Ai primi del '200 la vita comunale di Ventimiglia cessa, nonostante il valore degli abitanti e prescindendo dalla resistenza di un gruppo di coraggiosi RIBELLI INTEMELI asserragliati nelle terre di Bordighera, presso i siti del di S. Ampelio.
Il comandante genovese LOTTARINGO DI MARTINENGO, deciso a soffocare ogni resistenza e frenare le incursioni della piccola ma agile flotta intemelia (interrando il Porto canale del Roia affondandovi copani ed altre imbarcazioni piene di detriti) fortificare questa ALTURA per condure da essa un vantaggioso assedio contro la città (1221) che bombardò di pietrame e fuoco per via di catapulte o comunque con ARMI TIPICHE DA ASSEDIO come quelle registrate in questo antico codice mansocritto e miniato.
Per "leggere l'ALTURA vale un'indagine toponomastica già guidata da A. Capano (al pari dell'analisi geomorfologiche) qui di seguito riportate ed estratte dal volume Storia della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi, Bordighera, 1986, nota 3 pp.63-66: E' localmente detto e Maure (con pronuncia palatale della -r-) il tratto di collina che si estende dal Vallone di San Secondo in direzione di Nervia. II toponimo erroneamente italianizzato in Maule sul modello di para = 'pala' (a), viene ritenuto dal Rossi indizio di presenza saracena (MAURUS = 'moro') (b), mentre il Lamboglia, pur accettandone la derivazione
dalla stessa base, gli attribuisce una ragione diversa (MAURUS = 'nero', forse a causa della folta vegetazione) (c). Entrambe le spiegazioni sembrano, a detta di da A. Capano inaccettabili, poiché l'esito diretto normale di MAURUS in ventimigliese è mouru (come
ouru da AURUM: confronta la denominazione dialettale uratoriu di mouri = 'oratorio dei neri', data alla chiesa di San Secondo di Ventimiglia alta) (d)[è però fondamentale ricordare che una ulteriore lettura assai sofisticata dell'etnico Mauri e delle sue molteplici varianti qui proposte è poi data da E. De Felice come si vede nel suo noto studio sull'evoluzione dei cognomi italiani
.
Inoltre il colle oggi detto DELLE MAURE era chiamato in passato di SAN CRISTOFORO, dal
vecchio titolo della attuale cappella di SAN GIACOMO di Camporosso: anche la tipologia di SAN CRISTOFORO -ANTICHISSIMO PROTETTORE DEI VIANDANTI (peraltro non casualmente surrogato dopo la RICONQUISTA DELLA SPAGNA da un SAN GIACOMO certo
legato all'idea dei PELLEGRINAGGI = vedi S. JACOPO DI COMPOSTELA IN GALIZIA) è un ulteriore segnale della VALENZA VIARIA DI QUESTO SITO quale terminale di un PERCORSO MARE - MONTI piuttosto noto.
Ne consegue
che o Maure non ha rapporti con la base MAURUS, o è termine di origine recente e non popolare. E' probabile che si tratti di una formazione anche non molto antica, dal nome di persona Mauro, che avrebbe soppiantato, nella sua forma ufficiale e latinizzante, quello di San Cristoforo progressivamente caduto in disuso con il perdersi della memoria del titolo originario della cappella (e).
In effetti questo sistema di derivazione di toponimi da antroponimi è piuttosto diffuso nella Liguria intemelia: Bono/i Boi, Franco/i, Franchi, Trucco e Trucchi/
Trucco, Verrando/i Verrandi, Zane (Giovanni)/i Zanin.
Ferma restando in Ventimiglia un'antica tradizione cultuale per SAN CRISTOFORO (attestata dallo stesso Aprosio a p. 53 della sua Biblioteca Aprosiana) le intitolazioni a S. GIACOMO risultarono connesse dal XIII secolo ad una serie di fattori tra cui dopo la RICONQUISTA DELLA SPAGNA e le imprese in TERRASANTA assunsero grande rilievo i viaggi dei PELLEGRINAGGI DELLA FEDE intendendo sotto questo profilo non solo i vaggi verso la PALESTINA e GERUSALEMME ma altresì quelli alla volta di ROMA e dei grandi SANTUARI IBERICI.
In merito all'area strategica in questione un certo Maurus de Mauris risulta avere, già nel 1260, delle terre in una zona confinante ad oriente con la proprietà di Guillelmus Marosius, a sua volta confinante con il torrente Nervia (f), mentre una famiglia Mauri appare ancora nella stessa zona allo spirare del XVIII secolo (g) = Bibl. (a) a fronte di una via Maule nel comune di Ventimiglia, esiste, sul versante opposto della stessa collina, una più corretta via Maure nel Comune di Camporosso, (b) Storia della città di Ventimiglia di G. ROSSI, p. 31, (c) N. LAMBOGLIA, Toponomastica intemelia, Bordighera, 1946, p. 59: (d) E. AZARETTI, L'evoluzione dei dialetti liguri esaminata attraverso la grammatica storica del ventimigliese, Sanremo, 1982, p. 31.
(e) II testamento di Babilano Curlo, datato 14 aprile 1349 nomina solo una chiesa sancti Christophori de Vintimilio, mentre quello di Iacopina, vedova di Simone Curlo, del 12 settembre dello stesso anno, parla già di una chiesa " sanctorum Xtophori et lacobi de Vintimilio " (in G. ROSSI, Documenti inediti riguardanti la Chiesa di Ventimiglia, Torino, 1906, p. 22 e segg.).
(f) atto di compravendita del 9 giugno 1260 edito in L. BALLETTO, Atti rogati a Ventimiglia da Giovanni di Amandolesio dal 1258 al 1264, Bordighera, 1985, p. 248-49, (g) così si legge in una carta del Fogliazzo de Denoncie de Terreni, e Case, risalente al 1798 e conservato presso la Sezione dell'Archivio di Stato di Ventimiglia.....
Le indagini, in sito, sul San Cristoforo (o e Maure) risalgono al 28, 29 30-X-1985: "la sezione ovest della collina detta ora delle Maure dove sorgono le rovine di cui si disse nel testo, è segnata a nord-ovest dal nord-ovest dal rio Resantello, meglio noto come Vallone di San Secondo, a sud-est dal ruscello detto Riana delle Vacche, a sud-ovest dalla linea ferroviaria Ventimiglia-Genova; per il lato nord-est le Maure si perdono nella retrostante catena montuosa. La vetta del colle (204 m.) è conformata da un promontorio roccioso relativamente elevato sul pendio circostante, a sua volta verso i 100 m. coronato da un sistema di rocce alto circa 20 metri. La base del colle è, per tre lati, costituita da una parete di puddinga a strapiombo, cui si accede per una sola via presso lo sbocco del Vallone di San Secondo. Le strutture murarie superstiti sono individuabili in lati
settentrionale, meridionale, orientale, e nel "castello" cuspidale. In genere le
mura, alte da 4 a 6 m. e larghe circa 1 m. e dieci, sono di pietre non squadrate e mattoni: sulla sommità si individuano i resti di un camminatoio anticamente protetto verso l'esterno da un parapetto a rada e bassa merlatura (casualmente le mura sono attraversate da fori difficili da giudicare, e certo non feritoie). Del lato nord è superstite un tratto di mura lungo 50 metri che, dalla prima cintura di rocce, perviene alla mulattiera di S. Giacomo. Per quanto scoperto od appurato si suppose che in modo anfrattuoso il muraglione giungesse sino ad
un punto da segnalarsi tra il vecchio posto di blocco B delle F.S. ed il Ponte sul Vallone: secondo vecchie testimonianze ancora 60 anni fa presso l'attuale chiesa di S. Secondo esisteva una porta nella struttura. Verso l'interno della citata superstite muraglia, circa a metà, sopravvive una bassa costruzione, fatta con la stessa tecnica usata per i muri, di circa otto metri quadrati, con volta ad arco, tetto piano, una porticina ed una finestrella realizzata posteriormente: nominata dalla tradizione come baracca del corpo di guardia.
La barriera rocciosa che poneva termine al Lato nord delle mura si superava con il cammino dei chiodi fatto di scalini scavati nella puddinga o, nei siti piu ardui, di grossi chiodi, dei quali intiero ne sopravvive uno lungo un palmo e spesso due dita.
Il Lato meridionale e fatto di due tratti di mura. I1 primo, disposto a scalinata, congiungeva la barriera di rocce più bassa con la superiore: le mura, lievemente meno larghe, forse non avevano camminamento, tranne che per la costruzione abbastanza
massiccia della porta sud, sotto la quale transitava fino a poco tempo fa la via Maule. Tale porta, demolita qualche anno fa, era larga circa tre metri, e alta poco piu, ed era formata da due pilastri e da un lieve arco, il tutto in mattoni. In uno dei pilastri compariva un grosso buco, in cui penso venisse infilata la spranga per sbarrare la porta... >> (A. CAPANO, Le fortificazioni delle Maure, in "La Voce Intemelia", 1977, Agosto-Settembre). La parete rocciosa inferiore è poi tagliata in rozzi, aspri scalini magari superabili col citato sistema dei chiodi o con l'ausilio di una corda. Il secondo tratto murario del Lato sud parte dal vertice della seconda barriera di rocce e, dopo aver seguito per una ventina di metri il costone, risale in linea nord-est (ben individuabili sono il camminamento ed i parapetti): per gran tratto la struttura muraria e ora diruta ma ben rico-
struibile sino al terminale di un'altra rovina isolata ma in linea retta coi reperti di partenza. Da quest'ultima struttura si può poi esaminare il Lato orientale dell'organismo murario: ben presto in linea sempre nord-est ci si imbatte in un edificio di 5 metri per 6, con volta ad arco e tetto piano, la parete di fondo e rocciosa, patinata di verde sino ad una certa altezza a testimonianza di qualche deposito idrico. Probabilmente era una cisterna, la cui piccolissima porta venne poi murata, per aprire, in epoca imprecisata di future rivisitazioni e modificazioni una nuova porta, lato ovest.
Continuando l'ispezione sulla stessa linea ci si imbatte in uno strettissimo pozzetto semicircolare, con tetto a cupola e porticina volta verso la zona d'ombra della collina: profondita dai 7 ai 10 metri.
Qualche metro oltre si individua un altro pozzetto poi demolito in parte (recentemente)
per giungere ad un vano sotterraneo, usato quale cisterna.
La vetta del colle (m. 204) porta invece i resti del CASTELLO: una piccola fortezza circolare con l'ingresso verso S. Giacomo di cui sopravvive: 1) un tratto di muro alto dai cinque ai sei metri con camminamento e piccola porta al centro. In esso si trovano, in corrispondenza di altrettanti pilastri, tre grossi buchi, in cui forse poggiavano le travi sostenenti un secondo piano, a circa tre metri da terra, 2) alcuni tratti di fondamenta- 3) dei muraglioni di sostegno del terreno che presumibilmente costituivano la base di muri piu alti; 4) una base spessa e con angoli smussati(Ibidem).
Ad oriente delle mura dell'edificio si individua un vano sotterraneo quadrangolare (4 X 4 metri), ricavato nella roccia, con volta ad arco, che si ritenne resti di una sorgente protetta verso l'esterno da un pezzo di muro a gomito. Sotto il balzo a nord della fortificazione, inindividuabile da questa come dal mare, si trova un cortile lungo 35 metri per 6 circa di larghezza, protetto verso il Vallone di S. Secondo da un muro non potente ma con porta da forte pilastro: nella parete rocciosa che su di esso sporge vi sono due anguste grotte, una delle quali pur essendo esterna alla fortificazione ostenta all'entrata tracce di muratura.
L'analisi del sito conforta l'ipotesi antica di un campo fortificato, difeso con
mura (nord e sud) e naturali barriere rocciose (est; e forse ancora ad ovest per il tramite di una perduta striscia di mura): una fortezza al centro ideale del campo si appoggiava ad altre costruzioni di scopo militare o di sussistenza.
L'analisi del materiale fittile, delle tecniche di costruzione e l'ideale ricostruzione storica,
su dati e fonti scritte, portano a vanificare l'idea di una struttura saracena (come già confortato dalla priore analisi di toponomastica) e a retrodatare, al XIII secolo almeno l'organismo: tanto da rimandarne la realizzazione ai Genovesi assedianti Ventimiglia.
Ne Il Manoscritto Borea in "Collana Storico-Archeologica della Liguria Occidentale", Bordighera, 1970, p. 18, anno 1221 leggesi: "in quest'anno pure fu edificata al di qua di Ventimiglia la CITTA' NUOVA... BASTIA ossia luogo di fortificazioni.
Sulla base di due IMPORTANTI TESTIMONIANZE QUI POSTE A CONFRONTO (un documento del 1537 del corografo Giustiniani ed un censimento del 1629 del territorio intemelio (doc. in "Archivio di Stato di Genova, n. 218, Fronte, 1 foglio, voce: "Ventimiglia") fatto per ordine dei Supremi Sindicatori sembrerebbe alludersi con chiarezza ad una BASTIA (detta anche SASSO) identificabile proprio con tale sito tra Nervia e Roia, non lungi dal sito del Convento di S. Agostino
quando però documenti più antichi alludevano ad una VILLA DI SASSO prossima a Bordighera.
Possibile che quest'ultima venisse ignorata dal Giustiniani e che l'area del S. Cristoforo godesse ancora di tanti insediamenti umani? al XVI sec. la BASTIA DEL SAN CRISTOFORO era un sobborgo minimo di Ventimiglia (confusamente detto anche Maure da qualche nucleo di famiglia Mauri come già notato? BASTIA per piccola fortezza è in fondo termine abbastanza dotto = vedi BATTAGLIA, sotto voce): la possibile e parallela denominazione di SASSO ne comportava un'ambigua identificazione nominale con una villa da poco costituita ed omonima: il Giustiniani invero parla della BASTIA quale borghetto cioè sobborgo intemelio, presso il Convento di S. Agostino senza citare la VILLA DI SASSO, cosa giuridicamente diversa; sono piuttosto i Sindicatori che nel censimento del 1629 nominano una BASTIA o sia SASSO presso tale Convento quando ormai non potevano ignorare (come al contrario fecero) la villa di Sasso , giuridicamente e logisticamente distinta dal Borghetto o Bastia sobborgo presso il S. Cristoforo poi nominato in parte Maure ed in parte (linea meridionale) "sobborgo di S. Agostino"(Cabane nella terminologia provenzale e francese).