatoria alla sfera del paranormale, concorse in chiave filosofica e giustificante, il pensiero di Aristotele sugli Schiavi di natura : Politica, 1253b20 sgg., 1255a5 sgg.> La categoria aristotelica rinvigorita da Tommaso d'Aquino e dai teologi del XIII sec. sullo S. di natura acquisì gran valore per il dibattito, soprattutto ma non solo spagnolo, sulla liceità del dominio coloniale e dell'encomienda o giustificata utilizzazione degli S. di natura nelle colonie agricole forzate.
La polemica sugli SCHIAVI DI NATURA dipese sostanzialmente da uno scontro ideologico sulle DIVERSITA' in senso lato e sulla loro lecita perseguibilità.
Sulla questione si affrontarono a Valladolid nel 1550, davanti al Consiglio delle Indie, Bartolomeo de Las Casas e Juan de Sepulveda che, studioso d'Aristotele, ne aveva ripreso la teoria sullo S. di natura estendola dai negri africani agli indigeni precolombiani, senza tener conto dei notevoli livelli della loro civiltà.
L'argomento, benché dibattuto a fondo (e senza ancora che intervenisse - come avverrà solo agli albori settecenteschi dell'antropologia fisica - la questione giuridica di un'uguaglianza di diritti misurata sul colore della pelle) non giunse mai a soluzione anche se illustri giuristi e dottori, partendo da Francisco de Vitoria (nelle Relationes de Indis del 1539) e dalla sua scuola di Salamanca, sancirono che gli indiani, per il diritto internazionale, erano soggetti di pari dignità e su cui il dominio era motivato solo in conseguenza d'un intervento militare "umanitario", nel caso che violassero i dettami del diritto delle genti.
Ma si può dire che in tali riflessioni sussistesse sempre il meccanismo figurato del "serpente che si morde la coda": lo stesso Vitoria, nonostante le considerazioni di massima e l' apparente moderazione di giudizio, finiva per classificare gli indiani od i "selvaggi" come mite variante di Diversi, magari un giorno equiparabili agli europei, ma ai suoi tempi ancora bisognosi d'un' assistenza paternalistica, che modificasse certi squilibri storici del loro esistere, dal cannibalismo ai riti idolatrici, prove tangibili di una certa arretratezza: apparente teorema di qualificazione dei precolombiani ma nel contempo assioma di giustificazione per un' egemonia occidentale che si richiamava sempre ad Aristotele, che per Vitoria non avrebbe tanto postulato schiavizzazione degli "indiani" quanto il ricorso ad una autorità pronta a correggerli (NIPPEL, passim).
SERVO / SERVA> Chi è addetto a mansioni umili e lavori domestici in case private o al servizio di personale pubblico: per quanto concerne il "Diritto romano" è interessante consultare nel DIGESTO, libro XI, la rubrica 11.3.0. De servo corrupto.
Nel "Diritto intermedio" era "Servo" chi per nascita, cattura in guerra, asservimento socio-politico risultava giuridicamente ed economicamente sottoposto ad altro soggetto, con privazione o semiprivazione della libertà: in effetti Servo(di casa, di proprietà, non stipendiato) per estensione equivale negli "Statuti" genovesi a Schiavo o individuo assoggettato lecitamente - per nascita da madre di pari stato o per cattura in guerra o per condanna giudiziaria ecc. - in modo completo e permanente al dominio d'altra persona (proprietario o padrone) col diritto (eguale o analogo a quello della proprietà) di usarne come bene economico, privo di libertà personale e di personalità giuridica.
SERVI (e SCHIAVI) erano numerosi a Genova (spesso impiegati a servizio di famiglie ma in altre circostanze utilizzati in varie imprese come per esempio la collaborazione in qualche attività lavorativa: non di rado convertendosi al Cristianesimo si ponevano nella condizione di essere affrancati dalla condizione di schiavitù come avvenne, per quanto apprendiamo dal Manoscritto Borea per
TRE TURCHI, SCHIAVI IN SANREMO).
Gli SCHIAVI erano mediamente acquistati ai Mercati degli schiavi di Livorno o di Nizza secondo prezzi per cui lo Schiavo asiatico era più richiesto ma costoso di quello africano o di colore> "Stat.Crim." vedi: lib.II, cap.20 ("provvedimenti padronali contro Servi ladri"); cap.21 e cap. 22 ("Norme contro quanti rubano Servi altrui o li inducono a fuga dalla casa padronale") e cap.23 ("Punizioni padronali contro Schiavi variamente colpevoli") ed ancora, e soprattutto per intendere il valore degli schiavi/servi, la loro quantità a Genova e nel Dominio, i loro rapporti con la popolazione ligure, vedi il cap. 66 ("Multe e fustigazioni per chi abbia avuto coito con serve in casa dei padroni") ed ancor più, se possibile, il cap.93 ("Pene o ammende a pro dei padron legittimi per chi sposò Schiave straniere").
Analogamente i musulmani commerciavano al MERCATO DEGLI SCHIAVI: più ancora di quello di Costantinopoli si ricorda nei testi il MERCATO DEGLI SCHIAVI D'ALGERI: al proposito si leggano le vicissitudini di GIOVANNANTONIO MENAVINO GENOVESE DA VOLTRI o questa LETTERA DI UNO SCHIAVO CRISTIANO IN ALGERI: nell'oriente islamico e poi turco saranno in particolare sempre apprezzate le DONNE CRISTIANE RESE SCHIAVE per la loro capacità nell' allevare i figli dei padroni. Sull'argomento del MERCATO DEGLI SCHIAVI forse fra tanti autori merita di essere letto BARTOLOMEO GIORGIEVITS ex schiavo ungherese ai tempi di Solimano il Magnifico che ci ha lasciato utili testimonianze sulla vendita di schiavi cristiani nei capitoli COME I CHRISTIANI PRESI IN BATTAGLIA DA TURCHI SONO VENDUTI e IN CHE MODO SONO TRATTATI QUEGLI, CHE S'HANNO A' VENDERE della sua opera del 1551 LA MISERIA COSI DE PRIGIONI, COME ANCHE DE CHRISTIANI, CHE VIVONO SOTTO IL TRIBUTO DEL TURCO, INSIEME CO COSTUMI, & CERIMONIE DI QUELLA NATIONE IN CASA, & ALLA GUERRA - TRADOTTI PER M. LODOVICO DOMENICHI
ALLO INVITTISSIMO IMPERADORE DE ROMANI SEMPRE AUGUSTO CARLO QUINTO BARTHOLOMEO GIORGIEVITS HUMILE, & AFFETTIONATISSIMO SERVIDORE
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