INFORMATIZZAZIONE B. E. DURANTE

ESEMPIO DI NOTAZIONE MUSICALE DEL XV SECOLO CON MINIATURA DI LIBERALE DA VERONA ED ILLUSTRANTE UNA SCENA DI CRISTO A GERUSALEMME [ARCHIVIO FOTOGRAFICO DEL "MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA (IM)]











Nel Quattrocento alcune città fiamminghe, che anche ne XIII SECOLO, avevano contribuito allo sviluppo della polifonia, si posero alla testa del movimento europeo, spostandone il centro dalla Francia ad altri paesi del nord europeo.
Sul sorgere del Quattrocento nelle Fiandre si ebbero musicisti di grande valore, che, assai abili nel contrappunto, portarono quest'arte fino alle sue estreme conseguenze, aumentando il numero delle parti, cioè delle melodie contemporanee, fino all'inverosimile (Giovanni Okeghem, ad esempio, compose addirittura un canone a trentasei voci), sì da sviluppare il principio dell'imitazione in modo assolutamente virtuosistico e trattando il tenor, che poteva risultare non più solo un canto sacro ma puranche profano, con estrema perizia, al punto apicale di variarlo, lo trasformarlo, sottopoarlo a qualsivoglia capriccio di una fantasia sempre più bizzarra se non funambolica e concettosa.
Ai vertici capo di siffatta scuola musicale da menzionare l'inglese Giovanni Dunstaple, compositore e astronomo, operante fra XV e XVI secolo, che con il suo magistero avrebbe positivamente condizionata la formazione dei primi maestri fiamminghi.
Tra costoro son poi da rammentare Guglielmo Dufay (1400 circa-1474), componente della cappella pontificia, Gilles Binchois (1400 circa-1460) Giovanni Okeghem (1430 circa-1495), Giacobbe Obrecht, scomparso nel 1505 a Ferrara, ove aveva svolto il ruolo di cantore nella cappella degli Estensi, Enrico Isaak, defunto nel 1517 a Firenze e soprannominato artisticamente Arrigo il tedesco, nonostante l'origine fiamminga, Josquin de Près (1450-1521), vissuto per parecchio tempo a Milano, Roma, Modena e Ferrara, compositore di grandi qualità, abilissimo nella tecnica polifonica ed in particolar modo capace di suscitare nel pubblico fruitore le più variegate e contrastanti emozioni in forza delle sue pagine ora patetiche, ora mistiche, ora scherzose; Adriano Willaert, scomparso invece a Venezia nel 1527 dopo esser stato apprezzatissimo maestro di cappella nella basilica di San Marco, sì da avere il destro onde preparare allievi destinati parimenti a conseguire giusta fama qual musicisti di vaglia; Giacobbe Arcadelt (1534-1557), attivo a Roma per tanti anni, Filippo Verdelot (vissuto nella I metà del XVI secolo), che espresse la sua vena artistica a Roma, a Firenze, a Venezia. per comchiudere un elenco comunque giammai esaustivo non si può tuttavia eludere chiuderemo
Orlando di Lasso, nato a Mons nel 1530 e scomparso a Monaco di Baviera verso il 1594: costui fu mediamente giudicato l'"ultimo dei grandi Fiamminghi" anche se, in qualità di artista internazionale; visse soprattutto fuori della patria, in Italia, Francia e Baviera, realizzando importanti opere in cui rivela uno spirito poliedrico e spesso geniale.
Un elemento da ricordare a quanti si accostano a questa tematica nel campo della storia musicale è costituito dalla notazione dell'importante e frequente sinergia fra le scuole fiamminga e italiana: una coimplicazione culturale, questa, che si rilevò pregna di frutti fecondi per entrambe le correnti didattiche, specialmente nel conseguimento di una definitiva formazione d'un linguaggio polifonico in cui l'espressione e la tecnica mirabilmente risucissero a fondersi.
Le forme musicali predilette dai Fiamminghi furono la MESSA, il MOTTETTO, il CANONE e la CANZONE PROFANA.
La MESSA POLIFONICA era derivata da un importante troncone della MESSA GREGORIANA ed in collegamento alla sua genesi resta sempre da fare il nome di Guglielmo de Machant
Con il passer del tempo la MESSA POLIFONICA fu eletta dai Fiamminghi a più importante espressione usicale in ambito sacro.
Sotto il profilo della LITURGIA essa è contraddistinta da vari momenti , alcuni dei quali (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Benedictus, Agnus Dei) vanno a detrminare il complesso dell'ORDINARIO vale a dire che costituiscono elementi invariabili nel corso dell'anno, meno che nelle messe da morto e nella settimana santa, mentre gli altri, che vanno a determinare il PROPRIOvariano in relazione a alla solennità in rapporto alla quale la funzione viene celebrata.
L'ORDINARIO della MESSA consentì ai Fiamminghi la di dare altri saggi della loro perizia contrappuntistica.
Stabilito un tenor, che poteva risultare tanto una melodia gregoriana quanto profana, ne fruivano quale base in tutti gli episodi dell'ORDINARIO, fra loro connessi da quella unità basilare, che tuttavia era variamente elaborata mentre attorno ad essa le voci davano prove di autentici prodigi nello stile imitato.
Se lMESSA aveva per tenor un canto di chiesa, ne prendeva il nome; ma se all'opposto il tenor era di argomento profano, essa poteva assumerne il titolo o venire denominata sine nomine (senza nome); se per ultimo il tenor era creato dall'autore, ma era l'evenienza più rara, la MESSA si distingueva con un numero ordinale progressivo (messa prima, seconda, terza e via discorrendo, ecc.) anche se alternativamente poteva anche definirsi sine nomine od ancora risultare indicata in altro modo.
A proposito del MOTTETTO , giova rammentare che nella seconda metà del Quattrocento esso divenne il prototipo del pezzo polifonico a cappella (quello per sole voci) su testo religioso.
Il testo della composizione era di conseguenza prevalentemente redatto in latino e le parole risultavano le medesime per tutte le voci; lo stile, tendente all'espressione contenuta in un tono compatto e severo, s'avvaleva del principio dell' imitazione con chiare finalità I1 CANONE fu il tipo per elezione dela tecnica fiamminga e produsse saggi di grande valore per il livello raggiunto.
Nel CANONE le voci s'imitano rigorosamente fra di loro, ma nell'imitarsi si abbandonano a capricci virtuosistici d'ogni sorta.
Ad esempio una voce canta il tema del canone mentre una seconda lo imita variandone a durata dei suoni, ossia accrescendola o diminuendola ed ancora una terza ripete il tema, ma lo canta a rovescio, a gambero, val a dire partendo dall'ultima nota per salire fino alla prima, e quindi così via di seguito.
E' da dire che non sempre agli esecutori venivano spiegate con doveroso rigore le varianti da apportare al tema, ma che essi si trovavano spesso nella necessità di intuirle leggendo alcune parole redatte all' incipit della composizione e che talora finivano per andare a costituire autentici enigmi da risolvere: è per siffatta motivazione che tali CANONI finivano per assumere la denominazione di ENIGMATICI.
Sulla CANZONE PROFANA poco resta da citare.
Mediamente lo stile era polifonico per sole voci.
Vista la natura del TESTO, che poteva diversamente e poliedricamente variare, il musicista, nel rivestirlo di suoni, aveva superiore licenza d'atteggiamenti.
I1 CORO degli artisti fiamminghi non era molto numeroso: generalmente gli esecutori contavano da dodici a ventiquattro, tutti comunque musicisti di professionisti.
Quanto al numero delle parti cioè delle melodie sovrapposte, se si eccettuano alcuni lavori in cui esso consegue proporzioni stupefacenti, come nel caso del canone di Okeghem, in media non supera il numero di otto.
L'arte musicale fiamminga del Quattrocento e del Cinquecento occupa senza alcuna incertezza un ruolo di primo piano nella storia della musica: presso i Fiamminghi bisogna riconoscere che la polifonia divenne un mezzo obbediente alla volontà del compositore, eccellente per esprimere ogni più riposta situazione emotiva.
Nella Spagna ebbe vita importante una scuola polifonica, che vanta i nomi di Cristoforo Morales (1500 circa-1553), cantore per qualche tempo nella Cappella Pontificia, autore di messe, mottetti e madrigali, il suo discepolo Francesco Guerrero (1528-1599), compositore di musica sacra, e il grande Tommaso Ludovico da Victoria (scomparso nel 1611, dopo aver a lungo soggiornato in Roma) pure egli autore di opere sacre: assieme al Palestrina e con Orlando di Lasso, fu senza dubbio uno dei più importanti polifonisti del Cinquecento.
Tra i compositori tedeschi sono da ricordare nel Quattrocento, Alessandro Agricola (1446-1506), che per molto tempo visse in Milano e Mantova, ed Arrigo Finck (1445-1527): per quanto concerne il XVI secolo spiccano invece i nomi di Ludovico Senfl (1492-1555), di Hans Leo Hassler (1564-1612) peraltro validissimo discepolo di Andrea gabrieli ed ancora Giacobbe Handl (1550-1591).
In questo secolo, in Germania, come conseguenza della riforma protestante di Martin Lutero si sviluppò una forma propriamente tedesca, detta CORALE.
Lutero, cultore di musica egli stesso, diede un ruolo importante a quest'arte nella sue chiesa e, per formare il repertorio necessario al culto protestante, accettò canzoni d'ogni tempo e di provenienza diverse, a condizione che fossero semplici e grate al popolo: e per simile motivazione videro la luce i CORALI.
Essi risultarono inizialmente ad una voce (da eseguirsi quindi omofonicamente), ma in seguito divennero polifonici, con la melodia principale nella parte più alta. Ne composero sia Lutero che l'amico suo Giovanni Walther (1496-1570) ed altri ancora, fra cui lo Hassler sopra menzionato.